Ars Bellica

Battaglie In Sintesi

Battaglie di Tarain

1191 e 1192

Gli avversari

Muhammad Ghor (m. 1206)

Sultano musulmano d'India. Di origine turco-afghana, penetrò (1175) nella valle dell'Indo, con una serie di fortunate campagne creò un esteso dominio comprendente parte dell'Afghanistan e del Panjab, ponendo fine (1186) alla dinastia dei Ghaznavidi. Gettò le basi del sultanato di Delhi, poi realizzato dallo schiavo affrancato Qutb al-din Aybak.


Prithviraj III Chauhan (1165 circa - Tarain 1192)

Emiro dal 1178-1192. Proveniva probabilmente dal ramo familiare di Chauhan. La sua sconfitta contro Muhammad di Ghor a Tarain ha consentito ai musulmani una durevole conquista delle regioni settentrionali dell'India. Eppure, nell'anno 1191, aveva colpito e sconfitto lo stesso Muhammad di Ghor guidando una confederazione di forze Rajput. Nella fuga delle forze di Muhammad, pare che lo stesso comandante musulmano rimase addirittura ferito. Certo è che, nel 1192, Muhammad ritornato a sorpresa con un'armata meglio armata ed organizzata, soprattutto nelle tattiche di cavalleria, si prese la rivincita sul medesimo campo di battaglia. Nonostante il tentativo di fuga, Prithviraja venne raggiunto dalle forze musulmane e giustiziato poco dopo insieme a gran parte dei suoi ufficiali, così come la sua donna e i suoi cortigiani, dopo la battaglia, bruciarono sul rogo. È rimasta famosa nella storia la sua relazione amorosa con la principessa Sanyogita, la figlia Jaichandras di Kannauj. Il rapimento di quest'ultima, infatti, fu la causa principale della guerra coi Gahadavalas, fattore che indebolì anche le forze di Rajputen, intorno al 1189. Attorno alla sua figura si raccontano molte leggende e si tramandano varie epigrafi e poemi, tra cui uno dei più famosi recita: «O sole del Chauhans, nessuno ha appreso tanta gloria e gioia come te. La vita è come una vecchia veste, perché non l'avremmo dovuto lanciare?, Morire fermamente, si chiama vivere eternamente».

La genesi

La prima volta che un musulmano mise piede in India fu poco dopo l'affermazione della fede da parte del profeta Maometto. I primi praticanti islamici a visitare il Paese furono i mercanti, che già da qualche anno vi giungevano viaggiando lungo la costa settentrionale del Golfo Arabico. Soltanto nel 637, durante il regno del califfo Omar, secondo successore di Maometto, venne inviata una spedizione militare, sia allo scopo di diffondere la fede, sia per saccheggiare le ricchezze indiane, di cui i mercanti parlavano da tempo. Per diversi decenni a seguire, furono effettuate unicamente incursioni, senza alcuna intenzione di conquista o colonizzazione. Nel 712, però, il governatore caldeo Al-Hajjaj, per stabilire una presenza musulmana in India, inviò il cugino diciassettenne Mohammed ibn Kasim, il quale invase la provincia di Sind, alla foce dell'Indo; dopo alcune brillanti operazioni militari, riuscì a conquistare la regione, che, tuttavia, si dimostrò povera e con scarse prospettive di sviluppò. Poco sostenuta dalla madrepatria, la colonia finì per essere dimenticata da chi l'aveva fatta fondare: alcuni secoli dopo, il governo di Sind era ancora controllato da famiglie musulmane, le quali, però, si erano indianizzate e non avevano diffuso né la fede, né il potere all'interno del Paese. La conquista musulmana dell'India sarebbe stata effettuata da un popolo diverso dagli Arabi: a imbarcarsi seriamente in incursioni militari furono i Turchi della steppa che, dopo essersi stabiliti in Persia e Afghanistan, guardavano a sud-est, verso le leggendarie ricchezze del subcontinente. Il capo di questa ondata di invasori musulmani era Mahmud di Ghazni. Suo padre, Sabuta-gin, aveva effettuato scorrerie nell'India settentrionale, ma la morte, avvenuta nel 997, aveva posto fine alle sue ambizioni; Mahmud fece proprie le mire paterne e, nel 1000, lanciò la prima di sedici invasioni nella regione settentrionale dell'Indostan. I suoi obiettivi erano religiosi, oltre che economici, perché i Turchi, convertiti all'Islam piuttosto di recente, ne erano i più accesi sostenitori, e Mahmud voleva diffondere la sua fede e distruggere gli idoli delle religioni indiane, che considerava blasfeme: nel corso di 26 anni, organizzò sedici invasioni, e il suo zelo religioso lo portò a distruggere tutti i templi e i santuari indù che riuscì a trovare, meritandogli l'appellativo di "Sterminatore di idoli". Inoltre, razziava i tesori dei templi che distruggeva, e la sua capitale di Ghazni fu per un certo periodo una delle città più ricche del mondo. «Grande soldato, uomo di immenso coraggio e di inesauribile energia mentale, Mahmud non fu uno statista costruttivo o lungimirante. Non sappiamo di leggi, istituzioni o metodi di governo scaturiti dalla sua iniziativa» (Lane-Poole, Medieval India under Mohammedan Rute, p. 23). Quindi, l'Islam mostrò il suo lato aggressivo, senza la magnanimità che spesso lo accompagnava, e ciò avvenne soprattutto per opera di Mohamad di Ghor.

