Battaglie In Sintesi
1 - 13 Dicembre 1914
Nominato capo di Stato maggiore nel 1906, riorganizzò l’esercito e la scuola di guerra; sostenitore deciso di una guerra preventiva contro l’Italia e la Serbia, al fine di reprimerne le aspirazioni irredentistiche, fu allontanato dalla carica su richiesta del ministro degli Esteri Aehrenthal, contrario alla sua politica. Richiamato nel 1912, durante la Prima guerra mondiale fu capo delle forze austriache. Quasi sempre in disaccordo con lo stato maggiore germanico, contro l’opinione del generale E. Falkenhayn, attuò l’offensiva del 1916 nel Trentino, con grave danno per le operazioni sul fronte russo. Esonerato dall’incarico e investito, nel 1917, del comando del gruppo d’armate del Tirolo, progettò, l’anno seguente, la battaglia del Piave, che, risoltasi in un insuccesso, segnò il suo crollo. Scrisse un libro di memorie: Aus meiner Dienstzeit, 1906-18 (1921-25).
Comandante della Scuola militare di Wiener-Neustadt (1910-14), nel 1914 ebbe il comando di una divisione di fanteria. Si distinse nella battaglia di Limanowa-Lapanów (5-7 dic. 1914), ove arginò l'avanzata russa; partecipò poi alla battaglia di Gorlice (1915), prese le formidabili posizioni russe di Tarnów, e partecipò all'attacco contro Przemysl e Leopoli. Nel 1916 gli fu affidata la difesa del Trentino, particolarmente la zona delle Dolomiti.
Generale bulgaro fu capo di Stato Maggiore dell'esercito bulgaro dal 1º gennaio 1904 al 28 marzo 1907, poi fu generale dell'esercito russo durante la prima guerra mondiale (1914-1918).
Nato nell'impero ottomano, nel villaggio di Gradets (Regione di Sliven), ma cresciuto dalla nonna a Kotel, nel 1881 Dimitriev fu promosso a tenente e nel 1884 divenne capitano dopo la laurea conseguita alla Accademia di San Pietroburgo. Nel 1895 prese parte alla guerra serbo-bulgara, era uno dei comandanti del Corpo Occidentale, combatté le vittoriose battaglie di Slivnica (17-19 novembre) e di Pirot (26-27 novembre).Durante la prima guerra mondiale (1914-1918) Radko Dimitriev servì nell'esercito russo come comandante della 3ª armata in Galizia, con cui prese parte il 23 agosto–11 settembre 1914 alla vittoriosa battaglia di Galizia contro gli austro-ungarici. Dal 24 settembre 1914 al 22 marzo 1915 comandò il vittorioso assedio di Przemysl contro gli austro-ungarici.
Riconfermato, alla fine del 1916, al comando della 12ª armata sul fronte di Riga, nell'estate 1917 Alekseev lo sostituì con Ruszky, in quanto Dimitriev aveva dimostrato debolezza e indulgenza coi comitati dei soldati che erano sorti ovunque dopo la rivoluzione di febbraio (1917). Dimitriev congedato andò con la famiglia nella località turistica di Pyatigorsk nel Caucaso, ma il 18 ottobre 1918 fu fucilato insieme ad altri 100 ufficiali, nell'eccidio perpetrato dalle guardie rosse.
L'inverno del primo anno di guerra sul fronte orientale si apriva con le truppe tedesche che si portarono fin nel cuore della Polonia russa, mentre quelle russe penetrarono ancora più a fondo nella Galizìa austriaca. A mano a mano che i tedeschi avanzavano nelle province polacche dell'impero zarista, la popolazione locale infieriva contro, gli ebrei, che pure vivevano in quelle terre da secoli. Botteghe, case e sinagoghe vennero saccheggiate. Nella zona occupata dalle divisioni russe, a quanto riferì l'ambasciatore francese a Mosca, Paléologue, ogni giorno venivano impiccati ebrei, accusati di parteggiare per i tedeschi, di cui si sarebbero augurati la vittoria. Che 250.000 ebrei prestassero servizio nell'esercito russo non bastava a vincere i pregiudizi. Centinaia di migliaia di ebrei furono costretti ad abbandonare le proprie case a Lódz, Piotrków, Bialystok, Grodno, e in altre decine di città e villaggi. Si misero in cammino, portando con sé quel poco che un carretto 0 un fagotto potevano contenere, e si diressero verso est, rifugiandosi nella profonda Russia, lontano dal fanatismo delle zone dove infuriava la guerra.
