1-3 Luglio 1863
Le forze dell'Unione nordista sconfiggono la Confederazione del Sud, segnando al contempo la definitiva scomparsa dell'economia agricola fondata sulla manodopera servile.
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Nato a Stratford Hall Plantation, nella Contea Westmoreland in Virginia, quarto figlio di un eroe della guerra d’indipendenza americana, Henry Lee (“Lighthorse Harry”), entrò nell’accademia militare di West Point nel 1825. Dato che apparteneva alla classe aristocratica della Virginia, Lee visse in stretto contatto con la schiavitù per tutta la sua vita ma, di fatto, non possedette personalmente un elevato numero di schiavi.
Lee si distinse nella guerra messicana (1846-1848) contribuendo attivamente a numerose vittorie statunitensi e alla fine della guerra fu promosso tenente colonnello.
Divenuto soprintendente dell'accademia militare di West Point nel 1852, allo scoppio della guerra civile si schierò dalla parte delle forze sudiste, diventando consigliere di fiducia del presidente confederato Jefferson Davis. Lee era contrario alla rottura con gli stati unionisti del nord, definendo la secessione «nient'altro che rivoluzione», tanto che Lincoln gli offrì, il comando dell'esercito unionista ma, fedele alla sua Virginia, raggiunse le file della Confederazione. Ebbe il comando dell'esercito della Virginia e, fatta eccezione per la battaglia di Gettysburg (1863) e per quella finale di Five Forks (aprile 1865), ebbe sempre la meglio sui Nordisti, anche se svantaggiato per mezzi e numero di uomini.
L’8 agosto 1863, dopo la sconfitta di Gettysburg, inviò una lettera di dimissioni al Presidente confederato Jefferson Davis che però respinse la richiesta.
Il 9 aprile 1865, ad Appomattox Court House (Virginia), le sue forze si arresero all’Unione ed egli si consegnò al generale Grant. Lee rifiutò le richieste di alcuni suoi subordinati (e indirettamente di Jefferson Davis) di respingere la resa e di consentire a che piccole unità si dileguassero nelle montagne, avviando una lunga guerra di bande.
Terminata la guerra, si astenne da ogni attività politica e il 2 ottobre 1865 fu messo a capo del Washington College di Lexington (dopo la sua morte, Washington and Lee University) che trasformò in uno dei principali college statunitensi.
A Lee, come uomo di guerra, storici e critici militari riconoscono, oltre all'enorme carisma, doti di geniale organizzatore e profondo conoscitore della orgogliosa mentalità dei suoi uomini, egli seppe creare un esercito audace ed efficiente. Tuttavia, come del resto l'intera classe dirigente del Sud, Lee era un uomo del passato, portatore di valori ormai cancellati dalla Rivoluzione industriale al Nord e nel resto del mondo occidentale.
Nato a Cadice, in Spagna, da famiglia americana. Alla morte del padre nel 1828, quando era ancora adolescente, la sua famiglia, a causa della precaria situazione finanziaria, tornò a Filadelfia in Pennsylvania. Nel 1831 entrò all'accademia militare di West Point, scelta segnata principalmente da motivi economici, da dove uscì col grado di tenente nel 1835. Restò per un anno nell’artiglieria in Florida combattendo contro gli indiani Seminole, prima delle dimissioni dall'esercito, una carriera che non aveva inteso perseguire, già dal periodo a West Point. Lavorò per le ferrovie in Alabama, Georgia e Florida ma, dopo il matrimonio nel dicembre 1840, per mantenere la famiglia, rientrò nell’esercito nel 1842. Combatté quindi, distinguendosi per la sua abilità, nella guerra messicano-americana e fu promosso capitano nel 1856.
Allo scoppio della guerra civile era in servizio col grado di generale. Devoto unionista, era un uomo poco socievole, irascibile e scontroso, ma molto intelligente ed analitico e dotato di grande senso del dovere. Si vide affidare nel 1863 il comando dell'Armata del Potomac nel momento più critico, mentre l'esercito era ancora sotto il peso psicologico di una precedente sconfitta e si stava trasferendo affannosamente per intercettare i Sudisti di Lee che minacciavano la capitale dell'Unione. Il precedente comandante Hooker, in contrasto con Lincoln sulla condotta delle operazioni, fu rimosso dal comando e, contrariamente alle previsioni che indicavano in Reynolds il nuovo comandante poiché più anziano e di maggior esperienza, fu nominato Meade che condusse alla vittoria di Gettysburg.
Durante la battaglia si attenne a una tattica strettamente difensiva, basata sull'impiego di massa delle artiglierie e sull'esasperazione degli approntamenti campali. Il suo equilibrio e lungimiranza si rivelarono nettamente durante il Consiglio di guerra che si tenne nel suo quartier generale, dopo che l'Armata del Potomac, nonostante il valore dei soldati e degli ufficiali, era a malapena riuscita a resistere agli attacchi sudisti dell'1 e del 2 Luglio. Tra lo scoramento generale, dopo due ore di discussione, fece prevalere la decisione di attendere il nemico sulle attuali posizioni. Uscendo dalla riunione - raccontano i memorialisti - si avvicinò al generale Gibbon, che comandava una divisione schierata sulla cresta del cimitero dicendogli: «Se Lee domani attaccherà, sarà sul vostro fronte». Lee attaccò proprio dove lui aveva previsto. Nella fase finale della battaglia evitò di contrattaccare in modo deciso, perdendo secondo alcuni, l'occasione di infliggere un colpo mortale al nemico, né si lanciò all'inseguimento delle divisioni sudiste durante la ritirata di Lee verso la Virginia.
In seguito avrebbe partecipato a tutte le principali battaglie, fino ad Appomattox. Senza avere il genio strategico di Lee o di Grant, fu tuttavia un ottimo comandante.
