Ars Bellica

Battaglie In Sintesi

Battaglia di Megiddo

15 maggio 1479 a.C.

Il faraone

Thutmosi III Faraone della XVIII dinastia egiziana (1479-1425 a.C.)

Thutmosi era solo un bambino quando il padre morì e per circa 21 anni fu tenuto lontano dal trono dalla matrigna Hatshepsut, prima reggente e poi faraone. Alla sua morte Thutmosi si riappropriò del trono e condusse una serie di campagne militari che, in circa diciassette anni, portarono alla formazione del più vasto impero che l'Egitto abbia mai avuto, dall'Eufrate, in Asia, alla IV cateratta del Nilo, in Africa. Queste spedizioni erano dirette contro le città e gli Stati della Siria-Palestina, ma anche contro Mitanni, il potente Stato dell'alta Siria, che contendeva all'Egitto l'accesso alle risorse del legno di cedro, del rame e degli altri beni di lusso. Dopo aver sottomesso tutta la regione Thutmosi oltrepassò l'Eufrate, penetrò nel territorio di Mitanni e sconfisse un principe nemico. Seguirono anni di pace in cui il sovrano si dedicò alla costruzione di templi nei maggiori centri della Nubia e dell'Egitto e sovrappose il suo nome sui monumenti della regina Hatshepsut. Gli annali delle sue guerre, iscritti nel santuario di Ammone a Karnak, raccontano le vicende militari con bello stile narrativo, ricco di episodi drammatici in cui l'eroismo e l'acume del sovrano sono messi in evidenza. Segue anche il resoconto meticoloso del bottino di guerra e dei tributi imposti ai popoli vinti che illustrano l'enorme quantità di beni che affluirono in Egitto dall'impero asiatico e nubiano.

La genesi

Nei primi anni del XVIII secolo a.C., la potenza del Medio Regno egiziano stava declinando, fatto questo che coincise con l'immigrazione degli Hyksos, un popolo semitico proveniente probabilmente dalla regione palestinese, che si servì di armamenti superiori per rovesciare la traballante XIII dinastia. La dinastia Hyksos iniziò a governare l'Egitto nel 1786 a.C. e durò fino al 1575 a.C., quando ormai era divenuta paga e fiduciosa al punto da perdere forza e consentire alla popolazione egiziana di riassumere il controllo del proprio Paese. Il faraone che diede inizio all'era del Nuovo Regno fu Ahmose che guidò l'Egitto dal 1575 al 1550 a.C. Non soddisfatto di riprendere semplicemente possesso della sua terra, Ahmose decise di allargare i confini nordorientali per stabilire una forte zona tampone; volle inoltre estendere la supremazia della sua gente, perché il contatto con popoli forestieri aveva dato agli Egiziani il gusto di cose che si potevano trovare soltanto al di là delle loro frontiere. Perciò, le guerre mosse dal faraone furono motivate dal desiderio di conquista e da ragioni di commercio e di sicurezza. Seguendo l'esempio di Ahmose, i suoi successori estesero l'autorità egiziana nella regione lungo il Mediterraneo orientale e, verso sud, in Nubia, l'odierno Sudan. Sotto la guida di Thutmosi I, nipote di Ahmose, l'Egitto stabilì la propria egemonia in Palestina e in Siria. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1510, l'espansione egiziana subì però una battuta d'arresto a causa del comportamento del nuovo faraone, Hatshepsut, l'unica donna che lo sia mai diventata, figlia di Thutmosi I e sorellastra nonché moglie di Thutmosi II. Quando questi morì, nel 1490, in un primo tempo Hatshepsut governò il Paese in qualità di reggente per il giovane figlio Thutmosi III, ma ben presto gettò la maschera e governò apertamente come faraone. La sua amministrazione (1490-1468 a.C.) fu caratterizzata da oltre 20 anni di pace, durante i quali l'Egitto intraprese un serio programma di costruzione di templi e monumenti.