I discendenti di Mahmud spesero le ricchezze da lui accumulate in studi, cultura e agiatezza, ma, anche se il loro governo fu benefico, non sempre poté dirsi saggio. All'inizio del XII secolo, Ghazni venne minacciata dalla crescente potenza di Ghor, una città fortificata tra le montagne afgane. Per un certo periodo, vi furono vittorie e sconfitte da entrambe le parti, fino a che due fratelli presero il potere a Ghor: Ghiyas-ad-Din conquistò Ghazni e, nel 1174, insediò sul trono il fratello Mu'izz-ad Din. Ghiyas tornò a governare Ghor, ma suo fratello, che sarebbe stato chiamato Mohamad di Ghor, cominciò ad affermare la propria autorità sull'India. Il suo primo obiettivo fu la conquista dell'antica regione araba di Sind, che realizzò nel 1182. Tre anni dopo, catturò l'ultimo discendente di Mahmud e gli affidò il Punjab, la regione dell'India nord-occidentale al confine con l'Afghanistan, con cui comunica attraverso il passo Khyber, e comprendente la zona più occidentale dell'Indostan, che dall'Afghanistan costeggia l'Himalaya verso est, fino a raggiungere la baia del Bengala. I successori di Mahmud avevano finito per fare molto assegnamento su truppe reclutate tra i nativi indù, ma Mohamad era deciso a servirsi soltanto di Turchi e Afghani, musulmani convinti a cui egli poteva affidarsi per combattere una guerra santa contro gli Indù. All'epoca, la più potente delle tribù indù era quella degli abitanti del Rajputana, una regione selvaggia subito a sud del Punjab. I Rajput avevano sviluppato un sistema feudale simile a quello dell'Europa occidentale ed erano quindi combattenti leali e disciplinati. Inoltre, non amavano affatto i musulmani. Il loro re, Prithvaraja, era un abile comandante che faceva pagare caro a Mohamad qualsiasi territorio questi riuscisse a conquistare in India.

La battaglia

Nell'inverno 1190-1191, Mohamad tornò in India con l'intenzione di impossessarsi della maggior parte possibile della regione settentrionale del subcontinente. Conquistò rapidamente la città fortificata di Bhatinda, collocandovi una guarnigione di 1200 cavalieri al comando di uno dei suoi migliori generali, Qazi Ziya-ud-din. Dal momento che Bhatinda si trovava nel Rajputana, non c'è da meravigliarsi se Prithvaraja reagì immediatamente. I due avversari si affrontarono nei pressi di Panipat, un luogo che aveva visto molte battaglie della storia indiana. Il campo di questo particolare scontro è stato chiamato in vari modi tra cui: Narain e, più spesso, Tarain (anche se Tarain sembra il nome più accettato nelle ultime cronache). Le truppe di Mohamad non si erano mai trovate davanti un nemico così ben addestrato, e, nel 1191 (non è stata registrata alcuna data particolare), i Rajput presero il sopravvento. Non si conosce nemmeno la consistenza delle forze impegnate, ma in tutti i resoconti si afferma che i Rajput erano più numerosi dei musulmani. Usando la normale tattica della steppa, Mohamad lanciò la cavalleria contro il centro nemico per tormentarlo con lanci di frecce: i Rajput non solo resistettero, ma risposero con un movimento accerchiante che costrinse più volte i musulmani ad arretrare. Ritenendo che servisse un atto di coraggio da parte sua per salvare la situazione, lo stesso Mohamad guidò una carica, scontrandosi con il fratello di Prithvaraja, Govind Rai, viceré di Delhi. Mohamad attaccò «e ruppe i suoi denti [di Govind Rai] con la lancia», ma, morendo, Govind Rai aveva trafitto con il giavellotto il braccio di Mohamad: la ferità si rivelò seria, e Mohamad cadde da cavallo sanguinando copiosamente. Venne soccorso da uno dei suoi soldati, che, messo il comandante sulla propria sella, lo portò in salvo. Mohamed raggiunse le forze in ritirata e fu posto su una lettiga, dopo di che l'esercito tornò a Ghor. Invece di inseguirlo, i Rajput cinsero d'assedio Bhatinda: ci vollero 13 mesi, prima che riuscissero finalmente a riconquistare la città. Tornato a Ghazni, Mohamad si riprese rapidamente e cominciò a organizzare un'altra campagna per vendicarsi della sconfitta subita. Si ripresentò l'anno seguente: secondo una fonte, guidava un esercito di 12.000 uomini, ma sembra una cifra troppo modesta; altre fonti, che parlano di 120.000 tra Afghani, Turchi e Persiani, sono probabilmente più vicine al vero.

