25 Ottobre 1854
La più celebre azione di cavalleria di ogni tempo divenuta leggenda: nella battaglia di Balaklava la Brigata Leggera della Divisione di cavalleria britannica caricò una batteria di cannoni russi piazzati all’estremità di una valle lunga più di un chilometro e mezzo, fu un'inutile e orrenda carneficina ma la descrizione della “cavalcata infernale” fissò nelle menti degli inglesi in patria, la carica, come un evento diverso da tutte le precedenti azioni di cavalleria e ne fece una leggenda.
A cura di Giuseppe Bufardeci
CARICA BALAKLAVA
La stesura di questo scritto è stata possibile utilizzando diverse fonti, ma, tra queste, quella principale è stata un libro: “Balaklava, la vera storia della più famosa carica di cavalleria”, titolo originale: “Hell Riders” di Terry Brighton.
Questo autore, lettore di filosofia a livello universitario, sacerdote della Chiesa anglicana in Inghilterra, per più di venti anni ha fatto parte del personale conservatore del Queen’s Royal Lancers Regimental Museum di Belvoir Castle. Il Queen’s Royal Lancers è il reggimento che discende direttamente dal 17° Lancieri, i cui uomini cavalcarono con la Brigata Leggera. Scrivendo Balaklava ha voluto riscoprire l’intera storia della carica come la raccontarono i superstiti. Con l’aiuto degli uomini che hanno scritto le loro esperienze, ha ricostruito ciò che successe realmente e le sensazioni di chi fece la più famosa carica di cavalleria della storia.
Ciò che segue è sostanzialmente un compendio del libro di Brighton.
A coloro i quali la lettura non dispiacerà, ricordino che il merito è solo dell’autore del libro (che consiglio vivamente di leggere), al contrario, chi non apprezzerà, troverà in me l’unico responsabile della sua insoddisfazione.
CARICA BALAKLAVA
L’ultimo veterano della carica di cavalleria a Balaklava morì nel 1927. Già da molto tempo l’opinione pubblica aveva innalzato la carica da fatto storico a leggenda.
Questa interpretazione si doveva più a una poesia che ai fatti registrati dai resoconti dei superstiti.
Lord Alfred Tennyson in The Charge of the Light Brigade immortalò una storia bellissima, questo poeta scrisse la sua poesia basandosi sul primo articolo del Times di William Russell, che però conteneva gravi inesattezze. Quando il giornalista corresse gli errori, ormai la poesia aveva conquistato l’immaginario collettivo.
In ogni caso la leggenda fu preferita ai fatti.
Scritta il 2 dicembre 1854, la poesia cattura l’immaginazione del pubblico con il suo ritmo che riecheggia il rumore degli zoccoli e il tuono costante dei cannoni.
Numerosi libri scritti da ufficiali che avevano compiuto la cavalcata infernale o vi avevano assistito sostenevano di raccontare quello che realmente accadde a Balaklava. Anche numerosi soldati scrissero le loro esperienze, facendole stampare a loro spese e distribuendo le copie a familiari e amici. Questi libri, sia quelli degli ufficiali sia quelli dei soldati, non ebbero un grande pubblico, perché per la stragrande maggioranza degli Inglesi la carica era stata raccontata da Tennyson e non c’era altro da aggiungere.
Ancora oggi l’impressione diffusa dalla carica deriva più da Tennyson che dai fatti.
Per la loro stessa natura le leggende tendono a non essere specifiche, ma si possono identificare diversi elementi costitutivi del mito della carica: per esempio che il capitano Nolan fosse l’ufficiale a cui attribuire la colpa, che lord Cardigan avesse abbandonato la brigata all’altezza dei cannoni russi, che quasi tutti quelli che fecero la carica rimasero uccisi.
Che questi e altri convincimenti ci siano arrivati come parte della leggenda della carica non significa necessariamente che siano falsi. Ognuno, però, deve essere indagato alla luce delle prove rintracciabili nei resoconti di prima mano dei superstiti. Ovviamente le loro storie contengono discrepanze ed è improbabile che siano corrette in tutti i dettagli: davvero laggiù ci fu l’inferno e nessuno potè prendere appunti. Ma questi uomini c’erano stati e la loro storia è quanto di più vicino alla verità esista sulla carica della Brigata Leggera che, come vedremo, risulta essere più
stupefacente, e più orrenda, della leggenda.
CARICA BALAKLAVA
Intorno all'anno 1850 gli stati europei pensavano che l’Impero Ottomano, un tempo potentissimo, fosse sull’orlo del disfacimento.
Questo crollo avrebbe liberato grandi territori in Europa (i Balcani) e in Medio Oriente. Le maggiori potenze europee non aspettavano altro che spartirsi tali territori.
Lo zar Nicola I riteneva che i contrasti per la supremazia in Europa tra Gran Bretagna e Francia fossero insanabili, il che lo portò a pensare che il governo conservatore di Londra fosse amichevolmente disposto a diventare alleato della Russia e a spartirsi, dopo una vittoria militare, l’impero Ottomano, eliminando o perlomeno riducendo, in questo modo, anche l'influenza francese. Al contrario, il primo ministro lord Russell non riteneva credibile un immediato sfacelo della Turchia. Ciononostante l'imperatore russo non comprese appieno la posizione britannica e perseverò nel ritenerla sua potenziale alleata nell'opposizione alla crescente potenza francese.
Il 12 febbraio 1854 la Gran Bretagna consegnò un ultimatum allo zar Nicola I di Russia, le cui truppe avevano attraversato il Danubio ed erano entrate nelle provincie turche di Moldavia e Valacchia. L'opinione di Londra era che, se le forze russe avessero conquistato Costantinopoli, la flotta del mar Nero dello zar avrebbe avuto accesso al Mediterraneo e da qui le sue navi da guerra avrebbero potuto dominare i mari.
La Gran Bretagna chiedeva allo zar di ritirare le sue truppe e gli comunicava che “il rifiuto o il silenzio avrebbero avuto valore di dichiarazione di guerra”. Lo zar non intraprese alcuna azione e non replicò.
Così iniziò, come all’epoca venne chiamata, la Grande Guerra con la Russia, meglio conosciuta con il nome di Guerra di Crimea, perché la maggior parte delle azioni belliche si svolse in quella penisola. Un territorio che si affacciava sul mar Nero nel punto più meridionale dell’impero russo.
La Gran Bretagna si alleò con la Francia e la Turchia, a queste potenze si unì anche il piccolo Regno di Sardegna.
Alla guerra di Crimea parteciparono in totale circa 1.700.000 soldati, le perdite, includendo la popolazione civile, furono di un milione d’uomini. Una grave epidemia di colera, in alcuni momenti, causò più vittime della guerra stessa.
La strategia degli alleati mirava a conquistare la città di Sebastopoli, capitale della regione e sede di un’importante base navale russa. Se la città fosse caduta e la flotta distrutta, i piani espansionistici dello zar sarebbero stati bloccati.
In Settembre gli alleati sbarcarono in Crimea e iniziarono l’assedio, ma in ottobre mentre Sebastopoli resisteva ancora, l’esercito russo condusse una controffensiva attaccando la base britannica di Balaklava.
Proprio qui la Brigata Leggera della Divisione di cavalleria britannica caricò una batteria di cannoni russi piazzati all’estremità di una valle lunga più di un chilometro e mezzo.
Come vedremo fu un’orribile carneficina senza raggiungere alcun risultato; il significato degli ordini era stato in qualche punto del suo tragitto, tra il comandante delle forze britanniche e il comandante della Brigata Leggera, male interpretato. Non è chiaro di chi fosse la colpa, ma il sanguinoso risultato fu evidente a tutti.
Che ci fosse qualcosa di “speciale” in questa carica apparve chiaro fin dal giorno in cui la notizia giunse in Gran Bretagna. Il Times descrisse sia lo splendore della disciplinata avanzata sotto il fuoco, sia la terribile perdita di vite umane.
In seguito alla rapidità con cui giungevano gli articoli, grazie al telegrafo, per la prima volta il Paese condivise quello che i suoi soldati vivevano e pativano sul campo di battaglia.
C’era qualcosa di mitico in una brigata di cavalleggeri mandati incontro alla morte per un errore umano. C’era l’eroismo vissuto al massimo grado, condensato in una frenetica corsa di sette minuti, in netto contrasto rispetto alla faticosa vita quotidiana nelle trincee intorno a Sebastopoli e alla monotona esistenza di chi era rimasto in patria a lavorare la terra o al tornio o a compilare libri mastri.
Quando Tennyson, il Poeta laureato, vi aggiunse ritmo e metrica, persino gli analfabeti colsero nella sua ballata la tragica grandezza della carica.
CARICA BALAKLAVA
La Divisione di cavalleria britannica in Crimea era composta da due brigate: la Brigata Pesante e la Brigata Leggera, millecinquecento uomini per brigata. In pratica tra pesante e leggera non c'era molta differenza. Tradizionalmente la cavalleria leggera, uomini più leggeri su cavalli più veloci, era usata per pattugliare il terreno davanti all'esercito, mentre la cavalleria pesante, uomini più grossi su cavalli più potenti, era tenuta indietro in attesa della carica finale o decisiva di una battaglia.
Ormai, però, da Waterloo, il numero di reggimenti era stato ridotto ed era stato necessario per entrambi i tipi di cavalleria adattarsi alle due funzioni. Nel 1854 la differenza era poco più di una questione di colore: giacche rosse per la Brigata Pesante e azzurre della Brigata Leggera.
C'erano tre tipi di cavalleria leggera: i dragoni leggeri, gli ussari e i lancieri. La Brigata Leggera era composta dal 4° e 13° Dragoni Leggeri, dall’8° e 11° Ussari e dal 17° Lancieri.
Avevano compiti identici e tutti risplendevano nelle loro uniformi piuttosto elaborate. Spesso la stampa si prendeva gioco di questi reggimenti vanitosi e sosteneva che il loro abbigliamento non era adatto alla guerra. Erano particolarmente presi di mira i loro pantaloni incredibilmente attillati, poco adatti a resistere al servizio attivo, infatti, i sarti li modificarono applicandovi delle pezze di cuoio nei punti di maggior attrito. Questo fu materia di ulteriore ironia.
Un lettore del Times scrisse come l’abbigliamento di questi cavalieri fosse del tutto inadatto al servizio in guerra.
Un’accusa molto più seria fu però lanciata contro la Brigata Leggera mentre si preparava alla guerra: i suoi ufficiali, e non le sue uniformi, erano assolutamente inadeguati al servizio attivo.
La maggior parte degli ufficiali aveva frequentato università esclusive, in cui la conoscenza del greco e le prestazioni sportive erano le discipline che più importavano e qualunque altra educazione che avesse a che fare con la normale pratica era considerata non idonea a persone destinate a comandare le classi inferiori.
Non era richiesto l’addestramento militare, (nel 1854 il Royal Military College di Sandhurst ammise solo sei studenti) e i giovani andavano direttamente ai reggimenti di cavalleria come ufficiali. Nulla era richiesto se non il prezzo d’acquisto del grado. Il grado inferiore, quello di cornetta (sottotenente) si poteva comprare per 840 sterline, una somma che solo le famiglie più ricche potevano permettersi. Molti nuovi ufficiali avevano una buona esperienza di cavalli, ma avevano partecipato solo alla caccia alla volpe.
Una vignetta del Punch dileggiava il loro linguaggio affettato e l’aria di superiorità mostrando un ufficiale di cavalleria che chiedeva ad un collega: “Dico, vecchio mio, cvedi sia pvobabile che la fantevia ci accompagni a Sebastopoli”.
C’erano, naturalmente delle eccezioni, quali ufficiali che si erano conquistati il grado con l’intelligenza e l’esperienza, in genere in India. Sfortunatamente erano pochissimi rispetto a quelli le cui qualifiche erano solo la ricchezza e la posizione sociale e che nutrivano solo disprezzo per gli ufficiali “indiani”.
Dato che gli ufficiali che disponevano di denaro potevano permettersi di finire a mezza paga per evitare di accompagnare i propri reggimenti in India, era opinione comune che quelli che avevano servito nel subcontinente, avessero irrimediabilmente rivelato il loro basso stato sociale e che quindi fossero da evitare.
Anche tra i 1.500 soldati della Brigata Leggera c’era una mescolanza di uomini esperti e completamente privi di esperienza.
Benché il sistema degli acquisti fosse decisamente assurdo (significava che chi comandava non era il più esperto, ma il più ricco), un motivo c’era: se la classe superiore comandava l’esercito, l’esercito non poteva diventare una minaccia per la succitata classe.
Almeno in parte, la Rivoluzione francese era stata un successo perché aveva ottenuto l’appoggio degli ufficiali della classe media, uomini che avevano raggiunto i gradi superiori grazie ai loro meriti.
Gli aristocratici inglesi non intendevano lasciare che nel loro paese si sviluppassero questi metodi.
CARICA BALAKLAVA
In genere in questo capitolo si descrivono le figure dei due comandanti avversari, ma, in questo caso, i fatti che accaddero fanno sì che gli avversari in realtà combattessero tutti dalla stessa parte. Quelli convenzionali, i russi, furono poco più che comparse.
Proveniente da una famiglia di solide tradizioni militari, nel 1807 fu selezionato per far parte dello staff del generale Arthur Wallesley Duca di Wellington. Durante la guerra di Spagna contro la Francia (Peninsular war), ne divenne primo aiutante di campo e segretario militare.
Si distinse nella battaglia di Buçaco dove fu ferito e nell'assedio di Badajoz. Per il suo servizio in questa guerra fu decorato.
Mantenendo gli stessi incarichi partecipò alla battaglia di Waterloo dove perse il braccio destro.
Tra il 1818 e il 1820 e di nuovo tra il 1826 e il 1829 sedette alla Camera dei Comuni.
Fu il più vicino collaboratore del duca di Wellington fino alla morte di questi nel 1852.
Ebbe inoltre esperienze di diplomatico in Turchia (1807) e Francia (1814-15).
Successivamente fu Segretario della Direzione dell'Artiglieria, generale e Direttore Generale dell'Artiglieria.
Scelto come comandante dell’esercito in Crimea, oltre ad essere coinvolto nel disastro della Brigata Leggera, commise innumerevoli e gravi errori nella conduzione della guerra.
Nonostante ciò fu anche promosso maresciallo di campo (Field Marshal).
Morì subito dopo di colera in Crimea.
Lord Lucan si adeguò perfettamente al sistema descritto dell’acquisto del grado e della mezza paga senza trascorrere il tempo con i reggimenti cui era stato assegnato.
Così diventa sottotenente (cornetta) nel 1818 e dieci anni dopo tenente colonnello (comandante) del 17° Lancieri, uno dei più rinomati reggimenti di cavalleria. Quest’ultimo acquisto gli costò 25.000 sterline.
Il costo autorizzato per tale grado era di 6.175 sterline, ma per un reggimento importante si poteva pagare molto di più.
Profuse soldi in quantità per vestire con splendide uniformi i suoi cavalleggeri, che acquisirono fama di elegantoni (i dandy di Bingham). Si contraddistinse per i metodi assillanti e spietati. La minima irregolarità costava insulti pubblici agli ufficiali e frustate ai soldati.
Nel 1829 sposò lady Ann Brudenell, sorella di James Brudenell VII conte di Cardigan. Non si erano mai piaciuti ed il fatto che adesso fossero cognati peggiorava la situazione al punto da disprezzarsi reciprocamente. Quando si incontravano o litigavano o non si parlavano.
Stabilitosi in Irlanda dopo avere lasciato il reggimento, con gran sollievo dei suoi ufficiali e soldati, si distinse particolarmente nella persecuzione dei suoi fittavoli durante la carestia dovuta alla decomposizione delle patate: se essi erano in ritardo o non potevano pagare il dovuto, li sfrattava senza pietà.
La fine del suo matrimonio con lady Ann, peggiorò ancor di più, se possibile, i rapporti con il cognato.
Durante la preparazione per la guerra con la Russia gli fu, incredibilmente, assegnato il comando della Divisione di cavalleria (cavalleria pesante e leggera).
Egli ne fu oltremodo compiaciuto, ma solo fino a quando il comando della Brigata Leggera non fu assegnato all’unico inglese che disprezzava più di un contadino irlandese, ovvero suo cognato, il VII conte di Cardigan. Quest’ultimo sarebbe stato un suo subordinato, ma, egli sospettava, la loro animosità avrebbe reso spiacevole il comando della Divisione di cavalleria.
A ventisette anni, nel 1824, acquistò il grado di cornetta dell’8° Ussari per terminare nel 1832 col grado di tenente colonnello (comandante) del 15° Ussari. Disse che l’aveva pagato 10.000 sterline. Il Times sostenne che gli era costato tra le 15.000 e 30.000 sterline. Il tutto senza avere mai partecipato ad alcuna azione e avendo passato solo tre anni con il reggimento.
Con ufficiali e soldati non si comportava diversamente da suo cognato e sembrava godere nel disprezzare chi non aveva la sua ricchezza o la sua posizione, il che voleva dire quasi tutti.
Spendeva 10.000 sterline l’anno per vestire i suoi uomini, che portavano calzoni aderenti color rosso ciliegia, da qui il soprannome di “culi di ciliegia” (Cherry Bums).
Quando fu chiaro che la guerra con la Russia era inevitabile, chiese a lord Raglan, vecchio amico di famiglia, un posto di ufficiale superiore in cavalleria. Nei trent'anni di carriera come ufficiale di cavalleria, l'unica situazione simile a un combattimento a cui aveva partecipato era stato un duello con le pistole nel comune di Wimbledon, ma il 1° aprile gli fu affidato il comando della Brigata Leggera.
Ne fu molto felice, fino a quando non venne a sapere che lord Lucan sarebbe stato il suo superiore diretto.
Ufficiale dell’esercito britannico, era una vera autorità nella conoscenza delle razze equine e tattiche di cavalleria.
Caratterialmente piuttosto irruento e arrogante, era estremamente amareggiato per l’incompetenza con cui veniva comandata la cavalleria in generale e poi in Crimea in particolare.
Famoso per il ruolo controverso avuto nell’interpretazione degli ordini di lord Raglan che provocarono il disastro.
Fu il primo caduto della carica.
CARICA BALAKLAVA
Mentre viaggiavano verso i loro ponti d'imbarco, ufficiali e soldati della Brigata Leggera non erano particolarmente preoccupati dalla qualità dei cannoni cosacchi, temevano invece, e anche molto, le capacità dei loro comandanti.
Lord Lucan fu nominato comandante della divisione di cavalleria nel febbraio 1854 e questo gli attribuiva il comando della Brigata Leggera e di quella Pesante. Il 1° aprile furono nominati i due comandanti delle brigate: il generale Scalett fu assegnato alla Pesante, lord Cardigan alla Leggera. Queste notizie sconvolsero la Brigata Leggera. Alcuni pensarono fosse un pesce d'aprile.
Tutti avevano sentito parlare delle loro signorie lord Lucan e lord Cardigan. I giornali elencarono le loro inettitudini, gli scandali e le loro crudeltà verso ufficiali e soldati. Inoltre i due si odiavano al punto che quando si incontravano rifiutavano di parlarsi.
Ora il benessere della Brigata Leggera dipendeva dalla loro abilità e capacità di collaborazione. Pochi cavalleggeri odiavano realmente i russi, la maggior parte detestava e temeva i comandanti divisionali e di brigata con un’avversione decisamente molto più vivace.
Il capitano Robert Portal del 4° Dragoni Leggeri scrisse alla famiglia: “Siamo comandati da una delle più note donnicciole dell'esercito britannico, il conte di Cardigan. Ha tanto cervello quanto le possono avere i miei stivali. La sua mancanza d’intelletto e pari solo a quella del suo parente, il conte di Lucan. Per dirla tutta, l'esercito britannico non avrebbe dovuto scegliere due idioti del genere per affidare loro il comando”.
Mentre gli ufficiali dei reggimenti della Brigata Pesante avevano applaudito calorosamente l'incarico di comandante della loro brigata affidato al popolare generale James Scarlett, simpatizzavano con la poco piacevole situazione dei loro commilitoni della Brigata Leggera.
Il maggiore William Forrest del 4° Guardie dei Dragoni scrisse: “Siamo tutti d'accordo che non esistono due babbei peggiori di Lucan e Cardigan. Lucan lo chiamiamo lo scemo prudente e Cardigan lo scemo pericoloso”.
Dopo cinque settimane di mare dall’Inghilterra alla Turchia, dove giunsero il 20 maggio, uomini e cavalli, questi ultimi impastoiati al buio e in condizioni di trasporto estreme, soffrirono molto. Più di cento uomini erano morti o stati ricoverati, parecchie centinaia di cavalli erano diventati inadatti al servizio e il morale era bassissimo.
In pratica tre fattori già avevano sconfitto la Brigata Leggera prima ancora che la guerra cominciasse: le crudeltà inflitte ai cavalli in mare; le crudeltà inflitte agli uomini dal colera; le crudeltà inflitte sia ai cavalli sia agli uomini dalle loro signorie Lucan e Cardigan.
Tra il 31 Maggio e il 4 giugno la Brigata Leggera, ancora via mare, fu trasferita a Varna, per, subito dopo, trasferirsi all’accampamento di Devna.
Nessuno riuscì a capire perché la pittoresca valle con il fiumiciattolo che vi scorreva in mezzo fosse nota ai Turchi locali con il nome di Valle della Morte. Scoprirono troppo tardi che aveva ricevuto quel nome dal suo abitante più assiduo: il colera. Dopo le prime morti, la Brigata Leggera si spostò a Yeni Bazar (28 Luglio), a soli undici chilometri dal Danubio, (che faceva da confine con la Russia), e molto più avanti del resto dell’esercito. Ma il colera li raggiunse anche là.
Nel frattempo lord Cardigan e lord Lucan continuavano a non collaborare, Cardigan scavalcava regolarmente il suo superiore Lucan, rivolgendosi direttamente a lord Raglan. Lucan a sua volta protestava vivacemente con il suo superiore.
Lord Raglan, intelligentemente, per ridurre i danni, li teneva continuamente separati.
Il 25 agosto, lord Raglan diede l’ordine di invasione, la flotta da Varna trasportò il 7 settembre le truppe per 480 chilometri fino alla baia di Kalamita, 53 chilometri a nord di Sebastopoli.
Era il 13 settembre 1854.
Già il 7 ottobre il comportamento di lord Lucan come comandante della cavalleria era stato così inetto e prudente che, oltre ad essersi attirato il biasimo e l’ironia di tutto il resto dell’esercito, gli aveva fatto guadagnare anche il soprannome di Lord Look-on (Lord Sta a Guardare), probabilmente affibiatogli dal capitano Nolan, che già si era sfogato su quello che lui considerava l’atteggiamento preferito di Lucan, cioè starsene seduto a guardare invece di guidare la cavalleria in azione.