Sul fronte orientale le vittime erano ancora più numerose che su quello occidentale. Il 12 ottobre Stanley Washburn, inviato speciale del «Times» al seguito delle armate russe, scrisse dall'ospedale militare di Rovno: «Vagando fra le sconfinate corsie affollate di feriti, si è via via sempre più sorpresi di quali mutilazioni un uomo possa subire e, nel contempo, di come possa ristabilirsi con le cure mediche odierne. Il corpo umano è così delicato che si stenta a credere che possa sopportare offese tanto terribili e riprendersi tornando come nuovo. C'era un soldato al quale una pallottola aveva trapassato il cranio. Gli medicarono la ferita e due settimane dopo l'uomo stava quasi bene». Altri, colpiti allo stomaco, alla vescica o ai polmoni, «riuscivano a guarire come se prendersi una fucilata fosse la cosa più normale di questo mondo».
Una decina di giorni dopo, dal fronte della Galizia, Washburn inviò al «Times» la sua testimonianza del campo di battaglia: «Tutt'in-torno ai crateri scavati dalle granate sono sparsi in ogni direzione i frammenti di panno azzurro delle divise austriache; sul campo di battaglia si possono ancora vedere monconi di braccia, una gamba infilata in uno stivale e altri macabri brandelli di soldati che, rispettosi della disciplina, hanno tenuto la posizione sotto una pioggia di bombe e di granate».
Sul luogo in cui fino a poco prima si combatteva, Washburn scorse un crocifisso di legno. Un braccio del Cristo era stato «staccato da una scheggia di granata». Alla croce era inchiodata una tavoletta, rozzamente incisa, con la scritta: «Qui giacciono i corpi di 121 combattenti austriaci e di 4 soldati russi».
Il 17 ottobre nella Polonia meridionale le truppe tedesche, attaccate da forze russe molto più numerose, furono costrette a ritirarsi. Alcune unità arrivarono a indietreggiare addirittura dì 100 chilometri.
I russi erano ora in una posizione da cui potevano minacciare il cuore industriale della Germania, vale a dire la Slesia. Dando prova di grande abilità logistica, Ludendorff e Hoffmann spostarono la 9a armata tedesca, che era schierata a nordest - fra Posen e Cracovia -, disponendola a sudest - fra Posen e Thorn -, in modo da incombere sulla città russa di Lódz e costringere le truppe zariste, che in quel momento si accingevano a penetrare in Slesia, a difendere la città. Fu in questa fase che le forze polacche schierate con l'esercito austriaco scesero per la prima volta in campo contro i russi.
Il 18 novembre le truppe tedesche, con il nuovo schieramento, avviarono la manovra di accerchiamento della città di Lódz: i 150.000 soldati russi che difendevano la fortezza furono attaccati da 250.000 tedeschi. Quando il generale russo più alto in grado ordinò la ritirata per evitare l'accerchiamento totale, lo zio dello zar, il granduca Nicola, comandante in capo delle truppe russe, diede il contrordine.
La battaglia di Lódz fu gigantesca. Ci fu un momento in cui tre divisioni tedesche corsero esse stesse il rischio di rimanere accerchiate. Si liberarono però dalla trappola tesa dai russi portando con sé 16.000 soldati nemici catturati in precedenza e 64 cannoni pesanti. L'operazione di sganciamento costò la vita a 1500 soldati germanici. I rinforzi tedeschi, richiamati d'urgenza dal fronte occidentale, arrivarono troppo tardi per approfittare della sconfitta russa. La Germania si entusiasmò alla prospettiva di una vittoria ancor più schiacciante di quella di Tannenberg, ma non riuscì a conseguirla. «L'enorme massa che avevano tentato di respingere si ritirò solo per un breve tratto e poi si arrestò, immobile» ha scritto uno storico. «Le energie di entrambi gli eserciti scemarono, bruciate dalle sconfitte, dai combattimenti e dalle difficoltà del terreno paludoso. Il freddo diventava sempre più intenso, soffiava un vento gelido e di notte la temperatura scendeva a 10-12 gradi sotto lo zero. L'inverno imminente stendeva il suo manto paralizzante sulle attività dei tedeschi e dei russi.»
