Battaglie In Sintesi
12 dicembre 627
Figlio di Eraclio esarca d'Africa, era un abile generale, spodestò il tirannico Foca (610), dedicandosi subito al problema persiano: dopo 16 anni di vittorie e abili ritirate, impose ai Sasanidi (628) una pace che li costringeva a ritirarsi dai territori conquistati dopo il 604. Favorì il monotelismo per dare all'impero, riunificato militarmente, una più salda unità religiosa.
Quando il padre nel 608 si ribellò contro Foca, Eraclio mosse verso Costantinopoli dove uccise il tiranno e fu incoronato imperatore il 5 ott. 610 dal patriarca Sergio. Fra il 612 e il 617 condusse tre sfortunate spedizioni contro i Persiani che avevano saccheggiato Gerusalemme; ripresa l'offensiva nel 622, la condusse in modo mirabile: fatto un accordo con gli Avari, nuovi alleati dei Persiani, passò (623) attraverso la Cappadocia e l'Armenia in territorio persiano, vincendo Cosroe. Ebbe ancora limitati successi nel 624 e nel 625, in una alterna vicenda di progressi e di abili ritirate; ma nel luglio del 626 dovette rientrare improvvisamente a Costantinopoli assediata dagli Avari che avevano rotto la pace. Li sconfisse duramente, e riprese la campagna nella Media, dove presso le rovine di Ninive batté i Persiani, imponendo (628) al successore di Cosroe, Kavadh II Shiroe, una dura pace che lo obbligava al ritiro da tutti i territori occupati dopo il 604. Rientrato a Costantinopoli, volle favorire il monotelismo escogitato dai patriarchi Sergio di Costantinopoli e Ciro di Alessandria per accordare i monofisiti con gli ortodossi. Nel 634-6366 dovette affrontare l'invasione degli Arabi che occuparono la Siria e quindi l'Egitto, dove Alessandria fu occupata lo stesso anno della morte di Eraclio. Dallo stesso Eraclio I prende inizio la dinastia eracliana, che regnò a Bisanzio fino al 711.
Rhahzadh, originariamente Roch Vehan, noto nelle fonti bizantine come Rhazate, è stato un generale persiano di origine armena vissuto sotto il rerno sasanide di Cosroe II. Mentre la guerra che era iniziata nel 602 tra Sasanidi e l'Impero Bizantino era vicina al suo venticinquesimo anno, l'imperatore bizantino Eraclio fu protagonista di una mossa audace. Appena la campagna del 627 fu conclusa, Eraclio raccolse il suo eterogeneo esercito, composto di Göktürks e Romani, ed invase il cuore della Persia all'inizio di settembre. La notizia gettò Cosroe nel panico. Dopo tanti anni di guerra, il suo esercito era esausto ed i suoi due generali più importanti non erano più disponibili; Shahin era morto e Shahrbaraz era assente in Egitto, temendo che Cosroe lo volesse morto. Di conseguenza, Cosroe raccolse un esercito e nominò come suo comandante Rhahzadh, un nobile e coraggioso guerriero.
Rhahzadh mosse immediatamente lo stesso esercito, così da tagliare la strada ad Eraclio ed impedirgli di raggiungere Ctesifonte, la capitale persiana. Eraclio continuò la marcia, bruciando e saccheggiando ovunque andasse. Infine lo stesso generale bizantino attraversò il Grande fiume Zab accampandosi, impedendo così a Rhahzadh di attraversare lo stesso ponte se non attraverso lo scontro. Lo stesso generale persiano decise così di evitare momentaneamente la battaglia e decise di guadare il fiume più a valle. Quando Eraclio venne informato di questo movimento prese parte del suo esercito sotto Baanes per attaccare Rhahzadh. Nella scaramuccia che seguì i romani uccisero e catturarono molti persiani, tra cui l'assistente personale di Rhahzadh. Da lui Eraclio apprese che Rhahzadh attendeva circa un ulteriore rinforzo da 3000 guerrieri. Il generale bizantino prese seriamente in considerazione questa ulteriore svolta nella sua campagna, soprattutto in considerazione del fatto che il esercito si stava già gravemente indebolendo per le diserzioni del contingente turco: i rinforzi che avrebbe avuto eventualmente a disposizione di Rhahzadh potevano così far pendere la bilancia decisamente in favore dei persiani.