Sfortunatamente questo soprannome, che divenne estremamente popolare, si ripercosse anche sulla Brigata Leggera, che essendo già andata incontro a un fiasco in una località chiamata Alma e a una mancata carica, fu quindi chiamata “Look-ons” (Guardoni) per indicare la cavalleria nel suo insieme.
Una settimana dopo, gli uomini di lord Cardigan, scontenti e di malumore, diedero un soprannome anche a lui.
Il 13 ottobre si ancorò nella baia di Balaklava il suo yacth di lusso, il Dryad. Cardigan annunciò che aveva ottenuto da lord Raglan il permesso di dormire a bordo. Con lo yacth erano arrivati anche il suo chef francese e la sua riserva di bottiglie di champagne, perciò prese anche l’abitudine di cenare a bordo.
Gli uomini della Brigata Leggera, che dormivano sulla terra battuta e si accontentavano di gallette e carne salata, lo nominarono all’istante il “Nobile Yacthman”.
In questo clima di aperto conflitto tra i due cognati, demoralizzazione morale e fisica a causa del colera, ranghi incompleti per scarse monte, si giunge alla situazione (vedi cartina successiva) del 25 ottobre 1854, giorno della battaglia di Balaklava ed in particolare della carica della Brigata Leggera.
L’Esercito russo, comandato dal principe Mensikov, ricevuti i rinforzi, decide di passare all’offensiva.
Sebastopoli è sotto assedio; obiettivo degli zaristi è tagliare fuori il grosso dell’Esercito britannico, di stanza nella zona del villaggio di Balaklava, dalle truppe alleate impegnate nell’assedio.
La battaglia si svolse nella pianura sopra Balaklava, in particolare in due valli, una meridionale, dove la fanteria britannica combatté furiosamente respingendo i russi, l’altra settentrionale, dove la Brigata Leggera andò incontro al suo destino.
La forza d’attacco russa, sotto il comando del generale Liprandi, era composta da 25.000 fanti, 3.400 cavalieri e 2.300 artiglieri con 78 cannoni.
Queste truppe si mossero alle prime luci dell’alba e occuparono, scalzando i turchi dalle ridotte1, i cosiddetti Sentieri Rialzati.
Alle 7.45 circa apparvero due ritardatari: lord Cardigan raggiunse la cavalleria dopo aver lasciato il suo yacth, lord Raglan prendendo posizione sulle alture Sapune, duecento metri sopra la piana di Balaklava, da dove avrebbe diretto la battaglia.
William Russell del Times che era già sulle alture con penna e taccuino, dichiarò: “Non capirò mai perché al comando ci impiegarono tanto a svegliarsi. L’avanzata dei russi era stata scoperta alle prime luci del giorno. Una cavalcata al piccolo galoppo avrebbe portato chiunque dal comando all’estremità dell’altopiano in venti minuti”.
Dalle alture si potevano vedere chiaramente le due valli che tagliavano la pianura sottostante e lo spiegamento delle forze britanniche.
Dopo una serie di errori di valutazione e miopie tattiche da parte di lord Raglan durante la battaglia, su cui non ci soffermeremo, essendo questo scritto dedicato esclusivamente alla Brigata Leggera: dalla sua postazione, a metà mattinata, un ufficiale di stato maggiore la cui identità non è mai stata appurata, urlò che i russi sui Sentieri Rialzati si stavano portando via i cannoni britannici.
Le ridotte si trovavano ad una tale distanza da lord Raglan che persino con un cannocchiale telescopico è improbabile che si sarebbe potuto scorgere poco più di un movimento dei cavalli da tiro. Non è affatto sicuro che questi movimenti indicassero il tentativo di portare via i cannoni e gli storici russi assicurano che all’epoca non ebbe luogo alcuna operazione di questo genere. Anche se i russi avessero tolto tutti i cannoni dalle ridotte che avevano occupato, la perdita del materiale sarebbe stata del tutto trascurabile.
Era il colpo psicologico quello che opprimeva l’animo di Raglan. Lasciare l’artiglieria al nemico era considerato segno di sconfitta e Raglan sapeva che Wellington, il suo mentore militare e forse il suo idolo non aveva mai perso un solo cannone.
Solo un corpo poteva muoversi con la rapidità necessaria per impedire ai russi di portare via i cannoni: la cavalleria. A Raglan sembrò che se Lucan avesse agito in base al suo precedente ordine delle ore 10:00:
“La cavalleria avanzi e approfitti di ogni opportunità di riprendere le alture. Sarà appoggiata dalla fanteria che già è stata avvertita. Si avanzi su due fronti”;
le due brigate sarebbero già state in movimento sulle alture interferendo con i movimenti del nemico. Raglan voleva che la cavalleria avanzasse immediatamente, ma lord Lucan aveva interpretato l’ordine come se dovesse attendere l’arrivo della fanteria (che giunse in grande ritardo a fatti già avvenuti) e non si era mosso, con grande irritazione di Raglan.
Quindi dettò un nuovo ordine. Il generale Airey lo copiò a matita su un pezzo di carta e lo firmò. Questo ordine doveva essere letto in congiunzione con quello precedente, cioè come l’istruzione di fare immediatamente quello che era stato ordinato in precedenza.
Ore 10:45, ordine di lord Raglan alla Divisione di cavalleria:
“Lord Raglan vuole che la cavalleria avanzi verso il fronte: segua il nemico e cerchi di impedirgli di portare via i cannoni. Il drappello di artiglieria a cavallo può accompagnarla. La cavalleria francese è sulla vostra sinistra. R. Airey. Esecuzione immediata”.
(Lord Raglan wishes the cavalry to advance rapidly to the front – follow the enemy and try to prevent the enemy carrying away the guns – Troop Horse Artillery may accompany – French cavalry is on your left. R Airey. Immediate.)
Il tenente Somerset Calthorpe era il successivo nella linea di servizio e sospinse il cavallo per prendere l’ordine che Airey gli tendeva. “No”, disse Raglan. “Mandi Nolan”. Il capitano Nolan era uno dei migliori cavalieri di tutto l’esercito. La strada più diretta dalle colline Sapune alla pianura era un ripido sentiero 198 metri più sotto e Raglan voleva che l’ordine raggiungesse Lucan il più rapidamente possibile.
Nolan, però, faceva parte di quel gruppo di esperti ufficiali, che, fino a quel momento, aveva aspramente criticato lord Lucan per come aveva condotto la cavalleria.
Non ci sono prove che lord Raglan fosse al corrente del malumore manifestato dalla sua staffetta nei confronti del suo comandante della Divisione di cavalleria.
Era pratica normale che un aiutante di campo che portava un ordine, lo leggesse e richiedesse ulteriori delucidazioni se le avesse ritenute necessarie. Se il suo significato non fosse stato chiaro a Lucan, ci si aspettava che Nolan glielo spiegasse a nome di Raglan.
Il tenente Calthorpe dichiarò che le istruzioni ricevute da Nolan erano accurate. Calthorpe era, però, il nipote di lord Raglan. Non è certo che Raglan, ansioso come era di veder partire il suo ordine, abbia dato a Nolan “accurate istruzioni”, né è certo che Nolan, nell’eccitazione e nella fretta del momento, vi abbia prestato attenzione.
Quando Nolan voltò il cavallo per lanciarsi verso la pianura, Raglan gli urlò dietro: “Dica a lord Lucan che la cavalleria deve attaccare immediatamente”. Come devono essere piaciute a Nolan quelle parole!
Quando Nolan raggiunse lord Lucan, la situazione sul campo si presentava come nella cartina di seguito.
Una postazione d’artiglieria russa si trovava all’estremità più lontana di una valle lunga più di 1600 metri, sulle alture di sinistra (alture Fediukhine) si trovava una seconda postazione d’artiglieria, una terza sui Sentieri Rialzati.
Le batterie di artiglieria cosacca a cavallo erano equipaggiate ciascuno con quattro cannoni da sei libbre (2,72 kg) e quattro da 12 libbre (5,44 kg). Queste cifre indicano il peso del proiettile che ciascun cannone sparava e, moltiplicando il peso per cento, si ottiene approssimativamente la gittata massima, perciò un cannone da sei libbre poteva sparare a poco meno di 600 metri.
I cannoni sparavano tre tipi di munizioni: palle, proiettili e mitraglia.
La palla di cannone era di ferro ed era molto efficace contro gruppi compatti di uomini. Ma chi aveva partecipato alle azioni in India sapeva che la cavalleria poteva caricare vittoriosamente l’artiglieria sostenendo perdite sopportabili. Dato che caricavano in una linea costituita da due sole file, la perdita massima, che una palla di cannone sparata dal davanti poteva infliggere, era di due uomini. Ma le palle sparate da uno o entrambi i fianchi, che arrivavano parallele alla linea, potevano colpire quattro, sei, otto uomini alla volta. Una massima della carica di cavalleria era che l’artiglieria nemica disposta su entrambi i fianchi doveva essere messa fuori combattimento prima di cominciare l’avanzata.
Benché le palle di cannone fossero usate estensivamente, stavano per essere rapidamente sostituite dai proiettili. Si trattava di contenitori di metallo pieni di polvere da sparo e forniti di una spoletta che avrebbe dato fuoco alla polvere entro un lasso di tempo che andava dai cinque ai 30 secondi, secondo la distanza tra il cannone e il nemico. Se la spoletta era stata impostata correttamente, il proiettile esplodeva sulle teste delle truppe nemiche, innaffiandole con tutti i suoi micidiali frammenti.
Le palle e i proiettili venivano usati contro un nemico lontano o a media distanza.
Quando il nemico si avvicinava, i serventi caricavano a mitraglia, un tipo di granata noto anche come shrapnel, un sottile contenitore di metallo che si spaccava non appena uscito dalla canna e che disperdeva il suo contenuto in una vasta zona. A breve distanza la mitraglia aveva un effetto devastante su uomini e cavalli in eguale misura.
1 Nel gergo militare si definisce ridotta (o meno frequentemente ridotto) una fortificazione di minore importanza o comunque considerata secondaria; la ridotta generalmente non è mai isolata in un territorio, proprio in funzione della sua minore potenza, ma è utilizzata come parte integrante di un sistema difensivo più ampio che affianca il più delle volte alle stesse ridotte delle roccaforti, dei castelli o dei muri di difesa. Vi potevano trovar riparo soldati o materiali bellici.
CARICA BALAKLAVA
«La carica deve essere decisa prontamente ed eseguita con vigore». (Capitano Louis Nolan)
«C’est magnifique, mais ce n’est pas la guerre: c'est de la folie».
«È magnifico, ma non è la guerra: è una pazzia». (Generale di divisione Pierre François Joseph Bosquet, esercito francese in Crimea)
Il capitano Nolan giunse al galoppo e consegnò un pezzo di carta a lord Lucan. Ora eravamo sicuri che qualcosa bollisse in pentola per noi. (Soldato Albert Mitchell, 13° Dragoni Leggeri).
Lord Lucan lesse più volte l’ordine, lo considerò come un ordine giunto di fresco e non lo collegò al precedente ordine. Gli si diceva di inseguire il nemico, ma non vedeva nessuna unità russa in movimento. Poi avrebbe dovuto “cercare di impedire al nemico di portare via i cannoni”, ma dalla sua posizione non vedeva nessuno che stesse portando via cannoni. Di chi e quali cannoni si parlava?
I cannoni sui Sentieri Rialzati, benché non visibili dal fondovalle, erano stati l’argomento del precedente ordine di Raglan, Lucan avrebbe dovuto fare un collegamento con quell’ordine o almeno chiedere a Nolan se era proprio quello l’intento di Raglan.
Ma la loro non fu una discussione pacata e l’animosità tra i due in un momento così cruciale fu evidente.
Un ordine fu portato da un ufficiale che gli era personalmente ostile e fu ricevuto senza la discrezione che si addiceva ad un ufficiale superiore. Invece di prendere l’ordine e di esercitare un suo giudizio su come eseguirlo. Lord Lucan chiese al capitano Nolan che cosa avrebbe dovuto attaccare ed il capitano gli rispose indicando i russi che si ritiravano lungo la valle e dicendo: “Là, my Lord, c’è il suo nemico, quelli sono i suoi cannoni”. (Capitano Walker, aiutante di campo di lord Lucan)
Altri notarono la durezza dello scambio.
NOLAN: Gli ordini di lord Raglan sono che la cavalleria attacchi immediatamente.
LUCAN: Attaccare signore? Attaccare che cosa? Quali cannoni, signore? Dove e che cosa devo fare?
NOLAN: Là, my Lord, c’è il suo nemico, quelli sono i suoi cannoni.
(Riferito da Alexander Kinglake, storico e viaggiatore in Crimea)
NOLAN:"Attack, sir!"
LUCAN:"Attack what? What guns, sir?"
NOLAN:"There, my Lord, is your enemy! There are your guns!"
Vidi l’evidente stupore di Lucan alla lettura del messaggio; Nolan indicò il fondo della valle. (Capitano Arthur Tremayne, 13° Dragoni Leggeri)
Sorpreso ed irritato per l’atteggiamento e il tono irrispettosi e impetuosi del capitano Nolan, lord Lucan lo fissò con durezza, ma non rispose. (Sir John Blunt, interprete di lord Lucan)
Avrebbero potuto dirsi di più. Davanti alla confusione di Lucan, Nolan avrebbe dovuto spiegare accuratamente che cosa s’intendeva con quell’ordine. Insicuro delle intenzioni di Raglan e dovendo attenersi al protocollo militare che esigeva che ubbidisse alle istruzioni di Nolan come se fosse Raglan in persona, Lucan avrebbe dovuto interrogare approfonditamente l’aiutante di campo. L’ostilità tra i due uomini lo impedì e permise invece un terribile fraintendimento.
Nell’eccitazione di quel momento a Nolan vennero solo in mente le ultime istruzioni del messaggio: “Dica a lord Lucan che deve attaccare immediatamente”. Lucan aveva detto irritato: “Attaccare cosa?” e Nolan aveva risposto impulsivamente a quella che riteneva una domanda idiota. Che lo volesse o no, indicò il fondo della valle. Tutti i presenti intesero così. Sembrava che i cannoni cui ci si riferiva fossero quelli all’estremità più lontana della valle.
Nolan anche se avrebbe dovuto tornare alla postazione di lord Raglan, non aveva nessuna intenzione di perdersi la carica e chiese al capitano Morris del 17° Lancieri, suo grande amico, il permesso di cavalcare con quel reggimento.
Lo scambio tra Nolan e Lucan fu seguito da un secondo scambio tra le loro signorie Lucan e Cardigan e non fu più affettuoso del primo.
Lucan giunse davanti alla mia brigata e disse: “Lord Cardigan, lei attaccherà i russi nella valle. Io dissi: “Certamente, my Lord”, abbassando nello stesso tempo la sciabola, “ma mi permetta di farle notare che c’è una batteria davanti a noi e due batterie su entrambi i fianchi e il terreno è coperto di fucilieri russi”.
Lord Lucan rispose: “Non posso farci niente; è un preciso ordine di lord Raglan che la Brigata Leggera attacchi il nemico”. Al che ordinò che l’11° Ussari indietreggiasse in appoggio al 17° Lancieri. (Lord Cardigan, riferito da Alexander Kinglake, storico e viaggiatore in Crimea)
Sia Lucan che Cardigan capirono che cosa ciò comportava: la certezza di pesanti perdite e forse anche l’annientamento della cavalleria, ma questa infrangibile gerarchia di comando sarebbe stata quella che avrebbe spezzato la Brigata Leggera.
Essa si preparò a muoversi con un totale di circa 700 cavalleggeri, i ranghi erano incompleti a causa, come già detto, degli uomini persi per malattie e la scarsità di monte dopo il viaggio dall’Inghilterra.
La brigata si era schierata su due linee con l’11° Ussari, il 17° Lancieri e il 13° Dragoni Leggeri nella prima linea e il 4° Dragoni Leggeri e l’8° Ussari nella seconda. Il 17° Lancieri avrebbe fatto da “squadrone di direzione”.
Lord George Paget assunse il comando della seconda linea.
Ogni reggimento era costituito da due file, la seconda separata dalla prima solo per la lunghezza della metà di un cavallo, gli uomini di ogni fila sedevano ginocchio contro ginocchio, i regolamenti di cavalleria non servivano a niente di per sé se non erano precisi, ed esigevano che il ginocchio destro di ogni uomo dovesse trovarsi a 15 cm dal ginocchio sinistro del successivo cavalleggero.
Half a league, half a league,
Half a league onward,
All in the valley of Death
Rode the six hundred.
"Forward, the Light Brigade!
Charge for the guns!" he said:
Into the valley of Death
Rode the six hundred.
Cardigan diede il primo ordine: “Sguainate le sciabole!”
Molti l’avevano intuito: ora con quell’ordine ne erano sicuri. Sapevano bene quello che stava per succedere.
Persino un fanciullo si sarebbe accorto della trappola che ci stavano preparando. Ogni dragone se ne accorse. (Capitano Thomas Hutton, 4° Dragoni Leggeri)
Nonostante tutto, questi uomini avrebbero seguito Cardigan all’inferno. “Il loro non ragionare sul perché” di Tennyson era il motto del soldato semplice prima che il Poeta laureato trovasse le parole per esprimerlo.
"Forward, the Light Brigade!"
Was there a man dismayed?
Not tho' the soldiers knew
Someone had blundered:
Theirs was not to make reply,
Theirs was not to reason why,
Theirs was but to do and die:
Into the valley of Death
Rode the six hundred.
Ogni soldato era in grado di capire l’entità dell’errore che si stava compiendo; ma tutto quello che dovevamo fare era ubbidire agli ordini. (Soldato John Richardson, 11° Ussari)
Anche lord Cardigan l’aveva capito, ma era deciso a dare l’esempio. Calmo, imponente, eretto, perfettamente in sella e col portamento militare. Lord Cardigan sembrava il comandante di cavalleria ideale.
Cardigan diede il suo secondo ordine: “Brigata, avanti. In testa il primo squadrone del 17° Lancieri”.
Sarebbe stata un’avanzata di tutta la Divisione di cavalleria e non solo della Brigata Leggera.
Quando Cardigan e i Leggeri si fossero mossi e si fosse creato uno spazio sufficiente tra loro, lord Lucan lo avrebbe seguito con i pesanti in appoggio.
Mentre attendeva, lord Lucan intuì che se l’avanzata fosse stata la catastrofe che prevedeva e fosse sopravvissuto, la colpa sarebbe ricaduta su di lui . Affidò l’ordine scritto di lord Raglan ad un sottoposto e gli chiese di metterlo al sicuro.
Lord Lucan raccomandò di “avanzare con molta tranquillità e compattezza”, ma lord Cardigan non aveva affatto bisogno di questo consiglio. I cannoni russi erano a milleseicento metri di distanza e un’avanzata compatta era essenziale sia per preservare i cavalli per l’assalto finale sia per mantenere una linea perfetta colpendo il nemico con un’unica forza ben raggruppata.
L’avanzata della Brigata Leggera cominciò ad una velocità di 6,44 chilometri l’ora. Quando la prima linea si allontanò dalla seconda , Cardigan diede l’ordine “Trotto”. Le trombe suonarono ancora e i due reggimenti che lo seguivano aumentarono la velocità a circa 12 chilometri l’ora.
Gli uomini stavano in silenzio e l’unico suono era il continuo tintinnio dei finimenti e di tanto in tanto i nitriti dei cavalli. Stavano percorrendo un terreno arato , perciò non si sentiva lo scalpiccio degli zoccoli.
I cavalleggeri più esperti sapevano che a quell’andatura ci sarebbero voluti almeno sette minuti per raggiungere il nemico. Molti speravano che il successivo aumento d’andatura giungesse prima di quanto previsto dai regolamenti.
Ma non andò così. Lord Cardigan comandò la sua cavalleria come da manuale: d’altra parte non conosceva altri modi.
Nel Regulations for the Instruction, Formations and Movements of the Cavalry, pubblicato nel maggio 1851, sulle andature dei cavalleggeri, era scritto così:
Passo: non più di 6,44 chilometri l’ora.
Trotto: non più di 13,68 chilometri l’ora.
Galoppo: 17,70 chilometri l’ora.
Carica: non si doveva superare la velocità dell’animale più lento.
I regolamenti comprendevano anche questa istruzione: “Qualunque sia la distanza, una linea deve reggere muovendosi a un trotto vivace sino a circa 240 metri dal nemico, e poi passare al galoppo sino a 36,4 o 45,5 metri dal punto di attacco, quando sarà dato l'ordine di caricare, e il galoppo verrà mantenuto con tutta la rapidità che il corpo di cavalleria può sopportare rimanendo in buon ordine”.
Ci sono prove che alcuni degli ufficiali della prima linea, non appena la brigata si trovò sotto il fuoco, nella loro ansia di trarsi d’impiccio, tentarono di forzare l'andatura, ma Cardigan li tenne al trotto.
Per tutta l’avanzata, nel descrivere questo o quell’incidente, i superstiti ricordano la loro posizione nella valle in termini di distanza o dalle posizioni di partenza o dai cannoni russi, e poiché noi conosciamo l’andatura che hanno tenuto, possiamo tradurre queste posizioni in termini di percorso.
Le distanze citate in queste circostanze sono rozze stime fatte in fretta e anche i tempi ricavati da esse devono essere considerati approssimativi.
Cannon to the right of them,
Cannon to the left of them,
Cannon in front of them
Volleyed and thunder'd;
Storm'd at with shot and shell,
Boldly they rode and well,
Into the jaws of Death,
Into the mouth of Hell,
Rode the six hundred.
Le batterie russe a sinistra sulle alture Fediukhine aprirono subito il fuoco con proiettili, il primo colpo che esplose uccise il capitano Nolan.
Il primo colpo uccise il povero Nolan, una scheggia gli entrò nel cuore e il cavallo ce lo riportò, cavalcava circa venti metri avanti a noi. (Capitano Godfrey Morgan, 17° Lancieri)
Il primo proiettile esplose e uccise il capitano Nolan. Non dimenticherò mai l'urlo che emise; mi risuonò nelle orecchie sopra il ruggito dei cannoni. (Soldato Henry Taylor, 13° Dragoni Leggeri)
Alcuni superstiti sostengono che Nolan fu colpito mentre cavalcava col 17° Lancieri e solo in quel momento la sua monta schizzò in avanti rispetto a Cardigan. Altri sono sicuri che si fosse spinto molto più avanti della prima linea strillando e agitando la sciabola prima che il proiettile esplodesse, e ci sono buoni motivi per pensare che questa sia la versione corretta.