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Sin dalla vigilia della loro guerra d'indipendenza dall'Inghilterra le tredici colonie americane avevano sviluppato, anche per motivi geografici e climatici, un'economia diversa: le colonie del Nord vivevano di manifatture, piccole industrie, cantieri navali, commercio, favorito dai buoni porti, e pesca; quelle del Centro erano caratterizzate da un'economia agricolo-commerciale; quelle del Sud si estendevano sui territori delle grandi piantagioni di tabacco, cotone, riso e indaco. I quattro quinti della popolazione di schiavi negri si trovava in queste colonie.
Con l'indipendenza e il passare degli anni, nonostante l'aggiungersi di nuovi Stati all'Unione, le cose non cambiarono sostanzialmente. Il Nord conobbe la rivoluzione industriale e prese quindi uno sviluppo decisamente capitalistico; il Sud rimase legato ad un'economia agricolo-patriarcale, fondata sulla grande proprietà aristocratica e la manodopera servile. I due sistemi non poterono più trovare una mediazione: gli interessi degli stati settentrionali richiedevano una politica protezionista per favorire le industrie ed i prodotti locali, difendendoli dalla concorrenza straniera, soprattutto britannica; agli Stati agricoli occorreva una politica liberoscambista, in quanto essi producevano soprattutto per l'estero e le misure protezionistiche favorevoli al Nord potevano danneggiare gravemente, a causa delle contromisure doganali, le esportazioni del Sud.
In campo nazionale era però quasi impossibile difendere gli interessi economici degli Stati agricoli. Nel 1861, l'anno dello scoppio della guerra, i 23 Stati che sarebbero confluiti nella Federazione del Nord contavano quasi 21 milioni di abitanti ed avevano una produzione industriale ed una ricchezza quattro volte superiore a quella degli 11 stati che avrebbero aderito alla Confederazione del Sud, che raggiungevano a stento i 9 milioni di abitanti. In queste condizioni, nel Congresso, gli interessi più rappresentati e quindi meglio difesi erano sempre quelli del capitalismo settentrionale.
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La scoperta dell'America aprì, purtroppo, nuove prospettive per la storia della schiavitù che riacquistò gradualmente nel Nuovo Mondo la funzione che aveva avuto nel mondo romano e orientale diventando lo strumento più efficace per lo sfruttamento agricolo delle colonie. La strada della tratta degli schiavi era stata aperta da Portogallo e Spagna (decreti del 1511), favorita dalle dichiarazioni del vescovo domenicano Bartolomè de Las Casas, impegnato nella difesa dei nativi americani ma non altrettanto in quella degli schiavi provenienti dall’Africa.
Nei futuri Stati Uniti gli schiavi sarebbero però arrivati solo sul finire di quel secolo: la prima accertata vendita di schiavi africani in Virginia risale al 1619. Nel XVI secolo la tratta dei negri era appaltata dalla Spagna ed esercitata prevalentemente dai mercanti genovesi e tedeschi, poi, nel secolo successivo, dai Portoghesi che ne tennero il monopolio fino all'inizio del Settecento.
Comunque il commercio degli schiavi assunse proporzioni vastissime soprattutto nel XVIII secolo e fu sviluppato prevalentemente da Francesi e Inglesi. In generale le condizioni degli schiavi erano pessime e nel periodo dell'Illuminismo esse cominciarono a destare l'attenzione e le critiche degli intellettuali europei e americani, ma per lunghi anni questa propaganda non raggiunse effetti concreti. La schiavitù, pur se proibita dal 1791 in Francia, dal 1792 in Danimarca, dal 1800 a New York, dal 1807 in Inghilterra, dal 1808 (ma in forma parziale) in tutti gli Stati Uniti, continuava a prosperare perché più che affermazioni di principio, occorrevano strumenti internazionali per la sua soppressione.
Si arrivò così al trattato anglo-franco-russo-austro-prussiano (1841) per cui ognuno dei contraenti concedeva agli altri il diritto d’ispezione a bordo dei vascelli sospetti di tratta nelle acque africane. La soppressione della tratta condusse in breve tempo all'esaurimento della schiavitù nei pochi Stati civili in cui sopravviveva e nelle colonie d'oltremare.
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La frattura fra Nord e Sud era ancor più profonda ed andava oltre le differenze tra i due sistemi di produzione: nel Nord si era ormai pienamente affermata un'ideologia liberale, civile e progressista, fondata sul progresso industriale, che non poteva tollerare l'arretratezza e la "barbarie" del Sud schiavista. Per la coscienza moderna, è naturale considerare la schiavitù, formalmente abolita dal Congresso di Vienna, un male morale e sociale. Viene spontaneo, quindi, accollare al Sud le responsabilità morali e politiche della Guerra di Secessione. In realtà molti sudisti non erano per niente ciechi di fronte ai mali della schiavitù, ma all'abolizionismo si opponeva una questione vitale di sopravvivenza per gli Stati meridionali che non conoscevano altro tipo di economia.
La disputa si fece più rovente nel 1854 a proposito dell'estensione o meno del regime schiavista nei nuovi territori del Kansas e del Nebraska (Kansas-Nebraska Act), e del tracciato della ferrovia transcontinentale che si andava progettando. In quell'occasione si manifestò definitivamente la spaccatura tra gli Stati, a regime capitalistico, che avrebbero voluto assegnare quelle terre ai freesoilers ("liberi agricoltori") e quelli schiavisti a regime agricolo, che in quelle terre da mettere a coltura vedevano l'unica possibilità di sviluppo del Sud cotoniero.
Da quel momento il Paese si trovò in una situazione di "guerra fredda" che diede il colpo di grazia ad ogni possibilità residua di mediazione politica. Peraltro, anche se nel Nord gli abolizionisti costituivano una sparuta minoranza, l'affermazione di una corrente d'opinione favorevole all'"abolizionismo demagogico", a volte esplicitamente guerrafondaio, imponeva una profonda riforma della politica. Così nasceva il Partito Repubblicano (1854), il cui programma era compendiato nello slogan "free soil, free labor, free men": i "veri" americani del Nord si chiamavano a raccolta per donare le nuove terre ai liberi contadini, strappandole alle rapaci mire del retrivo e gretto potere schiavista.