Così, il 12 dicembre 627, nei pressi di Ninive, Eraclio iniziò a schierare il suo esercito in una pianura attendendo l'arrivo di Rhahzadh. Il generale persiano, non considerò l'accuratezza della disposizione bizantina e mosse le proprie truppe per affrontare i Greci. Tirò il suo esercito in tre divisioni simili a falangi , e avanzò verso Eraclio. Al culmine della battaglia Rhahzadh improvvisamente sfidato Eraclio a singolar tenzone con la speranza di costringere i romani a fuggire.La sua scelta però si dimostrò troppo azzardata: morì in quello stesso duello e con la sua vita finirono le speranze di vittoria dell'esercito persiano a Ninive e nell'intera guerra bizantino-sasanide.
Oltre a dover farsi carico di limitare le azioni sempre pressanti delle poplazioni slave nei propri confini settentrionali, l'impero romano d'Oriente, o bizantino, dovette farsi carico anche di una delle sfide mai chiuse dal suo presitgioso predecessore: il conflitto a oriente coi persiani. Le guerre, ormai secolari, contro l'impero, prima partico ed ora sasanide si svilupparono nel corso dei secoli, e si chiusero solo con la guerra romano-persiana del 602-628, combattuta proprio contro i persiani della dinastia Sasanide. La guerra precedente si era conclusa nel 591 in seguito all'intervento militare di Maurizio contro l'usurpatore sasanide Bahram Chobin per restaurare il re legittimo sasanide Cosroe II sul trono. Nel 602, Maurizio fu assassinato da una rivolta dell'esercito che elesse imperatore il trace Foca. L'assassinio del suo benefattore fornì a Cosroe il pretesto di dichiarare guerra a Foca, con la giustificazione di dover vendicare l'assassinio di Maurizio. La guerra durò ben tre decenni, e coinvolse gran parte del Medio Oriente, oltre alla Tracia: le zone coinvolte furono in particolare l'Egitto, il Levante, la Mesopotamia, il Caucaso, l'Anatolia, e persino i dintorni di Costantinopoli stessa.
Se nella prima fase del conflitto (dal 602 al 622) i Persiani conseguirono importanti successi, occupando senza grandi difficoltà Siria, Palestina, Egitto, e alcune regioni dell'Anatolia, l'ascesa al trono bizantino di Eraclio nel 610 portò alla fine alla sconfitta persiana, nonostante i successi iniziali di Cosroe II. Le campagne di Eraclio condotte in territorio persiano dal 622 al 626 alterarono l'equilibrio, costringendo i Persiani sulla difensiva e permettendo ai Bizantini di riguadagnare terreno. Una volta alleatasi con gli Avari, i Persiani fecero un ultimo tentativo di espugnare Costantinopoli nel 626, ma fallirono nell'impresa. Mentre l'assedio di Costantinopoli era ancora in corso, Eraclio strinse un'alleanza con i Kazari, promettendo la mano di sua figlia Eudossia Epifania al loro khan Ziebel, formando così un esercito di settantamila uomini tra Bizantini ed i loro alleati. L'Impero sasanide era ormai in difficoltà; l'ultima carta (l'assedio di Costantinopoli) non aveva funzionato e ora la Persia doveva combattere due nemici a causa dell'entrata in guerra degli stessi Kazari.
Nella primavera del 627 l'Augusto lanciò la sua ultima campagna contro i Persiani. I Kazari nel Caucaso gli avevano inviato 40.000 dei loro soldati come rinforzi, invadendo nel 626 l'Impero persiano e segnando l'inizio della Terza guerra persiano-turca. Le operazioni coordinate tra Bizantini e Göktürk si concentrarono sull'assedio di Tiflis, dove i Bizantini usarono catapulte a trazione per creare brecce tra le mura, uno dei primi usi conosciuti di quest'arma tra i Bizantini. Cosroe inviò 1.000 cavalieri per rinforzare la difesa della città, ma nonostante tutto essa cadde in mani kazare nel tardo 628. Ziebel tuttavia perì alla fine di quello stesso anno, liberando Epifania dalla prospettiva di un matrimonio con un barbaro. Verso la metà di settembre del 627, Eraclio lasciò Ziebel a continuare l'assedio di Tiflis, decidendo di invadere il cuore dell'Impero persiano in una sorprendente campagna invernale. Il suo esercito comprendeva tra i 25.000 e i 50.000 soldati bizantini, ai quali vanno aggiunti 40.000 Göktürk che, tuttavia, intimoriti dall'arrivo dell'inverno e dai costanti attacchi dei Persiani, decisero di disertare, ritornando nella loro patria. Eraclio avanzò comunque rapidamente, ma era tallonato da un esercito persiano condotto dall'armeno Rhahzadh, che incontrava difficoltà a rifornire il suo esercito a causa delle requisizioni bizantine di approvvigionamenti nel corso della loro avanzata a sud verso l'Assiria. Eraclio nel frattempo stava compiendo una serie di saccheggi e di massacri (un modo per vendicarsi dei saccheggi compiuti dai Persiani) e dal 9 al 15 ottobre si fermò nella terra di Chamaetha, dove fece riposare le sue truppe. Il 1 dicembre 627 Eraclio raggiunse il fiume Grande Zab, lo attraversò e raggiunse Ninive.