Innanzitutto, se fosse stato colpito mentre era in linea con gli altri non sarebbe stato l’unico caduto. In secondo luogo anche il capitano Morris aveva visto Nolan scattare in avanti e gli aveva urlato: “Non servirà a niente, Nolan, c’è ancora tanta strada da fare e dobbiamo procedere compatti”. E più importante, lo stesso lord Cardigan testimoniò che Nolan “stava cavalcando lungo la linea” quando fu colpito. Ciò confermando che fosse venti metri avanti ai Lancieri. Alcuni pensarono che non fosse soddisfatto del trotto e cercasse di forzare l’andatura, lasciandosi sopraffare dall’ansia di raggiungere i cannoni nel fondovalle. Altri pensarono che si fosse accorto del terribile errore che era stato compiuto e della parte che lui stesso vi aveva avuto e cercasse quindi di cambiare direzione alla carica, sospingendola verso l’obiettivo giusto, verso destra.
Ancora non è stabilito quale sia la versione corretta, perché non lo possono essere entrambe.
Cardigan ammise che il suo primo pensiero fu che Nolan volesse prendere il comando della brigata.
Poi descrisse l’ufficiale ferito mentre “cavalcava verso le retrovie urlando come una donna” e, se questa descrizione implica qualcosa di insultante, possiamo essere certi che era ciò che Cardigan intendeva.
La ferita di Nolan era così grave che alcuni dissero gli si vedeva il cuore.
Il cavallo scoprendo che il cavaliere non aveva più il controllo su di lui, svoltò violentemente a destra – la strada di casa – scagliando a terra il corpo senza vita. (Caporale Thomas Morley, 17° Lancieri)
Lord Raglan e le altre persone che osservavano gli eventi, non si erano meravigliati quando i russi avevano aperto il fuoco. Si aspettavano che la Brigata Leggera avanzasse per un breve tratto nella valle e poi girasse a destra per salire i pendii dei Sentieri Rialzati verso i cannoni delle ridotte.
Durante questa fase iniziale si sarebbero trovati per breve tempo sotto il tiro dei cannoni sulla loro sinistra. Ma ci furono grida di incredulità e di orrore quando videro che la Brigata Leggera proseguiva dritto verso i cannoni cosacchi del fondovalle.
All’improvviso vedemmo che era stato commesso un errore molto spiacevole, la cui colpa era impossibile attribuire. (Tenente Somerset Calthorpe, 8° Ussari)
La scarica successiva aprì ampi varchi nei nostri ranghi e più di un soldato cadde. (Soldato James Lamb, 13° Dragoni Leggeri)
La carneficina era iniziata. I reggimenti della seconda linea videro quello che stava succedendo ai compagni avanti a loro e capirono che presto sarebbe toccato a loro.
Quando anche la Brigata Pesante si cominciò a muovere, i suoi ufficiali e soldati non nutrivano più speranze di sopravvivere di quante non ne avessero nutrite i loro compagni della Brigata Leggera.
Ben presto si ritrovarono sotto il fuoco anche loro.
In pochi istanti eravamo in mezzo al fuoco più intenso a cui probabilmente avevamo mai assistito. I reggimenti erano magnificamente compatti. Non avevo mai avuto una linea migliore in una giornata campale. L'unica seccatura è dover lasciare passare nei ranghi i feriti, i morti e i cavalli della Brigata Leggera, che erano sparsi per tutta la pianura. Era una visione spaventosa e quelli che si ritiravano sembravano essere passati sotto una fitta pioggia di sangue che gocciolava e li inzuppava da capo a piedi, mentre le braccia spezzate o troncate si muovevano come se le maniche fossero vuote, quando i poveretti cercavano di tornare nelle retrovie. Un istante e il mio cavallo colpito al fianco destro. Altri pochi passi fatali e la mia gamba sinistra fu colpita e si spezzò. (Tenente colonnello John York, 1° Dragoni Reali)
La Brigata Pesante avrebbe subito perdite ancora più gravi se non fosse stato per la carica eseguita dalla cavalleria francese situata alla sinistra delle posizioni britanniche. Quando i francesi videro che la Brigata Leggera si trovava sotto il fuoco dei cannoni russi sulle alture Fadiukhine, caricarono il fianco della batteria.
I russi furono costretti a spostare i cannoni e a trascinarli lontano, anche se troppo tardi per i Leggeri. La carica dei Francesi salvò indubbiamente molte vite degli uomini della Brigata Pesante.
Fu in quel momento che, in modo discutibile, Lucan decise di far tornare indietro la Brigata Pesante. I suoi uomini erano scandalizzati. La prospettiva di abbandonare i loro compagni della Brigata Leggera era anche peggiore di quella di avanzare sotto il fuoco nemico. Ritirando i Pesanti lord Lucan lasciava Cardigan e la brigata senza l’appoggio che pensavano avessero alle loro spalle.
I francesi avevano già messo a tacere i cannoni a sinistra. Se egli considerava che la Brigata Leggera raggiungesse e mettesse a tacere i cannoni di fronte, allora i Pesanti avrebbero dovuto avere a che fare solo con la batteria di cannoni di destra e la sua ritirata non aveva alcun senso. Se rimaneva ancora la possibilità che qualche sezione dei Leggeri raggiungesse i cannoni russi, Lucan era costretto a seguirla con le forze d’appoggio. Solo l’annientamento davanti a lui avrebbe reso inutile un’incessante avanzata da parte sua.
Nel momento in cui decise la ritirata, lord Lucan si rivolse a lord William Paulet e disse: “Hanno sacrificato la Brigata Leggera, ma non avranno i Pesanti, se ancora si può fare qualcosa”. Le sue parole rivelano che nonostante la Brigata Leggera avesse ancora terreno da percorrere, lui aveva già concluso che sarebbe stata spazzata via prima di raggiungere i cannoni. Perciò decise di salvaguardare almeno metà della sua divisione.
Lucan sembrava avere scelto con cura le sue parole: “Hanno sacrificato la Brigata Leggera…” Molto probabilmente era già ben consapevole che alla fine di tutto questo sarebbero stati in molti a pensare che era stato lui a sacrificare la Brigata Leggera.
Il generale russo Rijzov, comandante della Brigata Ussari della cavalleria russa, sorrideva seduto sulla sella del suo cavallo all’estremità più lontana della valle. Immediatamente davanti a lui c’erano gli otto cannoni della batteria dei cosacchi del Don aggregata alla sua brigata.
Solo pochi minuti prima aveva già deciso che per quel giorno il combattimento doveva considerarsi concluso, l’attacco del principe Mensikov era fallito, e lui era andato a parlare con l’ufficiale al comando della batteria, colonnello Obolenskij. Mentre stavano parlando la sua attenzione fu attirata da un mormorio proveniente dagli artiglieri.
Gli occhi acuti dei cannonieri del Don avevano notato una lontana nuvola di polvere sollevata dalla cavalleria nemica in marcia nella valle. Due minuti più tardi fu chiaro che il nemico la stava percorrendo per attaccare la postazione di artiglieria. (Generale Rijov)
Gli artiglieri urlarono di gioia quando capirono che quei folli cavalieri stavano cavalcando diritti in direzione delle canne dei pezzi.
Quando il nemico fu a tiro, venne dato l’ordine di sparare.
In quell’istante l'artiglieria russa in posizione su un fianco della valle sparò una salva contro il 17° Lancieri, che sembrò paralizzato. La salva uccise e ferì un gran numero di ufficiali e soldati. Mi sembrò che un intero drappello di cavalli cadesse e caddi anch'io con il mio cavallo. Rimontai in sella e seguii la linea spezzettata. (Caporale Thomas Morley, 17° Lancieri)
Ormai i cannoni di fronte a noi stavano sparandoci palle e proiettili, perciò il numero di uomini e cavalli caduti aumentava a ogni istante. Cavalcai verso destra della linea. Un caporale che cavalcava sulla destra fu colpito da una palla o proiettile in pieno viso. Glielo spaccò completamente e il sangue e il cervello schizzarono su quelli che gli cavalcavano vicini. Il suo cavallo continuò a seguirci. (Soldato Albert Mitchell, 13° Dragoni Leggeri)
Fu in quel momento che ufficiali e soldati della prima linea tentarono di forzare l’andatura.
Tutti erano convinti che più velocemente cavalcavamo, più occasioni avevamo di salvare la pelle. (Cornetta George Wombwell, 17° Lancieri)
Ma lord Cardigan impedì di anticipare il galoppo (come da regolamento).
La fanteria russa ammassata sulle alture Fediukhine aprì un fuoco fulminante sul 17°.
Ci trovammo sotto un fuoco terrificante, perché la fanteria nelle ridotte e intorno ad esse continuava a mantenere un fuoco costante di fucileria mentre noi le andavamo incontro, ma gli uomini si mantennero uniti, rispettando la loro linea e avvicinandosi se i loro camerati cadevano feriti o uccisi. Molti cavalli senza cavaliere stavano galoppando con noi, aprendosi la strada nei ranghi e tenendo il proprio posto come se avessero ancora i padroni in groppa. Molti di questi cavalli appartenevano alla prima linea, perché incontravamo di frequente i corpi dei cavalieri senza vita. Rimasi particolarmente colpito da uno del 17° Lancieri che giaceva a faccia in giù con le braccia tese all’infuori e a breve distanza dalla sua mano destra c’era la sua lancia spezzata a metà. (Sergente maggiore George Smith, 11° Ussari)
Lord Paget in testa al 4° Dragoni Leggeri era anche lui turbato dai cavalli senza cavaliere che tornavano dalla prima linea.
Anche i cannoni sulla destra aprirono il fuoco. A quel punto la cavalleria era esposta contemporaneamente al fuoco di artiglieria di fronte e a destra e di fanteria a sinistra. Ma nemmeno questo pose fine alla carica.
Gli artiglieri russi erano ben addestrati. Non c’era quel suono lacerante che ho sentito spesso, quando un cannone spara un po’ prima e gli altri seguono con l’effetto di un mucchio di fuochi artificiali che scoppiano in rapida successione. In questi casi il fumo del primo cannone oscura la mira degli altri. Gli artiglieri russi sparavano a comando, tutti insieme. Si udì una tremenda salva con lampi e fiamme in mezzo a nuvoloni di fumo. Mentre ricaricavano il fumo si sollevava in modo che potevano vedere e prendere di nuovo la mira. C’erano probabilmente venti cannoni che ci sparavano dalla nostra destra e due batterie – dodici cannoni – davanti a noi. Se ci fossimo mossi su un terreno sconnesso, avremmo avuto una certa protezione grazie all’incertezza che si ha quando si punta il cannone, ma muovendoci come facevamo noi, in linee compatte su una terreno liscio direttamente a portata di tiro, gli artiglieri avevano un magnifico bersaglio e ogni salva arrivava ottenendo terribili effetti. (Caporale Thomas Morley, 17° Lancieri)
Non avevamo ancora iniziato l'andatura di carica quando il povero John Lee, il mio uomo di destra sul fianco del reggimento, fu spappolato da un proiettile; mi diede uno strattone al braccio e con uno insolito sorriso sul viso sfinito mi disse tranquillamente: “Domino, amico” e cadde dalla sella. La sua vecchia giumenta grigia continuò a cavalcarmi al fianco per un certo tratto trascinandosi e perdendosi le viscere mentre galoppava, fin quando a lungo andare cadde emettendo un verso strano. Peter March era il mio uomo di sinistra; poi veniva il soldato Dudley. L’esplosione di un proiettile aveva abbattuto quattro o cinque uomini a sinistra di Dudley e lo udii chiedere a Marsh se aveva notato “che buco quel fottuto proiettile aveva fatto” sul fronte sinistro. “Tieni a posto quella linguaccia” gli rispose Peter, “ti metti a imprecare come un delinquente quando potresti ritrovarti all’eternità da un momento all’altro”.
Proprio allora mi presi una pallottola di moschetto nella caviglia destra e un’altra nella tibia, mentre il mio cavallo si beccò tre pallottole nel collo. Io e il cavallo sanguinavamo così copiosamente che Marsh mi pregò di uscire dalla formazione. Ma io non volevo, dicendo che entro pochi minuti saremmo arrivati ai cannoni, e così diedi di speroni e li affrontai con i miei camerati. (Soldato James Wighman, 17° Lancieri)
I proiettili cadevano come grandine intorno a noi, per non parlare delle palle da 18 libbre che fischiavano tra le nostre file, portando morte e distruzione. (Capitano Robert Portal, 4° Dragoni Leggeri)
Sulle alture Sapune c’era la massima costernazione. Il comandante in capo fissava sbigottito la scena che i suoi ordini avevano provocato.
Quando la prima linea fu a circa duecentocinquanta metri dai cannoni, lord Cardigan urlò un ordine al suo trombettiere e immediatamente la tromba suonò il galoppo, cioè diciotto chilometri l’ora e puntò con i resti dei due reggimenti della prima linea verso il centro dello schieramento dei cannoni.
Mentre uomini continuavano a cadere, il numero di monte senza cavalieri aumentava. Tra di esse c’erano cavalli gravemente feriti che continuavano a galoppare, anche se ad andatura ridotta, e cercavano di rifugiarsi nella seconda linea di lord Paget che stava arrivando da dietro.
Una cosa mi colpì in maniera particolare, cioè il comportamento delle monte senza cavaliere in queste circostanze. Ovviamente stavo cavalcando da solo più avanti della linea e per questo motivo ero preso di mira da numerose povere bestie intontite, che ormai stavano galoppando come pazze. Di conseguenza facevano ripetuti assalti contro di me, alcune avanzando con me per una notevole distanza. A un certo momento ne avevo addirittura cinque alla mia destra e due alla mia sinistra, che stringevano su di me e mi serravano con decisione, mentre le palle arrivavano rimbalzando su di esse, scavando la terra davanti ai loro musi. Il mio soprabito era una massa di sangue proveniente dai loro fianchi squarciati (per poco non mi disarcionarono, e molte volte dovetti usare la sciabola per liberarmene). Notai i loro occhi, che manifestavano una sensazione di pericolo intensa e acuta come quella che sperimentano gli esseri umani. E così continuammo a procedere in mezzo a scene di carneficina, chiedendoci ad ogni istante se non sarebbe stato l’ultimo. “Sta’ indietro, soldato. Squadrone di sinistra, serrare al centro”. Bisognava serrare incessantemente in quel momento per riempire i varchi che si formavano. (Lord George Paget, 4° Dragoni Leggeri)
Le monte cominciavano ad essere stanche.
Quando un cavallo moriva sotto le gambe di qualcuno, non restava molto da fare se non andare a cercarsi un’altra monta.
I tiratori scelti russi cercavano di colpire gli uomini appiedati.
Gli artiglieri russi sapevano che semmai palle e proiettili non avessero fermato la cavalleria e questa si fosse fatta ancora più vicina, l’avrebbe sicuramente fermata le salve a mitraglia. A distanza ravvicinata lo spaventoso contenuto dei canestri di ogni canestro di ogni cannone si spargeva per dieci metri e ogni uomo o cavallo all’interno di quell’arco sarebbe stato colpito. Secondo gli artiglieri la cavalleria leggera del nemico non poteva sopravvivere a quei tiri.
I cavalieri più esperti che erano già stati sotto il fuoco d’artiglieria sapevano che, quando la linea di cavalleria si avvicinava ai cannoni, divisi l’uno dagli altri di venti metri, chi si avvicinava agli intervalli di spazio tra i cannoni aveva una possibilità molto maggiore di sopravvivenza rispetto agli uomini che cavalcavano in direzione delle canne e che quindi serrare ogni volta che si formava un vuoto era più conveniente.
Ormai a soli trenta metri dai cannoni, la distanza regolamentare, gli uomini spronarono alla massima velocità per raggiungere i ventisette chilometri l’ora per l’attacco finale.
Come buldog rimasti legati tutto il giorno, eravamo felicissimi di lasciarci andare a un tambureggiante galoppo, urlando più come matti che come uomini di buon senso, l’eccitazione era grande, la paura lontana dalla mente di tutti, e così, così continuammo. (Tenente William Gordon, 17° Lancieri)
Gli artiglieri russi, i più coraggiosi, dopo che i cannoni tuonarono l’ultima volta, sguainarono le spade, mentre altri si gettarono sotto i traini dei cannoni per ripararsi dalle punte della lancia di qualunque lanciere fosse riuscito a giungere fino a loro. Solo alcuni più giovani e inesperti si voltarono e si misero a correre, offrendo le schiene ai lancieri e invitandoli a colpire.
La mia attenzione fu attirata dal soldato Melrose, attore shakespeariano, che declamava: “Quale uomo qui chiederebbe un altro uomo per l’Inghilterra?” Poveraccio furono le ultime parole che pronunciò perché il proiettile successivo uccise lui insieme a molti altri. In quel momento eravamo così vicini ai cannoni che lo scoppio mi rimbombò in testa e per un po’ restai completamente sordo. Fu quella palla a spezzare la gamba posteriore della mia giumenta, costringendola a fermarsi istantaneamente. (Sergente John Berryman, 17° Lancieri)
Dietro la prima linea veniva l’11° Ussari. Ormai i cannoni erano stati messi a tacere dal 17° Lancieri e 13° Dragoni Leggeri ed era cominciata la mêlée2 in mezzo al fumo.
Dalle alture Fediukhine la fanteria continuava a bersagliare i cavalleggeri.
Sopraggiunsero anche il 4° Ussari e il 4° Dragoni Leggeri, i sopravvissuti erano felici di avere raggiunta la linea vivi, ma non potevano immaginare che cosa c’era in serbo per loro dietro i cannoni russi.
Gli spettatori sulle alture Sapune tenevano gli occhi fissi sul banco di fumo che ancora incombeva sui cannoni silenziosi e contro i quali la Brigata Leggera aveva caricato, scomparendo come se si fosse aperto l’inferno.
Lord Raglan, gli ufficiali di stato maggiore, William Russell che prendeva appunti e Fanny Duberly, moglie al seguito del capitano Henry Duberly dell’8° Ussari, guardavano dalle alture come se si trovassero sull’orlo di una tomba. Nessuno parlava. Nessuno si aspettava che qualcuno tornasse dalla Valle della Morte.
2 Termine francese per definire un combattimento ravvicinato di gruppi di nemici (in mischia, corpo a corpo).
CARICA BALAKLAVA
Alla fine della loro cavalcata, gli ufficiali e i soldati sopravvissuti della prima linea si slanciarono attraverso un denso sipario: la nuvola di fumo che si era levata sui cannoni quando avevano sparato l’ultima salva, e nel più profondo orrore.
Il mio cavallo fece un tremendo balzo in aria, anche se non sapevo per quale motivo. Il fumo era talmente spesso che non riuscivo a vedere nemmeno il mio braccio davanti a me. Poi all'improvviso mi trovai nella batteria e nell'oscurità c'erano rumori di combattimento e uccisioni. In questo buio tagliammo e infilammo e massacravamo come demoni. (Soldato James Wightman, 17° Lancieri)
I resti del 17º Lancieri e del 13º Dragoni Leggeri erano ancora tutti all'interno del fumo, gli artiglieri russi più vicini, solo i più vicini potevano vederli ed essere visti, sguainarono le sciabole o puntarono le carabine mentre il combattimento si tramutava in una serie di conflitti individuali.
Fu una lotta disperata e la scarsa visibilità portò di colpo i lancieri e i dragoni leggeri che non si erano fermati durante l'avanzata per un senso di orgoglio di reggimento, il famoso spirito di corpo della cavalleria, a non avere più una visione collettiva di quello che stava succedendo. Questo subitaneo isolamento, insieme all'odore, al gusto acre del fumo di polvere da sparo che li avviluppava e alle urla soffocate degli uomini abbattuti che giungevano da tutte le parti, incrementò la sensazione che tutti provavano di aver eseguito una carica oltre le porte dello stesso inferno.
Dato che non erano riusciti a fermare i cavalleggeri, secondo l’ABC degli artiglieri russi, la prima cosa da fare era tentare di salvare i cannoni, ma molto più ragionevole era pensare di salvare se stessi. La maggior parte degli artiglieri tentarono di preservare i cannoni combattendo sul posto e cercando di farla finita con quei cavalieri. Agli occhi dei superstiti della Brigata Leggera i duecento uomini che costituivano i serventi dei cannoni erano responsabili della terribile carneficina e ora si presero la loro rivincita.
Se scorgevano i russi prima di riuscire a fermare la loro monta, gli uomini del 17° usavano l’abbrivio3 per gettare lo scompiglio in mezzo a loro. Persino gli artiglieri che si erano rifugiati sotto i cannoni non poterono sfuggire alla lunga portata delle lance.
Il caporale John Penn lasciò la sua lancia nel corpo di un artigliere, quindi passò alla sciabola. Cavalcò verso un ufficiale cosacco e con un fendente della lama praticamente lo decapitò.
Quando lord Paget notò un lanciere che agitava freneticamente la lancia cercando di colpire un uomo disarmato che aveva trovato riparo sotto l'affusto di un cannone e gli ordinò di smetterla, sembrò che il lanciere non lo avesse udito.
Tra i superstiti c'era una sete di sangue che non possiamo perdonare, ma che dovremmo sforzarci di capire.
Comunque i cosacchi vendevano cara la pelle. Chi perdeva la monta o aveva il cavallo malconcio, e quindi fermo, veniva circondato. Il grado aveva la sua importanza in queste circostanze, perché era più probabile che gli ufficiali venissero presi prigionieri invece che uccisi, mentre ai soldati toccava la sorte opposta.
Udii un urlo spaventoso e cinque o sette cosacchi arrivarono brandendo le loro sciabole. Mi aspettavo che mi facessero a fette. Decisi di gettare la sciabola accorgendomi che era inutile resistere e lo feci. Subito dopo fui circondato, mi tolsero le pistole e fui rudemente aiutato a scendere dal mio malconcio cavallo. Un ufficiale russo venne verso di me e mi chiese se parlavo francese. Gli dissi di sì e gli chiesi di non lasciare che quei selvaggi che mi avevano circondato mi ammazzassero. Lui si comportò in modo veramente civile, mi disse di non allarmarmi, erano solo un po’ rozzi nei modi, perciò fui portato via a piedi tra due di loro con altri tre dietro. (Cornetta George Wombwell, 17° Lancieri)
Il cavallo del soldato Samuel Parkes rimase ucciso, ma Parkes riuscì a rotolare lontano dalla monta che cadeva e continuò a combattere a piedi. Vicino a lui anche il trombettiere Hugh Crawford cadde da cavallo e si rialzò con qualche problema. Vedendo il trombettiere ferito e disarmato, due cosacchi si avventarono su quella facile preda. Subito Parkes si frappose tra i due e il suo camerata minacciandoli con la sciabola fin quando i nemici non arretrarono.
Parkes aiutò Crawford tenendolo con il braccio sinistro, non poteva camminare senza aiuto, mentre teneva a bada i cosacchi con la sciabola e insieme si diressero lentamente lontano dalla linea dei cannoni. Non c'erano posti sicuri e una volta fuori dalla nuvola di fumo furono circondati da cavalieri russi. Benché Parkes agitasse la sciabola verso di loro, un taglio lungo il braccio destro lo costrinse ad arrendersi. Entrambi furono fatti prigionieri.