La rivincita ebbe luogo sullo stesso campo di battaglia: nemmeno di essa conosciamo la data esatta. Questa volta, Mohamad fu attento a non permettere alle sue truppe di entrare in contatto con i Rajput. Egli distribuì le forze in cinque divisioni. Ne mandò quattro ad attaccare i fianchi del nemico e, se possibile, la retroguardia: ogni volta che i Rajput premevano su di loro, le truppe di Mohamad dovevano fingersi spaventate e arretrare. Dopo aver combattuto per buona parte del giorno senza riuscire a rompere i ranghi avversari, Mohamad cominciò a ritirare l'intero esercito. Di nuovo simulò il panico, e i Rajput questa volta abboccarono. I 12.000 cavalieri della quinta divisione, che egli aveva tenuto di riserva al suo comando, erano ancora freschi e attaccarono con impeto gli stanchi Rajput, ora meno organizzati per la foga di distruggere quello che credevano un nemico sconfitto. L'attacco sorprese gli inseguitori e li mise in fuga; gli altri musulmani tornarono indietro e li travolsero con i cavalli. Vedendo che il suo esercito si stava frantumando, Prithvaraja abbandonò il suo elefante e montò su un cavallo per fuggire più in fretta, ma lo slancio della carica portò i musulmani a raggiungerlo rapidamente: fu catturato dopo pochi chilometri e poi giustiziato; anche i suoi ufficiali morirono quasi tutti nella battaglia.

Le conseguenze

«Questa vittoria portò all'annessione di Ajmir, Hansi e Sirsuti, a un massacro senza precedenti, alla totale distruzione di templi e idoli, e alla costruzione di moschee» (Lane-Poole, Medieval India under Mohammedan Rule, cit., pp. 37,38). Tale fu l'effetto a breve termine, ma Mohamad non aveva finito di combattere: negli anni successivi, i suoi eserciti conquistarono territori verso oriente, soprattutto al comando di Kutab-ad-din, uno schiavo da lui posto sul trono come sultano di Delhi. Lo stesso Mohamad tornò periodicamente dall'Afghanistan per guidare le sue truppe, ma fu Kutab-ad-din il principale responsabile dell'espansione della potenza musulmana in tutta l'India settentrionale e colui che si occupò di pacificare le regioni a ovest e a sud di Delhi, mentre un altro generale, Mohammad Bakhtiyar, condusse forze musulmane fino al Bengala (1202), completando la conquista dell'Indostan. Nel 1193, le sue truppe occuparono la provincia di Binar, centro del buddismo in India: in breve tempo, i musulmani uccisero o dispersero i buddisti, e i sopravvissuti fuggirono in Nepal o in Tibet. Di conseguenza, il buddismo, in quanto fede largamente praticata, scomparve dall'India, affermandosi, invece, nell'Asia centrale e in Cina.

Dei due invasori dell'India, Mahmud di Ghazni rimase il più famoso per aver creato una capitale così grandiosa con il frutto delle razzie e, insieme ai suoi eredi, divenne un protettore delle arti. Mohamad di Ghor, tuttavia, fu colui che pose realmente le basi del dominio islamico in India. Anche se, come si è detto, i musulmani dovettero combattere ancora a lungo per affermare completamente il loro potere, dopo la sconfitta di Prithvaraja non vi furono altri eserciti in grado di contrastarli efficacemente. I Rajput caddero nominalmente sotto il loro controllo, anche se non si convertirono mai all'Islam e, conservando la loro cultura marziale, costituirono sempre una spina nel fianco dei vari governanti musulmani che si susseguirono. Anziché accontentarsi delle sue conquiste in India, Mohamad, con la sua natura di turco afgano, non rinunciò al sogno di affermare il predominio in Persia e in Medio Oriente; tuttavia, il tentativo fallì dopo una grave sconfitta da lui subita nel 1203, durante l'invasione di Khwarizm (l'attuale Khiva). Ciò mise fine al potere del suo clan in Afghanistan, lasciando Kutab-ad-din senza un padrone. Nel 1206, questi proclamò un nuovo governo e fondò quella che la storia avrebbe chiamato la dinastia dei sultani schiavi di Delhi, che dominò nell'India settentrionale su basi islamiche fino al 1290, quando venne rovesciata dall'invasione delle armate mongole. L'arrivo di queste ultime portò all'instaurazione della dinastia Moghul, la quale governò fino al 1857, anno in cui fu ufficialmente deposta dagli inglesi. Quindi, l'India è stata per otto secoli un Paese diviso dal punto di vista religioso, che viveva sotto un governo musulmano mentre la burocrazia e quasi tutti i maggiori proprietari terrieri (pagando tributi o tasse) rimanevano indù. Alcune differenze furono in gran parte superate durante la dominazione britannica, ma le due fedi raramente andarono d'accordo. Con l'indipendenza del 1948, l'antica ostilità costrinse a creare il Pakistan musulmano, che, da allora, si è sempre trovato in disaccordo con l'India a prevalenza indù.