In realtà Eraclio aveva trovato, nella pianura ad ovest del fiume Grande Zab, ad una certa distanza dalle rovine di Ninive, un perfetto sito in cui dar battaglia. La conformazione della pianura permetteva ai Bizantini di poter approfittare dei loro punti di forza, cioè lance e combattimento corpo a corpo. Inoltre, una provvidenziale nebbia ridusse il potenziale offensivo persiano, i cui arcieri e giavellottieri non potevano impedire ai Bizantini, in quelle condizioni, di caricare a pieno regime, senza subire perdite importanti.
Rhahzadh decise di dividere le sue forze in tre parti e attaccò. Eraclio, imitando quella che sarà la tecnica principe dei futuri nemici di Bisanzio, gli arabi, effettuò una finta ritirata per condurre i Persiani alle pianure prima di invertire il senso di marcia delle sue truppe prendendo completamente di sorpresa i Persiani. Dopo otto ore di combattimento, i Persiani, improvvisamente, visto che ancora non si era verificato un vero tracollo del proprio esercito, decisero di ritirarsi, e fuggire nei dintorni della pianura stessa. In realtà, la fuga persiana era giustificata da un evento decisivo che si era verificato poco prima. Al culmine della battaglia Rhahzadh improvvisamente sfidato Eraclio a singolar tenzone con la speranza di costringere i romani a fuggire. Eraclio ha accettato la sfida e spronò il cavallo in avanti e con un solo colpo ha colpito la testa di Rhahzadh, prendendo come trofei dal cadavere del generale persiano lo scudo e la corazza formata da di 120 tavole d'oro. Con la morte di Rhahzadh perirono le speranze di vittoria dei Persiani: vedendo il loro coraggioso comandante e molti altri ufficiali di alto rango venire uccisi da Eraclio e dalle sue truppe, i soldati persiani decisero di darsi alla fuga. Ma questa fuga non si trasformò in una disfatta. I bizantini, considerando anche la forte posizione in cui si trovavano, non si diedero all'inseguimento neanche dopo essersi assicurati il totale dominio del campo di battaglia, con delle perdite sconosciute ma sicuramente minime. I persiani lasciarono nei pressi di Niniva almeno 6000 combattenti, tra cui il loro stesso generale Rhahzadh.
Alla fine della giornata, quasi come una beffa, arrivarono perfino i 3.000 uomini di rinforzo ai persiani, ma ormai era troppo tardi per poter fare la differenza nella battaglia di Ninive.
La vittoria di Ninive non fu totale, visto che i Bizantini non furono né in grado di catturare il campo persiano, né di sterminarne l'esercito. Tuttavia, questa vittoria era significativa perché distruggeva le speranze di resistenza dei Persiani. Con nessun esercito persiano rimasto ad opporsi a lui, Eraclio con il suo esercito vittorioso saccheggiò Dastagird, il palazzo di Cosroe guadagnando enormi ricchezze, oltre al recupero di 300 stendardi romano/bizantini persi durante i secolari scontri con i persiani. Cosroe, nel frattempo era già fuggito sulle montagne di Susiana per cercare di ottenere aiuti per la difesa di Ctesifonte. Ma Eraclio non poteva attaccare la stessa città poiché il Canale di Nahrawan venne bloccato dal crollo di un ponte.
L'esercito persiano si ribellò e rovesciò Cosroe II, portando al potere suo figlio Kavadh II. Cosroe perì in un sotterraneo dopo aver sofferto per quattro giorni, nudo, la fame. Pare che venne ucciso, lentamente, con il lancio di frecce sul finire del quinto giorno. Kavadh si attivò immediatamente per la pace inviando una pronta offerta a Eraclio. Eraclio non impose condizioni difficili per i persiani, sapendo che anche il suo impero era allo stremo. In base al trattato di pace, i Bizantini riconquistarono tutti i loro territori perduti, i loro soldati catturati, una indennità di guerra, e come simbolo, dal grande significato spirituale, la Vera Croce e altre reliquie che erano state perse a Gerusalemme nel 614. La battaglia segnò così la fine delle guerre romano-persiane.