Ars Bellica

Battaglie In Sintesi

Battaglia di Shaho

5 - 18 ottobre 1904

Gli avversari

Oyama Ivao

Maresciallo giapponese, nato a Satsuma nel 1842, morto a Tokyo nel dicembre 1916. Dopo avere preso parte attiva al rinnovamento politico-sociale iniziato dal Mikado (1868), fu inviato per studi militari in Europa. Trovandosi in Francia allo scoppio della guerra del 1870, ne colse occasione per osservare sul posto le operazioni della campagna. Assimilati i procedimenti della moderna arte militare si adoperò per introdurli nel Giappone, che ebbe in breve volgere di anni un esercito armato e addestrato alla maniera europea o, più esattamente, tedesca. Dopo aver contribuito a domare nel 1877 l'insurrezione reazionaria del suo clan di Satsuma, fu sottosegretario di stato agl'Interni, poi capo della polizia dell'impero (1879). L'anno seguente fu nominato ministro della Guerra e nel 1882 capo di Stato maggiore dell'esercito. Nel 1884 ritornò in Europa in missione a scopo di studi militari. Scoppiata la guerra cino-giapponese (1894) l'Oyama ebbe il comando di un corpo d'armata e fu suo merito la vittoria di Port Arthur. Conclusa la campagna, ebbe il grado di maresciallo dell'impero. Allo scoppio della guerra contro la Russia (1904) all'Oyama fu affidato il comando in capo dell'esercito operante. Alternando, secondo suggerivano le circostanze, l'offensiva e la difensiva strategica, riportò le vittorie di Liao-Yang e dello Sciaò, ebbe ragione nella battaglia di Sandepù della vigorosa controffensiva russa durante l'inverno, e batté infine il nemico attorno a Mukden, riducendo i Russi a dover chiedere la pace di lì a poco. Dalle forme diplomatiche cortesi, ma di estrema riservatezza, l'Oyama poté essere giudicato di temperamento apatico; ma la sua azione di capo in guerra prova che, in lui, lo spirito riflessivo non era di remora alle decisioni audaci. Dopo la guerra, accolto a Tokyo con feste trionfali, tenne ancora per quattro anni la carica di capo di Stato maggiore dell'esercito, dalla quale si ritirò per volontarie dimissioni, giudicando di avere compiuto la propria missione.


Aleksej Nicolaevic Kuropatkin

Generale russo, nato nel governatorato di Pskov nel 1848, morto a Mosca nel 1921. Arruolatosi a 16 anni, entrò a 26 a far parte dello Stato Maggiore, dopo essere stato per qualche tempo in missione presso il comando francese in Algeria. Nel 1876 partecipò alle operazioni nel Turkestan, e alla guerra turco-russa (1877-78) fu capo di Stato Maggiore del generale Skobelev. La sua fama di studioso e di critico sagace gli venne da uno scritto, tradotto in molte lingue, sulle operazioni russe nella guerra balcanica. Si distinse poi durante le operazioni nel Turkestan, nel corso delle quali conquistò Askhabad e guidò una marcia di 500 miglia per partecipare agli attacchi risolutivi della campagna. Da quel momento la sua fama di uomo d'azione salì alla pari di quella di studioso. Fu promosso, subito dopo, maggior generale (1882) e nel 1890 tenente generale. Scoppiata la guerra nell'Estremo Oriente (1904) il Kuropatkin lasciò il posto di ministro della Guerra per il comando in capo delle operazioni in Manciuria. Quando i successi giapponesi ebbero messo decisamente in scacco l'esercito russo il Kuropatkin fu sostituito nel comando in capo dal Linievic; e diede prova di grande nobiltà d'animo chiedendo, e ottenendo, un posto di combattimento alla dipendenza del nuovo generalissimo. Le memorie di guerra del Kuropatkin sono un esame critico delle istituzioni militari russe del tempo e in particolar modo delle deficienze funzionali che le caratterizzavano così nel campo della tecnica come in quello della disciplina, l'una e l'altra praticate senza una conveniente elasticità. La critica involgeva altresì e combatteva lo spirito di casta, di cui erano pervasi gli alti ambienti militari. Metteva in luce gli elementi d' inferiorità dell'esercito russo rispetto all'esercito giapponese, più a scopo di ammonimento per il futuro che per scagionare sé stesso; ammetteva, anzi, di aver commesso degli errori e dichiarava che nessuna responsabilità era da attribuire alle truppe, delle quali esaltava il valore. Durante la guerra mondiale ebbe dapprima il comando di un corpo d'armata, poi il governo militare del Turkestan. Allo scoppio della rivoluzione bolscevica, gli fu offerto - ed egli accettò - un posto di consigliere tecnico nell'esercito rivoluzionario. Dopo la morte del Kuropatkin il governo dei Sovieti ha tratto dagli archivi segreti del Ministero della guerra il Diario del generale Kuropatkin e lo ha dato alle stampe.

