Battaglie In Sintesi
16-25 agosto 1920
Uomo politico e generale polacco, nato a Zulowo (granducato di Lituania) il 5 dicembre 1867, morto a Varsavia il 12 maggio 1935. Discendente da una famiglia di piccola nobiltà, crebbe nel periodo angoscioso che seguì la fallita insurrezione del 1863 e fu, sino dalla prima giovinezza, dominato dal più vivo fervore patriottico. Le condizioni della Russia d'allora, le quali escludevano qualsiasi possibilità di rivendicazioni nazionali polacche sul terreno legale, lo spinsero all'attività sovversiva con etichetta socialista. Nel 1887 fu deportato in Siberia, dove rimase cinque anni. Tornato nel suo paese natale, cominciò nel 1894 a pubblicare un giornale clandestino intitolato Robotnik (L'operaio). Il 21 febbraio 1900 fu arrestato a Lódz e trasportato a Pietroburgo, da dove riuscì a fuggire nel maggio 1901. All'inizio della guerra fra la Russia e il Giappone si recò in quest'ultimo paese a chiedere i mezzi per provocare una nuova insurrezione della Polonia; ma non trovò ascolto. Nel 1905 tornò in Russia e prese parte attivissima al moto rivoluzionario. Domato questo, concentrò la sua attività in Galizia con la tolleranza delle autorità austriache: formò nel 1908 una lega militare segreta, trasformatasi nel 1910 in un'associazione legale, chiamata Unione delle società di tiro. Nel 1912 costituì la Commissione provvisoria dei partiti indipendentisti federati, che doveva coordinare l'azione dei partiti di sinistra della Galizia e delle organizzazioni segrete democratiche della Polonia russa. Durante la guerra mondiale Pilsudski, unico forse fra tutti i suoi connazionali, ebbe della questione nazionale una concezione che, nelle sue ultime finalità, non fosse legata a nessuna delle tre potenze che si erano spartito il territorio polacco. Il 6 agosto 1914 entrò nella Polonia russa a capo di un corpo di volontarî, che fece poi parte delle legioni polacche organizzate dal comando supremo austro-ungarico; ma, dopo che gl'imperi centrali ebbero occupato la Polonia, si volse a poco a poco contro di loro. Il 25 luglio 1916 lasciò il comando della 1ª brigata delle legioni: un anno dopo fu arrestato dai Tedeschi e internato a Magdeburgo. Il 9 novembre 1918, al momento del crollo della potenza militare germanica, fu liberato: andò a Varsavia, dove il Consiglio di Reggenza, creato dagl'imperi centrali, gli rimise il potere.
Il 20 febbraio 1919 la costituente, riunita a Varsavia, gli affidò le funzioni di capo dello stato, che esercitò sino al dicembre 1922. Durante questo periodo avvenne la guerra con la Russia soviettista. Pilsudski il quale il 19 marzo 1920, su domanda dei capi militari, aveva assunto il grado di maresciallo, prese il comando dell'esercito e sconfisse i bolscevichi. Alla fine del 1922, dopo l'entrata in vigore della costituzione, rifiutò di porre la sua candidatura alla presidenza della repubblica, perché riteneva che i poteri attribuiti al presidente fossero insufficienti, mentre sapeva che i suoi implacabili avversari della destra, e specialmente del partito nazionaledemocratico, si apprestavano a combatterlo. Dopo l'assassinio del presidente Narutowicz (16 dicembre 1922), pur declinando di assumere il governo, prestò il suo appoggio al gabinetto Sikorski e fu nominato capo di Stato maggiore dell'esercito. Nella primavera seguente i suoi avversari, alleatisi col partito dei contadini, giunsero al potere (ministero Witos). Egli si dimise da ogni ufficio e si ritirò in campagna nelle vicinanze di Varsavia; ma non rinunciò alla lotta. Tre anni dopo (12 maggio 1926) si presentò con alcuni reggimenti davanti alla capitale, di cui s'impadronì dopo alcuni giorni di lotta sanguinosa. Da allora egli fu l'arbitro della politica polacca e rafforzò l'autorità del governo spezzando con estrema energia le resistenze faziose dei gruppi parlamentari. Dopo il colpo di stato, rifiutò però di nuovo l'elezione alla presidenza della repubblica e, salvo un breve periodo in cui fu a capo del governo (ottobre 1927-giugno 1928), si limitò ufficialmente ad esercitare le funzioni di ministro della Guerra. Ricco d'intuizione penetrante e straordinariamente esperto nella scelta del tempo, Pilsudski ha sempre accoppiato a queste sue qualità fondamentali una vigorosa tenacia e sistematicità nell'esecuzione dei progetti concepiti. Fu combattuto da partiti di destra e di sinistra, anche per la sua stessa avversione al predominare, nella vita politica dello stato ricostituito, di partiti dottrinari, e rimase incompreso da parte di chi pretendeva da lui un programma particolareggiato. Ma ha saputo avvincere a sé con vincoli di profonda dedizione e devozione non solo l'esercito, che ha avuto in lui il suo geniale creatore e organizzatore, ma anche vaste masse del popolo polacco dominato dalla sua robusta personalità: tutta abnegazione, coraggio civile e militare, sacrificio costante di sé stesso.