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Questo fortunato romanzo d'appendice iniziò ad essere pubblicato a puntate nel 1851 su «The Nantional Era», un periodico di scarsa notorietà e intonazione abolizionistica. L'autrice, Enrichetta Beecher-Stowe, proveniva da una famiglia presbiteriana della Nuova Inghilterra e non aveva alcuna conoscenza del Sud, tanto che le situazioni ed il folclore tratteggiati nel romanzo corrispondevano ben poco all'effettiva realtà agricolo-culturale delle distese cotoniere meridionali.
La prima edizione integrale del romanzo uscì a Boston nel 1852: subito proibito nel Sud, il libro circolava sotto banco ed ebbe un effetto sconvolgente sull'opinione pubblica. Nel Nord invece, sebbene la prima stroncatura ufficiale del libro partisse proprio dal «Journal of Commerce», il foglio portavoce della finanza newyorkese, il romanzo ebbe un successo indescrivibile ed un effetto inatteso tra l'opinione pubblica: rappresentò la conferma di tutto, di quanto e di peggio si andava dicendo sul potere schiavista.
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Non esiste un solo popolo in epoca storica che non abbia fatto uso d’insegne. Quanto mai varie per stranezza di forma, anticamente le insegne avevano un valore simbolico rilevantissimo, perlopiù associato alla principale divinità nonché ai miti e origini di ciascun popolo. Perdere l'insegna poteva significare perdere l'identità etnica e culturale: si pensi, ad esempio, all'arca dell'alleanza degli antichi ebrei. Questa funzione etico-sociale del simbolo è rimasta immutata nei secoli successivi e, in ambito militare, si è arricchita di connotazioni pratiche: l'insegna o meglio, le insegne, del condottiero o del generale in subordine, o di un singolo reparto dell'armata sono state, fino all'invenzione del telefono e della radio, il principale mezzo di segnalazione e comunicazione della posizione e dello stato di quel capo o di quella truppa durante la battaglia.
Per questo, le bandiere assunsero dimensioni sempre più grandi e colori particolarmente accesi fino ad arrivare - a causa della necessità di superare la nube di fumo prodotta dalle prime rudimentali armi da fuoco - a dimensioni particolarmente spropositate. Larghe e lunghe diversi metri erano quelle, ad esempio, utilizzate sulle galere a Lepanto.
A Gettysburg e per tutto il XIX secolo, gli eserciti usarono bandiere reggimentali - depositarie dell’onore del reggimento così come le aquile napoleoniche - e numerose altre che a nulla servivano se non a comunicare visivamente i movimenti, gli schieramenti ed il posizionamento dei vari comandi, dal livello di armata ai più bassi livelli, di corpo d'armata, di divisione etc. Le staffette porta-ordini potevano così orientarsi nella ricerca dei destinatari e i comandanti potevano rendersi conto dell'evolversi di una manovra o se un reparto - insegna caduta - avesse cessato di combattere.
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Nel 1860, l'anno delle elezioni presidenziali, le lacerazioni del corpo sociale e gli insanabili contrasti economici avevano ormai spinto il Sud in un irragionevole arroccamento culturale e politico: sempre più si radicava nel suo ceto dirigente la convinzione della necessità di giocare la carta della secessione. In questo contesto il Partito democratico, anziché esprimere un candidato frutto di mediazione, non seppe concludere che per la scissione del partito. I delegati del Sud, sconfitti al voto, abbandonarono uno dopo l'altro l'aula della Convenzione.
Ben diversa la situazione alla Convenzione del Partito Repubblicano, riunitasi simbolicamente nella gigantesca metropoli industriale di Chicago, proprio per testimoniare che la moderna agricoltura capitalistica e il mondo industriale si davano la mano sulle terre della discordia: il giovane partito individuò in Abramo Lincoln, "l'onesto Abe", l'uomo a cui affidare la gestione del processo di trasformazione e sviluppo del Paese. Alla notizia della sua elezione e prima ancora che entrasse in carica, il South Carolina proclamò la secessione. Entro la primavera del 1861 altri dieci stati ne seguirono l'esempio e aderirono alla nuova Confederazione con capitale Richmond e presidente Jefferson Davis.
Abramo Lincoln (1809-1865), nato da modesti coloni quaccheri del Kentucky, esercitò vari mestieri fino al 1832 quando partecipò alla guerra contro le tribù indiane dove ottenne il grado di capitano. La carriera militare gli consenti di entrare nella vita politica e, dal 1834 al 1842, fu deputato del partito whig (liberale), segnalandosi soprattutto per una prima coraggiosa presa di posizione contro lo schiavismo.
Scaduto il mandato esercitò l'avvocatura, ma nel 1854 rientrò clamorosamente in politica opponendosi con fermezza al "Kansas-Nebraska Act”, che apriva i nuovi territori del nord-ovest allo sfruttamento dei negri. Pronunciò un discorso nel quale sottolineava come i nuovi Stati liberi fossero «i luoghi dove possono andare i poveri per migliorare le loro condizioni». La sua elezione a presidente degli Stati Uniti il 6 novembre 1860, il primo repubblicano a raggiungere tale carica, provocò lo scoppio della guerra civile. Il 1° gennaio 1863 Lincoln emanò il famoso Proclama di Emancipazione della popolazione negra americana, che liberò gli schiavi negli Stati dell’Unione e che gli valse l'appoggio delle potenze europee. Assicuratosi la vittoria quasi plebiscitaria nelle elezioni del 1864, il 14 aprile del 1865 nell’istante in cui prendeva posto in un palco del teatro di Washington un colpo di rivoltella calibro 44 sparato da John Wilkes Booth, fanatico secessionista, poneva fine alla sua vita tre giorni dopo la resa del generale Lee.