Per la vittoria riportata a Lódz, Hindenburg fu nominato feldmaresciallo. Più a sud, l'addetto militare inglese al seguito delle armate russe, il colonnello Knox, era di umore nero e il 25 novembre scrisse nel diario: «Temo che in Russia si sia persa di vista la necessità di colmare rapidamente i vuoti lasciati dalle enormi perdite provocate dalla guerra moderna: se dovremo avanzare d'inverno, le nostre perdite andranno moltiplicate per tre». L'inverno aggiungeva altre paure a quelle che i combattenti già dovevano affrontare. «Di notte nelle trincee abbiamo perso diversi uomini per congelamento» annotò Knox. Il diario di un ufficiale austriaco fatto prigioniero rivelava che «nella nostra compagnia sono morti di freddo in una sola notte un ufficiale e sei uomini». I russi avevano ricevuto l'ordine di distribuire té bollente ai soldati, ma un loro ufficiale disse a Knox: «Questi sono ordini facili da dare, ma difficili da eseguire, quando non passa giorno senza che venga ferito qualcuno dei soldati incaricati di portare i viveri agli ufficiali in trincea».
Sul fronte austriaco le truppe russe penetrarono per breve tempo nella Slesia austriaca e per la seconda volta in Ungheria. Il generale Conrad, consapevole che le minoranze etniche dell'impèro intendevano approfittare della debolezza dell'Austria, propose il 26 novembre di imporre la legge marziale in Boemia, Moravia e Slesia. La proposta fu tuttavia respinta da Francesco Giuseppe, il quale era convinto che la guerra non avrebbe sconvolto il suo impero multietnico. Ma ogni volta che concepiva un piano militare, Conrad era costretto a tenere in conto che non sempre le unità slave - fossero esse costituite da polacchi, cechi, slovacchi, sloveni o croati - si sarebbero impegnate a fondo nel combattere contro i russi.
A Vienna il 28 novembre si diffuse brevemente il panico quando incominciò a circolare la notizia che le truppe russe si trovavano a 13 chilometri da Cracovia, capitale della Polonia asburgica.
Il Fronte russo sudoccidentale era comandato da Nikolay Ivanov:
3ª Armata. Comandante: Radko Dimitriev
XI Corpo
IX Corpo
4ª Armata. Comandante: Giuseppe Ferdinando d'Asburgo-Toscana
XIV Corpo Conrad von Hötzendorf, Joseph Roth
47 divisione tedesca della Riserva
IX Corpo
Il 1° dicembre il Gruppo del generale Roth (XIV Corpo d'Armata) arrivò nella zona fra Chabówka e Mszana, sulla ferrovia pedemontana dei Carpazi, nella valle della Raba: doveva essere quella la sua base di partenza per l'offensiva su Limanowa. Conrad aveva chiesto a Hindenburg, alla fine di novembre, una divisione tedesca di rinforzo, ma la 47.a Divisione di riserva, che gli era stata inviata, era ancora in fase di trasferimento. Come data per l'attacco venne deciso il 3 dicembre, e vennero confermati i compiti già stabiliti in linea generale. Al generale Roth toccava l'operazione principale, ossia l'avvolgimento dell'ala sinistra di Radko Dimitriev; a sua volta Boroevic avrebbe dovuto prendere l'offensiva dal fronte dei Carpazi verso la Galizia, alla scopo di vincolarvi tutta l'Ottava Armata russa e impedire a Brusilov di portar soccorso alla Terza Armata verso Limanowa. Questo piano iniziale sarebbe stato modificato in misura notevole nel corso della campagna.
