Ars Bellica

L'Invencible Armada

Maggio - Settembre 1588

La flotta Inglese sconfigge nel canale della manica quella Spagnola e da inizio al plurisecolare dominio britannico sul mare.

INVENCIBLE ARMADA

Gli avversari

Elisabetta I Tudor (1533 - 1603)

Colei che con i secoli verrà conosciuta come la "regina vergine", nacque nel 1533 dall'unione tra il re Enrico VIII e da Anna Bolena, decapitata per non essere stata in grado di dare eredi maschi al re d'Inghilterra.
Abituata sin da piccola ad essere estremamente dura, visto anche il disprezzo con il quale veniva vista dal padre, segnò in maniera indelebile la storia del suo paese, grazie all'estrema sagacia sia in campo politico che in quello diplomatico. Elisabetta non concepiva di dover sottostare al ruolo che le era destinato: quello di regina-reggente che un giorno avrebbe destinato la guida del paese al futuro marito. La sua educazione le aveva insegnato che il matrimonio era, in pratica, solo uno strumento politico.
Le cronache dell'epoca destinavano il conte di Leicester, Robert Dudley, come futuro sposo di Elisabetta, ma era proprio lui che conosceva la regina dall'età di otto anni a sottolineare come Elisabetta non avesse mai voluto sposarsi.
Certi pettegolezzi dell'epoca fanno risalire quest'odio per il matrimonio della regina, ad una probabile imperfezione fisica che non le permetteva di avere figli. Ma i medici di corte visitarono per ben due volte Elisabetta senza trovare alcuna anomalia fisica che le impedisse di avere figli in futuro. Si trattava probabilmente di un problema psicologico, risalente agli anni d'infanzia trascorsi tra l'assenza della madre, vittima di un esecuzione efferata, ed un padre che non le perdonava il fatto di "essere nata femmina". Se a queste insicurezze d'infanzia si aggiunge che il suo primo spasimante, Thomas Seymour, fu decapitato per aver osato corteggiarla senza il permesso del consiglio di reggenza, si ha una parziale giustificazione della mentalità della regina d'Inghilterra.
Quanto detto finora non deve però far pensare che Elisabetta odiasse gli uomini. In effetti, forse proprio per questo suo atteggiamento, esercitava un particolare fascino sugli uomini d'Inghilterra; ebbe amanti e schiere di ammiratori che si divertiva ad ingelosire ed a fomentare gli uni contro gli altri. Tra gli uomini che ebbero il privilegio di corteggiarla (o forse anche di amarla) vi sono: il già nominato conte di Leicester, Christopher Hatton e Walter Raleigh, ma nessuno di questi rapporti sarebbe mai diventato coinvolgente dal punto di vista sentimentale per la regina.
Anche fuori dall'isola la Elisabetta riscuoteva molto successo, ed era ambita da molti principi continentali (tra i quali lo stesso Filippo II), cosa che seppe ben sfruttare per imbastire alleanze o evitare guerre.
Ma in effetti, solo con gli anni si comprese come effettivamente il vero innamorato della regina era chiamato Inghilterra, come ebbe a dire un anonimo autore di ballate che, nel 1571, le dedicò un'opera (presentando la regina sotto il falso nome di Bessie), nella quale la ragazza donava la sua mano al suo unico amore: il popolo inglese.


Filippo II (1527 - 1598)