Pur essendogli morto il cavallo, corse in aiuto del trombettiere Crawford, che era stato disarcionato e non era armato, e si frappose fra l'uomo e due cosacchi e li cacciò con la sua sciabola. Furono attaccati da altri sei russi, che Parkes tenne a bada fin quando non gli fu tolta la sciabola. (Citazione della Victoria Cross per il soldato Samuel Parkes, 4° Dragoni Leggeri)
Durante quei primi secondi in mezzo ai cannoni, alcuni ufficiali si misero a cercare lord Cardigan.
Come ordinato avevano caricato i cannoni russi, ma adesso che cosa dovevano fare?
Cardigan invece di fermarsi tra i cannoni, come avevano fatto tutti, aveva proseguito, ormai da solo, la sua corsa per ottanta metri oltre il fumo, per trovarsi di fronte una massa di cavalleria nemica. Mentre Cardigan tornava precipitosamente indietro verso la batteria fu visto e ignorato da un gran numero di uomini.
Il mio primo pensiero dopo che avevamo attraversato la linea fu di cercare un ufficiale per capire che cosa avremmo dovuto fare. Vidi subito lord Cardigan, ma non mi venne l’idea di raggiungerlo. Credo che nessun soldato britannico abbia avuto un’idea del genere. Ne aveva guidato 670, di uomini, e nessuno si era unito a lui. Vide cavalleggeri passargli ai lati. Era circa cinquanta metri oltre i cannoni sulla loro estrema sinistra. (Caporale Thomas Morley, 17° Lancieri)
Dopo che Cardigan tornò indietro, verso i cannoni dove il fumo era ancora denso, egli scomparve e da quel momento non diede più ordini e non partecipò più all’azione. Alcuni ufficiali e soldati pensarono che avesse abbandonato la brigata e si fosse ritirato.
L’addestramento aveva insegnato loro a riunirsi attorno ad un ufficiale superiore, ma nessuno aveva più visto Cardigan, né un ufficiale superiore, né trombe e segnali. Alcuni ufficiali inferiori riunirono intorno a loro i soldati che si trovavano nelle vicinanze e pensarono di portare via i cannoni.
Lord Paget stabilì che gli artiglieri erano stati sconfitti e nell’assenza dei due reggimenti di prima linea e dell’11° Ussari colse correttamente l’indicazione che avevano continuato ad avanzare all’inseguimento del nemico. A sua volta condusse il 4° Dragoni Leggeri dietro il resto della Brigata Leggera:
Quando riuscimmo a disporre di quei cannoni, cosa che non richiese molto tempo, il 4° (ormai più simile ad un drappello di schermagliatori che a un reggimento) lasciò i cannoni inutilizzabili dietro di sé e proseguì la sua corsa in appoggio alla prima linea. (Lord George Paget, 4° Dragoni Leggeri)
Il colonnello Mayow, vicecomandante della brigata, stabilito che Cardigan non si trovava e che quindi era morto, ferito o prigioniero, decise finalmente di assumerne il comando e riunì i pochi che vedeva. Quando si avvide della massa di cavalleria russa che aveva di fronte, capì che, se i superstiti della Brigata Leggera si fossero voltati verso le proprie linee con o senza cannoni, la cavalleria nemica li avrebbe caricati alle spalle con effetti devastanti. L’unica alternativa era attaccarla. Altri piccoli gruppi, ignari l’uno dell’altro, decisero la medesima cosa. Probabilmente essi si facevano forti della speranza dell'aiuto portato dalla Brigata Pesante quando sarebbe sopraggiunta. Nessuno sapeva che lord Lucan da un bel pezzo era tornato indietro con i Pesanti.
I russi erano altrettanto stupiti dei Britannici dall'improvvisa apparizione di questa banda di superstiti provenienti da una cavalcata dalla quale nessuno di loro avrebbe potuto sfuggire alla morte e fu in quei primi cruciali secondi che il capitano Morris condusse i suoi uomini diritti contro il nemico. L’effetto dell'impatto di questi venti lancieri fu del tutto sproporzionato rispetto al numero e deve essere stato innanzitutto psicologico. Incredibilmente i russi si dispersero caoticamente e non va dimenticato che erano ussari, cioè cavalleria regolare invece dei meno disciplinati cosacchi. Quando però i russi si resero conto di quanto fossero pochi i britannici, gli tornò il coraggio e la maggior parte dei cavalleggeri fu abbattuta. Il capitano Morris fu preso prigioniero.
Anche i reggimenti di cavalleria nemica di fronte ai ventisette cavalieri guidati dal colonnello Mayow si ritirarono.
Non è stata offerta una spiegazione soddisfacente del perché i numerosi reggimenti russi di cavalleria appostati dietro i cannoni con uno schiacciante vantaggio numerico si siano ritirati quando Mayow e i suoi uomini li caricarono. È possibile che anche loro pensassero che una considerevole forza stesse sopraggiungendo in appoggio e quindi fosse necessario ritirarsi. E’ altresì più probabile che lo stesso fattore psicologico che ha indotto i russi a fuggire davanti al capitano Morris e ai suoi 20 uomini, si sia diffuso tra le file della formazione di cavalleria. Si aspettavano che non un solo inglese sopravvivesse al fuoco dei cannoni, e l’improvvisa apparizione di queste figure insanguinate, sbucate dal fumo, che combattevano come demoni, e che ormai addirittura ci assomigliavano, deve averli spaventati.
Qualunque fosse la causa, si voltarono e fuggirono in disordine, furono inseguiti per altri 500 metri fino al fiume Cernaia.
Nei loro rapporti, redatti da ufficiali regolari della cavalleria, come prevedibile, se la presero con i reparti cosacchi che secondo loro fuggirono in disordine coinvolgendo gli ussari.
Al contrario, superstiti della Brigata Leggera sostengono che, mentre l'intera cavalleria russa era fuggita, furono i cosacchi a opporre la massima resistenza. Furono sicuramente i cosacchi ad avanzare per attaccare gli uomini rimasti tra i cannoni.
Un vasto gruppo di cosacchi ci caricò e ci circondò. Stavo cavalcando a destra del cannone, nella direzione dalla quale i cosacchi ci attaccarono. Nella mischia mi trovai nell'estremità sbagliata e dovetti tornare al galoppo lungo la valle. Fui inseguito da sette di loro fin quando non mi sospinsero abilmente verso un corpo della cavalleria che mi voltava le spalle. Non c'era alternativa se non quella di andarci attraverso o di arrendermi ai cosacchi. Diedi di speroni e mi infilai nella linea. L’attraversai dopo aver preso una botta in testa da un ufficiale russo che mi avrebbe ferito se non avessi avuto il mio berretto rigido. Altri cavalleggeri della Brigata Leggera stavano cavalcando da quelle parti, alcuni di loro erano feriti, ma combattevano meglio che potevano.
Il caporale Hall del mio drappello trascinava la lancia ed era coperto di sangue. Gli dissi di gettarla e volli raccoglierla io stesso, dato che ne avevo bisogno, ma non ci fu il tempo. Ordinai al soldato Clifford del mio drappello di fermarsi, invece quello caricò i russi e venne fatto a pezzi davanti ai miei occhi. (Caporale Thomas Morley, 17° Lancieri)
I gruppi di superstiti del 17°Lancieri, 13° Dragoni Leggeri e 11° Ussari inseguiva la cavalleria russa, tenendola impegnata non grazie alla forza delle armi, ma alla promessa di un appoggio che sarebbe dovuto arrivare dalle linee britanniche. Gli uomini rimasti tra i cannoni a battersi con gli artiglieri, anche loro cercavano i reggimenti di seconda linea che dovevano arrivare con i Pesanti in appoggio.
In realtà non c’era seconda linea. Il 4° Dragoni Leggeri era avanzato troppo e l’8° Ussari era rimasto indietro e aveva deviato a destra.
Il punto di svolta fu quando russi e britannici capirono che non c’era nessuna forza d’appoggio che avrebbe seguito.
Con nostro grande orrore, ci accorgemmo che la Brigata Pesante non ci aveva seguiti per appoggiarci. (Capitano Edwin Cook, 11° Ussari)
I russi quando riuscirono a fermare la ritirata e si voltarono per affrontare il nemico, si resero conto di essere molto superiori di numero. Cominciarono ad avanzare lentamente. I britannici al contrario iniziarono a indietreggiare verso la linea dei cannoni. Il colonnello Mayow chiese a un altro ufficiale dove potesse essere Cardigan, mentre gli uomini, molto meno educatamente, dove fosse lord Lucan.
I russi si fermarono, ma per alcuni istanti rimasero con le schiene rivolte verso di noi, guardandoci da sopra le spalle. Accorgendosi che eravamo in pochi e senza appoggi, si voltarono e rimanemmo faccia a faccia, le teste dei nostri cavalli vicino a quelle dei loro. L'immobilità e la tensione di quei momenti fu terribile; alla fine la situazione cambiò quando i loro ufficiali ordinarono agli uomini di seguirci e di irrompere in mezzo a noi, cosa che cercarono di fare lanciando i loro cavalli verso la nostra fila frontale, ma i nostri uomini mostrarono di essere saldi, stando vicini e sollevando le sciabole in posizione di guardia destra, li tennero a bada.
Molti di loro estrassero le pistole e ci spararono addosso e i cosacchi cominciarono a cercare di aggirare i nostri fianchi per portarsi dietro di noi. La nostra posizione divenne sempre più critica perché correvamo il pericolo di essere circondati, sopraffatti e uccisi uno a uno. Ma se fossero giunti altri squadroni in quel momento, sono convinto che quel corpo di cavalleria si sarebbe arreso a noi. (Sergente maggiore George Smith, 11° Ussari)
Tutti i superstiti voltarono le spalle e si ritirarono, inseguiti dalla cavalleria russa in apparenza felice di dover solo inseguire senza usare le armi.
Intanto i reggimenti di lancieri russi che attendevano come riserve sulle alture ricevettero l’ordine di scendere nella valle per formare una linea dietro i britannici, bloccarne la via di fuga e finirli sul posto.
I lancieri ulani ricevettero l'ordine di attaccare la cavalleria nemica mentre ripercorreva la valle, in modo che quegli uomini, che erano stati ubriacati dai loro generali perché avessero il coraggio di fare quello che dovevano fare, fossero non di meno intrappolati tra le nostre lance e le nostre sciabole. Persino la forza d'appoggio del nemico, vedendo come andavano a finire le cose, si era astenuta da tal tentativo di salvare i suoi camerati. La battaglia finì così con nostra grande soddisfazione. Con l'inchiostro della mia penna ho scritto la pura verità. (Generale I. Rijzov)
La pura verità? Non proprio. I superstiti della Brigata Leggera erano indubbiamente intrappolati e questo avrebbe dovuto rappresentare la loro fine. Ma non lo fu.
Tutti pensavano che ci fosse un solo modo per gli inglesi di uscire dalla valle: non avevano altra scelta che arrendersi, li osservammo in attesa che deponessero lance e sciabole. Ma non successe niente di tutto ciò. Gli Inglesi scelsero di fare quello che noi non avevamo nemmeno preso in considerazione, perché nessuno lo riteneva possibile. Scelsero di caricare di nuovo la nostra cavalleria, questa volta percorrendo lo stesso terreno cosparso dei loro morti e feriti. Quei folli cavalleggeri stavano facendo quello che nessuno aveva pensato si potesse fare. (Tenente Stefan Kozuskov)
I primi superstiti a capire che i russi avevano teso una trappola furono gli uomini del 13° Dragoni Leggeri, del 17° Lancieri e dell’8° Ussari che erano arrivati insieme, al comando dei colonnelli Mayow e Shewell.
Eravamo solo circa 70 uomini montati. Si scoprì che alcuni squadroni di lancieri russi si erano schierati attraverso la valle alle nostre spalle, frapponendosi così tra noi e le linee britanniche. “Fateli a pezzi” fu il grido eccitato. (Soldato William Pennington, 11° Ussari)
Li attaccammo. Erano su tre file con le lance abbassate a livello del fianco. Schivai una prima lancia e ferii quello dietro di me alla testa in modo che se ne sarà ricordato per un bel po', e mentre stavo recuperando la mia sciabola scoprì che un terzo mi stava puntando la lancia. Feci giusto in tempo a parare la punta della sua lancia con l’elsa della mia sciabola; passò attraverso la protezione dell'impugnatura, mi spellò l'ultima nocca del dito medio e la punta penetrò tra la seconda e l'ultima articolazione del mignolo uscendo dall'altra parte.
Poi mi trovai in mezzo ai russi e vidi il colonnello e il maggiore molto più avanti di noi che andavano a ventre a terra con i loro cavalli, mentre le batterie e i fucili li innaffiavano in grande stile. Cercando di capire che cosa ne era dei miei uomini, scoprii che erano passati e si erano sparsi sulla sinistra. (Tenente Edward Seager, 8° Ussari)
Mentre si svolgeva questa azione sul lato destro della valle, all’estrema sinistra anche il secondo gruppo di superstiti, l’11° Ussari del colonnello Douglas e il 4° Dragoni Leggeri di lord Paget, in ritirata fianco a fianco e seguiti dal nemico, scoprirono che unità fresche di cavalleria russa si erano frapposte tra loro e le linee britanniche. Ci volle un po’ perché il colonnello Douglas se ne accorgesse, perché sulle prime credé che la linea degli ulani attraverso il loro fronte fosse in realtà il 17° Lancieri:
vidi attestarsi due squadroni di lancieri. Dissi subito: “Sono il 17°. Uniamoci a loro”. In quel momento il tenente Roger Palmer mi venne vicino e disse. “Le chiedo scusa, colonnello, quello non è il 17°, quello è il nemico”.
“Be’”, esclamai, “dobbiamo solo ritirarci un po’ e poi passarci in mezzo”.
Così con il 4° Dragoni Leggeri caricammo i lancieri russi. (Tenente colonnello John Douglas, 11° Ussari)
Lord Paget con il 4° Dragoni Leggeri si lanciarono pure all’attacco, anche se tutti si aspettavano che gli ulani li assalissero sul fianco e sapevano di non avere difese contro le lunghe aste delle lance. Ma per qualche ignoto motivo i russi avanzarono lentamente fino a pochi metri da loro e si fermarono.
Il sergente William Bentley dell’11° Ussari, ferito da un lanciere nemico, era caduto dietro agli altri e i russi all’inseguimento lo stavano raggiungendo. Il tenente Alexander Dunn, accortosi della situazione, tornò indietro ad aiutarlo. Scaricò la pistola contro gli inseguitori e poi li attaccò con la sciabola.
Per aver salvato la vita del sergente Bentley, 11° Ussari, abbattendo a sciabolate due o tre Lancieri che lo avevano attaccato alle spalle e in seguito per avere ucciso un ussaro russo, che aveva attaccato il soldato Levett, 11° Ussari. (Citazione della Victoria Cross per il tenente Alexander Dunn, 11° Ussari)
Il generale Rijzov riferì che la trappola russa era stata un brillante attacco. Ma la maggior parte dei suoi ufficiali sapeva che aveva fallito miseramente:
Quei pazzi cavalleggeri britannici cavalcarono lungo il fondo della valle cosparso dei corpi dei morti e dei feriti della precedente avanzata e molti altri caddero a ogni passo, ma con una sorta di disperato eroismo si aprirono una strada attraverso la nostra cavalleria e corsero via. Nessuno di loro si arrese.
Il generale Rijzov definì brillante l'attacco degli ulani. Chi di noi vide i lancieri non notò nessuna grandezza. Non vedemmo nemmeno un vero attacco. Se il generale Rijzov ha ragione, come si spiega il fatto che un nemico esausto sia riuscito a passare attraverso la nostra cavalleria e a sfuggirci? (Tenente Stefan Kazuskov)
Così tutti i superstiti irruppero in mezzo alla cavalleria russa, passarono e si diressero verso le linee amiche, ma le loro vicissitudini erano lungi dall'essere finite. Erano a un chilometro e mezzo dalla salvezza. Molti cavalli e molti uomini erano esausti, feriti o entrambe le cose; dietro di loro c'erano i cosacchi, e l'artiglieria nemica dei Sentieri Rialzati attendeva di avere una seconda occasione per aprire il fuoco su di loro quando fossero giunti a portata di tiro durante il loro ritorno. Molti ancora sarebbero caduti.
3 O abbrivo, movimento che per forza d'inerzia perdura quando la forza propulsiva viene a cessare.
CARICA BALAKLAVA
Gli spettatori che si trovavano sulle alture Sapune e che avevano visto la Brigata Leggera scomparire nel fumo, sulle prime non riuscirono a riconoscerne i resti negli uomini che tornavano sui loro passi:
Che cosa stavano facendo, quegli schermagliatori? Buon Dio! E’ la Brigata Leggera! (Fanny Duberly)
Era una vista terribile quegli uomini che tornavano uno per uno dalla valle cosparsa di cadaveri. (Tenente Richard Godman, 5° Guardie dei Dragoni)
I primi a riapparire furono gli uomini appiedati che erano stati disarcionati davanti ai cannoni o all’interno della loro linea.
La vista di quegli uomini sparsi che camminavano a fatica o zoppicavano convinse gli osservatori che le loro peggiori paure si erano avverate: la Brigata Leggera era stata annientata.
I tiratori scelti russi sui cominciarono a tirare sui feriti e appiedati mentre i cavalieri cosacchi battevano il terreno per attaccare o finire i nemici rimasti indietro. Molti si davano anche al saccheggio.
I feriti più gravi non avevano alcuna possibilità di tornare indietro e i loro compagni non potevano fare altro che lasciarli.
Lo presi da sotto le ascelle e Pollard sollevò un poco la parte anteriore del cavallo, così riuscii a toglierli le gambe da sotto l’animale, ma aveva il femore rotto e inoltre diverse ferite alla testa da cui era uscito molto sangue. Vedendo le sue ferite lo deposi delicatamente per terra. “Non potete fare di più per me. Pensate a voi stessi!” ci disse. Il fumo si era diradato , perciò vedemmo un gran numero di uomini che facevano la nostra stessa strada. Il numero dei cavalli che giacevano morti era spaventoso. (Soldato Albert Mitchell, 13° Dragoni Leggeri)
Non era facile per i cavalieri appiedati catturare cavalli impauriti o imbizzarriti, ma di tanto in tanto erano i cavalli a cercare gli uomini, anche se erano per lo più gravemente feriti.
Tre monte senza cavaliere gironzolavano per la valle a poca distanza l’una dall’altra. La prima, vedendomi e riconoscendomi dall’uniforme, mi si fermò vicino. Esaminando l’animale, scoprii che era gravemente ferito e il sangue sgorgava in diverso posti, perciò gli diedi una pacca e gli dissi: “Va, poveraccio”. Poi arrivò il secondo cavallo, anch’esso ferito, perciò dissi: “Vattene”. Quando arrivò il terzo, guardandolo bene scoprii che non era ferito. Montai e mi avviai. (Sergente maggiore George Smith, 11° Ussari)
Ma molti non ebbero la stessa fortuna.
Era essenziale comunque continuare a muoversi. I cosacchi e i tiratori scelti continuavano a tormentare gli appiedati.
La cavalleria russa cercava nel frattempo di intercettare i cavalieri nemici attardati.
Dalle alture Sapune, lord Raglan e gli altri videro i lancieri russi formare una linea per fermare i superstiti usciti dal fumo e pensarono che ormai era proprio finita. Poi del tutto inaspettatamente videro che essi forzavano il blocco. Un francese descrisse così il momento:
Una nuvola di polvere da cui proveniva un coro di urrà inglesi avanzò verso di noi; era la sfortunata cavalleria che stava tornando mutilata e decimata. Dalle alture l’artiglieria russa aprì il fuoco contro quei nobili resti. (Visconte de Noe)
C’erano molti combattimenti frenetici e fu allora che la nostra artiglieria e la nostra fanteria aprirono il fuoco. Bisogna dire la verità, cioè che quei tiri colpirono i nostri tanto quanto i nemici, con altrettanti uomini che rimasero feriti o uccisi e forse ancora più cavalli. Gli inglesi si batterono con coraggio stupefacente e, quando ci avvicinammo ai loro uomini appiedati o feriti, persino questi rifiutarono di arrendersi e continuarono a combattere fin quando il terreno fu zuppo di sangue. (Tenente Koribut Kubitovic)
A un certo punto di questo rischioso viaggio di ritorno, la cornetta Wombwell, che nella confusione del ritorno ai cannoni russi della cavalleria britannica, riuscì a liberarsi e fuggire, scorse il capitano Webb, detto “Peck”, aiutato a camminare dai sergenti Berryman, Farrell e dal caporale Malone e mentre le pallottole fischiavano tutte intorno, ebbe luogo questa conversazione molto inglese:
WOMBELL: Che ti succede Peck?
WEBB: Colpito alla gamba, vecchio mio.
Pur avendo perduto il cavallo, si fermò ad aiutare sul campo un ufficiale ferito, sotto una pioggia di proiettili e pallottole e benché l’ufficiale gli avesse ripetutamente detto di mettersi in salvo e di lasciarlo, si era rifiutato di farlo e, con l’aiuto del sergente Farrell, che si era avvicinato, aveva portato il capitano Webb lontano dal tiro dei cannoni. (Citazione della Victoria Cross per il sergente John Berryman, 17° Lancieri)
Simili motivazioni e medesime onorificenze per il sergente Joseph Malone del 13° Dragoni Leggeri e per il sergente John Farrel del 17° Lancieri.
Ormai i primi uomini a cavallo avevano raggiunto le linee inglesi. Il capitano Morris, era riuscito anche lui a fuggire subito dopo essere stato preso prigioniero, anche se aveva riportato una ferita grave al capo, cadde da cavallo non lontano dal corpo del capitano Nolan. Fu recuperato nonostante un attacco dei cosacchi.
Per essere andato ad aiutare il capitano Morris del 17° Lancieri, che giaceva gravemente ferito in una posizione esposta, e avergli curato le ferite sotto un massiccio fuoco da parte del nemico e infine, arrestandogli una grave emorragia, per aver contribuito a salvargli la vita. (Citazione della Victoria Cross per il chirurgo dottor James Mouat)
Per essere stato fondamentale, insieme al dottor James Mouat, nel salvare la vita del capitano Morris del 17° Lancieri, correndo sotto il fuoco massiccio in suo aiuto, quando l’ufficiale giaceva ferito molto gravemente in una posizione esposta. (Citazione della Victoria Cross per il sergente Charles Wooden, 17° Lancieri)
Un gruppo di uomini andò a cercare Nolan, ma non per recuperarne il corpo. Il primo uomo a farsi uccidere fu anche, con indebita fretta, il primo a essere sepolto.
Il motivo ufficiale fu che era stato ucciso più vicino alle linee britanniche di qualunque altro ufficiale e che il suo corpo era stato trovato con facilità; potrebbe esserci un'altra spiegazione meno accettabile. In un resoconto anonimo si sostiene che, quando Lord Lucan sentì dire che alcuni uomini stavano uscendo per andare a recuperare il corpo di Nolan, disse: “No, ha avuto quel che si meritava, una morte da cane, e come un cane sia seppellito nella fossa comune”.