Il 3 dicembre incominciò l'offensiva della Quarta Armata austro-ungarica contro la Terza Armata russa. Il giorno stesso le truppe di Radko Dimitriev vennero forzate ad evacuare Timbark, a una decina di chilometri da Limanowa; la cavalleria austriaca si spinse, per Lososina, fino a Limanowa, penetrandovi in giornata. Il giorno 4 essa si diresse verso Bochnia e Neu Sandec. Mentre il gruppo avvolgente del generale Roth ottenne discreti successi iniziali, l'ala destra ed il centro della Terza Armata russa rimasero inattivi fino al mattino del 4; nel pomeriggio, accentuandosi la minaccia di avvolgimento da sud-ovest, anch'essi parteciparono alla violenta battaglia. Il 5 dicembre, essendosi ormai rivelato l'obiettivo dell'offensiva austriaca, i Russi presero le prime importanti contromisure, avviando rinforzi verso Bochnia e Neu Sandec; nello stesso tempo il generale Brusilov eseguì il trasferimento dell'VIII Corpo d'Armata dall'ala sinistra alla destra della sua Ottava Armata, dirigendolo verso la breccia creatasi fra le Armate austriache Terza e Quarta: direzione assai sensibile per l'avversario, giacché minacciava di far cadere l'VIII Corpo sul Gruppo Roth e paralizzare, così, la branca avvolgente della Quarta Armata.
Il 6 e il 7 dicembre furono giornate di lotte incerte e sanguinose; la Terza Armata russa, sotto la spinta iniziale del Gruppo Roth, aveva dovuto arretrare la sua ala sinistra fronte a sud, talché l'intera armata era schierata adesso ad angolo retto. Vedendo minacciato il suo XIV Corpo, Conrad pensò di stornare il pericolo ordinando alla terza Armata una immediata ripresa offensiva nei Carpazi e, alla Prima Armata, l'invio di rinforzi alla Quarta, oltre la Vistola.
Il giorno 9 la battaglia continuò indecisa, mentre all'alba del 10 gli austriaci rimasero assai sgradevolmente sorpresi da un importante tentativo offensivo avversario tra la Vistola e la strada Lapanów-Mukowcka.
In quella occasione si vide la grande efficacia dell'artiglieria, il cui bombardamento stroncò l'attacco russo. Tuttavia la Quarta Armata austriaca non sembrava in grado di venire a capo, in tempi brevi, delle forze che la fronteggiavano; e Conrad, pur continuando la manovra avvolgente del Gruppo Roth, fece rinforzare lo schieramento dell'arciduca Giuseppe Ferdinando col XVIII Corpo, tratto dalla Prima Armata del generale Dankl.
In quei giorni però si stava combattendo un'altra parte decisiva di questa sfida. Nei giorni tra il 7 e il 10 di dicembre le forze austriache della Terza Armata fecero ripiegare l'intera Ottava Armata russa su tutta la linea, attraverso i Passi dei Carpazi. Così, il 10 dicembre, le truppe di Boroevic avanzarono anche a Ladomérmezö, a pochi chilometri dal passo di Dukla, sulla strada Stropkó-Dukla; sull'ala destra il Gruppo Krautwald guadagnò terreno nella valle della Laborcza.
Nel frattempo, l'arciduca Giuseppe Ferdinando procedette a una ulteriore riorganizzazione della sua Quarta Armata, poiché il Gruppo del generale Roth, che disponeva di ben 9 divisioni di fanteria e 3 divisioni di cavalleria, in realtà aveva le proprie unità ridotte a un numero di effettivi di molto inferiore al normale. Le divisioni di fanteria non avevano se non 2 o 3.000 fucili, che in un caso scendevano addirittura a 900: tale era il terribile logoramento cui la sanguinosa battaglia invernale sottoponeva incessantemente le truppe. La nuova ripartizione delle forze assegnò circa 4 divisioni di fanteria e 3 di cavalleria al Gruppo Roth; circa 3 divisioni di fanteria al Gruppo Ljubicic e altrettante al Gruppo Kritek.