Il figlio di Carlo V è stato più volte descritto dalla storiografia spagnola come el rey prudente, ma forse l'appellativo più corretto sarebbe "sfortunato".
Debilitato nel fisico sin dalla nascita, stupì i medici di corte per essere arrivato all'età di 71 anni. Dal punto di vista economico, politico e militare, il destino sembrava avergli concesso qualcosa in più degli avversari continentali, viste le ricchissime miniere delle colonie americane ed il lucroso traffico mercantile atlantico e nei possedimenti europei. Aveva a sua disposizione potentissime artiglierie da campo, imponenti eserciti composti dai famosi tercios castigliani, guidati dai più grandi generali dell'epoca: il duca d'Alba e Alessandro Farnese. Infine poteva contare sull'alleanza Imperiale, sotto il controllo dello zio paterno e sul completo appoggio della chiesa di Roma, del quale era la "spada terrena" nella lotta contro turchi e riformati.
Ma nonostante le grandi premesse, non ebbe la fortuna dalla sua. Regnava in un periodo di grandi mutamenti della storia europea. Ne è l'esempio la rivolta dei Paesi Bassi riformati di cui non riuscì a venirne mai completamente a capo. Inoltre i suoi traffici marittimi erano spesso preda dei corsari inglesi e olandesi, mentre le ricchezze delle miniere coloniali andavano esaurendosi. I matrimoni di interesse con Maria Tudor ed Elisabetta di Valois, non generarono un discendente che poteva reclamare i troni di Francia o d'Inghilterra, e non portarono alcun vantaggio politico.
Inoltre una "cronica" indecisione nel prendere le decisioni fondamentali, ne guastò l'immagine portandolo alla storia come il "re prudente". Ne è il pieno esempio il tergiversare per anni sulla decisione di attaccare l'Inghilterra, cosa che diede il tempo ai sudditi della regina Elisabetta di prepararsi al meglio per l'appuntamento militare.
In conclusione, si può parlare di Filippo II come di un re che sicuramente non aveva il carattere autoritario del padre Carlo V, ma che ottenne le redini del comando e la responsabilità di un regno così importante in un momento tra i più instabili dell'intera storia europea.

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I commerci

Se per più di 2 millenni tutto il commercio europeo aveva come baricentro il mar Mediterraneo, unico collegamento tra l'Europa occidentale e il medio oriente o le indie, con la scoperta del nuovo mondo e delle sue ricchezze, la geografia commerciale europea cambiò sensibilmente.
L'oceano Atlantico divenne il teatro principale delle più importanti rotte commerciali, che ora si dirigevano verso il capo di Buona Speranza (per raggiungere le indie orientali), ma soprattutto verso le Americhe.
Paesi che fino a quel momento erano rimasti ai margini dell'Europa che contava, ora si trovavano catapultati in una dimensione da assoluti protagonisti. Nazioni come Inghilterra, Spagna, Portogallo, Paesi Bassi e Francia, presero le redini del potere economico europeo, sostituendosi a nazioni di tradizioni economiche legate all'area Mediterranea come la Repubblica di Venezia.
La nuova sfida marittima che si apriva ebbe molti contendenti diversi e andò avanti per più di tre secoli, ma solo una nazione ne uscì sempre ed indiscutibilmente vincente: la Gran Bretagna.

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I palazzi del potere

Nell'anno 1583, Filippo II aveva appena aggiunto al già vastissimo impero coloniale Spagnolo due nuove perle: Le Filippine, utili per il controllo dei mari più orientali; ed il Portogallo con le sue ricchissime colonie. Il potenziale strapotere spagnolo sembrava non lasciare spazio ad alcun altro nell'area dell'Europa occidentale, visto che il solo governatore del Perù, Don Francisco de Toledo, poteva immettere nelle casse di Madrid un valore in argento, di quasi un milione di ducati l'anno.
Nel momento in cui anche i turchi decisero di ratificare il prolungamento della pace per altri tre anni, la vena ottimistica che pervadeva i funzionari dell'Escorial era del tutto giustificata. Ma nella mente del re Filippo II una questione rimaneva ancora aperta: l'irriducibile ribellione nelle province di Olanda e Zelanda. La vittoria contro questi scismatici sudditi ribelli era di importanza vitale per la cattolicissima immagine del re.
Fu così che gran parte delle ricchezze accumulate in quegli anni venne "deviata" verso la Lombardia per raggiungere l'esercito imperiale operante nelle fiandre. Quando ebbe ricevuto il sostegno adeguato dalla Spagna, il duca di Parma (Alessandro Farnese) riprese l'offensiva contro i ribelli ed occupò Anversa nel 1585. A questo punto, quando la strada per la vittoria definitiva era aperta, da Londra la regina d'Inghilterra Elisabetta I decise di dare sostegno ai ribelli riformisti olandesi. Più di 6.000 fanti e di 1.000 cavalieri lasciarono l'isola britannica per raggiungere i Paesi Bassi, il corsaro Francis Drake venne inviato nei mari caraibici con una flotta di 25 navi, per "disordinare" il traffico navale spagnolo e distruggere le piantagioni iberiche del nuovo mondo.
La ribellione che doveva essere sedata così rapidamente impantanò Filippo II in un conflitto con una potenza emergente che, a sorpresa sfidò, chi fino a quel momento sembrava invencible.