Nolan e Morris si erano scambiati le lettere rispettivamente per la madre e per la moglie, che l’uno o l’altro avrebbero dovuto far pervenire in caso fossero morti. Le ferite di Morris erano così gravi che entrambe le lettere furono spedite in Inghilterra e per un certo periodo Amelia Morris credette che suo marito fosse stato ucciso, mentre in realtà era sopravvissuto.
Alla fine tutti i superstiti rientrarono.
Poco dopo si cominciarono a sentire i colpi d’arma da fuoco dei maniscalchi che uccidevano i cavalli feriti più gravemente.
I due cani della brigata, Jemmy, che aveva partecipato alla carica con l’8° Ussari, e Boxer dell’11°, tornarono con il primo uomo a cavallo del loro reggimento. Jemmy aveva una leggera ferita al collo mentre Boxer era illeso.
Il pomeriggio e la sera di quel giorno quello che i superstiti della Brigata Leggera volevano sapere con maggiore curiosità era perché la Brigata Pesante non era accorsa in loro aiuto alla linea dei cannoni:
E chi, mi chiedo, era responsabile di tutto questo? Lo stesso uomo che aveva ordinato a lord Cardigan di caricare con 670 uomini un esercito in ottima posizione e poi li aveva lasciati al loro destino? Non era diverso dall’affidarsi alla vana speranza, dopo aver attaccato una città, di aprirsi una nuova via combattendo, invece di mandare avanti gli appoggi. Tagliammo il loro esercito completamente in due, conquistando la loro batteria principale, spingendo la loro cavalleria in profondità nelle retrovie. Che altro avrebbero dovuto fare 670 uomini? (Sergente maggiore George Smith, 11° Ussari)
William Russell riferì che lord Raglan, profondamente scosso dall'ira, aveva aspramente rimproverato lord Lucan e dato una terribile lavata di capo a lord Cardigan.
Cardigan aveva detto che la colpa di quell'errore era tutta di Lucan, mentre quest’ultimo aveva puntato il dito accusatore in direzione di lord Raglan, che in sostanza li accusava entrambi.
La battaglia delle loro signorie era appena incominciata.
Per il momento i generali dovettero raccontare ai politici a San Pietroburgo e a Londra che cosa era stato vinto o perso a Balaklava:
La cavalleria inglese al comando di lord Cardigan ha caricato la batteria 3 dei cosacchi del Don, uccidendo alcuni artiglieri, e ha attaccato una brigata di ussari della 6aDivisione di cavalleria con inattesa sconsideratezza. Il nemico è stato assalito sul fianco dal Reggimento Ulani e dal fuoco incrociato di fucilieri e artiglieria. Le perdite nemiche sono state pesanti. (Principe Mensikov)
Lord Cardigan ha caricato con il massimo vigore, ha attaccato una batteria che stava sparando sugli squadroni avanzanti e, dopo avere superato la linea dei cannoni, ha impegnato nelle retrovie la cavalleria russa; ma a questo punto le sue truppe sono state attaccate da fanteria e artiglieria, oltre che dalla cavalleria, e sono state costrette a ritirarsi. Le perdite che ha sostenuto, mi spiace dirlo, sono state molto pesanti in numero di ufficiali, soldati e cavalli. (Lord Raglan)
CARICA BALAKLAVA
La cifra ufficiale sui libri di storia dei partecipanti alla carica è di 673 cavalieri, totale fornito da lord Paget. Il problema è che alcuni uomini poi vennero classificati come malati e non tutti i presenti in parata al mattino poi parteciparono alla carica.
Dopo la revisione corretta dei numeri dei partecipanti alla carica, ai 662 cavalleggeri della Brigata Leggera incluso Nolan, vanno aggiunti anche due ufficiali mandati dal Regno di Sardegna.
Il maggiore Govone4 e il sotto tenente Landriani5 cavalcarono con la brigata. Essi erano aggregati come osservatori alla cavalleria francese. Quando alla Brigata Leggera fu ordinato di caricare, vi videro un’opportunità, e chiesero di potersi unire alla Brigata Leggera. Entrambi furono feriti e uno di loro venne preso prigioniero.
Includendo questi due ufficiali si arriva a 664.
Questa cifra è normalmente accettata come il numero totale di ufficiali e soldati che parteciparono alla carica.
Due uomini tuttavia erano stati dimenticati, e per un’ottima ragione: nessuno dei due infatti avrebbe dovuto partecipare alla carica.
Il soldato Jack Vahey del 17° Lancieri, non contato nella parata mattutina perché in punizione nella tenda prigione a smaltire una sbornia della sera precedente. Sappiamo dal suo racconto confermato da superstiti che fuggì di prigione e si unì all’ultimo minuto al suo reggimento. Perciò aggiunto lui si arriva a 665.
Il secondo uomo che non sarebbe dovuto essere presente alla carica, ma invece vi partecipò, fu l’aiuto chirurgo Henry Wilkin dell’11° Ussari. Essendo i compiti dei chirurghi e aiuto chirurghi essenziali dopo il combattimento, non gli si chiedeva di rischiare la vita in battaglia. Wilkin aveva altre idee e caricò con i suoi uomini.
Perciò il conto finale arriva a 666.
Questa cifra, però, o qualunque altra non vanno prese in assoluto. Ci sono motivi circostanziali per credere che il numero di partecipanti potrebbe essere ancora più alto.
Quando Vahey raggiunse la staccionata dei cavalli malati, trovò solo due cavalli malconci, un numero sorprendentemente esiguo se si considera lo stato di generale spossatezza delle monte della brigata. Dato che la brigata aveva lasciato l’Inghilterra con 1.500 cavalli e si era disposta in formazione con meno della metà di quelle monte, è possibile che le guardie e i prigionieri, esclusi gli sbronzi, fossero stati chiamati a partecipare e fossero in sella a cavalli provenienti dalla staccionata.
Dati alla mano, un totale di 666 ufficiali e soldati partecipò alla carica. Non meno. Avrebbero potuti essere di più.
Riguardo alle perdite, le cifre più attendibili basati sui rientri fatti il giorno dopo sono le seguenti:
110 uccisi sul posto o morti per ferita;
129 feriti e tornati nelle linee britanniche;
32 Feriti o fatti prigionieri;
271 totale feriti e morti.
Ciò significa che dei 666 che cominciarono l’avanzata, 271 diventarono perdite e un incredibile numero di 395 (60%) cavalcò per un paio di chilometri sotto il fuoco dei cannoni russi, attaccò e inseguì la cavalleria russa dietro i cannoni e tornò lungo la valle con il nemico alle calcagna pressoché illeso, tranne che per leggere ferite che non richiesero l’intervento del chirurgo. Era stato ucciso meno del 17%.
Il numero dei cavalli uccisi era considerevolmente più alto. Lord Paget registrò 332 uccisi nella carica e altri 43 abbattuti a causa delle ferite al ritorno entro le linee britanniche, per un totale di 375 (più del 56%) uccisi.
Ovviamente sarebbe stato di scarso conforto per quelli che avevano perso un figlio, un marito o un padre nella carica sentirsi dire che, tutto considerato, le perdite erano state notevolmente basse. L’ira dell’opinione pubblica per il madornale errore fu alimentata non tanto dal numero dei morti, ma dal sospetto che non sarebbe dovuto morire nemmeno un solo uomo.
4 Il maggiore Govone divenuto poi generale di divisione, combattè onorevolmente a Custoza nel 1866, successivamente divenne anche ministro della guerra. Morì suicida nel 1872.
5 Il sotto tenente Landriani fu cavallerescamente curato dai russi che lo avevano preso prigioniero, ma non si riprese mai dalle ferite riportate, morendo nel 1858.
CARICA BALAKLAVA
A mezzogiorno la carica era già finita e la maggior parte dei superstiti era tornata nelle linee britanniche.
Solo quelli che erano nella valle potevano cogliere l’immediatezza dell’esperienza, solo quelli che stavano sulle alture potevano vedere il quadro generale e questi ultimi sostengono di avere visto qualcosa che i superstiti non videro: la gloria e la grandezza.
Tra i primi, il resoconto più notevole, spontaneo e diretto fu dettato da un soldato analfabeta, il soldato John Vahey del 17° Lancieri.
Cominciò l’avanzata “maledettamente sbronzo” e “pieno fin quasi alle orecchie” (di rum), durante la carica divenne “completamente matto” e, quando raggiunse la batteria nemica, con la sua ascia spaccò “la testa di un artigliere russo”, uscendo dalla carica “sobrio come un vescovo”.
Vahey “narrò” il suo resoconto a una rivista vittoriana, Soldiering and Scribbling, qui di seguito se ne riporta il racconto. Gran parte della prosa non è quella della parlata, che il corrispondente evidentemente dovette rielaborare, ma qui più che in tutti gli altri racconti le impressioni della pura e semplice esperienza dell'incolto cavalleggero emergono con vigore dal testo.
Nell'autunno 1854 gli eserciti britannico e francese erano schierati insieme piuttosto amichevolmente davanti a Sebastopoli, la noce che impiegammo così tanto tempo a schiacciare. La nostra cavalleria aveva il suo accampamento sul fianco di una collina vicino a Kadikoi e tra gli altri c'era anche il vecchio “Teschio e tibie incrociate”, al quale appartenevo come elemento della Brigata Leggera.
Avevamo un nostro commissario e a molti uomini di vari corpi era stato ordinato di fare i macellai. Non mi tiravo mai indietro quando c'era un lavoro da fare e, mentre alcuni soldati se ne stavano perennemente imbronciati nelle tende o marcavano visita ogni mattina, io me ne andavo allegro come un fringuello a fare un lavoretto qui e uno là, sempre cercando di essere più o meno ubriaco prima di notte. Se vi capita di incrociare uno dei veterani della Brigata Leggera di Crimea, provate a chiedergli se si ricorda di “Butcher Jack” dei lancieri e vedrete che cosa vi risponderà. Nell'intera brigata ero noto proprio come il vecchio Cardigan stesso e con i miei modi turbolenti dovevo essere un personaggio piuttosto popolare. Anzi, se non fosse stato per il mio sfrenato amore per la bottiglia, avrei potuto essere promosso più di una volta. Ma di solito provavo la via della tenda prigione come minimo una volta la settimana, e più di una volta mi sono salvato le chiappe per il semplice fatto che ero noto come un tipo volenteroso e utile quand'ero sobrio. In una giornata di macellazione al commissariato uccidevamo, scuoiavamo e tagliavamo un buon numero di animali e c'era un sacco di rum in giro, perché la guardia del commissariato sapeva dove trovarlo e noi macellai eravamo abbastanza poco sorvegliati, se in cambio regalavamo qualche tenera bistecca. Paddy Heffernan, dei dragoni reali e io, riuscimmo a diventare ubriachi come lord prima di trovare il tempo di lavarci e un ufficiale del commissariato ci venne incontro mentre eravamo in quello stato e ci schiaffò nella tenda prigione prima che potessimo dire “ehilà”. Per noi un posto valeva l'altro, perciò ce ne stemmo lì tutti contenti per l'intera notte, bevendo di tanto in tanto un sorso da una bottiglia che Paddy era riuscito a portare di nascosto nella tenda dove eravamo confinati. Stava per diventare mattina quando piombammo in un sonno profondo da ubriachi dal quale anche il comandante in capo avrebbe avuto problemi a svegliarci. Dobbiamo aver dormito a lungo, perché era giorno pieno quando ci svegliammo al galoppante rumore di una terribile cannonata arrivata lì vicino che fece tremare i paletti della tenda.
Mi sentivo ancora maledettamente sbronzo, perché come saprete se ci avete provato, con il rum del commissariato è una cosa seria a ridiventare sobri, ma riuscì a snebbiarmi quanto bastava e sapere dove mi trovavo per dare un'occhiata per capire che cos'era tutto quel casino. Mi alzai con l'intenzione di saperne di più dalla guardia, ma con mia grande sorpresa non c'era un'anima nella tenda, solo Paddy ed io, e non c'era nemmeno una sentinella all'ingresso. Perciò tutti e due alla fine ci alzammo, ci stirammo e poi uscimmo tranquillamente dalla tenda prigione solo per scoprire che l'accampamento era completamente vuoto e sembrava che non ci fosse rimasto nemmeno un essere umano.
Tornati nella nostra tenda, ci mettemmo comodi e, dopo esserci rinfrescati le idee con l'inesauribile bottiglia di rum, cercammo, alla nostra maniera un po' bevuta, di fare il punto. Dalla posizione in cui si trovava all'accampamento non potevamo vedere quello che stava succedendo nella valle a causa di una bassa altura che ostacolava la vista, ma potevamo dire che laggiù doveva esserci qualcosa di molto caldo, a giudicare dal rumore continuo e rabbioso di spari. Alla fine dico a Paddy: “Ma perché diavolo dobbiamo privarci del divertimento? Andiamo giù al recinto dei cavalli malati e vediamo se ce ne qualcuno in grado di mettere decentemente una gamba davanti all'altra”. “D'accordo”, strilla lui tutto contento. Perciò prendo una scure da macellaio come arma e Paddy una sciabola e, mezzi bevuti come eravamo e nelle stesse condizioni in cui avevamo lasciato la macellazione la sera precedente, andammo al recinto dei cavalli malati. Ma per il momento lì non era il caso di andarci, perché avevano lasciato due bruti di guardia e uno di loro aveva una gamba grande come un pilastro per le cassette postali, mentre l'altro era sdraiato sul fianco e non sembrava avesse una gran voglia di alzarsi. Decisi a non mollare, ci avviamo a piedi e aggirando il retro della stalla, che si trovava al limite della piccola altura, scendemmo nella valle e ci trovammo esattamente nelle retrovie della posizione della Cavalleria Pesante.
Era la mattina di Balaklava e i cavalieri pesanti avevano già caricato la cavalleria e svuotato un bel po' di selle. I cavalli russi galoppavano in giro senza più cavalieri e Paddy e io ci dividemmo per dare la caccia a un paio di monte. Ne catturai una con qualche difficoltà, un bel pony grigio ferro che, a giudicare dalla sella e dai finimenti, doveva essere stato di un ufficiale. Dalle condizioni della sella era facile capire che l'ex proprietario era stato ferito gravemente e anche le redini erano più sporche di sangue di quanto avrebbe gradito un uomo dai gusti raffinati come me, ma non ero affatto schizzinoso e in un battibaleno montai sul piccolo pony. Non appena mi fui sistemato, galoppai in direzione della Brigata Pesante e mi misi tranquillamente in formazione sul fianco sinistro dei buoni vecchi dragoni reali. Risero di me come se fossi stato un clown in una pantomima ed ero in posizione da un paio di minuti quando arrivò Johnny Lee, il loro aiutante maggiore, sulla sua vecchia giumenta bigia lanciata a galoppo sfrenato e mi urlò: “Vattene via di qui!”. Be', bisogna dire la verità, non rappresentavo un gran bello spettacolo per loro, non avevo niente in testa e i miei capelli erano talmente dritti da assomigliare a una vecchia scopa, il cappotto non l'avevo, ma le maniche erano arrotolate fin quasi alle spalle. Camicia, faccia e braccia pelose erano tutte sporche di macchie di sangue, che mi erano schizzate addosso mentre macellavo il giorno prima e che non avevo ancora pulito. Avevo un paio di lunghi stivali sporchi alti fino alla coscia e invece della sciabola tenevo sulla spalla un'ascia all'inclinazione richiesta dal reggimento.
I russi non dovevano essere cresciuti molto, perché avevo le ginocchia ripiegate all'altezza del naso e così potete immaginare che, visto in prospettiva, ero uno dall'aspetto assai bizzarro, specialmente se vi ricordate che tra l'altro ero già mezzo pieno di rum.
I Pesanti erano in posizione d'appoggio rispetto alla Brigata Leggera, che aveva appena ricevuto l'ordine di avanzare. Perciò quando l'aiutante dei royals mi ordinò di battermela, guardai dritto davanti a me e vidi le code dei Leggeri avviarsi al fronte a un trotto leggero e a destra della linea frontale intravidi sulle lance e i gagliardetti del mio corpo di appartenenza, il vecchio 17º. Decisi in un istante. Ficcando i miei tacchi privi di speroni nelle costole del cavallino russo, partii all'inseguimento della Brigata Leggera con tutta la rapidità che riuscì a ottenere dalla mia monta, tra le urla e le risate dei Pesanti che risuonavano dietro di me e in seguito, senza successo, da un paio di ufficiali dei Grigi che volevano fermarmi per amore del bello e della decenza.
Dato che le code dei leggeri avanzavano solo al trotto, non ci misi molto a schierarmi lungo il loro fianco destro e qui c'era il buon vecchio Nosey, come noi eravamo soliti chiamare Cardigan, ben più avanti della prima linea e, inoltre, davanti a lui c'era il giovane Nolan del 15º, con la sciabola abbassata già pronta all'ingaggio, anche se eravamo molto distanti dal nemico. Nel momento in cui arrivai in linea con il sergente del fianco della linea frontale, che mi guardava di sguincio come se fossi stato un fantasma, Cardigan si voltò sulla sella per parlare al suo trombettiere da campo che cavalcava dietro di lui e poi ondeggiando la sciabola partì come un razzo verso il fronte. Un altro istante, e tutte le trombe della brigata suonarono la carica e noi, appollaiati sulle nostre selle e stringendo i denti, partimmo d'un botto attraverso la valle con tutta la velocità che le nostre cavalcature riuscivano a raggiungere. In breve ci trovammo a portata di tiro di quella diabolica batteria russa che si stava sparando dritto nei denti, e vidi Nolan, che era molto più avanti, galoppare come se fosse alle corse, alzare le braccia e con un urlo selvaggio cadere da cavallo.
Continuammo, sempre più veloci mentre i nostri cavalli si eccitavano e si scaldavano per benino per il lavoro da fare, incuranti del torrente di colpi che arrivava a pioggia su di noi fermando per sempre più di un coraggioso cavalleggero. Per quel che mi riguarda e con quello che avevo in corpo, cui si aggiungeva il pazzo eccitamento della carica a testa bassa, divenni completamente matto e spinsi l'audace cavallino russo a un passo che mi tenni in linea con tutti gli altri. Ci avvicinammo sempre di più alla temibile batteria che continuava a vomitare morte e su di noi come un vulcano infuocato. Alla fine ci arrivammo, mezza dozzina di noi si lanciò subito tra i cannoni e io con un colpo della mia ascia spacca ai la testa a un artigliere russo mentre stava per dar fuoco alla miccia. Con un'altra botta aprì la testa di un ufficiale che stava cercando di radunare un distaccamento di artiglieria nelle retrovie. Poi, quelli di noi rimasti, irruppero in mezzo agli sbandati, tagliando e spaccando come fanatici, dritto verso la colonna di cavalleria allineata dietro la batteria. Che cosa successe dopo, dite voi? Posso dirvi molto di più, per esempio e ci erano attorno come uno sciame di api e noi, non più di un paio di dozzine di noi, a quel che sembrava, davamo di punta e di taglio con tutte le nostre forze, ogni individuo al centro di una sua separata mêlée. So di non avere mai avuto problemi a badare a me stesso, ma di aver continuato a far ruotare l’ascia sulla mia testa, abbassandola ogni tanto con qualche degno scopo e ogni volta che l’abbassavo i russi arretravano di un po', solo per diventare ancora più folti attorno a me un minuto più tardi. Ma nulla sembrava potermi toccare. Non arrivavano a distanza ravvicinata con le sciabole, perché l’ascia ha una gran bella portata; e non usavano pistole, perché loro stessi erano troppo grandi e grossi.
Che mi impicchino se quasi quasi penso che adesso sarei ancora lì, se non avessi avuto la fortuna di sentire in mezzo al fracasso una tromba, da qualche parte in lontananza nelle nostre retrovie, che suonava il dietrofront. Girai sui tacchi, sempre roteando l’ascia come un mulino, mi lanciai di nuovo nel bel mezzo della batteria, abbattendo un paio di artiglieri mentre passavo, e in breve e raggiunsi un gruppetto di uomini di vari reggimenti che, al comando del colonnello Shewell dell’8° Ussari, stavano cercando ritirarsi in una specie di ordine. Io ero ormai sobrio come un vescovo, credetemi, e non esitai a raggiungerli. Ma le possibilità di tornare indietro nelle nostre file lungo la valle apparivano molto scarse. La cavalleria russa ci stava alle calcagna e soffrivamo aspramente per la dannata batteria alle nostre spalle, che continuava a tirare in mezzo a noi, senza fare tante distinzioni tra amici e nemici. Anche i cannoni di quei forti sulla nostra sinistra, dai quali i turchi codardi se l'erano svignata e che erano stati conquistati dai russi, non è che ci facessero un gran bene, ve l'assicuro, e sembrava proprio di stare tra l'incudine e il martello. Ben presto quella piccola formazione eravamo riusciti a creare fu mandata in pezzi e fu subito ognuno per sé e Dio per tutti. Un giovane dell’11° Ussari e io rimanemmo insieme per un po', entrambi cercando di trarre il massimo dei nostri cavalli semiscoppiati e affaticati, ma alla fine lui cadde perché gli avevano ucciso il cavallo e lo avevano ferito. Quando il colbacco del giovane volò via nel momento in cui toccò terra, lui alzò gli occhi verso di me e provai un dolore al cuore per lui, duro come ero. Dio abbia pietà della sua anima, era poco più di un ragazzo e una volta io stesso ho avuto una madre. In un baleno scesi di sella e lo misi di traverso tra me e i finimenti appena in tempo, perché i dannati cosacchi ci venivano addosso come tanti lupi. Oh! Era un cavallino in gamba, quel pony russo; lottò coraggiosamente con quel doppio carico sul dorso e, urrà!, ecco finalmente i Pesanti e noi eravamo al sicuro.
Mentre cavalcavo verso le retrovie per consegnare il ferito ai medici, passai vicino alla stalla, che era sul ciglio della collina sopra di me, ma a quel che vidi nessuno si accorse di me. Tornai al nostro accampamento e subito arrivò un sergente che mi fece prigioniero per il crimine di essere fuggito dalla tenda prigione mentre invece dovevo starci dentro: gravissima indisciplina per un militare, ve lo assicuro. Ma non mi fucilarono, perché il giorno successivo fui portato davanti a lord Lucan, che era il comandante della cavalleria e mi disse che, sebbene avesse in mente di mandarmi davanti ad una corte marziale, cosa che, come affermò, certamente meritavo, questa volta avrebbe chiuso un occhio in considerazione dell'uso che avevo fatto della libertà che mi ero preso e forse avrebbe potuto fare qualcos'altro per me se mi fossi mantenuto sobrio. Ed ecco come, signore, mi presi questa medaglietta, che è il compenso della Gran Bretagna per essermi comportato distintamente sul campo.
