Ars Bellica

Battaglie In Sintesi

Battaglia di Inchon

15 settembre 1950

Gli avversari

Douglas MacArthur, Generale statunitense (Little, Arkansas, 1880-Washington 1964)

Combatté in Francia durante la Prima guerra mondiale; soprintendente alla scuola di West Point (1919), nel 1930 fu nominato capo di stato maggiore dell'esercito. Dal 1935 consigliere militare nelle Filippine, fu nel 1941 nominato comandante delle forze statunitensi in Estremo Oriente. Dopo l'intervento giapponese, si batté nella Penisola di Bataan e a Corregidor; per ordine di F.D. Roosevelt si portò poi in Australia (1942), da dove organizzò la ripresa e la controffensiva delle forze americane nel Pacifico, cominciata con le due battaglie d'arresto della Nuova Guinea e delle Isole Salomone (1942) e culminata con la resa incondizionata del Giappone, che MacArthur ricevette sulla corazzata Missouri il 2 sett. 1945. Massimo responsabile del Comando supremo delle potenze alleate (SCAP), tenne in mano le sorti del Giappone fino al 1951. Con lo scoppio del conflitto coreano (1950) assunse il comando delle truppe ONU, ma in seguito all'intervento cinese, reclamando egli l'allargamento delle ostilità contro la Cina, in aperto contrasto con H. Truman e il Commonwealth britannico, fu esonerato da tutte le sue cariche e funzioni in Estremo Oriente (1951).


Choi Yong-kun (21 giugno 1900 - 19 settembre 1976)

È stato comandante in capo dell'Esercito Popolare di Corea dal 1948 al 1953, Ministro della Difesa dal 1953 al 1957, e Presidente del Comitato permanente della suprema assemblea popolare della Corea del Nord dal 1957 al 1972.

La genesi

Nel discorso del segretario di Stato americano Dean Acheson, relativo al Gennaio 1950, vennero esposti i principali interessi relativi alla sicurezza degli Stati Uniti; ossia quali erano i Paesi in difesa dei quali essi si sarebbero immediatamente mossi: in Europa, erano le nazioni aderenti alla NATO (Germania su tutte); mentre riguardo l'area del Pacifico, egli parlo' per la prima volta del cosiddetto "perimetro difensivo" statuintense, che andava dalle Aleutine al Giappone, dalle Filippine all'Australia. Qualsiasi luogo all'interno di tale linea era "vitale" per la sicurezza americana, mentre le regioni al di fuori di essa avrebbero dovuto appellarsi alle Nazioni Unite in caso di minaccia.

Appena all'esterno di tale perimetro si trovavano due nazioni che dipendevano in misura notevole dagli aiuti statunitensi. Una di esse era Taiwan. Nel settembre precedente, infatti, i comunisti si erano impossessati del potere nella Cina continentale sconfiggendo le forze nazionaliste di Chiang Kai-shek dopo anni di guerra civile. Chiang si era ritirato nell'isola di Taiwan, dove aveva costituito un governo in esilio, continuando a rivendicare la propria autorità di leader del popolo cinese. Dopo aver goduto del consistente appoggio finanziario e militare americano fin dagli anni Trenta, egli, per tentare di far ritorno sul continente e riassumere la carica di capo del governo, continuava a richiedere l'intervento US. Ma anche se gli Stati Uniti riconoscevano Chiang come legittimo presidente cinese, il fatto che Taiwan si trovasse all'esterno del loro perimetro difensivo escludeva la possibilità di appoggi ufficiali, ovviamente era una condizione agevole per evitare un conflitto apparentemente difficile e dispendioso con il resto della Cina continentale.

Analoga alla questione della Cina Nazionalista, vi era la situazione coreana. Nel 1947, l'Unione Sovietica aveva promosso la formazione di un governo comunista nella parte settentrionale della penisola coreana (la parte piu' vicina alla diretta influenza URSS), istituendo la Repubblica di Corea e provocando una divisione effettiva della nazione coreana priva di qualsiasi base storica. I sovietici, appena terminato il secondo conflitto mondiale, occuparono la zona settentrionale della Corea per accettare, in base alle decisioni prese alle conferenze di Jalta e Potsdam, la resa delle truppe giapponesi a nord del 38° parallelo. I russi dichiararono che fosse proprio la popolazione locale che chiese di essere aiutata a istituire un governo comunista, in contrasto con il fatto che nessuno facesse una richiesta "parallela" alle forze americane che occupavano l'estremità meridionale della penisola. Per evitare un confronto diretto con l'Unione Sovietica, immediatamente dopo la chiusura del secondo conflitto mondiale, la questione fu sottoposta alle Nazioni Unite e, nell'agosto del 1947, queste stabilirono che venissero indette elezioni sotto vigilanza internazionale per consentire al popolo coreano di scegliere il proprio governo. I sovietici si opposero unilatelarmente, e così nacque la Repubblica democratica popolare di Corea. La Repubblica di Corea del sud, venne cosi' istituita, de facto, per necessità.