Ufficiale zarista, aderì alla rivoluzione bolscevica. Stretto collaboratore di Trockij dal 1918, ebbe parte determinante nella creazione dell'Armata rossa. Durante la guerra civile combatté contro le armate bianche di A.V. Kolcak e A.I. Denikin e diresse poi la campagna contro la Polonia (1920-21). Direttore dell'Accademia militare di Mosca (1922-24), capo di stato maggiore (1925-28) e dal 1931 vicecommissario del popolo per la difesa, dette un impulso decisivo alla modernizzazione dell'esercito sovietico, guadagnandosi la nomina a maresciallo (1935). Accusato di trockismo e di collusione con la Germania nazista durante la grande epurazione scatenata da Stalin nel 1936-37, fu processato e condannato a morte.
Nel corso della sua storia, la Polonia è stata sia territorio che nazione, spesso occupata da vicini più potenti e, ancor più spesso, travolta da eserciti decisi a conquistarla o semplicemente in transito verso altri obiettivi. Come la Palestina, l'Alsazia Lorena o molti altri territori casualmente posti vicino a troppi rivali, la Polonia ha conosciuto un numero più che eccessivo di guerre. Nell'ultima parte del XVIII secolo, venne spartita tre volte (1772,1793, 1795) tra Russia, Germania e Austria-Ungheria. Le opprimenti leggi imposte dalle potenze occupanti tentarono inutilmente di spezzare lo spirito polacco e, nella scia della prima guerra mondiale, sembrò che si presentassero le giuste condizioni per la riaffermazione del nazionalismo. La Germania e la Russia avevano combattuto sul suolo polacco per quasi quattro anni, ma l'abbandono della guerra da parte dei russi con il Trattato di Brest-Litovsk nel marzo 1918, seguito dalla sconfitta tedesca nel novembre dello stesso anno, offrì alla Polonia un'eccellente occasione non solo di ricostituirsi come nazione, ma anche di allargare i confini tradizionali, reclamando una piccola vendetta per oltre un secolo di brutale occupazione. L'uomo destinato a modellare la nazione polacca fu Józef Pilsudski. Vittima da giovane della "giustizia zarista", Pilsudski provava non soltanto un'ardente passione per il suo Paese, ma anche un profondo risentimento verso la Russia. Mentre Woodrow Wilsòn, David Lloyd George, George Clemenceau e Vittorio Orlando si incontravano a Versailles per definire un trattato di pace, Pilsudski affrontò la questione in prima persona. Egli elaborò un piano per restituire alla Polonia i confini del 1772 e ricostituire una federazione di nazioni sotto la guida polacca, una compagine che in passato aveva compreso l'Ucraina, la Bielorussia e la Lituania. Pur non avendo alcuna simpatia per i russi, però, le popolazioni di quelle regioni non vedevano il motivo di passare da questi ultimi ai polacchi. Nessun problema, egli pensava: bisogna prendere la terra ai russi ora, mentre sono impegnati in una guerra civile tra le Armate Rosse comuniste e quelle Bianche conservatoci.