E’ una vera storia da soldati che avrebbe potuta essere raccontata in un pub, tra risate e battute sul proprio stato, ma confermata dai superstiti, perciò rimane poco spazio per l’elaborazione.
Fu William Russell del Times, nella sua prima corrispondenza sulla carica, scritta in un inglese quasi biblico con l’intento di sbalordire il lettore, a creare la leggenda. La sua descrizione fece sensazione tra i lettori in patria. Rivelando alla nazione scioccata che l’azione era stata un errore madornale e le perdite erano risultate gravissime, suggerì che nonostante ciò, e forse a causa di ciò, la carica era stata per certi aspetti speciale.
L’urgenza con cui Russell scrisse la corrispondenza, fu stesa nel pomeriggio stesso della carica, comportò alcune imprecisioni.
Le sue prime valutazioni del numero di uomini che eseguirono la carica per ogni reggimento ammontavano a “607 sciabole”. Leggendolo Tennyson, scrisse la più famosa descrizione della carica: “Nella Valle della Morte cavalcarono i seicento”. S’irritò quando successivi rapporti rivelarono che il numero si avvicinava a settecento, ma ormai la poesia era in corso di stampa.
Russell parlò con i superstiti, ma invece di citarli direttamente, ne assorbì le impressioni e le fece sue, come se tutto fosse stato osservato dalle alture. Alcuni uomini pensavano di avere caricato trenta cannoni e questa fu una delle inesattezze che filtrarono anche nel racconto del corrispondente.
Russell in precedenza aveva riferito le inadeguatezze dell’esercito e le durezze patite dagli uomini a causa della disorganizzazione. Ciò fu motivo di un certo boicottaggio da parte degli ufficiali superiori, questo, però, non gli impedì di riferire quello che aveva visto. E nella carica di Balaklava aveva visto molto di quello di cui la gente in patria aveva bisogno di sentirsi dire, prima che fosse spiegata nei dispacci ufficiali.
La sua testimonianza fu pubblicata martedì 14 novembre 1854.
I rapporti di Russell dalla Crimea gli procurarono fama in Inghilterra e furono la fonte principale da cui il pubblico apprese l’orrenda verità sull’azione di cavalleria a Balaklava. La sua brillante prosa unì le forze con il ritmo semplice della ballata di Tennyson, per dare alla carica della Brigata Leggera un posto speciale nell’animo degli inglesi, cosa che detiene ancora oggi.
La “magnificenza” osservata dalle alture Sapune dal generale Bosquet (C’est magnifique, mais ce n’est pas la guerre: c'est de la folie) e da William Russell , anche se non ci si poteva aspettare che gli uomini nella valle vedessero questo quadro, fissò nelle menti degli inglesi in patria, la carica, come un evento diverso da tutte le precedenti azioni di cavalleria e ne fece una leggenda.
CARICA BALAKLAVA
“Ecco che arriva uno dei miseri resti della Brigata Leggera.
A chi andrà maggiormente la nostra pietà? All’uomo o al cavallo?”
Capitano Henry Clifford
Agli uomini ancora abili al servizio sembrò che gli stessi russi potessero aiutare la Brigata Leggera a riprendersi dopo la carica.
Nella notte del 26 ottobre un centinaio di cavalli russi si liberarono, attraversarono la valle e si fermarono di fronte all’accampamento della cavalleria britannica.
Il rumore degli zoccoli aveva suscitato l’allarme e gli uomini erano stati fatti montare a cavallo con le spade sguainate. L’ansia poi si era trasformata in piacere quando videro le selle vuote.
Tra le monte russe c’era il cavallo del trombettiere Lovelock del 4° Dragoni Leggeri, che era stato ucciso nella carica, e si pensò subito che fosse stato quell’animale a guidare gli altri fino all’accampamento.
I russi quindi contribuirono al benessere della Brigata Leggera, lord Raglan no.
Il 27 ottobre visitò l'accampamento della Brigata Leggera e ordinò, su richiesta francese, che si disponesse sulle alture sopra Sebastopoli.
Lord Cardigan fece notare che la brigata sarebbe stata in posizione esposta a ben 11 km dai rifornimenti. Ma lord Raglan aveva già deciso.
Questo ordine sarebbe stato più disastroso di quello del 25 ottobre.
Il nuovo accampamento era esposto ai gelidi venti che spazzavano la penisola. Ufficiali e soldati avevano come unico riparo le loro tende, con l'eccezione di lord Cardigan, che ogni sera cenava sul suo yacht e vi dormiva. Appariva ogni mattina indossando un capo nuovo di vestiario, una giacca di lana con i bottoni sul davanti che, non essendo nota agli uomini, divenne famosa appunto come “cardigan”.
Raglan pensava che Sebastopoli cadesse presto e la Brigata Leggera non dovesse stare molto tempo sulle alture. Ma non fu così. Il 5 novembre l'esercito russo attaccò con ingenti forze, l'attacco fu respinto ma con gravi perdite. A quel punto non c'erano più forze sufficienti per far cadere la città.
I cavalli della Brigata Leggera venivano anche usati per il trasporto degli approvvigionamenti poiché i cavalli da tiro non erano più sufficienti. Con l'arrivo dell'inverno i cavalli si trovarono molto esposti al freddo ed erano ormai esausti. Anche soldati e ufficiali risentivano di condizioni così dure.
Il 14 novembre una spaventosa tempesta colpì la punta meridionale della Crimea. Le tende e i magazzini dell’accampamento di cavalleria furono spazzati via e uomini e cavalli si dispersero sotto l'infuriare degli elementi, 21 navi in attesa in mare aperto affondarono con tutti gli approvvigionamenti che portavano, tra cui gli indumenti invernali, il legname per i fuochi da campo e tre settimane di razioni di fieno per i cavalli. Alla tempesta seguì la neve.
Uniformi tutte rappezzate, con opere di ogni colore e dimensioni, macchiate di fango: alcuni hanno strappi e altri non hanno stivali e attorno ai piedi indossano fieno intrecciato con pezze. Questo è l'attuale aspetto del lanciere o dell'ussaro o del dragone leggero un tempo eleganti e puliti. I cavalli sono magri, abbrutiti e con un aspetto miserevole, ovunque coperti di fango e terra, anche le selle non sfuggono a questa sorte e sono una massa di fango. (Capitano Robert Portal, 4° Dragoni Leggeri)
A causa dell'estrema scarsezza di fieno i cavalli cominciarono presto a patire la fame. Lucan aveva ordinato che nessun cavallo per quanto esausto, affamato o malato venisse ucciso, tranne se affetto da malattie infettive o con le gambe spezzate. I cavalli che crollavano sul sentiero tra l’accampamento e Balaklava (per il trasporto rifornimenti) erano lasciati nel punto in cui erano caduti e morivano di una morte orrenda, straziati dai cani selvatici. Nemmeno quelli che morivano nell'accampamento potevano essere seppelliti, dato che il terreno era gelato ed era impossibile scavare fosse. Quelle creature ancora vive, ma in condizioni pietose, avrebbero mangiato di tutto, come scoprì il soldato Mitchell del 13° Dragoni Leggeri: “Quando un cavallo cadeva stecchito all'interno dei recinti, quelli che potevano raggiungerlo gli strappavano tutti i peli con i denti. Divoravano la selleria, le coperte, i tiranti e i cavicchi e dovevamo stare attenti quando ci avvicinavamo, perché ci afferravano per la barba o per le basette per mangiarsele”.
Era doloroso per i cavalleggeri che per anni avevano dedicato gran parte del loro tempo al servizio di stalla per alimentare e governare queste monte, un tempo splendide, vederle ridotte in un simile stato.
Il 1 dicembre il tenente Phillips scrisse: “Quando sono lasciati liberi la notte, vengono a rosicchiare i cavi delle nostre tende. Nessuno riconoscerebbe in questi animali senza coda, senza criniere, in questi animali sparuti, i resti di cinque dei migliori reggimenti che abbiano mai lasciato l'Inghilterra”.
Quello stesso giorno lord Lucan riferì a lord Raglan che la Divisione di cavalleria doveva considerarsi ormai inadatta a ogni missione militare. Raglan ordinò che la Brigata Leggera scendesse dalle alture e si stabilisse nell'accampamento originale a soli 3 km da Balaklava. Lo spostamento avvenne il 3 dicembre. I cavalli erano troppo deboli per essere cavalcati e gli uomini dovettero portarli a valle tirandoli per la cavezza, ma anche così circa 17 caddero stecchiti sulla strada per mera stanchezza. La Brigata Leggera aveva adesso solo il 10% dei cavalli che aveva portato dall'Inghilterra.
Lord Cardigan decise di sfuggire non solo al freddo, ma anche alla Crimea stessa. Chiese a lord Raglan di poter tornare in Inghilterra e, forse a causa della natura imbarazzante della sua “indisposizione”, chiese di poter partire “senza dover spiegare nei particolari”. Dopo visita medica a bordo dello yacth, fu raccomandato di concedere il permesso di rientrare in patria. Il medico riferì che soffriva di una diarrea così grave che a volte assumeva “una forma dissenterica” e aveva anche “dolori e difficoltà a urinare”.
L'8 dicembre Cardigan partì per l'Inghilterra a bordo del suo yacht. Pochi tra i superstiti della Brigata Leggera si rattristarono nel vederlo partire.
I resti della Brigata Leggera continuarono a trasportare gli approvvigionamenti anche per la fanteria. I cavalleggeri si erano sempre ritenuti superiori ai soldati appiedati: adesso erano ridotti a trasportare alimenti per loro. Il 17 gennaio lord Lucan mandò una lettera a lord Raglan protestando che la cavalleria veniva distrutta da queste incombenze del tutto estranee alla sua professione. “Dal 12 dicembre non meno di 426 cavalli sono morti”.
Non erano solo i cavalli a morire in mezzo alla strada. Nel viaggio di ritorno a Balaklava dalle alture, i fanti malati venivano trasportati all'ospedale generale. Non tutti sopravvivevano a quel viaggio, malattie, stanchezza e gravi casi di congelamento aumentavano continuamente anche tra i cavalleggeri. L'infermiera Elisabeth Davis, di origine gallese, ha descritto così il suo lavoro:
cominciai ad esaminare alcune loro ferite. Il primo che mi toccò fu in caso di congelamento. Le dita di entrambi i piedi dell'uomo caddero insieme alle bende. La mano di un altro si staccò dal polso. Erano almeno 15 giorni, se non addirittura sei settimane, che le ferite di molti di questi uomini non erano state curate. Una ferita non era stata pulita da cinque settimane e io ne tolsi almeno un paio d’etti di vermi, da molti altri pazienti ne tolsi a manciate.
Dal mese di febbraio del 1855 la brigata non era quasi più funzionale.
Questi resoconti chiarivano che le sofferenze sia degli uomini sia dei cavalli non erano causate in primo luogo dai combattimenti con il nemico e neppure dal solo inverno, ma dall'inefficienza dell'esercito.
I rifornimenti di carbone e legno stavano arrivando a Balaklava, ma non avevano ancora raggiunto gli uomini. Quelli che dormivano nelle tende nella pianura coperta di neve o sulle alture, non avevano fuochi da campo per scaldarsi, asciugare gli indumenti zuppi o cuocere gli alimenti. Le capanne di legno erano ammucchiate in sezioni lungo tutto il porto, ma prima che potessero essere trasportate ed erette come baracche e stallaggi, l'inverno sarebbe finito e molti uomini e cavalli, per i quali erano state progettate, sarebbero morti.
Ci fu un grande scalpore. Tutti volevano sapere di chi era la colpa. A Londra il governo formò una commissione d'inchiesta sui rifornimenti dell'esercito britannico in Crimea. La commissione partì in nave, ma ci volle un anno intero prima che sottoponesse al governo il suo rapporto.
La commissione non nascose le colpe di Lucan e Cardigan. Scoprendo che dall'ottobre 1854 al marzo 1855 erano morti di malattia o spossatezza 932 cavalli, il rapporto incolpava le loro signorie di “mancanza di sollecitudine o ingegnosità nell'escogitare qualche modo per ripararsi dalle intemperie”.
Mentre i superstiti della Brigata Leggera erano ancora in Crimea, i cavalleggeri catturati dai russi venivano tenuti prigionieri nella città di Voronez. Per colmo di ironia erano trattati molto meglio di quanto lo fossero i loro camerati in Crimea. Un prigioniero, raccontò poi come si viveva bene: “I nostri alloggi erano molto confortevoli; ci avevano assegnato una grande casa, ammobiliata in modo speciale per l'occasione. Eravamo liberi di girare per tutta la città e ricevemmo molti inviti nelle case dei russi. Vivevamo bene mangiando pane bianco, manzo, carne di montone e grandi quantità di uova e latte. Ci davano un rublo da spendere ogni cinque giorni”.
Il soldato Nathan Henry dell’11°Ussari venne posto in custodia presso una signora russa. Quando la Gran Bretagna e la Russia si accordarono per scambiarsi i prigionieri, Nathan non fu per nulla contento di doversene andare.
Dei 58 cavalleggeri catturati il giorno della carica, 21 morirono per le ferite e 37 tornarono ai loro reggimenti.
Il 30 marzo 1856 la guerra finì. Il mese dopo i reggimenti della Brigata Leggera salparono per l'Inghilterra.
CARICA BALAKLAVA
Mentre i resti della Brigata Leggera lottava per sopravvivere, lord Cardigan si stava godendo la sua nuova condizione di eroe nazionale. Il 13 gennaio 1855 era arrivato a Dover tra gli applausi di una folla riunita sul molo e l'approvazione della stampa, una nuova esperienza per questo aristocratico un tempo tanto disprezzato. La giacca di lana che aveva indossato in Crimea fu copiata da una manifattura tessile e venduta con il nome di “cardigan”, in parte a causa della sua fama, in parte anche perché l'inverno era particolarmente rigido in Inghilterra, divenne subito un capo assai venduto. Il suo cavallo Ronald considerato un eroe quasi suo pari, e tra la folla, i cacciatori di ricordi gli staccarono crini dalla coda.
Quando la regina Vittoria lo invitò a cena e il principe Alberto gli chiese di raccontare la carica, Cardigan subdolamente vi incluse il nome di chi doveva essere incolpato di tutto: lord Lucan.
Le cose non andarono altrettanto bene per lord Lucan, il duca di Newcastle, Ministro della Guerra, ne aveva ordinato il richiamo dalla Crimea, il che già di per sé implicava che la colpa fosse da attribuirsi a lui. Arrivò il 1 marzo non c'erano folle festanti ad accoglierlo. Mentre i politici e i comandanti dell'esercito non avevano intenzione di incolparlo pubblicamente, la gente comune, incoraggiata dalla stampa, non aveva simili inibizioni. Sia lord Lucan che Cardigan scrissero entrambi lettere al Times.
Lord Cardigan sostenne con successo, che, in quanto comandante di brigata, non poteva essere considerato responsabile degli ordini e degli errori del suo ufficiale superiore, lord Lucan. I tentativi di quest'ultimo di sostenere la stessa tesi, ma con un diverso ufficiale superiore, e cioè lord Raglan, non incontrarono molta simpatia, anche se la logica degli argomenti era identica, ma il fatto che Cardigan avesse guidato la carica e Lucan avesse voltato le spalle, influiva molto sulle differenti reazioni del pubblico ai due uomini.
Entrambi avevano chiesto l'apertura di un'indagine per confutare quelle che pensavano fossero false accuse lanciate contro di loro nel rapporto della commissione d'inchiesta sui rifornimenti.
Una commissione di generali era stata convocata nella grande sala del Chelsea Hospital di Londra e stava controllando le prove sul rifornimento di foraggio e dei ripari provvisti di tettoia per i cavalli della cavalleria. La stampa assisteva in forze alla riunione e in certi giorni si contavano fino a 2.000 spettatori.
La commissione stabilì che il sistema era il principale accusato dei problemi di rifornimento in Crimea, ma i membri della stessa commissione suggerirono che le loro signorie Lucan e Cardigan avrebbero potuto ottenere di più se avessero collaborato. La stampa restò delusa dal fatto che non fossero stati trovati personalmente colpevoli. A Londra si tenne una manifestazione di protesta per il servilismo dimostrato dalla commissione nelle sue conclusioni, ma non servì a niente.
Il 26 giugno i giornali riportarono un più piacevole ricordo della campagna di Crimea.
Sua maestà la regina Vittoria consegnò personalmente le prime Victoria Cross6 ai veterani riuniti in Hyde Park.
Sette Victoria Cross furono consegnate per azioni durante e dopo la carica della Brigata Leggera, una a un ufficiale e cinque a soldati dei reggimenti della Brigata Leggera e infine una a un medico di un reggimento della Brigata Pesante:
4° Dragoni Leggeri: soldato Samuel Parkes;
6° Dragoni: medico chirurgo James Mouat;
11° Ussari: tenente Alexander Dunn;
13° Dragoni Leggeri: caporale Joseph Malone;
17° Lancieri: sergente John Berryman, sergente John Farrell, sergente Charles Wooden.
Ogni ufficiale e ogni soldato della Brigata Leggera presente a Balaklava il giorno della carica, ha ricevuto la medaglia della campagna di Crimea con una decorazione per Balaklava. Questa è diventata nota come la Queen’s Crimea Medal perché mostra la testa della regina Vittoria (vedi foto).
Le loro signorie Lucan e Cardigan a poco a poco scomparvero dalla ribalta.
Lord Cardigan morì all'età di 71 anni per le ferite subite in una caduta da cavallo seguita forse da un infarto. Lord Lucan morì all'età di 88 anni; suo figlio, il quarto lord Lucan, agevolò la vendita di gran parte delle sue proprietà ai contadini irlandesi sfrattati molti decenni prima.
Il 18 giugno 1855 un attacco della fanteria contro Sebastopoli venne respinto con pesanti perdite.
Undici giorni più tardi, secondo i suoi amici più fantasiosi e almeno un biografo, lord Raglan morì di crepacuore a causa della sua incapacità di conquistare Sebastopoli, anche se il fatto che fosse ammalato di colera potrebbe avere avuto un suo peso nella dipartita.
Molti di quelli che avevano servito sotto di lui in Crimea, concordarono con Florence Nigthingale quando scrisse che “non era un grande generale”, ma un “uomo molto buono”, il modo più delicato di dire che come soldato aveva completamente fallito.
L'acquisto di commissioni, che permetteva ai nobili di comprare il grado di ufficiale nei reggimenti di loro scelta e grazie al quale le loro signorie Lucan e Cardigan avevano raggiunto posti di comando nella cavalleria per i quali erano completamente inadatti, fu abolito nel 1871.
Il Punch pubblicò un'allegra “avvertenza ai giovani, ma stupidi nobili”, informandoli che l'ultima data per l'acquisto delle commissioni era il 31 ottobre, e che “dopo sarete costretti alla crudele necessità di meritarvele”.
6 La Victoria Cross fu istituita nel gennaio 1856 in seguito al suggerimento del principe Albert di considerarla la principale ricompensa per atti di eccezionale coraggio. Appesa a un nastro cremisi, la medaglia di bronzo è una croce patente (o croce templare) che mostra un leone su una corona regale, con le parole “FOR VALOUR” con il nome e la data dell’atto di coraggio incisi sul rovescio. Il bronzo usato per forgiare queste medaglie fu ricavato dai cannoni russi presi in Crimea, anche se ricerche più recenti suggeriscono che possa essere stato usato bronzo ottenuto da altri conflitti.
CARICA BALAKLAVA
Fu il capitano Nolan o una delle loro signorie Raglan, Lucan e Cardigan a perdere la Brigata Leggera?
Nello scambio di parole tra lord Lucan e lord Cardigan, essi impiegarono venti secondi a stabilire il destino della Brigata Leggera.
Lord Lucan chiuse lo scambio dicendo: “Non posso farci niente; è un preciso ordine di lord Raglan che la Brigata Leggera attacchi il nemico”.
In realtà una scelta l'aveva. Lo stesso Raglan disse una cosa del genere quella sera, dopo che l'enormità dell'errore era diventata chiara: “Lord Lucan, lei era tenente generale e perciò avrebbe dovuto esercitare il suo giudizio e, non approvando la carica, avrebbe dovuto impedire che la si facesse”. Lucan avrebbe dovuto e potuto discutere il senso dell'ordine con Cardigan. Dopo aver convenuto che una carica contro le canne dei cannoni russi significava l'annientamento della brigata, avrebbe dovuto rimandare l'aiutante di campo da Raglan con una annotazione a riguardo, richiedendo conferma dell'ordine. In tal modo l'equivoco sarebbe apparso evidente. Ma purtroppo in quel momento critico, quando una onesta disamina delle loro opzioni avrebbe potuto salvare la Brigata Leggera, non erano riusciti a infrangere la rigida etichetta di un reciproco disgusto che si trascinava da venticinque anni.
È così la Brigata Leggera avanzò.
Lord Cardigan notando i mormorii dei suoi uomini al ritorno della carica che, dopo tutto, lo incolpavano, visto che era lui che li aveva condotti in mezzo ai cannoni, si affrettò a dichiarare: “E’ stata una follia, ma non è colpa mia”.
Come i soldati, Raglan dapprima se la prese con Cardigan, ma Cardigan sapeva perfettamente a chi attribuire la responsabilità. La loro conversazione è stata riportata da Alexander Kinglake:
RAGLAN: Che cosa intende dire, signore? Attaccare una batteria di fronte è contrario a tutti gli usi di guerra e alle abitudini del servizio militare.
CARDIGAN: My Lord, spero che non voglia incolparmi, perché ho ricevuto l'ordine di attaccare dal mio ufficiale superiore davanti alle truppe.
Era una risposta perfetta e allora lord Raglan se la prese con Lucan. Le sue parole furono: “Lord Lucan, lei ha perso la Brigata Leggera”.
Lucan se ne andò per lasciargli sbollire l’ira e in seguito rispose con una lettera: “Non sopporterò nemmeno un accenno a una mia colpa”. Proprio come Cardigan aveva fatto in modo che la colpa cadesse su di lui, Lucan cercò di farla rimbalzare ancora più in alto, cioè Raglan: “Dopo aver letto attentamente i suoi ordini, esitai e indicai l’inutilità di un simile attacco e i pericoli che vi erano connessi; l’aiutante di campo, in tono assolutamente autoritario, affermò che gli ordini di lord Raglan dicevano che la cavalleria doveva attaccare immediatamente”.
Questo costringeva Raglan alla difensiva. Lo preoccupava che Lucan, se fosse stato accusato dalla stampa britannica, ripetesse la stessa difesa e che gli credessero. Perciò Raglan inserì una frase cruciale nel suo dispaccio ufficiale a Londra riguardante gli eventi del 25 ottobre. Anche se espresso con termini degni di un gentiluomo, si asseriva che la colpa non andava cercata nell'ordine in sé, ma nell'interpretazione che Lucan ne aveva dato: “Da un certo fraintendimento dell'ordine di avanzare, il tenente generale ha pensato di essere costretto ad attaccare ad ogni costo”.