Suo "opposto" politico fu sicuramente Jefferson Davis (1808-1889). Eletto presidente degli Stati Confederati del Sud nel 1861, anche lui come Lincoln era nato in una povera capanna di pionieri. Alla fine delle ostilità fu condannato alla prigione; ne uscì due anni dopo in seguito ad un'amnistia. Fino alla morte continuò ad esercitare la sua influenza nella vita politica del Sud.
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Nel Kansas sanguinante per il conflitto tra coloni pro e contro la schiavitù, ascese alla notorietà nazionale un vecchio abolizionista del Connecticut, John Brown, capitano della milizia dei freesoilers (di fede anti sudista), che fu tra gli artefici del massacro di Pottawatomie il 24 maggio 1856, dove cinque civili sudisti, sorpresi di notte, furono trascinati fuori di casa e passati alle armi.
John Brown aveva viaggiato a lungo in Europa, ove era entrato in contatto con l’insurrezionalismo di stampo romantico e le dottrine di guerriglia tratteggiate dall'esule piemontese il Conte Carlo Bianco di Saint Jorioz, maturando l'ardita idea di condurre gli schiavi neri della Virginia sui monti Allegheny per organizzare da lì la rivolta. L'impresa esordì il 16 di ottobre 1859, quando alla testa di pochi rivoltosi e tre dei suoi tredici figli, si impossessò armi alla mano dell'arsenale militare di Harpers Ferry, in Virginia, per armare quanti più schiavi possibile.
Circondato e ben presto ridotto all'obbedienza da un reparto di marines, fu condannato a morte per cospirazione, omicidio e insurrezione armata il 2 novembre 1859 da un tribunale della Virginia e il 2 dicembre fu impiccato. La sua figura, non priva di ombre, entrerà nella leggenda e sarà cantata da migliaia di soldati nordisti durante le lunghe marce di avvicinamento al fronte: «John Brown's body...».
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La Secessione di per sé non avrebbe forse prodotto l'irreparabile. Il presidente Davis fece un discorso inaugurale moderato, come pure lo stesso Lincoln dichiarò di non voler attaccare gli Stati secessionisti. Vi era però una questione che si sarebbe rivelata esplosiva: quella dei forti militari con guarnigione nordista rimasti circondati nei territori del Sud. Tra questi vi era Fort Sumter, posto su di un'isola artificiale all'ingresso della rada di Charleston (Carolina del Sud), una delle principali città meridionali.
Dal punto di vista militare la posizione di quel forte era formidabile: per tre mesi il comandante della guarnigione, maggiore Anderson (ufficiale originario del Sud), vi restò rinchiuso in attesa di rifornimenti, ma il governo nordista temporeggiava, timoroso di una mossa irreparabile. Lincoln prese contatti con il governatore del South Carolina e gli chiese di permettere l’invio di rifornimenti assicurandogli che non sarebbero stati inviati rinforzi né tantomeno armi e munizioni. Finalmente, il 29 marzo, partì una spedizione di soccorso su navi mercantili. La decisione pose ai sudisti una disperata alternativa: lasciar rifornire il forte o assumersi l'odiosa responsabilità di sparare il primo colpo della guerra civile. Il giorno 11 di aprile il generale Beauregard, su ordine di Jefferson Davis, chiese la capitolazione del forte ma Anderson respinse l'ultimato. Alle 4 del mattino del 12 aprile 1861 un proiettile lanciato da uno dei mortai del porto andò ad esplodere sul forte. Fu il primo colpo d'artiglieria della guerra civile.
All'inizio delle ostilità il Sud non era ancora in difficoltà economiche, tutt'altro: nel 1860, ad esempio, aveva esportato cotone per 121 milioni di dollari, il 57% di tutte le esportazioni dell'Unione. Quello di cui mancava erano le industrie. Il Nord fabbricava il 96% delle locomotive e del materiale ferroviario; possedeva il 97% delle fabbriche di armi e quasi tutti i cantieri navali; disponeva di 37.000 chilometri di ferrovie, mentre il sud sfiorava appena i 14.000; poteva contare su 185.000 stabilimenti siderurgici, metallurgici e meccanici contro i 17.000 del Sud, ed impiegava nelle industrie 868.000 operai, mentre la Confederazione ne possedeva 89.000. Il Sud, pur producendo la totalità del cotone americano, non era neppure in grado di fornire le uniformi a tutti i suoi soldati, poiché la maggior parte delle manifatture tessili si trovavano al Nord!
Attraverso le importazioni, tuttavia, la Confederazione avrebbe potuto approvvigionarsi largamente di armi e materiale bellico dalla Francia e dalla Gran Bretagna, ma nel 1861 possedeva soltanto 13 navi da guerra contro le 160 dell'Unione, e questa strinse intorno alle sue coste un blocco commerciale tanto rigido da strangolarla, lentamente ma inesorabilmente. La guerra sul mare e per i porti assunse quindi immediatamente un’importanza cruciale per il Sud, perché sul mare si sarebbe giocata la partita dei rifornimenti, e all'interno della Confederazione non sfuggì a nessuno che il tempo lavorava a favore del Nord; il blocco navale, nonostante l'opera incessante dei clippers, impediva gli approvvigionamenti e le risorse erano sempre più scarse. Le operazioni di guerra si prolungavano intanto in continue offensive, controffensive e manovre, che non ottenevano nulla se non grandi stragi, l'impoverimento del Sud e una diffusa stanchezza morale del Nord.