Nel novembre 1918, Pilsudski inviò truppe in Galizia, nell'Ucraina occidentale e, nel febbraio 1919, fece marciare i suoi eserciti a nord, in Lituania. Ad aprile aveva conquistato la città di Wilno (Vilna), togliendola alle forze occupanti comuniste. Storicamente, Wilno era polacca, ma era stata recentemente prescelta come capitale della Lituania indipendente. A ottobre, le truppe polacche avevano ormai assunto il controllo di gran parte della Bielorussia e della Galizia. Nel dicembre 1919, i governi alleati dichiararono che i polacchi dovevano accettare come confine orientale quella che sarebbe stata chiamata linea Curzon: ciò implicava il ritiro delle forze polacche dalla Lituania, dalla Bielorussia e dall'Ucraina, una richiesta che Pilsudski non aveva alcuna intenzione di accogliere. All'inizio del 1920, l'Armata Rossa sovietica riuscì finalmente a sopraffare i Bianchi, e il leader Vladimir Lenin rivolse la sua attenzione al conflitto con la Polonia, e ordinò al comandante dell'esercito, Lev Trotskij, di organizzare operazioni a ovest per recuperare le terre occupate dalla Polonia l'anno precedente, Pilsudski nel frattempo si alleò con il generale ucraino Semyon Pctòyura, il quale gli cedette la Galizia in cambio del suo aiuto per insediare un governo ucraino a Kiev. Dopo che, il 3 gennaio 1920, le truppe polacche ebbero costretto i comunisti ad abbandonare la fortezza lettone di Dvinsk, Lenin si offrì di negoziare un accordo, ma i colloqui che seguirono furono per entrambe le parti interessate poco più che un'operazione di facciata. Il 25 aprile, Pilsudski sferrò una massiccia offensiva verso Kiev, che occupò il 7 maggio. Tutta la Polonia lo acclamò come un salvatore, ma ben presto la situazione volse a suo sfavore: i Rossi di Trotskij lanciarono una serie di attacchi di cavalleria che tagliarono le linee di comunicazione dei polacchi, costringendoli a ritirarsi da Kiev. Agli ordini del comandante sul campo Mikhail Tukhachevskij, 160.000 soldati dell'Armata Rossa tartassarono con ripetute azioni i polacchi fuori dell'Ucraina e ben oltre i loro stessi confini, togliendo a Pilsudski lutti i territori che aveva conquistato fino ad allora. L'esercito sovietico avanzava rapidamente, mentre quello polacco sembrava sul punto di crollare, perciò Lenin decise di continuare a spingersi verso ovest. Nonostante il parere contrario di numerosi suoi subordinati, nel luglio 1920 ordinò di catturare Varsavia, in preparazione di un'offensiva contro la Germania. Trotskij gli fece presente che il solo fatto di prendere Varsavia avrebbe portato le linee di rifornimento sovietiche al limite della loro capacità, ma l'ardore rivoluzionario di Lenin non poteva essere contrastato. La Polonia sembrava condannata, ma a questo punto intervennero i governi occidentali: se Pilsudski avesse accettato i confini imposti con la Cecoslovacchia, la Germania e la Lituania, avrebbe ricevuto rifornimenti e armi dalla Gran Bretagna e dalla Francia. Il leader polacco non ebbe scelta e il 10 luglio 1920 il suo governo firmò il Protocollo di Spa: immediatamente, cominciarono ad affluire in Polonia materiali e consiglieri militari.