Quando il polverone si fu placato, tutti quelli che temevano che parte della colpa potesse ricadere su di loro, le loro signorie Raglan, Lucan e Cardigan, all'improvviso videro con chiarezza di chi era la responsabilità: del capitano Nolan, l'aiutante di campo che aveva portato l'ordine di Raglan a Lucan.
Era lui il colpevole.
Questo sviluppo non sorprese affatto, come notò il Daily News, questa decisione metteva fuori dai guai tutti gli altri: “E’ stato compiuto un tentativo assai vile di soffocare le indagini addossando la colpa allo scomparso capitano Nolan. I morti non possono difendersi e questo sembra aver suggerito l'idea di dare la colpa a un morto senza più voce in modo che i superstiti non cedano alla tentazione di recriminare gli uni con gli altri”.
“Il tentativo assai vile” funzionò così bene che a più di 150 anni dalla carica gli storici hanno in genere accettato che l'errore fosse di Nolan. La maggior parte sostiene che fraintese gli ordini e, quando lord Lucan gli chiese che cosa intendeva dire Raglan con quell'istruzione, Nolan si voltò nella direzione sbagliata indicando i cannoni nemici e mandando in tal modo la Brigata Leggera alla distruzione. Si è persino detto che abbia volutamente ingannato Lucan su quali cannoni attaccare.
E’ ora di dare di nuovo un'occhiata alla questione e che l'ufficiale responsabile della perdita della Brigata Leggera venga nominato sulla base delle prove confortate dai superstiti e dai testimoni della carica.
L'uomo responsabile della perdita della Brigata Leggera doveva essere uno di questi quattro: Lord Raglan, che diede l'ordine a voce alta al generale Airey, che lo trascrisse; il capitano Nolan, che lo consegnò a Lucan; Lord Lucan, al comando della Divisione di cavalleria, che trasmise l'ordine oralmente a Cardigan; lord Cardigan, comandante della Brigata Leggera, che guidò la carica.
Lord Raglan essendo privo del braccio destro dettava i suoi ordini, sempre espressi da questo perfetto gentiluomo come desideri, al generale Airey. L'ordine avrebbe potuto essere scritto meglio:
“Lord Raglan vuole che la cavalleria avanzi verso il fronte: segua il nemico e cerchi di impedirgli di portare via i cannoni. Il drappello di artiglieria a cavallo può accompagnarla. La cavalleria francese è sulla vostra sinistra. R. Airey. Esecuzione immediata”.
La prosa intermittente suggeriscono che Airey scrisse l'ordine mentre Raglan parlava. Dobbiamo quindi presumere che le parole siano quelle di Raglan; la causa contro Raglan e quindi è triplice: in primo luogo emanò un ordine il cui significato era intrinsecamente poco chiaro; in secondo luogo non riuscì a spiegare correttamente il suo significato all'aiutante di campo scelto per consegnarlo; terzo, confuse ulteriormente il significato con un ordine finale urlato quando l'ufficiale si stava già allontanando al galoppo.
Per primo l'ordine in sé. Raglan ordinò un'avanzata con la quale intendeva “inseguire il nemico”, ma in quel momento i russi non si stavano ritirando e perciò non potevano essere inseguiti. Non indicava quali cannoni intendesse e dove si trovassero. Dal punto in cui Lucan si era appostato con la cavalleria non poteva vedere alcun segno dei russi e tantomeno li poteva vedere mentre portavano via i cannoni.
La difesa di Raglan si basa sul fatto che il suo ultimo ordine doveva essere inteso come una reiterazione del suo ordine precedente: “La cavalleria avanzi e approfitti di ogni opportunità di riprendere le alture. Sarà appoggiata dalla fanteria che già è stata avvertita. Si avanzi su due fronti”. Se si considerano insieme i due ordini, l'oggetto dell'avanzata sono chiaramente i cannoni delle ridotte. Questo argomento, però, è indebolito dal fatto che l'ultimo ordine non era solo una mera ripetizione del precedente, ma aggiungeva due nuove informazioni: inseguire il nemico e impedire al nemico di portare via i cannoni. Questi due eventi non potevano essere osservati dalla posizione di Lucan, e Raglan se ne sarebbe dovuto accorgere.
Peggio ancora, ci sono molte probabilità, che nessuno di questi due eventi stesse realmente accadendo. Inoltre la cosa non avrebbe avuto molta importanza tattica e certamente non meritava nessun tipo di reazione ad alto rischio, ma Raglan non stava pensando alla tattica. La tradizione del campo di battaglia voleva che i cannoni catturati fossero simbolo di vittoria e cannoni persi così vergognosamente addirittura simbolo di disfatta.
La seconda accusa riguarda il fatto che non riuscì a istruire correttamente il proprio aiutante di campo. Era suo dovere assicurarsi che il capitano ne capisse il contesto. L'aiutante di campo tenente Somerset Calthorpe era il successivo nel servizio di staffetta rapida. Era vicino al comandante in capo e avrebbe prestato la massima attenzione a qualunque cosa fosse passata tra Raglan e Airey prima che venisse dettato l'ordine. Nolan invece non aveva motivo di farlo. Fu solo dopo che l'ordine era stato scritto che Raglan disse: “No, mandi Nolan”.
La terza accusa è che l'ordine finale di Raglan rese la situazione è più confusa. Testimoni affermano che egli urlò: “Dica a lord Lucan che la cavalleria deve attaccare immediatamente”, mentre il capitano Nolan si allontanava al galoppo. E’ probabile che per Nolan la parola più importante fosse attacco, che non appare né nel precedente ordine né nell'attuale e abbia aggiunto qualcosa di assolutamente nuovo a quello che si richiedeva.
Lord Raglan non può essere discolpato completamente dell'esito della carica. Il primo errore di valutazione, cioè che i russi stavano portando via i cannoni dalle ridotte, era tutto suo. La sua reazione fu quella di un uomo più preoccupato della sua reputazione che del buon senso tattico. Il suo ordine era stato vergato con tale concisione che, perché si capisse, bisognava fare affidamento sul fatto che lord Lucan lo leggesse tra le righe, in altre parole doveva essere letto nel suo complesso in congiunzione con il precedente ordine. Il suo ordine urlato, poi, non fece altro che confondere ancora di più la situazione.
Nonostante questo, la sua difesa è sufficiente a discolparlo dall'aver provocato direttamente l'errore, era ragionevole pensare che Lucan avrebbe letto il quarto ordine come una reiterazione del precedente che non era ancora stato eseguito e perciò incombeva ancora, e Lucan lo avrebbe fatto, se il capitano Nolan, che aveva ricevuto alcune istruzioni riguardante l'ordine, avesse capito e spiegato correttamente il suo significato, se quando fu interrogato, non si fosse limitato ad abbaiare l'ultimo ordine, quello che Raglan gli aveva urlato.
Se la colpa dovesse essere di Nolan, allora il suo errore dovrebbe apparire evidente sia nel modo in cui ricevette l'ordine sia nel modo in cui lo consegnò.
Il capitano Louis Nolan aveva 36 anni ed era stato in servizio attivo in India, in particolare durante la prima e la seconda guerra con i Sikh. Aveva scritto due libri che gli avevano procurato la fama di esperto nell'addestramento dei cavalli da combattimento e nelle tattiche di cavalleria. In Cavalry: its History and Tattics, pubblicato a Londra nel 1853, ironicamente si prende gioco del tipo di ufficiale superiore che abbondava all'epoca in cavalleria e la cui conoscenza del greco a volte era superiore alla sua esperienza di stalla o di battaglia. Non poteva criticare apertamente gli ufficiali di grado superiore, spesso anche aristocratici, ma poteva attaccare la stravagante uniforme di cavalleria dell'epoca, che li rappresentava alla perfezione, giudicandola completamente inadatta alla battaglia.
Mi sembra che abbiamo troppe cianfrusaglie, troppo abbigliamento, troppo peso per cose meno che inutili. Per un soldato di cavalleria ogni oncia e importante! Non riesco a credere che la nostra uniforme da ussaro sia l'abbigliamento più adatto con cui si possa combattere: arrampicarsi attraverso il boschetto, perlustrare selve, aprirsi la strada nelle foreste, attraversare guadare fiumi, bivaccare, trovarsi quasi sempre in azioni di avamposto, insomma a far vita dura in ogni possibile modo. A che cosa ci servono i piumaggi, le bandoliere, le giberne, la pelle di pecora, le gualdrappe e tutto il resto?
Se Nolan non aveva alcun rispetto per gli ufficiali che rimediavano alla loro mancanza di esperienza con un eccesso di pomposità e di mostra, di sicuro loro non lo amavano. Il semplice fatto che avesse scritto un libro bastava a condannarlo. E’ importante tener conto di questa antipatia, che risultò fatale quanto quella tra Lucan e Cardigan, quando si valutano le descrizioni di Nolan offerte da questi ufficiali, delle quali quella scritta da lord Paget è rappresentativa: “Un ufficiale, un certo capitano Nolan, che scrive libri e si riteneva un grand'uomo e aveva parlato ad altissima voce contro la cavalleria ed espresso quello che pensava delle loro signorie Lucan e Cardigan, quando altri che avevano le stesse opinioni tenevano a freno le loro lingue”.
Le frustrazioni di un ufficiale esperto costretto a osservare comandanti inetti usare malamente la cavalleria, devono essere apparse ai suoi superiori come le vanterie di uno che si riteneva “un grand'uomo”.
Nolan era in Crimea come aiutante di campo del generale Airey, gli avevano dato la fondamentale responsabilità dell'acquisto di monte. Dal punto di vista sociale godeva della compagnia dei colleghi del periodo indiano e di William Russell, il corrispondente del Times, già snobbato da Raglan per la sua irritante abitudine di raccontare ai lettori quello che realmente stava accadendo.
Sono tre le teorie su come e perché Nolan sbagliò e mandò la Brigata Leggera lungo quel chilometro e mezzo di inferno.
William Russell scrisse: “l'esercito non possedeva soldato più coraggioso del capitano Nolan. Dio non voglia che io getti ombra sulla fama del suo onore, ma sono costretto a condividere quello che, a quanto mi è stato detto, accadde quando raggiunse sua signoria”.
Quando Lord Lucan ricevette l'ordine dal capitano Nolan e lo ebbe letto, ci dicono che abbia chiesto: “Dove dobbiamo avanzare?”. Il capitano Nolan indicò con il dito la linea dei russi e disse: “Là c’è il nemico è là ci sono i cannoni, signore, davanti a loro; è suo dovere catturarli” o parole del genere.
Gli ufficiali e i soldati della Brigata Leggera avevano gli occhi fissi questi due uomini e cercavano di capire quello che era stato ordinato. Tra quelli che videro Nolan indicare i cannoni russi c'era il capitano Arthur Tremayne del 13° Dragoni Leggeri: “Nolan diede il messaggio a pochi metri dal posto in cui mi trovavo, non ci sono dubbi che fu Nolan a dare l'ordine di andare dove poi andammo”.
Il tenente Somerset Calthorpe alla fine del 1856 scrisse Letters from Headquarters; or the Realitie of War in the Crimea, questa diventò la versione più comunemente accettata. Egli aveva visto sia Raglan, sia il generale Airey istruire Nolan sull'ordine. La sua divenne la spiegazione ufficiale dell'errore:
quando l'ordine fu consegnato a lord Lucan, esitò un istante prima di eseguirlo e chiese a Nolan che cosa doveva attaccare. Nolan rispose, a quanto mi hanno detto loro: “Là, my Lord, è il vostro nemico e là ci sono i suoi cannoni”, indicando nello stesso tempo lungo la valle dove il nemico avevo una batteria di otto pezzi, con artiglieria anche su entrambi i fianchi sembra che il capitano Nolan abbia completamente frainteso l'ordine che aveva appena ricevuto:
“I cannoni” nell'ordine scritto, alludevano naturalmente a quelli che il nemico aveva catturato nelle ridotte e che si pensava stesse portando via; e la direzione che lui, Nolan, indicò a lord Lucan era del tutto opposta a quella intesa da lord Raglan.
Se Nolan fraintese l'ordine, questo deve essere successo o perché non era stato spiegato adeguatamente o perché accennò di aver capito prima ancora che fossero pronunciate tutte le parole, ansioso di allontanarsi e, per dirla tutta, senza alcuna voglia di ascoltare. Calthorpe incolpa Nolan e non Raglan, ma la certezza che quest'ultimo abbia dato istruzioni corrette è compromessa dal fatto che Calthorpe era il nipote di Raglan. Perciò la teoria Russell-Calthorpe non può stabilire con certezza se la colpa fu di Raglan o di Nolan, ma asserendo che un fraintendimento sia sorto tra quei due uomini sulle alture Sapune, esclude lord Lucan dal novero dei colpevoli.
Il principale difetto della teoria è l'interpretazione che dà dello slancio di Nolan in avanti poco dopo che l'avanzata era cominciata. Se Nolan intendeva veramente che i cannoni all'estremità della valle fossero il bersaglio corretto, non c'era bisogno di tentare di cambiare la direzione della brigata mentre avanzava verso di loro.
Perché allora balzò in avanti?
I sostenitori della teoria rispondono che Nolan, avendo consegnato l'ordine di Raglan di attaccare immediatamente e pensando che Lord Cardigan guidasse la brigata a un'andatura troppo lenta, perse la testa e andò avanti nel tentativo di portare il passo al di là di quello stabilito da Cardigan dai regolamenti di cavalleria.
Questa interpretazione non si accorda facilmente con l'evidenza. Almeno due ufficiali del 17º Lancieri sembrarono a Cardigan intenti a forzare l'andatura e, anzi, li riprese verbalmente e in un caso sguainando la sciabola e tendendola verso l'ufficiale. Ma di Nolan si diceva che stesse al passo con Cardigan e in certi resoconti si sosteneva che cavalcasse davanti a lui. Cardigan stesso pensava all'epoca che il capitano volesse assumere il comando della brigata. Questo non può essere liquidato come semplice impazienza nei confronti della lenta andatura dell'avanzata, in particolare da un ufficiale che conosceva meglio di molti altri la necessità di risparmiare i cavalli e l'integrità della linea per la carica finale.
Nolan capì correttamente ciò che Raglan voleva, che la Brigata Leggera impedisse ai russi di portare via i cannoni dai Sentieri Rialzati; quando comprese che Lucan e Cardigan avevano frainteso l'ordine e la brigata si stava dirigendo verso i cannoni all'estremità della valle settentrionale cercò di cambiare la direzione indirizzando la brigata verso i cannoni sulle alture.
Alexander Kinglake assistette alla carica alle alture Sapune, parlò con molti superstiti e iniziò una lunga corrispondenza con gli ufficiali superiori coinvolti, in particolare Lucan e Cardigan, la sua storia della campagna, The invasion of the Crimea, contava otto volumi, il primo dei quali apparve nel 1863. La sua valutazione del balzo in avanti di Nolan è del tutto diversa.
Nolan percorse audacemente la linea frontale di Cardigan da sinistra a destra, voltandosi sulla sella, urlando e agitando la sciabola come se volesse rivolgersi alla brigata, cercando di esprimere con voce e gesti qualcosa come:
“Cavalcate in modo del tutto sbagliato! Tenete su la spalla sinistra e inclinatevi a destra, come faccio io questo è il modo con cui andare incontro al nemico”.
Kinglake sostiene che Nolan capì correttamente l'ordine di Raglan e fu solo quando Cardigan si mosse nella direzione sbagliata, portando la brigata lungo la valle invece di voltare a destra, che Nolan capì che qualcosa non andava. Ciò spiega il tentativo non di forzare l'andatura, ma di cambiare la direzione della brigata.
Sono state mosse due obiezioni alla teoria. Primo, la sua spiegazione del balzo in avanti di Nolan è presentata semplicemente come l’opzione più probabile, ma senza prove reali a sostegno.
Secondo, anche se questa ipotesi fosse comprovata, perché se Nolan sapeva che i cannoni da riprendere erano quelli sulle alture, indicò il fondo della valle quando Lucan negli chiese quali cannoni dovesse attaccare? A causa di queste difficoltà molti storici hanno optato per la precedente teoria.
La seconda obiezione, il dito puntato, non è così decisiva come potrebbe apparire. E stato detto che dalla posizione di Lucan e quindi di Nolan c'erano 20° di differenza tra un braccio che indicasse direttamente lungo la valle settentrionale e un braccio che puntasse verso le ridotte dei e che questo è sufficiente a impedire a eventuali osservatori di sbagliarsi sui bersagli indicati dal capitano. Ma un simile angolo di differenza crea un'ulteriore possibilità: che Nolan abbia teso il braccio non verso un punto lontano (l'estremità della valle settentrionale), ma solo per indicare una linea allungando il braccio parallelamente alle alture. Quest'ultimo gesto avrebbe fatto in modo che Nolan indicasse con il braccio e credesse di aver indicato i cannoni sulle colline, mentre gli osservatori seguivano la direzione della sua mano e, già a conoscenza dei cannoni nella valle e impossibilitati a vedere i cannoni sulle alture, pensarono che indicasse il fondo della valle. Se fosse andata così Nolan resta colpevole per non essere riuscito a valutare che Lucan non aveva il vantaggio di vedere il campo di battaglia dalle alture Sapune.
Lord Raglan fece lo stesso errore e Nolan merita lo stesso rimprovero che merita Raglan per aver commesso un identico sbaglio. Se Nolan fosse sopravvissuto, avrebbe potuto sostenere, come fece Raglan, che era ragionevole pensare che Lucan avrebbe associato quell'ordine con il precedente e avesse già in mente i Sentieri Rialzati; doveva semplicemente ricordarsi che lassù non c'era solo il nemico, ma anche i cannoni britannici catturati. Nolan avrebbe potuto aggiungere in sua difesa che ordinare alla cavalleria di caricare l'artiglieria di fronte, lungo un percorso battuto da cannoni su entrambi i fianchi, era talmente assurdo che non avrebbe potuto aspettarsi che un simile fraintendimento fosse entrato nella mente di Lucan. Quindi è possibile che Nolan pensasse di aver indicato i cannoni sui Sentieri Rialzati e cercasse di far cambiare direzione alla brigata quando poi avanzò verso quelli che si trovavano all'estremità della valle.
Questo però ci riporta alla prima obiezione e cioè che senza una prova l'ipotesi non si regge. Ma Kinglake non fu in grado di presentare la prova, perché essa sarebbe giunta da due superstiti della carica che scrissero le loro memorie dopo che la sua storia fu pubblicata.
Il primo superstite a descrivere Nolan che cerca di far cambiare direzione alla brigata fu il caporale James Nunnerly del 17º Lancieri in una memoria del 1884:
dopo aver emesso una specie di urlo che suonava molto come “per tre a destra” e aver sollevato la sciabola alta sopra la testa, voltò il suo cavallo a destra e si ritrovò nelle retrovie. Come se obbedisse a questo ordine mortale, parte dello squadrone si dispose “per tre a destra”. Diedi immediatamente l'ordine “avanti di fronte” e così li riportai di nuovo in linea.
In Cavalry: its History and Tattics, pubblicato un anno prima della carica, Nolan descriveva come far cambiare direzione a un corpo di cavalleria dopo l'inizio di un'avanzata. Era una manovra complicata, ma l'ordine richiesto per farlo voltare a destra, che nel caso della Brigata Leggera, avrebbe diretto i reggimenti verso i cannoni sui Sentieri Rialzati, era “per tre a destra”.
Un oppositore di questa spiegazione, lo storico Mark Adkin, cerca di screditarla, suggerendo che quello che al caporale sembrò “per tre a destra” altro non era che il terribile grido dell'uomo colpito in maniera così orrenda.
I suoni prodotti da “per tre a destra” anche prolungati, non si confondono facilmente con un grido di morte, ma considerato il modo in cui è scritto il ricordo non si può negare che l'urlo e l'ordine percepito fossero la stessa cosa.
Un altro testimone dell'istante finale di Nolan, il caporale Thomas Morley, anche lui del 17º Lancieri, offrì una descrizione più particolareggiata e questo chiarisce che l'ordine venne prima e fu del tutto separato dal grido di morte:
all'inizio della carica, non appena la direzione che stavamo prendendo divenne chiara, ci fu il movimento del capitano Nolan alla base di tante controversie. Ero a soli sette metri dal capitano Nolan e vidi tutto distintamente. Non appena la brigata si mosse in modo che apparisse evidente che si stava dirigendo lungo la valle, Nolan velocemente si allontanò, raggiunse una posizione del centro della linea del 17º Lancieri, diede l'ordine “per tre a destra” con la testa del suo cavallo rivolta verso il reggimento, indicando nello stesso tempo con la sciabola a destra, che significava occupare il terreno a destra, poi voltò il cavallo e galoppò verso i Sentieri Rialzati, dando sempre la sciabola in quella direzione. In quell'istante un proiettile esplose e una scheggia lo colpì nella parte sinistra del petto, vicino al cuore. Probabilmente l'agghiacciante grido che ci risuonò nelle orecchie sopra il rombo del fuoco di artiglieria era lo sforzo di un moribondo di farci seguire quella direzione.
Morley conferma la prova fornita da Nunnerly sul fatto che alcuni soldati del 17º Lancieri ubbidirono all'ordine di Nolan:
il 17º aveva subito seguito la direzione e si era messo “per tre a destra”. Il 13º era andato dritto invece di controllare, come avrebbero dovuto fare, quale fosse il nostro movimento. Erano circa 25 - 30 metri davanti a noi, quando Nolan cadde, a quel punto udii Nunnerly urlare a squarciagola: “17º Lancieri, per tre a sinistra!”… E ci mettemmo per tre a sinistra.
Adkin respinge la testimonianza sostenendo di Morley che “si era affezionato all'idea di Nunnerly”, cioè, per dirla più chiaramente di quanto lui e altri oppositori della teoria Kinglake osino fare, che questo superstite della carica stava mentendo. Non è questo certo il modo più adeguato per confutare una prova scomoda, in particolare perché il dettagliato racconto è confermato dagli scritti di altri superstiti.
Alla fine è lo stesso lord Cardigan, quando vinse la propria indignazione per quello che lui pensava fosse un tentativo di Nolan di assumere il comando della brigata e accettò il fatto che il capitano stesse realmente cercando di “cambiare direzione”: “Nolan non aveva la minima idea dello sbaglio che si stava perpetrando, fin quando non vide la brigata cominciare ad avanzare senza aver prima cambiato il fronte, non perse un istante nel suo tentativo di salvare la brigata dall'errore in cui finalmente vedeva che stava cadendo”.
Viste queste tre testimonianze e il fatto che i loro ricordi concordino con precisione, la teoria Kinglake è più credibile dell'ipotesi di Russell e Calthorpe.