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La politica

Le motivazioni che portarono l'Inghilterra a sfidare la maggiore potenza europea del tempo, sono di natura politica, religiosa ed economica.
Il re Filippo II, per continuare la linea politica del padre Carlo V in funzione antifrancese, aveva sposato Maria Tudor d'Inghilterra, la quale però mori nel 1558. Con la successiva pace di Cateu-Cambresis del 1559, l'alleanza con l'Inghilterra non aveva più alcun senso in prospettiva antifrancese, ma, nei pensieri di Filippo II, deteneva sempre una vitale importanza per ottenere la tranquillità sulle rotte marittime che attraversavano il canale della Manica per raggiungere le Fiandre imperiali.
Per mantenere viva quest'alleanza, Filippo II sostenne la candidatura al trono Inglese della cognata Elisabetta, contro la rivale scozzese Maria Stuart. Quest'ultima aveva la possibilità di riunire sotto il suo comando Scozia ed Inghilterra, con il tacito assenso della Chiesa di Roma, ed era vista come temibile rivale, anziché alleata, dallo stesso Filippo II.
Ma una volta ascesa al trono, Elisabetta approfittò degli "obbligati" assensi della corona spagnola per contrastarne, a proprio vantaggio, il traffico di argento e schiavi dal nuovo mondo. Sostenne in maniera aperta la ribellione dei Paesi Bassi contro lo stesso Filippo e fece imprigionare la rivale di un tempo Maria Stuart. Quest'ultima operazione fece incrinare i rapporti con Madrid, e lo stesso Filippo II, tentò di screditare chi pochi anni prima aveva lui stesso sostenuto per il trono d'Inghilterra. Ma l'azione del re di Spagna era assai tardiva. Ormai Elisabetta aveva il sostegno dell'intero calvinismo internazionale, e la politica anti-spagnola le stava dando il sostegno della popolazione, che vedeva il prestigio del proprio paese e le speranze per il futuro, in una chiave sempre più ottimistica.
Nonostante questo crescente pericolo, Filippo II diede più importanza ad altre operazioni che non fossero l'attacco all'isola britannica.
La Spagna infatti doveva guardarsi assai attentamente dagli ottomani che avanzavano nel Mediterraneo, apparentemente senza ostacoli, e che solo con la battaglia di Lepanto (1571) vennero finalmente arginati. Altro importante fronte aperto era quello portoghese, che portò la Spagna, nel 1580, in una guerra contro la potente Francia di Caterina dè Medici. Ma quando all'Escorial, arrivò la notizia del sostegno inglese alle province olandesi ribelli, Filippo II decise che l'ora per l'attacco all'Inghilterra era giunto.

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La Emprensa

Già nel 1569, l'idea di una invasione dell'Inghilterra era stata suggerita al re Filippo II dal suo più grande generale: il duca D'Alba. Nel 1571, dopo la vittoria a Lepanto contro i turchi, il nome di don Giovanni D'Austria, fresco vincitore dei musulmani, fu posto al vagli del rey prudente, mentre nel 1582, il marchese di Santa Cruz informò Madrid che era necessario prendere l'isola britannica per avere il controllo della Manica ed avere ragione della resistenza nei Paesi Bassi.
Nel 1586, lo stesso Santa Cruz richiese più di 500 navi e 95.000 uomini per la spedizione militare, ma il costo delle truppe richieste ammontava a circa 3.800.000 ducati, cifra troppo onerosa anche per le ricchissime casse spagnole. Il piano, quindi, si ridusse "solo" a prendere il controllo del Canale, per poi trasportare le truppe di Alessandro Farnese dai Paesi Bassi alle spiagge inglesi.