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Per cercare di bilanciare la superiorità degli Unionisti, dal 1862 il governo confederato introdusse la coscrizione obbligatoria. I circa 500.000 uomini che il Sud riuscì a mettere in campo erano male equipaggiati e malnutriti, ma i reggimenti in cui furono inquadrati si dimostrarono solidissimi e combatterono con impeto sino alla fine. Quanto all'uniforme, anche se il regolamento prevedeva giubba grigia, pantaloni celesti e berretto grigio con fascia celeste, in realtà i soldati indossavano quello che trovavano, senza andare troppo per il sottile. Nel 1862 fu introdotto per le uniformi un tessuto di colore marrone rossastro, detto "butternut”, ma pochi si preoccuparono di attenersi al regolamento.
L'unica arma in cui il Sud aveva un vero vantaggio era la cavalleria. Gli agricoltori meridionali, da sempre abituati a cavalcare, si dimostrarono magnifici cavalleggeri e sotto la guida di abili comandanti compirono grandi imprese nel corso di tutta la guerra. Anche la cavalleria soffrì della scarsità cronica di rifornimenti che affliggeva tutto l'esercito. I soldati portavano le più disparate combinazioni d’indumenti, con una predominanza del grigio con fregi gialli come colore distintivo; gli ufficiali erano soliti indossare uniformi fuori ordinanza confezionate dai loro sarti: grigie con fregi gialli e piume sul cappello.
Il parco d'artiglieria da campagna confederato aveva meno pezzi di quello nordista; inoltre, era costituito per la maggior parte da cannoni a canna liscia che, organizzati in batterie, erano aggregati alle brigate di fanteria per l'appoggio ravvicinato. L'artiglieria confederata non riuscì a capire mai la novità costituita dall'avvento dei pezzi rigati e i cannoni sudisti furono usati in modo molto tradizionale. Gli artiglieri portavano la divisa grigia con il colore distintivo rosso, ma con il passare del tempo anch'essi furono costretti dalla scarsità dei rifornimenti a indossare quello che potevano procurarsi.
La grande massa delle truppe unioniste era costituita dalla fanteria, vero nerbo dell'esercito, che negli ultimi anni di guerra raccoglieva nelle sue file veterani coraggiosi e addestrati. Ai 10 reggimenti dell'esercito regolare si aggiunsero quelli di volontari reclutati dagli stati, fino a raggiungere I'impressionante numero di 1.666 reggimenti. Per quanto quello dell'Unione non sia mai stato un esercito "da parata", la capacita produttiva del Nord riuscì a procurargli una certa uniformità di equipaggiamento e di abbigliamento. La truppa portava berretto da fatica blu con visiera, giubba corta, anch'essa blu, e pantaloni celeste chiaro; le buffetterie erano in cuoio nero, mentre i distintivi di grado erano celeste per i sottufficiali, che li portavano sulla manica, e dorati per gli ufficiali, che li portavano sulla spalla.
La cavalleria nordista era, almeno all'inizio del conflitto, meno efficiente di quella confederata, perché agli stati del Nord industriale mancava quella tradizionale abitudine a cavalcare che era invece propria del Sud agricolo. Per questo, nei primi anni di guerra, le armate unioniste soffrirono spesso le incursioni audaci della cavalleria nemica. L'uniforme era simile a quella dei fanti, ma il colore distintivo era il giallo; gli ufficiali avevano gradi dorati e talvolta portavano il cappello nero a tesa larga.
Nel settore dell'artiglieria la superiore struttura industriale del Nord offrì alle sue armate notevoli vantaggi. Dai numerosi arsenali settentrionali uscirono migliaia di pezzi di tutti i calibri che andarono a formare il parco d'artiglieria più potente del tempo. I cannoni potevano essere a canna liscia, del tipo detto "Napoleone", o a canna rigata: i primi erano efficaci per il tradizionale utilizzo di supporto ravvicinato della fanteria; i secondi si rivelarono efficacissimi nel bombardamento a distanza. L'esperienza maturata durante la guerra portò a una tecnica innovativa nell'uso delle batterie, che anticipò quello moderno dell'artiglieria campale, fattore determinante di molte battaglie.
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Durante la guerra di secessione americana comparvero sui campi di battaglia i primi fucili a ripetizione, lo "Spencer" mod. 1860 e il "Henry" mod. 1863, ambedue in dotazione ai nordisti. Quest'ultimo aveva un caricatore tubolare da 15 colpi ed una cadenza effettiva di tiro di 45 colpi al minuto. I sudisti che a inizio guerra avevano solo armi a colpo singolo, lo chiamavano il "maledetto fucile che si carica la domenica e continua a sparare fino a sabato".
Per la maggior parte dei soldati, tuttavia, sudisti o nordisti che fossero, l'arma principale era ancora il fucile ad avancarica. Le fanterie di entrambi gli eserciti usarono vari tipi di moschetto ad avancarica a canna liscia e canna rigata. Gli arsenali dell’Unione producevano varie versioni del modello “Springfield”, peraltro fabbricato anche al Sud, che si dimostrò sempre un’arma robusta ed efficace; la sua precisione e la lunga gittata costrinsero i generali ad abbandonare le tattiche in ordine chiuso, che avevano adottato all’inizio della guerra. Lo Springfield 1861 fu il fucile più diffuso nei due eserciti per tutta la durata della guerra, robusto e affidabile, poteva essere molto preciso fino ad oltre 700 metri di distanza. Tuttavia la cronica scarsità di rifornimenti ed equipaggiamenti che afflisse per tutta la guerra l’esercito confederato costrinse diversi reggimenti ad andare in battaglia ancora con i vecchi moschetti a canna liscia, decisamente inferiori ai nuovi modelli rigati.
Sia i nordisti che i sudisti importarono moschetti anche dai paesi europei, soprattutto dall’Inghilterra. Il moschetto ad avancarica a canna rigata Enfield 1853 venne utilizzato sia dai federali che dai confederati e fu il secondo fucile da fanteria più diffuso durante la guerra, sorpassato solamente dallo Springfield. I Confederati importarono più Enfield di qualunque altro tipo di arma, continuando ad acquistarli da venditori privati o trafficanti di armi anche quando l’Inghilterra si rifiutò di vendere loro armi una volta chiaro che avrebbero perso la guerra.