Mentre il governo polacco arruolava tutti gli uomini che poteva trovare, le forze di Tukhachevskij si avvicinavano a Varsavia, avanzando su un ampio fronte e minacciando i polacchi in tanti punti che Pilsudski, pur convinto che l'unico modo di uscire dalla difficile situazione in cui si trovavano fosse una controffensiva, non sapeva dove lanciarne una. Infine, persuaso dai consiglieri francesi a indebolire il proprio settore meridionale, ritirò le truppe dalla posizione che occupavano di fronte a uno dei reparti russi di élite, la cavalleria della I Armata Rossa. Tale spostamento di uomini, insieme a una massiccia campagna di reclutamento, diede a Pilsudski la superiorità numerica intorno a Varsavia Tukhachevskij decise di mantenere a nord-est della capitale il grosso delle forze, mandando quindi la XVI Armata ad aggirare la città, portandosi sulla Vistola da dove le forze sovietiche avrebbero attaccato Varsavia provenendo da nord-ovest la IV Armata Rossa era già in posizione a Ciechanow, tra la capitale e il confine con la Prussia orientale, perciò la XVI avrebbe avuto il fianco coperto durante la manovra di avvicinamento, e poi una maggiore riserva di forze una volta completato il movimento intorno a Varsavia. Tukhachevskij non sapeva che i polacchi erano nusciti a raccogliere 370.000 uomini (anche se per lo più avevano soltanto un minimo di addestramento e di equipaggiamento): fino a quel momento, tutto ciò che aveva visto erano soldati polacchi in ritirata, per cui era certo che Varsavia sarebbe caduta facilmente. Il 13 agosto ordinò alla XVI Armata di avanzare, lasciando solo 8000 uomini a proteggere il fianco sinistro. I russi conquistarono rapidamente il loro primo obiettivo, la città di Radzymin, ma con un contrattacco i polacchi la ripresero; nello stesso tempo la V Armata polacca assalì a Ciechanow la iv Armata sovietica, costringendola a ripiegare in disordine. Il comandante della V Armata polacca, generale Wladyslaw Sikorski, diede addosso ai sovietici con carri armati, cavalleria, autoblindo e fanteria motorizzata; a questo punto, però, volle strafare spingendosi troppo m profondità: una carica di cavalleria avrebbe potuto facilmente attaccare la retroguardia di Sikorski e tagliare le sue linee di comunicazione, ma ciò non avvenne a causa dei contrasti tra i comandanti sovietici, i quali invece si ritirarono nella Prussia orientale, dove vennero internati dalle autorità tedesche Mentre Sikorski respingeva la IV Armata Rossa lungo il fianco settentrionale della xvi Pilsudski attaccava da sud le linee di comunicazione di Tukhachevskij; con la XVI Armata bloccata a Radzymin, queste due manovre minacciavano di accerchiare Tukhachevskij, il quale, rendendosi conto della pericolosita' della sua posizione, il 18 agosto ordinò alla XVI Armata di ritirarsi Ben presto il ripiegamento si trasformò in una rotta: i soldati correvano più rapidamente possibile per non rimanere intrappolati, e i più lenti furono sopraffatti dalie forze polacche, numericamente superiori. L'intera IV Armata fu costretta ad arrendersi, e non molto diversamente andò a Tukhachevskij con la XVI Nella loro rapida ritirata, i sovietici abbandonarono più di 200 cannoni, 1000 mitragliatrici, 10.000 veicoli e 66.000 prigionieri; inoltre, persero circa 100.000 uomini tra morti e feriti Le perdite polacche ammontarono circa a 50.000.