Nolan capì correttamente che Raglan voleva che la Brigata Leggera impedisse ai russi di portare via i cannoni sui Sentieri Rialzati, ma volutamente ingannò Lucan indicando i cannoni all'estremità della valle settentrionale.
Questa è la più grave delle accuse. La carica non fu causata da un tragico fraintendimento, ma Nolan presentò con voluta scorrettezza l'ordine e mandò la Brigata Leggera alla distruzione davanti alle canne dell'artiglieria russa.
Questa è la spiegazione attualmente in voga e resa tale dallo storico Mark Adkin in The Charge, pubblicato nel 1996. La teoria dipende interamente dal pensare che lo stato mentale di Nolan all'epoca potesse condurlo a commettere un gesto così grave. Qualunque prova, una lettera o una pagina del diario di Nolan, una confessione orale ad un altro ufficiale che indicasse quello che intendeva fare, non esiste. Quello che Nolan disse, ai colleghi ufficiali e a William Russell, indica che pensava che Lucan avesse manovrato male con la cavalleria per tutta la campagna e che avesse tenuto indietro la Brigata Leggera quando avrebbe dovuto farla avanzare, indubbiamente sentiva profondamente questo problema. Ma non possiamo senza una prova definitiva balzare dalla passione a una voluta falsificazione.
Un esercito non è niente senza un'obbedienza gerarchica e Nolan era affezionato all'esercito britannico, era un militare di carriera senza una proprietà o un reddito su cui contare, il volontario travisamento dell'ordine di Raglan per indurre Lucan e Cardigan ad attaccare un obiettivo diverso da quello voluto, avrebbe significato la completa rovina della carriera e della reputazione di Nolan.
Qualunque cosa pensasse di Lucan e qualunque fosse l'intensità del suo desiderio di vedere la cavalleria agire, e molto improbabile che avrebbe travisato volutamente un ordine. I sostenitori della teoria si appoggiano molto sul fatto che Nolan credeva che la cavalleria potesse caricare con successo l'artiglieria di fronte. Questo è vero, ma nel suo libro, Nolan aggiungeva la condizione che simili cariche non si dovessero tentare contro postazioni nemiche, “a meno che non siano state precedentemente investite dal nostro fuoco”. L'artiglieria russa all'estremità della valle e sulle alture non era stata investita dal fuoco britannico.
Adkin può solo difendere la sua teoria negando che Nolan abbia tentato di cambiare direzione e trova un modo ingegnoso di farlo:
Nolan non può aver pensato che Cardigan si stesse dirigendo verso l'obiettivo sbagliato quando all'improvviso balzò in avanti. La Brigata Leggera era avanzata di non più di 200 metri quando si trovò sotto il fuoco nemico e Nolan fu ucciso. Era un tratto troppo breve, per chiunque pensasse che l'obiettivo fossero i Sentieri Rialzati, per poter capire che la brigata non stava andando nella direzione giusta dal punto in cui la brigata aveva cominciato ad avanzare; se la destinazione erano i fortini o i cannoni all'estremità della valle, il tragitto verso entrambi gli obiettivi sarebbe stato lo stesso per un tratto molto più lungo di duecento metri.
C'erano almeno tre strade per raggiungere le ridotte dei Sentieri Rialzati e tutte e tre avrebbero attirato il fuoco d'artiglieria, ma una sola strada richiedeva una cavalcata con il fuoco d'artiglieria davanti e da entrambi i fianchi, cioè l'approccio che, secondo Adkin, Cardigan avrebbe dovuto prendere.
Cardigan era un inetto, ma non uno stupido, come non lo era il capitano Nolan; questi si sarebbe accorto immediatamente che era stata ordinata l'avanzata e che la brigata muoveva dritto lungo la valle settentrionale, in poche parole che Cardigan non si stava dirigendo verso i Sentieri Rialzati, ecco perché balzò in avanti agitando la sciabola e urlando: “per tre a destra”. Pochi secondi più tardi il primo proiettile russo gli esplodeva vicino.
La teoria di Adkin deve essere abbandonata per la totale mancanza di prove a suo favore. Una colta supposizione basata sullo stato mentale di Nolan non è sufficiente. Il suggerimento che Nolan abbia volutamente presentato in modo sbagliato un ordine, mandando la Brigata Leggera alla sua distruzione, non è più attendibile della possibilità che lord Lucan, nutrendo un perenne odio nei confronti di Cardigan e vedendo l'opportunità di liberarsene, abbia anche lui volutamente interpretato in modo errato l'ordine e mandato Cardigan a quella che entrambi gli uomini prevedevano sarebbe stata una morte certa.
La psicologia di Nolan permette questa teoria, ma significa passare dal dato storico a quello ipotetico, dove la prova non conta più.
Se l'errore era di lord Lucan, allora dovrebbe apparire evidente nell'alterco con il capitano Nolan, che portò l'ordine di lord Raglan.
La causa contro Lucan non fu espressa in modo più persuasivo dallo stesso Raglan in una lettera al duca di Newcastle. Benché intento principale di Raglan fosse quello di non farsi attribuire la colpa, lo poté fare solo spiegando dove pensava si trovasse lo sbaglio. E’ indicativo della sua mente vacillante che si riferisca ai suoi ordini come al primo e secondo, mentre in realtà, tra gli ordini da lui emanati in quella giornata, erano rispettivamente il terzo e quarto:
non solo il tenente generale interpretò male le istruzioni scritte, ma non c'era nulla in queste le istruzioni che lo invitasse ad attaccare nonostante tutto. Il risultato di questa disattenzione al primo ordine fu che non gli venne mai in mente che il secondo era collegato con esso e ne era una ripetizione. Lo considerò come un preciso ordine di attaccare. Indubbiamente non avevo alcuna intenzione che egli dovesse fare un simile attacco.
Molte delle persone presenti sulle alture Sapune, però, lo udirono urlare a Nolan che stava avviandosi: “Dica a Lord Lucan che la cavalleria deve attaccare immediatamente”. E Nolan del tutto correttamente trasmise quest'ultima ingiunzione, che, venendo dopo l'ordine scritto, si poteva presumere ragionevolmente che delucidasse l'intento di quell'ordine. Lucan pensò che attaccare immediatamente comportasse una certa urgenza e che perciò non permettesse un'accurata valutazione delle conseguenze, in altre parole si trattava di attaccare nonostante tutti i pericoli. Raglan suggerisce ai politici londinesi che l'ingiunzione di attaccare immediatamente faceva parte dei fraintendimenti di lord Lucan riguardo l'ordine scritto, quando in realtà veniva direttamente dalle labbra di Raglan. Effettivamente Lucan dovette vedersela con due ordini: il primo era quello scritto da lord Raglan, e il secondo, era l'ordine orale del capitano Nolan e ripeteva quello altrettanto orale di Raglan e che lui accompagnò con un gesto del braccio che indicava i cannoni da catturare. La causa ufficiale indetta contro Lucan da Londra, si basava sulla scelta di obbedire a quest'ultimo ordine invece che al precedente e ciò fu espresso con grande chiarezza dal colonnello Munder, sottosegretario di stato:
il tenente generale avrebbe dovuto agire in base agli ordini scritti del comandante in capo e non in base a quelli orali dell'aiutante di campo. E’ evidente che derivò la sua decisione di attaccare nonostante tutti i rischi, contrariamente all'opinione espressa da lui stesso e da Lord Cardigan, non dal biglietto di Lord Raglan, che non poteva essere scritto in quel senso, ma dalla affrettata osservazione dell'ufficiale di stato maggiore.
Munder riconosce che la decisione di Lucan di attaccare nonostante tutti i rischi non era sua, ma era derivata dalla affrettata osservazione dell'ufficiale di stato maggiore.
L'espressione affrettata osservazione suggerisce qualcosa di inaffidabile, ma in base a tutti i resoconti Nolan ripeté le parole esatte urlategli dietro da lord Raglan. Per un'annosa tradizione militare agli ordini orali portati da un aiutante di campo si doveva obbedire come se fossero stati pronunciati da chi li aveva concepiti. Ma questo principio doveva essere attuato insieme a un altro di uguale importanza e stabilito con altrettanta fermezza dalla tradizione: quello della discrezione accordata a uno del grado di Lucan di non attuare senza domande un ordine che pensava fosse stato concepito in modo errato. Sia Raglan sia i politici di Londra sostennero che in quelle circostanze il secondo principio avrebbe dovuto prevalere sul primo. Si suggerisce dunque che lord Lucan abbia perso la testa, non abbia pensato con dovuta chiarezza, non sia riuscito a interrogare adeguatamente Nolan e abbia infine preso la decisione sbagliata.
Lord George Paget, pur asserendo che tutti gli ufficiali coinvolti nel dare, ricevere ed eseguire quell'ordine avrebbero dovuto avere parte della colpa, non nutriva dubbi su chi fosse il più responsabile.
Affrontò l'argomento da una prospettiva differente. Invece di esaminare gli errori che tutti avevano fatto, chiese chi di loro fosse in una posizione tale da identificare e correggere quello che si stava sbagliando e chi non lo avesse fatto. Suggerì perfino come Lucan avrebbe dovuto aspettarsi di agire in modo diverso:
forse è chiedere alla natura umana più di quello che ci è concesso quando biasimiamo lord Lucan per non aver mantenuto la calma in un momento di crisi così grave, ma nondimeno oso pensare che in quell'occasione avrebbe potuto comportarsi meglio. Così, per esempio, lord Lucan: “Lei è fortemente agitato, capitano Nolan. Si calmi e mi spieghi questo ordine così importante che io ancora non ho capito. A suo parere quali sono i cannoni che mi è stato ordinato di attaccare? Lei proviene dalle alture e perciò più di me deve aver avuto una visuale completa della scena delle operazioni; inoltre, probabilmente, ha sentito il parere di chi ha mandato l'ordine e quindi può darmi ulteriori informazioni”.
Possibile che persino il capitano Nolan avrebbe mancato al proprio dovere dopo un'osservazione così pacata? E una simile conversazione ci avrebbe salvato dal disastro.
Quando Lucan chiese dove erano i nemici e i cannoni che avrebbero dovuto attaccare, la risposta di Nolan fu indubbiamente insolente e sfacciata e il braccio che mosse non era il sostituto di una risposta più corretta, ma è Lucan che deve essere condannato, non per la sua prima domanda, ma per l'assenza di una seconda domanda. Data la gravità dell'ordine che Nolan sembrava aver portato, Lucan avrebbe dovuto interrogarlo più a fondo e informarsi al di là di ogni dubbio su quello che voleva Raglan. Se dopo queste domande Lucan non fosse stato ancora convinto del senso dell'ordine, la discrezione attinente al suo grado gli permetteva di chiedere ulteriori delucidazioni inviando un messaggio a Raglan.
L'unica possibile risposta di Lucan a questo, cioè che qualche volta in battaglia il comandante in capo è costretto a mandare una particolare unità in un attacco apparentemente insensato per prevenire che un guaio peggiore accada altrove, e che l'urgenza e l'autorevolezza con cui Nolan consegnò l'ordine lo fecero sembrare proprio una simile occasione, è una difesa credibile, ma debole.
Se la colpa era di Cardigan, allora il suo errore doveva apparire evidente nel breve incontro con Lucan, quando ricevette l'ordine dal suo superiore. Il resoconto di Cardigan di quello che fu detto tra loro è confermato da lord Lucan. Cardigan obbiettò che la sua brigata sarebbe rimasta esposta alle batterie fiancheggiatrici, ma gli fu detto che doveva obbedire all'ordine ricevuto.
Nonostante i suoi difetti nella sua ovvia incapacità di comandante di cavalleria, non si può imputare la carica della Brigata Leggera a lord Cardigan, egli ricevette l'ordine dal suo ufficiale superiore e protestò del tutto correttamente; quando Lucan ripeté che l'ordine doveva essere eseguito, Cardigan non poté fare altro.
Condusse la brigata e mostrò un gran coraggio sotto il fuoco più pesante, in particolare nell'impedire ai giovani ufficiali dietro di lui di forzare l'andatura. Ci sono alcune domande sul suo comportamento dopo aver raggiunto i cannoni russi, ma non gli si può attribuire la colpa della carica.
La colpa della perdita della Brigata Leggera deve essere condivisa tra le loro signorie Raglan e Lucan e il capitano Nolan. Lord Raglan ha dato un ordine impreciso e scritto male, diede all'aiutante di campo solo istruzioni gridate e confuse la situazione aggiungendo un ulteriore comando urlato mentre l’ufficiale si allontanava al galoppo.
Il capitano Nolan non prestò la dovuta attenzione alle istruzioni, consegnò l'ordine in modo insoddisfacente e il suo irriverente gesto con il braccio per indicare il nemico indusse lord Lucan a fraintendere la direzione che l'attacco avrebbe dovuto prendere. Lord Lucan perse la testa nella conversazione con Nolan, non interrogò l'ufficiale subalterno su quali fossero i cannoni nemici da attaccare e non esercitò la valutazione concessa al suo grado di non portare a termine un ordine insensato. Ma se ci chiediamo chi di loro in virtù del suo grado della sua posizione nella catena degli eventi avrebbe dovuto aspettarsi di cogliere e impedire la terribile direzione che questi errori stavano prendendo, allora quell'ufficiale può essere solo lord Lucan.
Il duca di Newcastle scrisse a Raglan il 27 gennaio 1855: “Informi lord Lucan che deve rassegnare le dimissioni dal comando della Divisione di cavalleria e tornare in Inghilterra”. Il motivo ufficiale di queste dimissioni era che i rapporti tra Raglan e Lucan si erano interrotti e che perciò Lucan non poteva eseguire il proprio lavoro correttamente. Ma c'era di più, come il Times scrisse il 9 marzo, nel suo verdetto contro lord Lucan: “E’ disdicevole che a ufficiali così poco dotati del potere di capire o eseguire ordini siano affidati le vite degli uomini e l'onore della nazione”.
Possiamo concludere che lord Cardigan non è tenuto a rispondere e che la colpa della perdita della Brigata Leggera e da condividersi tra le loro signorie lord Raglan, lord Lucan e il capitano Nolan, ma che la maggior parte di questa colpa è attribuibile a lord Lucan.
CARICA BALAKLAVA
La spiegazione del perché lord Cardigan non fosse presente quando, dopo avere raggiunto i cannoni, la sua brigata attaccò la cavalleria russa, fu data in forma di pubblica accusa dal tenente Calthorpe nel dicembre 1856, quando pubblicò: Letters from Headquarters; or the Realitie of War in the Crimea.
Il passaggio cruciale dice:
fu un momento in cui era massima la necessità di un generale, ma sfortunatamente lord Cardigan non era presente, nell'arrivare alla batteria un cannone aveva sparato da breve distanza e per un istante pensò che la sua gamba fosse andata, ma non era così, dato che rimase illeso; tuttavia il suo cavallo si spaventò, voltò su se stesso e partì al galoppo verso le retrovie, passando a fianco del quarto Dragoni Leggeri e dell'Ottavo Ussari prima che questi reggimenti arrivassero alla batteria.
Questa era ben più di un'accusa rivolta alla capacità di cavaliere di Cardigan, implicitamente lo si accusava di avere lasciato che la monta lo portasse lontano fino alla sicurezza (fu il primo ufficiale a tornare nelle linee britanniche), invece di controllare la cavalcatura e tornare alla brigata. Anche altri lessero il passaggio in questo modo.
Cardigan chiese la corte marziale per Calthorpe. L'esercito respinse la richiesta e quando Calthorpe accettò di effettuare cambiamenti nella terza edizione del libro, Cardigan pensò di aver vinto senza nemmeno combattere. Questi cambiamenti risultarono essere poco più di una nota a piè di pagina, anche se sembrava che ammettesse di aver commesso un errore nella sua descrizione del comportamento di Cardigan durante la carica, in realtà si rincarava la dose.
A questo punto Cardigan si rivolse al tribunale civile nel 1863.
Il tribunale sentenziò che sebbene il resoconto contenesse errori dannosi per Cardigan, il libro era stato stampato da sette anni ed era troppo tardi per cercare una forma di riparazione. Inoltre, giacché un gran numero di testimoni espose di aver visto il comandante di brigata ritirarsi prima che la seconda linea avesse raggiunto i cannoni russi, Cardigan era riuscito solo a pubblicizzare ulteriormente il sospetto che avesse abbandonato la brigata.
In realtà ci sono precise testimonianze, anche da parte dei russi, che individuarono la presenza di Cardigan dopo i cannoni, in particolare quasi circondato e impegnato in un combattimento con dei lancieri russi. Non è impensabile dichiarare che molti di quelli che videro Cardigan poco prima di raggiungere i cannoni russi, abbiano in realtà visto il tenente George Houghton dell’11° Ussari e l'abbiano scambiato per Cardigan. Mentre si avvicinava ai cannoni russi, Houghton fu ferito gravemente alla fronte da una scheggia di proiettile. Voltò subito il cavallo e si diresse verso le linee britanniche; un gran numero di soldati erano stati feriti ed erano tornati indietro dallo stesso punto. Houghton indossava un'uniforme simile a quella di lord Cardigan, e dettaglio non secondario, stava cavalcando un cavallo sauro con gli stessi garretti bianchi di quello di Cardigan. Quelli della seconda linea che riferirono di aver visto Cardigan ritirarsi, erano giovani ufficiali e soldati, nessuno dei quali aveva avuto la possibilità di vedere da vicino il comandante di brigata. Lo conoscevano per la combinazione della sua uniforme e del suo particolare cavallo, ma anche il tenente Houghton possedeva queste caratteristiche e si stava ritirando mentre la seconda linea era ancora a una certa distanza dai cannoni.
In considerazione della notevole prova di Cardigan coinvolto in un combattimento con i lancieri cosacchi dietro i cannoni e la forte possibilità che chi riferì la sua prematura ritirata abbia visto in realtà il tenente Houghton, l'accusa di aver abbandonato la Brigata Leggera non può essere rivolta a Cardigan.
Ma non inseguì la cavalleria russa, al contrario di una gran parte della sua brigata. Non cercò gruppi formati da superstiti e si ritirò prima della maggior parte dei suoi ufficiali e dei suoi soldati.
Cardigan affermò: “Essendo quasi circondato dai cosacchi, mi ritirai gradatamente fin quando non raggiunsi la batteria; qui non vidi nessuno della prima linea o degli appoggi. La prima linea non mi aveva seguito”. Domandò poi retoricamente: “Qual era il dovere di un brigadiere in simili circostanze? In una simile disperata carica non resta che essere presi prigionieri, o era suo dovere ritirarsi?”.
Nessuno dice che queste azioni siano state suggerite dalla codardia o dalla mancanza di fegato, ma dimostrarono la sua inadeguatezza di ufficiale superiore. I suoi ordini dicevano che doveva attaccare la batteria russa e lui lo fece, ma non fece più di questo. La dichiarazione di Cardigan che non ci si doveva aspettare di più da lui, non è una scusa accettabile se pronunciata da un comandante di brigata.
CARICA BALAKLAVA
Un superstite della carica, il caporale Thomas Morley, la definì: “Il più splendido attacco degli annali militari e il più grande errore tuttora noto di tattica militare”. C'è del vero in questa definizione: la Brigata Leggera, battuta da spari e proiettili, imperversò lungo la valle per catturare i cannoni e uccidere gli artiglieri. La cavalleria russa, spaventata e intimorita da uomini capaci di cavalcare lungo i chilometri dell'inferno senza fermarsi, si lasciò prendere dal panico. Ma la carica fu un errore e non ottenne nulla.
Nonostante questo o forse proprio per questo, la carica della Brigata Leggera è diventata la più celebre azione di cavalleria di ogni tempo. Privata di ogni ragionevole causa o di uno scopo tattico con i quali capirla e giustificarla, rimane un puro esempio dello spirito di corpo della cavalleria. Ci lascia ammirati e sgomenti il fatto che gli uomini possano comportarsi in questo modo trovandosi sotto il fuoco e aspettandosi a ogni secondo una pallottola micidiale. Ci impressiona la capacità di sopportazione dello spirito umano dinanzi alle più spaventose avversità e a una fine priva di significato.
Lo splendore è ben visibile, ma c'è un lato oscuro: le orrende ferite, le sofferenze e le uccisioni. Anche chi in patria perse padri, fratelli o figli deve essere considerato un sofferente. Possiamo lamentare l'inutilità della carica e delle perdite occorse, ma insultiamo questi uomini coraggiosi se nello stesso tempo non riconosciamo la suprema magnificenza della loro cavalcata lungo il tragitto dell'inferno.
All'epoca della guerra di Crimea, la Gran Bretagna non aveva un genio letterario in grado di scavare più a fondo, ma la Russia sì. Il sottotenente Lev Tolstoi aveva 25 anni ed era un ufficiale di artiglieria a Sebastopoli al comando di una batteria appostata a difesa della città.
Tolstoi scrisse diversi brani in cui descriveva lo spirito eroico dei suoi uomini alle terribili condizioni di vita e di morte in una città sotto bombardamenti quotidiani. Scrisse con una percezione più profonda dei suoi contemporanei di parte britannica e, nel parlare dello splendore e della sofferenza riuscì a comunicare la sensazione che questi due fattori apparentemente contraddittori emergessero contemporaneamente e fossero uno solo. Scriveva dei soldati russi a Sebastopoli in attesa dell'attacco finale degli alleati, ma le sue parole si possono applicare altrettanto bene alla Brigata Leggera in formazione prima dell'avanzata di Balaklava.
Sepolta nell'anima di ogni uomo giace la nobile scintilla che ne farà un eroe, quando il momento fatidico arriva, balzerà su come una fiamma e illuminerà fatti grandiosi. Ma ognuno di questi uomini morirà in condizioni spaventose che sono caratterizzate da un'assenza totale dell'umano e di ogni prospettiva di salvezza, l'unico sollievo è quello dell'oblio, l'annientamento della coscienza.
Questo brano non fu bene accolto. I generali russi che avrebbero voluto leggere qualcosa sullo splendore, si aspettavano che nessuno narrasse le sofferenze dei soldati.
In Inghilterra Tennyson e Kipling crearono poesie popolari enfatizzando la “nobile scintilla” o le “condizioni spaventose”, ma non riuscirono a combinarle insieme.
Non possiamo capire la guerra o la reazione umana a essa se non ne percepiamo sia la magnificenza sia la futilità, che coesistono. La verità sulla carica della Brigata Leggera sta nell'esperienza dei cavalleggeri e nell'osservazione di quelli che guardavano. Sia la magnificenza vista dalle alture, sia il massacro subito nella valle erano reali ed entrambe sono valide descrizioni di quello che accadde. William Russell e John Vahey devono essere letti insieme, solo allora riprodurranno la visione di Lev Tolstoi.
Nobile e spaventoso: in questa dualità troviamo la verità sulla carica della Brigata Leggera e forse la verità sull'umana condizione.
Giuseppe Bufardeci
Pubblicato il 28/04/2012