Palla e polvere erano contenuti in un unico involucro di carta: il fante doveva versare la polvere nella canna dell'arma e introdurre la palla premendola con la bacchetta dal vivo di volata. L'intera operazione era composta da almeno otto movimenti e consentiva non più di due colpi al minuto anche se i soldati tendevano a semplificarla al massimo ed un fante esperto poteva far fuoco anche quattro volte al minuto. Nel caos della battaglia e nella concitazione del combattimento, spesso i combattenti non riuscivano ad avvertire il rumore dello sparo della propria arma e, dopo la prima cilecca, continuavano a caricare ed a credere di sparare: tra i 35.000 fucili raccolti dopo la battaglia sul campo di Gettysburg, infatti ben 20.000 avevano in canna da due a sei colpi inesplosi!
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Resosi conto che il prolungarsi della guerra non poteva che andare a vantaggio dell'Unione, la cui superiorità nei campi dell'industrializzazione, del potenziale umano e della struttura economica, stava sempre più pesando sulla bilancia del conflitto, il generale Robert E. Lee, comandante dell'armata della Virginia settentrionale, d'accordo col presidente Davis, aveva messo a punto un piano che, se fosse riuscito, avrebbe potuto, se non dare la vittoria al Sud, almeno riaprire la strada verso una soluzione negoziale del conflitto.
Il piano era semplice: invadendo la Pennsylvania e minacciando la capitale federale Washington, Lee sperava di attirare l'Armata del Potomac, principale esercito unionista nell'est, in una battaglia campale che, se vinta dai Confederati, avrebbe potuto costringere Lincoln a recedere dalla richiesta di resa posta alla Confederazione come condizione per la cessazione delle ostilità, e avrebbe potuto offrire ai contendenti una soluzione dignitosa per uscire dal conflitto.
Dopo la decisiva vittoria contro l’Armata del Potomac nella battaglia di Chancellorsville (1-3 maggio 1863) alla fine di maggio del 1863 la situazione generale della guerra che si mostrava favorevole ai Confederati convinse il generale Lee a sferrare un'offensiva su larga scala al di là del Potomac, per portare la guerra in territorio nordista. Una svolta nelle sorti del conflitto poteva rafforzare la posizione della Confederazione e la reazione dell'opinione pubblica nordista avrebbe, forse, costretto Lincoln a venire a patti.
Il 3 giugno 1863 le forze confederate, divise in tre corpi di fanteria più la cavalleria del generale J. E. B. Stuart, avanzarono da Fredericksburg senza che, sul momento, i Nordisti si accorgessero della manovra. L’8 giugno l'esercito si concentrò nei dintorni di Culpeper in Virginia e, il giorno successivo a Brandy Station, ci fu il più lungo scontro di cavalleria della guerra. La cavalleria confederata fu quasi sopraffatta dai federali ma Start alla fine riuscì a prevalere, mostrando, però, che la cavalleria dell’Unione era ormai equivalente a quella confederata. In seguito il grosso della cavalleria fu distaccata per una finta offensiva su Washington; questo diversivo alla fine privò i Confederati del suo aiuto proprio nel momento dello scontro decisivo. Nel Frattempo Lee, senza incontrare eccessiva resistenza, attraversava il Potomac all'altezza di Hagerstown e, marciando verso nord, iniziava l'invasione della Pennsylvania dirigendo su Chamersburg e Carlisle.
Da queste posizioni intendeva, con una conversione verso sud, minacciare la capitale federale e costringere l'armata unionista ad accettare battaglia in campo aperto.
Quando il generale Joseph Hooker che comandava l'armata del Potomac si rese conto che i Confederati si erano sganciati, chiese di marciare su Richmond ormai quasi scoperta; ma il comando supremo unionista, pressato dall'opinione pubblica che temeva l'invasione, ritenne la mossa troppo pericolosa e lo rimosse dal comando. Hooker fu sostituito dal generale George Gordon Meade, che ebbe l'ordine di dirigere con tutto l'esercito verso nord, con il compito di intercettare i Sudisti e difendere Washington.
Le due armate nemiche si incontrarono nei pressi di Gettysburg, una cittadina allora sconosciuta, che per tre giorni sarebbe stata teatro di una delle battaglie più sanguinose della guerra civile.
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L’armata della Virginia settentrionale che il generale Robert Lee portò sul campo di Gettysburg contava nelle sue divisioni circa 75.000 uomini, tutti veterani esperti e col morale alto per le vittorie ottenute nei mesi precedenti, accompagnati da 272 cannoni. Organizzati in brigate e reggimenti, i "Johnny Rebb" si apprestavano con orgoglio e decisione alla battaglia.
L'Armata nordista del Potomac del generale George Meade aveva circa 94.000 uomini e 362 cannoni che però, a causa dell'affannoso ripiegamento verso Nord, era dispersa su una lunga e disordinata colonna. Le giacche blu dell'Armata del Potomac più volte avevano conosciuto e subito l'irruento slancio offensivo dei "Johnny Rebb" ma, questa volta, c’era in gioco la difesa delle loro famiglie e delle loro proprietà.
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Né Lee né Meade prevedevano di dare battaglia a Gettysburg.
La mattina del 1° Luglio alle prime luci dell'alba i cavalleggeri del generale John Buford, che costituivano l'avanguardia del I corpo unionista, avevano occupato la cittadina e, smontati da cavallo, si erano schierati sul Mc Pherson Ridge, Herr Ridge e Seminary Ridge (tre crinali a ovest di Gettysburg). L’idea era quella di bloccare lungo la strada di Chambersburg l'avanzata delle forze confederate, che erano superiori in numero, e guadagnare tempo per permettere alla fanteria in arrivo di occupare le posizioni difensive a sud della città.