La passiva politica estera di Hatshepsut, tuttavia, incoraggiò i re assoggettati del Medio Oriente a considerare l'idea dell'indipendenza: sotto la guida del re di Qadesh, sostenuto dal potente popolo dei Mitanni stanziati a est dell'Eu-frate, la Siria e la Palestina si liberarono dal dominio egiziano più o meno all'epoca della morte di Hatshepsut. Visto che le prime avvisaglie di malcontento non erano state sedate dalle forze egiziane, il re di Qadesh, che probabilmente esercitava la sovranità sulla maggior parte della Siria e della Palestina, chiese e ricevette dichiarazioni di fedeltà da parte dei re a lui soggetti. Tuttavia, alcuni piccoli regni nel sud della Palestina esitarono, memori forse di Ahmose e della punizione riservata a chi si comportava slealmente; perciò, Qadesh inviò truppe per obbligarli a cooperare, e sembra che il regno dei Mitanni fornisse segretamente il proprio appoggio. I Mitanni erano essi stessi una potenza nascente, che allora rivaleggiava con quella altrettanto in embrione degli Assiri: se Qadesh avesse avuto successo nel colpire l'Egitto, certamente i Mitanni ne avrebbero ricavato dei vantaggi, o almeno così speravano. La causa della morte di Hatshepsut non è stata mai appurata con sicurezza: potrebbe essersi trattato di un assassinio commissionato da Thutmosi III: in ogni caso, costui era impaziente di salire al trono e ripristinare la potenza egiziana. Dopo avere ordinato di cancellare il nome di Hatshepsut da tutti gli edifici pubblici, si accinse a riorganizzare un esercito rimasto inoperoso per oltre due decenni. I confini meridionali del Paese erano sicuri, poiché i Nubiani si erano sempre più egizianizzati, ed egli poteva quindi concentrarsi sui re ribelli dei territori nord-orientali senza doversi preoccupare che il suo esercito venisse minacciato alle spalle. Non è stato mai accertato quanti uomini componessero le forze di Thutmosi: la maggior parte degli storici ritiene che nessun corpo di spedizione egiziano abbia mai contato più di 25.000-30.000 soldati; quasi sicuramente, perciò, questo primo esercito in movimento dopo un intervallo così lungo dovette essere numericamente inferiore. L'esercito egiziano era composto soprattutto dalla fanteria, equipaggiata con scudi e armi portate al fianco, asce o spade a lama curva; l'aristocrazia combatteva a bordo di cocchi, probabilmente con l'arco; le armi dell'epoca erano di bronzo. Le truppe affrontate dagli Egiziani avevano dotazioni molto simili.

Nel suo secondo anno di regno, Thutmosi III condusse in azione l'esercito. A quanto pare, si rivelò un organizzatore capace, perché i rapidi progressi delle sue forze indicano un ben congegnato sistema logistico; inoltre, egli fu verosimilmente il primo faraone a portarsi dietro i propri cronisti, dal momento che i particolari della marcia e della battaglia coincidono con la campagna militare. Megiddo rappresentò la prima battaglia della storia per la quale si possa affermare ciò. Thutmosi lasciò il delta del Nilo da Tharu il 19 aprile 1479 e dopo soli 9 giorni era a Gaza, dopo aver percorso circa 260 chilometri lungo la costa. Vi giunse nell'anniversario della sua incoronazione, ma non perse tempo in festeggiamenti: il mattino successivo, le truppe erano in marcia.