La Manica
Invencible Armada - La Manica

Per la riuscita di questo piano si doveva tenere il massimo riserbo in questione. Fu così che Filippo continuò il rapporto di alleanza che lo legava alla regina Elisabetta e, allo stesso tempo, strinse un patto con il pontefice, dal quale avrebbe ricevuto la somma di un milione di ducati per ogni porto inglese conquistato. La flotta imperiale, nel frattempo, si stava raccogliendo nel porto di Lisbona, e la giustificazione di tanta potenza concentrata in un solo punto venne giustificata alle altre potenze Europee come preparazione per una spedizione nelle americhe.
Dal canto suo, Elisabetta si fidò poco delle parole del re di Spagna ed inviò il valoroso Francis Drake a "controllare" le operazioni nei cantieri iberici. Drake arrivò fino a Cadice e lì affondò ben 32 navi nemiche, ma quando vide l'imponente flotta attraccata a Lisbona, decise di tornare in patria ed informare la regina della situazione effettiva.
L'azione del corsaro inglese rallentò in parte i preparativi spagnoli: da Febbraio la data di partenza fu spostata a Maggio. Ma un'altra tegola aspettava Filippo II. A fine Gennaio, infatti, morì il più grande uomo di mare di Spagna, il marchese di Santa Cruz. La sua sostituzione diventò un problema di notevole dimensione per il re, che decise di affidare l'impresa al duca di Medina Sidonia, Alonzo Perez de Guzman, completamente inesperto di mare, a cui venne affiancato il validissimo ammiraglio Diego Flores de Valdes.
Il vero comando della flotta sarebbe stato assunto dal duca di Parma, Alessandro Farnese, una volta che l'Invencible Armada avesse ottenuto il controllo del Canale e avesse attraccato sulle coste delle Fiandre. Lo stesso Farnese, nel frattempo, aveva radunato sulle coste europee della Manica un esercito composto da circa 20.000 uomini e 5.000 cavalieri (oltre ad un certo numero di navi da sbarco), in attesa della flotta proveniente da Lisbona.
Un'attesa che si rivelò assai vana.

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La partenza

Gli obiettivi della flotta imperiale erano piuttosto semplici. Dovevano ricongiungersi con la flotta e con le truppe di Alessandro Farnese di stanza nelle Fiandre, una volta riunite le forze andava conquistato il canale della Manica e quindi sbarcare in Inghilterra. Visti i mezzi messi a disposizione, e considerando che gli spagnoli non avevano mai perso uno scontro sul mare, l'impresa non sembrava impossibile.
Ma Filippo II non aveva considerato alcuni fattori che potevano fare la differenza in favore degli inglesi.
Tanto per iniziare nemmeno i britannici erano mai usciti sconfitti in uno scontro navale moderno, ed in più avevano il vantaggio di combattere in acque che conoscevano assai bene e che permettevano loro, di rifornirsi o di attraccare molto velocemente in porti amici. Inoltre, le navi da guerra imperiali erano state preparate più per la fase di abbordaggio, che per il confronto alla distanza. Quindi, stracolme di uomini di fanteria, le imbarcazioni spagnole risultavano molto meno facili da manovrare di quelle della regina Elisabetta, che contava su reparti di artiglieria assai più preparati di quelli avversari.
D'altra parte la sfortuna si accanì contro la flotta dell'Invencible Armada.
Dopo la partenza, il 19 maggio del 1588, Medina Sidonia si trovò in mezzo ad una tremenda bufera nelle vicinanze di Capo Finisterre, che lo costrinse ad attraccare a La Coruna. I danni riportati e le condizioni meteorologiche in peggioramento, persuasero il comandante spagnolo a chiedere il rinvio delle operazioni al re Filippo. Ricevuto un secco rifiuto, il Sidonia riparò alla meglio i danni e fu così costretto a far velocemente rotta verso la Manica il 12 di Luglio.
Nel frattempo, gli inglesi avevano inviato Howard e Drake a sorvegliare il lato ovest del canale, mentre lord Seymour aveva già messo in atto il blocco navale sulle coste delle Fiandre. Quando agli ammiragli inglesi, giunse la notizia della tempesta che aveva costretto all'attracco la flotta spagnola, ad Howard fu inviato l'ordine di disarmare metà della sua flotta per risparmiare mezzi e denaro. Fortunatamente per l'Inghilterra, il rifiuto di disarmare da parte di Drake e Howard, si rivelò una delle chiavi della vittoria per la flotta della regina Elisabetta.

