Il "principio di legittimità" non mancò di essere temperato, anzitutto per assicurare alcuni vantaggi ai vincitori (alla Russia la Polonia, 1; alla Prussia la Westfalia, 2; all'Austria il Veneto, 3; alla Gran Bretagna altri punti-chiave sui mari: Helgoland, 4, Malta, 5, le Ionie, 6). Inoltre, per dare una maggiore consistenza territoriale agli Stati posti ai confini della Francia fu creato il nuovo regno dei Paesi Bassi, 7, e fu annessa al Piemonte la Liguria, 8. Non fu restaurato il Sacro Romano Impero ma si dette vita ad uno Stato che ne riproponeva le difficoltà di fondo: la Confederazione germanica, di cui facevano parte 39 stati sovrani, tre dei quali (l'Austria, la Prussia , la Danimarca) con vasti territori all'esterno della Confederazione. La presidenza era affidata all'Austria, ma già la carta rivela sin troppo chiaramente la rivalità con la Prussia. In Italia furono soppresse le antiche repubbliche aristocratiche: le terre venete formarono con la Lombardia il Regno lombardo-veneto, soggetto all'Austria; in Toscana (Asburgo-Lorena, 9) e a Modena (Asburgo-Este, 10) tornarono gli antichi sovrani, strettamente legati a Vienna; lo Stato pontificio, 11, dovette accogliere nella cittadella di Ferrara una guarnigione austriaca. A completare l'infeudazione dell'Italia all'Austria, il Ducato di Parma, 12, fu affidato in vitalizio a Maria Teresa d'Austria, consorte di Napoleone; con l'intesa che alla sua morte sarebbe stato restituito ai legittimi sovrani, i Borboni, che nel frattempo avrebbero retto l'antica repubblica di Lucca, 13 (è forse questo l'esempio più tipico delle alchimie proprie del Congresso di Vienna). La Norvegia, da quattro secoli unita alla Danimarca, dal 1815 fu unita alla Svezia (solo nel 1905 otterrà l'indipendenza).
I primi coloni a proclamare ufficialmente l'indipendenza furono quelli del vicereame della Plata, o Argentina, nel 1816. Ma l'autonomia di fatto della Plata risaliva al 1810, quando si era instaurata a Buenos Aires una giunta provvisoria di governo creola, sia pure lealista, in appoggio al sovrano legittimo spodestato dai Francesi. L'anno dopo (1811) la provincia del Paraguay si distaccò dalla Plata, avviando quel processo separatista che sarà proprio di tutta la storia del continente. Nella cartina sono indicate le date di indipendenza. La data dell'Uruguay è la più tarda, perché la "provincia cisplatina" raggiunse anch'essa l'indipendenza per secessione dalla colonia madre. Gli unici Stati federali a cui i creoli riuscirono a dar vita, sia pure effimera, furono gli Stati Uniti di Clombia (Venezuela, Colombia, Ecuador, 1819-1830) e la Repubblica delle Province Unite, nell'America Centrale (1821-1839), ambedue indicati con un confine più marcato. La Repubblica di Panamà non appare sulla carta perché nacque solo all'inizio di questo secolo, anch'essa per secessione (dalla Colombia). E' necessario aggiungere che il primo moto di insurrezione nella Mesoamerica non avvenne ad opera dei creoli ma degli schiavi negri, nella colonia francese di Haiti. Agli schiavi negri di Haiti, insorti in nome degli "immortali principi", Napoleone dovette concedere l'indipendenza sin dal 1804. Il colore maggiormente diffuso (giallo) indica i territori esplorati dai coloni spagnoli ai primi decenni del secolo, le zone in colore nella regione del Brasile i territori esplorati dai coloni portoghesi. Il terzo colore la repubblica degli schiavi di Haiti. Il quarto i territori che mantennero lo status di colonia.
La cartina indica le principali componenti etniche e linguistiche dell'Impero austriaco intorno al 1848, conforme alle indicazioni dello storico D. Thomson (Storia d'Europa dalla rivoluzione francese ai giorni nostri, Feltrinelli). Sono indicati i nomi delle principali regioni, tra le quali compare (in tedesco) il Kustenland, alla lettera il "Litorale", con il quale si indicavano le province di Trieste, di Gorizia e dell'Istria. I Friulani sono distinti dai Lombardi e dai Veneti come parlanti il "ladino". La complessità della situazione offerta dalla carta, da un lato giustifica la fatale crisi dell'Impero in un'età che era dominata dall'idea di nazione; dall'altro conferma, per la sua sopravvivenza sino al 1918, la capacità eccezionale di reggimento amministrativo che fu propria della burocrazia asburgica. In effetti derivò da quel mosaico una cultura mitteleuropea per molti aspetti unitaria. Ovviamente le indicazioni del Thomson non tengono conto di alcune minoranze, quali i gruppi ladini del Trentino e le isole linguistiche venete lungo la Dalmazia.
I quattro colori indicano: il Regno di Sardegna alla vigilia della seconda guerra per l'indipendenza; le regioni annesse nel marzo 1860 ("Regno dell'Italia settentrionale e centrale"), dopo il ritorno del Cavour al potere (annessione della Lombardia, dei Ducati, della Toscana, delle Legazioni pontificie e cessione della Savoia e del Nizzardo alla Francia); le regioni annesse al Regno d'Italia alla fine dello stesso anno, dopo la fortunosa spedizione dei Mille e l'intervento delle truppe regie nelle Marche e nell'Umbria; i due acquisti posteriori del Veneto e del Lazio. Oltre ai luoghi storicamente più notevoli sono indicati i confini degli antichi Stati e la rotta delle navi garibaldine. Le linee continue di color rosso segnalano le ferrovie in esercizio nel 1859. Nell'Italia settentrionale Torino era congiunta da un lato con Milano e Venezia dall'altro con Genova e Bologna, fenomeno piuttosto notevole considerata l'avversione dei sovrani ad acconsentire l'attraversamento dei confini. Ma nel resto d'Italia, fatta eccezione per il congiungimento di Livorno con Firenze, di Civitavecchia con Roma, di Caserta e Salerno con Napoli, la rete ferroviaria era inesistente. Nel 1870 (vedi la linea non continua) era invece possibile raggiungere da Torino Ancona-Bari-Lecce, e, con un tracciato assai lungo e tortuoso, Roma e Napoli. Poiché non soltanto le annessioni ma le ferrovie "cucirono lo stivale" è utile un raffronto tra le varie regioni.
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