La battaglia

Dodici giorni dopo la partenza da Gaza, gli Egiziani si accamparono a Yehem, a 130-145 chilometri di distanza, probabilmente a circa 25 da Megiddo. L'obiettivo era questa città fortificata, poiché informatori di Thutmosi avevano riferito che il re di Qadesh e tutti gli altri ribelli si trovavano li. Delle tre possibili direttrici a disposizione del faraone per raggiungere Megiddo, Thutmosi scelse la strada che passava a nord di Aruna, lungo il crinale del monte Carmelo, la quale girando a nord-est di Megiddo conduceva direttamente alla città attraverso uno stretto valico. Fosse per l'accuratezza del suo giudizio o per la bontà delle informazioni ricevute, la scelta di Thutmosi si rivelò opportuna. A quanto pare, al re di Qadesh non venne mai in mente che il faraone potesse essere tanto stupido da rischiare la vita dei propri uomini facendoli passare attraverso una stretta gola, perciò concentrò il grosso dell'esercito sulla strada nei pressi di Tannach. Il 13 maggio, Thutmosi guidò i suoi da Yehem verso Aruna; giunti nelle vicinanze del passo, assunse con il proprio carro la posizione di testa, una decisione certamente studiata per ispirare fiducia ai soldati e assicurarli della certezza della sua scelta. Superato il valico, incontrarono soltanto una piccola forza di protezione, che venne rapidamente spazzata via. A questo punto, il faraone volle dare ascolto ai suoi subordinati e, invece di lanciarsi all'inseguimento, acconsentì a schierare gli uomini in posizione difensiva per consentire a tutta la colonna di uscire dalla gola. Avvertito dell'arrivo dell'esercito egiziano, il re di Qadesh fece ripiegare le sue truppe verso Megiddo.

Nel pomeriggio o nella serata, Thutmosi decise di non attaccare le forze di Qadesh, preferendo invece attestarsi a ovest della città. Spiegò le truppe ad arco attraverso il piccolo fiume Kina, con i fianchi piazzati su alcune alture: questo gli offriva una buona via di ritirata, se fosse stato necessario. Nella notte del 14 maggio, i due eserciti si accamparono uno di fronte all'altro. All'alba, Thutmosi divise le forze in tre gruppi: si pose al comando del centro, mentre il fianco sinistro si stendeva a nord-ovest di Megiddo per assumere una posizione in grado di bloccare qualsiasi ritirata nemica sulla strada che dalla città conduceva in quella direzione. I particolari della battaglia sono troppo frammentari per capire come si svolse. Tutti i cronisti dell'epoca concordano nell'affermare che il nemico fuggì davanti alle truppe del faraone: «Sua Maestà avanzava sul cocchio d'oro e d'argento ornato con le sue insegne di guerra, come Horus, il signore della forza, armato di artigli, come Mentu di Tebe, mentre suo padre Ammone-Rà gli affilava le armi». A parte i dettagli mancanti, gli Egiziani presero il sopravvento e il nemico fuggì precipitosamente pera rifugiarsi tra le mura della città, abbandonando il campo e gran parte dell'equipaggiamento: fu questo che salvò i ribelli, almeno temporaneamente. Le truppe egiziane, attratte dalla prospettiva del bottino, trascurarono l'inseguimento, preferendo darsi al saccheggio; ciò permise al nemico di mettersi in salvo, anche se a stento: gli abitanti della città, infatti, chiusero le porte troppo in fretta, e i soldati in fuga dovettero issarsi sulle mura per mezzo di corde fatte con gli abiti. Thutmosi non fu contento del comportamento dei suoi uomini e li rimproverò aspramente. Non essendo riuscito a espugnare subito Megiddo, Thutmosi organizzò l'assedio: ordinò di costruire un muro di cinta con il legname dei boschi circostanti e il cui bastione venne chiamato "Thutmosi, l'accerchiatore di asiatici"; nella cinta fu ricavata una sola porta, attraverso la quale potessero uscire gli assediati desiderosi di arrendersi. I particolari dell'assedio furono trascritti su un rotolo di pergamena conservato nel tempio di Ammone, ma di esso rimane soltanto la menzione. La campagna era abbastanza ricca da permettere agli Egiziani di trarre un buon nutrimento dai campi, dai bovini e dai greggi di pecore. La durata dell'assedio è controversa: le stime vanno da 3 settimane a 7 mesi, anche se probabilmente si trattò di un'operazione breve. In ogni caso, gli assediati finirono per restare a corto di cibo e si arresero.