Si scontrarono con due brigate del III corpo confederato mandate in avanguardia dal generale Ambrose Hill nonostante l'ordine del generale Lee fosse quello di evitare uno scontro su larga scala prima di aver radunato l'intero esercito; la scaramuccia iniziale si allargò man mano che sopraggiungevano gli altri reggimenti confederati. A sostegno dei cavalleggeri di Buford giunsero il I e il XI corpo d'armata unionisti che si schierarono a difesa di Gettysburg in formazione a mezzaluna, mentre a nord e a nord-est le truppe del II e III corpo confederati iniziavano ad attaccare l'abitato.
Le forze unioniste, cannoneggiate senza pietà e inferiori di numero, non furono in grado di tenere la linea difensiva.
Intorno alle tre del pomeriggio le truppe del Nord, sconfitte (era caduto anche il generale Reynolds), dovettero ritirarsi a sud della cittadina per attestarsi sulla Collina del Cimitero e sulla Cresta del Cimitero che, da ovest, proteggevano la strada maestra diretta a Washington, qui scavarono delle trincee intorno alle mura del cimitero cittadino e misero in posizione la loro artiglieria.
A questo punto Lee capì il potenziale difensivo dell'Unione se avessero mantenuto quelle posizioni e mandò ordini al tenente generale Richard S. Ewell del II corpo confederato, dicendogli di prendere la Collina del Cimitero "se possibile". Ewell scelse di non tentare l'assalto, mancando così l’opportunità di affrontare i federali prima che fossero sopraggiunte le altre divisioni.
Al cadere della notte le divisioni unioniste, che nella giornata erano affluite sul campo, assunsero una formazione difensiva simile a una L rovesciata sulle colline, rafforzate con lavori di sterramento. Le divisioni dell'armata della Virginia settentrionale tenevano invece la città e occupavano, a est, la Cresta del Seminario che correva parallela alla Cresta del Cimitero.
Lungo tutta la sera del 1 e la mattina del 2, la maggior parte della fanteria di entrambe le armate arrivò sul campo, compresi il II, III, V, VI e il XII corpo dell'Unione.
Il 2 Luglio ci furono una serie di attacchi sudisti alla ricerca di un punto debole dove fare breccia.
La mattina iniziò con una grave imprudenza da parte dei Nordisti. Il generale Daniel Sickles, comandante del III corpo, abbandonò la forte posizione in collina, senza ordini diretti, per spostarsi più avanti di 800 metri a ovest, in un pescheto protetto da muri; lasciò così scoperto il fianco sinistro dell'armata del Potomac che rischiava l'accerchiamento. Sarebbero finiti a fronteggiarsi con il I corpo confederato guidato dal generale James Longstreet che secondo il piano di Lee si sarebbe dovuto posizionare di nascosto per attaccare le forze dell’unione sul lato sinistro. A causa di alcuni ritardi dovuti allo schieramento delle truppe, Longstreet attaccò solo attorno alle ore 15 e verso le 18, nonostante i rinforzi inviati da Meade, le truppe di Sickles erano in fuga, con l'intera armata sul punto di essere accerchiata dai Confederati che muovevano verso il Little Round Top, una formazione rocciosa che chiudeva la Cresta della Collina.
Nel Frattempo, dall'abitato di Gettysburg i Confederati avevano attaccato la Collina del Cimitero e su tutto il fronte la battaglia aveva raggiunto il suo culmine con pesanti perdite da entrambe le parti.
Sul lato sinistro sembrava che niente potesse fermare la marea confederata, ma sul Little Round Top erano schierate due brigate di fanteria e una batteria di cannoni unioniste che da sole si trovarono a difendere quella che, al momento, era la posizione chiave di tutta la battaglia. I veterani confederati della divisione Hood si lanciarono all'attacco di questa posizione ma, falciati dal tiro ad alzo zero dell'artiglieria, furono costretti a ritirarsi. Anche altrove i tentativi sudisti di scalzare i nemici dalle colline fallirono e la seconda giornata si concluse con un nulla di fatto.
Al mattino del 3 luglio, dopo avere rinforzato la difesa del Little Round Top, il generale Meade decise di anticipare le mosse di Lee che tentava I'aggiramento di entrambe le ali del suo schieramento e ordinò un attacco contro le posizioni che i Sudisti avevano guadagnato il giorno precedente sulla Collina del Cimitero. Dopo un breve ma preciso cannoneggiamento le fanterie federali scattarono all'attacco, ricacciando il II corpo del generale Richard Ewell che, a sua volta, si apprestava ad avanzare.
Resosi conto dell'impossibilità di concludere l'aggiramento, Lee decise di giocare il tutto per tutto, e cercò di sfondare al centro con un attacco massiccio alla Cresta del Cimitero. Fece muovere verso le posizioni di partenza a sud di Gettysburg la divisione del generale George Pickett (una delle migliori unità dell'armata della Virginia settentrionale che non aveva ancora partecipato alla battaglia) e davanti a essa dispose 150 pezzi d'artiglieria. La manovra richiese tutta la mattinata, ma a mezzogiorno le batterie aprirono il fuoco contro le posizioni nordiste.
Alle tre del pomeriggio, dopo tre ore di cannoneggiamento, 12.500 uomini mossero all'attacco sotto il tiro dei cannoni unionisti, riportati in tutta fretta in linea dopo essere stati arretrati per sottrarli al bombardamento confederato. Fu un bagno di sangue, percorsi i primi ottocento metri dei 1.200 che li separavano da Cemetery Ridge 5.000 uomini erano rimasti sul terreno, ma i veterani virginiani di Pickett continuarono ad avanzare inesorabili verso le linee nemiche. Qui li attendevano i fanti del II corpo dell'Unione, anch'essi veterani e decisi a tenere duro a ogni costo. I Confederati furono investiti da un micidiale fuoco di moschetteria, ma con un ultimo eroico sforzo riuscirono ad arrivare sulle linee nemiche, ricacciando al centro due reggimenti unionisti. Le sorti della battaglia sembrarono pendere in favore della Confederazione, finché Meade scagliò nella breccia una brigata della Pennsylvania che, con un attacco disperato, ricacciò in disordine i Sudisti.