L'avversione e il disprezzo reciproco mostrati dai generali comunisti vennero fuori ancora una volta dopo la battaglia di Varsavia. La cavalleria della i Armata Rossa, comandata dal generale Semyon Budyonny, era rimasta passiva per tutta la battaglia, tranquillamente attestata sulle sue posizioni a sud-est, nei pressi di Lvov. Dopo essersi sbarazzato delle forze di Tukhachevskij, Pilsudski inviò truppe a sud per affrontare Budyonny e, il 31 agosto, ebbe luogo una grande battaglia di cavalleria, di cui la storia non vedrà forse mai più l'eguale: le forze di Budyonny vennero messe in rotta e quasi annientate. Pilsudski non intendeva perdere l'occasione, e inseguì con il suo esercito le forze in ritirata di Tukhachevskij, distruggendo la ili Armata Rossa sul fiume Nieman, in Bielorussia, il 26 settembre. Non contento, egli continuò a dare la caccia ai comunisti, attaccando di nuovo Tukhachevskij pochi giorni dopo sul fiume Szcara: i Rossi persero altri 50.000 prigionieri e 160 pezzi di artiglieria. Il 12 ottobre venne annunciato un armistizio, a cui seguì il Trattato di Riga (firmato il 21 marzo 1921), che garantiva alla Polonia gran parte di ciò che Pilsudski aveva inizialmente desiderato per il suo Paese: zone della Lituania, dell'Ucraina e della Bielorussia passarono alla Polonia, ponendo sotto la sua autorità circa 22 milioni di persone di diverse nazionalità. Tale accordo, insieme con le terre cedute alla Polonia in conseguenza del Trattato di Versailles firmato verso la metà del 1919, allargava i confini della Polonia a spese non solo dei suoi vicini orientali, ma anche della Germania, che fu costretta a cedere un corridoio di terra tra la Germania vera e propria e lo Stato della Prussia orientale, che comprendeva la città portuale di Danzica (Gdansk).
Quindi, la battaglia di Varsavia portò alla creazione, per la prima volta in 150 anni, di una nazione polacca indipendente. Purtroppo, essa ebbe vita breve: nel 1939, le forze naziste invasero la Polonia in appena un mese, affermando un'ennesima dominazione straniera; in seguito, l'Unione Sovietica prese ciò che la Germania nazista aveva lasciato nel 1945, controllando, se non occupando, la Polonia fino agli ultimi anni Ottanta. Fatto più importante per il resto d'Europa, la sconfitta subita da Tukhachevskij nell'agosto 1920 respinse la marea del comunismo tenendola lontana per 25 anni. Se Lenin fosse riuscito a stabilire un governo comunista in Polonia, gli effetti si sarebbero certamente sentiti in Germania. Sulla scia della prima guerra mondiale, quest'ultima era contesa da fazioni politiche rivali che cercavano di impadronirsi del potere, tra le quali vi era anche un movimento comunista piuttosto diffuso e influente. In effetti, le potenze occidentali trovavano difficile trasportare materiali in Polonia a causa degli scioperi dei portuali comunisti in Germania. Con la Gran Bretagna, la Francia e gli Stati Uniti preoccupati per l'avanzata dei comunisti, un riuscito colpo di stato in Germania di questi ultimi avrebbe provocato un'invasione da parte degli alleati. Sia l'occupazione da parte alleata che un colpo di Stato comunista avrebbero modificato la natura della Germania nei primi anni Venti. Un governo di Weimar più forte aiutato da truppe alleate avrebbe potuto annientare sul nascere il partito nazista, mentre un governo comunista non avrebbe certamente permesso a un simile movimento di esistere. In un caso o nell'altro, è impossibile immaginare il destino della Germania nei decenni successivi. Da un punto di vista militare, il conflitto polacco preludeva alla prossima guerra in Europa. Dopo quattro anni di immobilismo nelle trincee, i combattimenti in Polonia segnarono il ritorno alla guerra di movimento. L'impiego di fanteria motorizzata da parte dei polacchi precorse senz'altro le tattiche applicate nella Blitzkrieg nazista. Naturalmente, la cavalleria non poteva sopravvivere nella seconda guerra mondiale, e venne sostituita dalle veloci colonne corazzate, che agivano in modo assai simile, spingendo le truppe sconfitte e demoralizzate verso la rotta e l'annientamento. È difficile ipotizzare fino a che punto il conflitto in Polonia abbia condizionato gli strateghi tedeschi negli anni tra le due guerre, ma i polacchi stavano per rimanere vittime dello stesso tipo di azione militare da loro messo in atto nel 1920.
Bibliografia:
"Pierwszy zolnierz odrodzonej Polski", S. Hincza, Lódz 1928
"La risurrezione della Polonia", F. Tommasini, Milano 1925
"La marcia su Varsavia", F. Tommasini, in Nuova Antologia del 16 giugno 1926
"Pilsudski", L. Kociemski, Roma 1932
"Le cento battaglie che hanno cambiato la storia", P.K. Davis, Newton, Roma, 2003