La genesi

Dopo la sconfitta, cercata più che trovata, di Liaoyang, dovuta alle incertezze di Kuropatkin, la situazione per le forze russe durante la guerra russo-giapponese, divenne sempre più difficile. Nel suo personalissimo scacchiere mentale, lo zar era determinato a salvare Port Arthur, posizione sicuramente strategica per il proseguio della guerra, ma, cosa molto più importante, era deciso a salvare, ad ogni costo, l'onore delle armi russe, ferito più che dalle armi nemiche dagli ordini dei suoi superiori i quali spesso le trattenenvano da furiosi, e forse opportuni contrattacchi, costringendoli a ritirate che portavano più perdite ed, ovviamente un morale non alle stelle. Lo zar così, ordino a Kuropatkin di risollevare le sorti della guerra in senso offensivo. Kuropatkin progettò, quindi, una controffensiva con larghi mezzi, infatti, dopo Liaoyang, Nicola II aveva decretato la costituzione di una II armata di Manciuria, ed a fine settembre era giunto nel teatro d'operazioni un nuovo Corpo d'armata (75.000 uomini e 170 pezzi d'artiglieria). La controffensiva si sarebbe realizzata con un'avanzata di due grossi gruppi, dell'est e dell'ovest, con un terzo di riserva, oltre al distaccamento cosacco di Miscenko. Il movimento iniziò il 4 ottobre, ma solo l'11 il gruppo est iniziò l'attacco. I giapponesi, però, già erano stati allertati dalla imprudenza della stampa russa e non solo, che dava per certa una manovra offensiva, infatti il proposito proclamato, nel famoso Pricas (Ordine del giorno) n. 687 del (19 settembre) 22 ottobre, da Kuropatkin all'esercito di Manciuria, fu reso di pubblico dominio, così che ne apparve il testo in tutte le lingue su tutti i giornali del mondo. Inutile specificare quanto vantaggio ebbe dato questa pubblicazione ai nipponici. Avuto prontamente cognizione dell'Ordine del Giorno nemico e delineatasi la ripartizione delle forze russe sul fronte d'attacco, Oyama stabilì che Kuroki prevenisse l'attacco del gruppo russo dell'est, sui monti, e che le altre due armate (Oku e Nozdu) operassero sul piano contro il gruppo ovest.

La battaglia

Il 5 ottobre l'esercito russo, con un totale di 210.000 uomini effettuò un'offensiva generale a nord di Liaoyang. Le forze giapponesi, seppur in inferiorita' numerica, erano in anticipo sugli avversari, vista la plateale uscita del piano russo dalla carta stampata, e consistevano nella I armata comandata dal generale Kuroki, la II armata comandata dal generale Oku e la IV comandata dal generale Nozdu, per un totale di 170.000 uomini. Grazie alle informazioni in possesso quindi, la sera del 10 ottobre il generale Oyama ordinò una controffensiva per colpire il fianco destro russo, e dopo tre giorni di accaniticombattimenti, il 13 ottobre i giapponesi riuscirono ad interrompere l'avanzata russa nelle montagne a nord est di Liaoyang, minacciando il centro russo a sud del fiume Sha. La lotta prosegui' ininterrottamente per altri quattro giorni (15-18 ottobre), con entrambe le parti, determinate a non indietreggiare, che si trovarono in pieno stallo.

Le conseguenze

Così dopo due settimane di combattimenti, lo scontro si concluse, come detto, con uno stallo generale. Nonostante l'opportunità ricevuta dall'apertura della ferrovia Transiberiana ed i grandi rinforzi ricevuti grazie ad essa, cosa che richiedeva già prima dello scontro a Liaoyang, Kuropatkin non era riuscito ad avanzare e venne costretto a ritirarsi verso Mukden, anche se perfino i giapponesi, nonostante il vantaggio delle informazioni, non furono capaci di sfruttare appieno l'opportunità. Ma analizzando meglio la situazione, il risultato della battaglia di Shaho sancì quasi definitivamente il fallimento della tanto decantata controffensiva russa. La battaglia dello Shaho, combattuta su di un fronte di oltre 60 Km, fu, fino a quel momento, la battaglia campale più vasta e sanguinosa del conflitto. Le perdite russe ammontarono a 44.351 tra morti (circa 42.000), feriti e dispersi in azione, mentre quelle giapponesi furono di 20.345 tra morti (circa 16.000), feriti e dispersi. Dal punto di vista strategico, in definitiva, il fronte si consolidò davanti alle difese di Mukden, con i russi che aveva mancato ancora un'opportunita'.



Bibliografia:
"Historical Dictionary of the Russo-Japanese War". Scarecrow, Kowner, Rotem (2006)
"The Origins of the Russo-Japanese War." Longman, Nish, Ian (1985)
"Rising Sun and Tumbling Bear." Cassell, Connaughton, Richard (2003)
"The Russo-Japanese War", The Macmillan Company, F.R. Sedwick, (R.F.A.), N.Y., 1909
"La guerra russo-giapponese (1904-1905) attraverso le testimonianze dei corrispondenti della stampa e degli addetti militari italiani.", in "Storia d'Europa" XXIV ciclo, Andrea Crescenzi, Sapienza, Roma 2010-2011