Fallita così la manovra di Pickett, svaniva per Lee l'ultima possibilità di vincere la battaglia. Per dissimulare la gravità della situazione il generale sudista mantenne le posizioni sul campo, ma 23.000 uomini tra morti, feriti e prigionieri senza riuscire a cacciare i Nordisti dalle loro posizioni costituivano una sconfitta ingente.
Il 4 luglio gli eserciti erano schierati alle due parti dei campi insanguinati, Lee modificò le sue linee in posizione difensiva, sperando che Meade avesse attaccato. Il cauto comandante dell'Unione, tuttavia, decise di non assumersene il rischio. La sera del 4 luglio le colonne di Lee iniziarono la ritirata verso sud, non molestate dal nemico, e il 10 luglio riattraversavano il Potomac per rientrare in Virginia.
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Gettysburg fu la battaglia con il maggior numero di vittime nella guerra civile.
I tre giorni di battaglia costarono ai Confederati circa 23.000 uomini tra morti, feriti e dispersi; di questi i morti furono 4.708, 12.693 i feriti e 5.830 tra dispersi e catturati.
Le perdite dell’Unione furono di 3.155 morti, 14.531 feriti e 5.369 tra dispersi e catturati.
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La sconfitta subita da Lee sul campo di Gettysburg, di fatto, segnò il destino della Confederazione. Il generale Grant, mentre Meade sconfiggeva Lee in Pennsylvania, conquistava Vicksburg, in Mississippi e, in seguito, la conquista di Chattanooga, in Tennessee, diede inizio alle grandi scorrerie negli stati confederati che inasprirono la guerra. Nel mese di novembre del 1863, durante la battaglia di Chattanooga, Sherman, al quale erano state affidate le armate del Tennessee, riuscì a conquistare velocemente l'obiettivo prefissato, la collina di Billy Goat, a nord della cresta del Missionary, ma scoprì che in effetti non c'era nessuna cresta, ma piuttosto uno "sperone" distaccato, separato dalla cresta principale da un burrone cosparso di sassi. Quando tentò di attaccare la dorsale a Tunnel Hill, le sue truppe furono ripetutamente respinte dalla Divisione di Patrick Cleburne, la migliore unità dell'esercito Confederato di Braxton Bragg. Il tentativo di Sherman fu oscurato dall'assalto successivo dell'esercito di George Henry Thomas, che sfondò al centro la linea Confederata, azione che era stata, originariamente, studiata come semplice diversivo.
Intanto una flotta dell'unione guidata dall'ammiraglio David G. Farragut si impadroniva del porto di New Orleans assumendo il controllo della parte meridionale del fiume Mississippi. Ala fine del 1863 tutta la grande via d'acqua era controllata dagli Unionisti.
Nel 1864 il presidente Lincoln nominò Grant comandante in capo di tutte le truppe dell'unione. Mentre questi combatteva l'inconcludente campagna di Wilderness (magio-giugno), che spinse lentamente in direzione di Richmond l'armata di Lee, il generale unionista William T. Sherman condusse il suo esercito attraverso il Tennessee e la Georgia in direzione di Atlanta, che fu presa e data alle fiamme (settembre-novembre). Quindi, facendo alle sue spalle terra bruciata, continuò ad avanzare verso Savannah, sulla costa, riuscendo a operare la congiunzione tra le forze terrestri e quelle navali dei Nordisti, che tagliò il Sud a metà.
Conquistata Savannah, Sherman si diresse verso nord per ricongiungersi a Grant. Gli eserciti dell'unione strinsero così nella morsa le ultime forze confederate in Virginia: il 1° aprile 1865 i Sudisti furono battuti nei pressi di Dinwiddie (Five Forks) dal generale Philip H. Sheridan, due giorni dopo cadde Petersburg e venne fatta sgombrare Richmond, capitale della Confederazione, tenuta da otto mesi sotto assedio. Il 9 aprile il generale Lee si consegnò, presso il tribunale di Appomattox, al generale Ulysses Grant, comandante in capo delle armate nordiste. La resa avvenne senza la simbolica consegna della spada al vincitore. Nessuno l'aveva richiesta. Il 26 aprile la resa di tutte le truppe confederate pose fine alla guerra civile.
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Tra i molti irriducibili combattenti per il Sud, cronaca e storia ricordano alcuni guerriglieri riuniti in bande irregolari operanti sulle ampie distese del Kansas e del Missouri: Quantrill, Anderson "il sanguinario", Todd, Trow "il capitano", abili e audaci cavalieri, tiratori infallibili, crudeli e vendicativi, questi uomini di frontiera riempirono le prime pagine dei giornali delle loro sanguinose gesta.
Tanti e tali furono i crimini e le stragi da loro commesse, che a guerra finita non poterono beneficiare delle amnistie di Appomattox e di Nashville. I sopravvissuti si dettero così alla macchia ed al banditismo. Tra di loro militavano anche gli inseparabili fratelli James, Frank e Jesse detto Dingus, poi passati al mito, per le imprese banditesche compiute nei 16 anni successivi alla fine delle ostilità, come mariti e padri affettuosi, fustigatori dei ricchi ed amorevoli verso i reduci confederati ed i più poveri, al pari di Robin Hood. In realtà furono criminali spietati, privi di qualsiasi morale, che a null'altro tendevano se non alla rapina ed a sanguinose vendette.
Pubblicato il 26/06/2009