Nella notte fra il 10 e l'11 dicembre l'VIII Corpo russo si spinse fino a Limanowa, ma venne ricacciato. Il Gruppo Krautwald (rinforzato da una divisione), benché fosse ormai giunto nelle vicinanze di Neu Sandec, non fu in grado di occupare quell'importante nodo strategico; invece il IX Corpo austriaco, scese fin nei pressi di Gorlice. A dispetto della minaccia di avvolgimento che si profilava, ormai, per l'VIII Corpo russo e per l'ala sud della Terza Armata, i Russi continuarono ad opporre una accanita resistenza davanti a Neu Sandec.
Frattanto il VII Corpo della Terza Armata austriaca si impadronì del Passo di Dukla e il Gruppo Krautwald ottenne un notevole successo in val Laborcza, occupando Mezölaborcz e spingendo innanzi la cavalleria fino al Passo Beskid. Benché il III Corpo austriaco avesse mancato di completare la manovra avvolgente, la situazione strategica generale si era talmente aggravata per i Russi che, il 12, essi ritirarono il proprio VIII Corpo, sfondato dall'attacco avversario, da Rajbrot fino al Dunajec. A questo punto l'arciduca Giuseppe Ferdinando rinunciò a continuare la pressione frontale su Wisznic, affidando all'ala destra del Gruppo Roth il compito d'irrompere a sud di Limanowa su Neu Sandec, per far crollare la resistenza della Terza Armata russa.
Così avvenne; e il giorno 12 portò la decisione. Il generale Roth, e il suo comandante subordinato generale Arz, sfondarono le ali interne della Terza e dell'Ottava Armata russe a Neu Sandec e Limanowa. Quel giorno anche la Terza Armata austriaca ottenne dei successi notevoli: Neu Sandec e Florynka sulla Biala superiore, Ropa e Gorlice caddero nelle loro mani. E così le truppe del Boroevic, sboccando oltre i Beschidi, minacciavano d'irrompere in Galizia e di spingere un cuneo fra le ali interne di Radko Dimitriev e di Brusilov, avvolgendo quello e soverchiando questo.
In quel momento sarebbe stato necessario, per infliggere ai Russi una sconfitta decisiva, che tutta la Quarta Armata riprendesse energicamente l'offensiva, allo scopo di trasformare la ritirata verso il Dunajec dell'ala destra dell'Ottava Armata in una rotta. Proprio allora, però, si fecero sentire i perniciosi effetti dell'insufficienza della rete ferroviaria; così le truppe austro-ungariche, spossate da quelle lunghe lotte invernali e frenate da contrattacchi locali dei Russi in ritirata, non riuscirono a terminare l'accerchiamento del nemico.
A Limanowa, in una battaglia che durò sette giorni, la 4a armata austriaca sconfisse i russi e li risospinse quindi verso oriente. La 3a armata austriaca cacciò i russi dalla città di Bartfeld, nell'Ungheria settentrionale, li allontanò dai Carpazi e in due settimane riconquistò il passo strategico di Dukla. L'impero asburgico non era più minacciato.
La Russia andò alla ricerca di altre truppe e chiese cannoni e munizioni alla Gran Bretagna. Tali aiuti le vennero concessi, ma solo a pagamento: nel giro di due anni la Gran Bretagna vendette ai russi un migliaio fra aeroplani e motori per l'aviazione, 250 cannoni pesanti, 27.000 mitragliatrici, un milione di fucili, 8 milioni di granate, 64.000 tonnellate di ferro e acciaio, 200.000 tonnellate di esplosivo e 2 miliardi e mezzo di proiettili.
Ma nonostante gli aiuti alleati le armate zariste non si sarebbero mai più spinte così in profondità in territorio asburgico o avrebbero minacciato la Prussia orientale e la Slesia. La loro crisi di rifornimenti li avrebbe bloccati per mesi e lasciati senza aiuti quando nella primavera seguente Falkenhayn decise di passare all'offensiva. La guerra di movimento sui fronte orientale non era ancora finita, ma per i russi era passato il momento migliore.