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Le forze in campo

L'orgogliosa tradizione inglese, descrive l'incredibile eroismo dei propri marinai usciti vincenti in uno scontro che, li vedeva nettamente in inferiorità numerica nei confronti dell'Invencible Armada. In effetti le cifre erano tutte a favore dei britannici.
La regina Elisabetta, in vista dell'imminente pericolo, aveva mobilitato tutti i Lord ed i gentiluomini del paese per la preparazione allo scontro. Gli inglesi non avrebbero mai retto il confronto sulla terraferma, visto la soverchiante forza terrestre degli spagnoli, ma riuscirono a schierare una imponente flotta da guerra. La Marina militare della regina poteva contare su 34 navi da guerra e su molti altri mercantili ben armati che le erano stati "donati" da città portuali del regno. Il totale degli uomini a disposizione dell'Ammiragliato inglese fu di 17.500, mentre il totale delle navi era di circa 172 per 32.000 tonnellate. Di queste 172 imbarcazioni 34 furono affidate a lord Howard d'Effingham, 64 mercantili armati erano al comando di Francis Drake, 36 unità erano a disposizione di lord Seymour, mentre, la squadra di navi da trasporto affidata a lord Thomas Howard, contava 38 imbarcazioni.
L'Invencible Armada era composta da un totale di quasi 30.000 uomini (di cui 8.000 erano marinai) e di circa 130 navi. Di queste ultime, solo 30 erano veri galeoni da guerra mentre altre 60/70 erano imbarcazioni dotate di un'incerta potenza di fuoco. La gran parte delle navi spagnole infatti era stata destinata al trasporto truppe ed ai rifornimenti.
Per quanto riguarda l'artiglieria, le stime parlano di circa 1.972 pezzi d'artiglieria pesante da parte inglese e di 1.124 per il fronte spagnolo. Va comunque specificato che, il maggior numero di bocche da fuoco era presente sulle navi del re Filippo II, circa 2.600, ma di queste, ben 1.500 erano pezzi antiuomo come i falconetti. Il grande vantaggio inglese era dovuto al numero di colubrine, gli unici pezzi d'artiglieria in grado di colpire fino a 800 metri di distanza. Ve ne erano ben 1.874 sulle navi britanniche e solo 635 su quelle spagnole.
In considerazione di attrezzature così differenti, la chiave tattica della battaglia non può essere assai difficile da trovare. Gli imperiali avrebbero tentato di ridurre le distanze con le navi inglesi per sfruttare, con gli abbordaggi, il maggior numero di soldati a disposizione, mentre, sul fronte inglese, era sufficiente bersagliare dalla distanza il nemico per avere la meglio.

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La pirateria

Le rotte che attraversavano l'Atlantico erano svariate e condotte a seconda delle mete.
La parte settentrionale dell'oceano, era navigato per lo più dalle navi britanniche e francesi, mentre le rotte che portavano in centro e in sud america erano attraversate dai navigatori di Spagna e Portogallo. Infine vi erano le rotte che portavano verso il capo di Buona Speranza, lungo le coste africane, oppure verso i tempestosi mari del Nord, madre di tutte le antiche rotte atlantiche e teatro della strage della Invencible Armada.
Quelle rotte in particolare erano tenute d'occhio dalle navi corsare, in cerca di isolati convogli ispanici provenienti dal nuovo mondo con il carico di oro indigeno.
Le navi corsare erano guidate da gentiluomini che ottenevano dalla regnante vere e proprie "lettere da corsa". Oltre che i cannoni ed i viveri per la spedizione, a missione finita ottenevano come "paga per i servigi resi alla corona" il denaro necessario per sostenere le proprie dinastie.
Per la corona inglese l'oro che veniva razziato dai corsari non aveva traccia, nè passato, ma la fine dei corsari che portavano tali ricchezze era, non di rado, assai misera. Impiccati, dimenticati e lasciati con una sorta di pensione, oppure a dilapidare quanto guadagnato con la propria ciurma, difficilmente vennero ricordati o aiutati nei momenti difficili, soprattutto da chi li aveva ritenuti preziosi pochi anni prima.
Tra le poche figure di pirati che ebbero gloria ed onori, spicca la figura di sir Francis Drake (1545-1596) detto "el Draco" dai navigatori spagnoli. Fu il prediletto di tutti i corsari della regina d'Inghilterra, visto che nessuna delle imprese che gli furono "commissionate" venne fallita; sia che si trattasse di assalti a porti iberici che di depredazioni di vascelli spagnoli nel nuovo mondo. Di sicuro fu uno dei più famosi e temuti corsari di tutti i tempi.

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La battaglia

Il primo incontro

Le istruzioni che ricevette Medina Sidonia dal re Filippo II, erano abbastanza semplici: costeggiare il versante francese della Manica per raggiungere senza colpo ferire Calais dove attendeva Alessandro Farnese con le sue truppe provenienti dalle Fiandre. Ma le correnti del Golfo, sconosciute a molti dei marinai spagnoli, portarono le navi spagnole esattamente dove non volevano: lungo le coste inglesi. L'Invencible Armada venne avvistata dalle navi al comando di Drake ed Howard la notte tra il 20 ed il 21 luglio 1588. I due comandanti inglesi decisero di lasciar sfilare le navi spagnole durante la notte, per poterle attaccare di giorno, alle spalle e per giunta sopravvento.