Le conseguenze

Sebbene molti dei re ribelli venissero presi prigionieri dopo essersi arresi durante l'assedio o alla caduta della città, il re di Qadesh riuscì a sfuggire alla cattura, probabilmente subito dopo la battaglia. Thutmosi non infierì troppo sui re prigionieri o sulla città stessa, anche se trasferì in Egitto buona parte delle ricchezze di quest'ultima. Tuttavia, aveva catturato sul campo di battaglia il figlio del re, e lo portò in Egitto come ostaggio, insieme ad alcuni membri della famiglia reale e ai figli di altri re ribelli, ormai umiliati. La descrizione delle prede di guerra è lunga e impressionante, e comprende 924 cocchi, 2238 cavalli, 200 corazze e la tenda appartenente al re di Qadesh, con tutti i mobili e le suppellettili. Aggiungendo il bottino delle successive vittorie riportate nel corso della campagna, in totale furono incamerati 193 chili d'oro e d'argento. Con Megiddo ormai saldamente nelle sue mani, Thutmosi guidò l'esercito verso nord, in direzione del Libano, prendendo possesso di Yenoam, Hernke-ru e Nuges. Non sappiamo se queste città avessero fatto atto di sottomissione al faraone durante l'assedio di Megiddo, o se Thutmosi dovette conquistarle volta per volta: in ogni caso, caddero rapidamente sotto il suo controllo. Egli ordinò di costruire una fortezza nella regione per sventare eventuali minacce del re di Qadesh sfuggito alla cattura, e procedette a ristabilire l'egemonia egiziana accettando la sottomissione dei re locali, oppure sostituendoli con altri a lui fedeli. Come aveva fatto con il figlio del re di Qadesh, portò in Egitto anche i figli di quei governanti: ciò non solo gli assicurava la loro collaborazione, ma gli permetteva di far educare gli ostaggi immergendoli nella cultura e nella potenza egiziana, rendendoli così molto più controllabili quando fossero stati pronti a succedere ai padri.

Thutmosi tornò a Tebe, la capitale, agli inizi di ottobre, padrone di un nuovo e più stabile impero egiziano. Non sarebbe stato sempre felice: dovette infatti condurre altre quindici campagne nelle regioni nord-orientali, sia per domare ribellioni, sia per sventare minacce straniere. Nel corso dell'ottava di tali campagne, combattè e sconfisse i Mitanni sull'altra riva dell'alto Eufrate, portando l'impero al massimo della sua estensione e trasformando completamente l'Egitto come nazione: la ricchezza che affluiva nel Paese sotto forma di tributi annuali era talmente enorme da permettere la costruzione di quei templi ed edifici pubblici che ancor oggi lo rendono famoso, oltre alle piramidi e alla Sfinge. La potenza egiziana aveva raggiunto l'apice. Da allora in poi, i Popoli del Mare, gli Ittiti, gli Assiri, i Persiani, i Greci e alla fine i Romani indebolirono l'Egitto o lo dominarono.



Bibliografia:
"Ancient Egypt's Warfare", Douglas Benson, Ashland, OH, Book Masters, 1995
"A history of Egypt", James Henry Breasted, London, Hodder & Stoughton, 1905
"The great battles of Antiquity", Richard Gabriel - Donald Boose, Westport, CT, Greenwood press, 1994
"A history of Egypt", vol. II, William Petrie, Freeport, NY, Books for Library Press, 1904
"When Egypt ruled the East", George Steindorff - Keith Seele, Chicago, University of Chicago Press, 1957
"Le cento battaglie che hanno cambiato la storia", P.K. Davis, Newton, Roma, 2003