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L'attacco di Howard e Drake

In questa fase la flotta imperiale cadde nel più profondo stato confusionale. Per salvare il galeone Gran Grin, attaccato dall'Ark Royal di Howard e dal Revenge di Drake, si precipitò la Nuestra Senora del Rosario insieme ad altri vascelli. Visto il pericolo incombente, le navi inglesi si allontanarono subito dopo aver spezzato il ponte della Grin con le artiglierie, e lasciando che le navi "di soccorso" spagnole si speronassero con le altre ancora in fase d'ingaggio. Nel frattempo, la San Salvador, la nave che conteneva il tesoro della spedizione colò a picco per l'accidentale scoppio di due barili di polvere da sparo a bordo.

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"Stretti in un angolo"

Nonostante tutto, l'Armada riuscì a riprendere il mare con destinazione Calais. Gli spagnoli vennero ancora in contatto con gli inglesi, il 23 ed il 25 Luglio ma senza subire ingenti danni.

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Il 27 finalmente riuscirono ad attraccare a Calais, ma trovarono subito la prima sorpresa, le navi del duca di Parma che dovevano arrivare in soccorso dell'Armada erano state bloccate a Bruges da 35 navi olandesi! Medina Sidonia decise che la migliore mossa era non prendere il mare per evitare di scontrarsi con le forze riunite di Drake, Howard e lord Seymour. Un'idea che poteva anche dare dei frutti, ma purtroppo, lord Seymour decise di dar fuoco ad 8 navi da guerra di 200 tonnellate l'una e lasciare che la corrente le portasse addosso alle navi imperiali. Di fronte all'ardente minaccia, il Sidonia fu costretto a salpare ed affrontare le forze inglesi. Ma una manovra tanto forzata, non poteva portare buoni risultati. La Capitana venne abbordata dall'Ark Royal di Howard dopo essersi arenata sui bassi fondali, mentre le altre navi spagnole tentarono di radunarsi a Gravelines inseguite da lord Seymour. Da questo punto in poi non si può parlare più di battaglia ma di esecuzioni, subite dalle sfortunatissime navi spagnole, rimaste ormai isolate lungo le coste fiamminghe e braccate dai "segugi" della marina di Elisabetta.


La fine

Alle 6 della sera del 29, un'improvvisa burrasca divise le due flotte nemiche dando la possibilità agli spagnoli di fuggire verso nord. Il Sidonia si sarebbe trascinato in una improbabile rotta di circumnavigazione delle isole britanniche, per giungere a Santander il 12 settembre 1588.

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Il Bilancio

Nella sola giornata del 29 di Luglio, gli spagnoli persero gran parte delle navi "capitane" e di quelle mercantili attrezzate per la guerra. In quella serata, si contarono 600 e 800 feriti per gli spagnoli contro solo 20 morti inglesi.
La tempesta che diede ossigeno agli imperiali, impedì ai britannici di concludere definitivamente l'opera. Gratificati dalla vittoria ottenuta, gli inglesi decisero di lasciare in balia delle tempeste l'Invencible Armada, che fu puntualmente falcidiata dalle intemperie marine non appena tentò di doppiare le Orcadi.
Delle 130 navi partite da Lisbona solo 63 furono riportate a casa dal Medina Sidonia.

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Le Conseguenze

La notizia della sconfitta nel canale della manica raggiunse l'Escorial a fine settembre, ma non lasciò alcun segno nella mentalità di Filippo II. Egli infatti credeva di poter schierare in poco tempo una nuova flotta per conquistare l'orgogliosa Inghilterra. Ma le ricchezze che la Spagna stava importando dalle americhe si stavano esaurendo ed i successivi tentativi spagnoli di invasione dell'isola, datati 1596 e 1597, fallirono miseramente.
Per ben tre secoli nessun regnante d'Europa tentò più un'aggressione all'Inghilterra, solo Napoleone Bonaparte tentò di interrompere questo "digiuno", fallendo anch'egli.
Fu così che si venne a stabilire l'incontrastato dominio britannico sui famosi sette mari, sui quali la regina Elisabetta aveva lanciato, un tempo, i suoi ardimentosi gentiluomini-corsari.


Pubblicato il 05/01/2005