Da allora, un Paese che non era mai stato diviso nella sua storia restò separato in due metà rivali: i sovietici aiutarono il Nord a organizzare un esercito forte e potentemente armato, mentre gli Stati Uniti sostennero il Sud nella creazione di forze difensive dotate di armamenti più leggeri. Per tutto il resto degli anni Quaranta, i due governi coreani si accusarono a vicenda di violazioni di confine e di turbare il rispettivo ordine interno. Cosi', quando Achenson tenne il suo discorso nel gennaio 1950, i nordcoreani dovettero certamente dedurne che gli Stati Uniti non si sarebbero più occupati della difesa del Sud, idea avvalorata dal fatto che le truppe americane iniziarono a ritirarsi dal paese. Il dittatore nordcoreano Kim Sung si recò a Mosca per conferire con Stalin, il quale promise aiuti militari ai nordcoreani per invadere il Sud, sempre piu' scoperto. L'invasione ebbe inizio il 25 giugno 1950, con un travolgente successo iniziale per le forze comuniste, molto meglio armate di quelle del Sud.

Il presidente sudcoreano Syngman Rhee si appellò immediatamente alle Nazioni Unite perché lo aiutassero a respingere l'offensiva comunista. Il presidente degli Stati Uniti Harry Truman convocò una riunione del Consiglio di sicurezza dell'ONU a cui il delegato sovietico non prese neanche parte. I sovietici boicottavano le riunioni del Consiglio già dall'anno precedente, come protesta per il rifiuto americano di permettere al leader comunista Mao Tse-tung di nominare un delegato cinese; gli Stati Uniti, infatti, con l'appoggio di Gran Bretagna e Francia, continuavano a riconoscere come legittimo capo dello Stato Chiang, il quale aveva quindi un suo rappresentante nello stesso Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. In assenza del delegato russo, il Consiglio votò a favore dell'invìo di truppe offerte volontariamente dalle nazioni per aiutare i sudcoreani. Truman ordinò al generale Douglas MacArthur di entrare in azione. MacArthur era governatore militare del Giappone occupato dalla fine della seconda guerra mondiale e disponeva delle uniche consistenti forze americane nell'area; per attaccare le truppe nordcoreane e le loro linee di rifornimento si servì degli aerei di stanza in Giappone, facendo nel contempo sbarcare le forze di terra nel porto di Pusan per stabilire una linea difensiva. Queste truppe, rinforzate da soldati americani e sudcoreani in ritirata, stabilirono quello che venne chiamato il perimetro di Pusan. Ai primi di agosto, esse erano ormai duramente attaccate lungo tutta la linea dal grosso dell'esercito nordcoreano.

Mentre gli US si affrettavano a mettere insieme forze da inviare in Sud Corea, MacArthur mise a punto una sua strategia. Invece di mandare altre truppe nel perimetro di Pusan, propose di effettuare uno sbarco anfibio nella città portuale di Inchon, situata sulla costa coreana occidentale, non lontano da Seul: in tal modo, si sarebbero portate forze americane alle spalle dell'esercito nordcoreano presente nel Sud, tagliandolo fuori dalle proprie forze e dalle proprie basi. Ma l'impresa non era assolutamente facile. Il piano di MacArthur non era di difficle realizzazzione come idea, ma per il terreno. Il porto di Inchon rappresenta un obiettivo quasi impossibile per un'operazione anfibia: l'ampiezza della marea è di oltre 11 metri, la più grande del mondo. Di conseguenza, anche se uno sbarco con l'alta marea sarebbe relativamente semplice, con la bassa marea le navi resterebbero incagliate nel fango. Perciò, la rapidità era indispensabile. Le truppe dovevano essere in numero sufficiente e dotate dell'equipaggiamento necessario per resistere 12 ore, fino al ritorno dell'alta marea. Questo graduale impegno di uomini e l'impossibilità di inviare rapidamente rinforzi o di ritirarsi in fretta significava la condanna dei soldati a terra in caso di difesa o di contrattacco efficaci. Ci volle tutta la notevole capacità di persuasione di MacArthur per convincere i capi di Stato Maggiore ad approvare l'operazione: quando gli ufficiali dello Stato Maggiore della Marina dissero loro che l'impresa non era impossibile, sia pur riluttanti, essi diedero l'assenso.

Le forze in campo

MacArthur ebbe a disposizione quello che venne definito X Corpo, composto dalla I Divisione Marines e dalla VII Divisione di fanteria, entrambe con gli effettivi ridotti; per integrarle, all'ultimo minuto vennero prelevati dal perimetro di Pusan elementi di altri reparti, per cui la forza d'invasione somigliava piu' ad un'accozzaglia di soldati. Gli uomini furono trasportati dalla VII Task Force combinata, la squadra meglio preparata ed equipaggiata dell'operazione. Ad attenderli vi erano 1000 nordcoreani a Inchon, più altri 5000 nelle vicinanze di Seul, i quali, ricevuto l'ordine potevano recarsi su Inchon in poco tempo.

La battaglia

Gli americani dovevano affrontare due problemi principali. Nella rada esterna di Inchon si trova l'isola di Wolmi-do: se non fosse stata occupata subito, qualunque reparto nordcoreano presente su di essa avrebbe potuto effettuare un micidiale fuoco sul fianco. Prenderla, tuttavia, significava dover attendere 12 ore per gli sbarchi, dando ai difensori della città il tempo di prepararsi. La seconda grossa difficoltà era costituita dagli sbarchi a Inchon: non solo esisteva la questione delle maree, ma la città era protetta da un frangiflutti, il che significava arrivare sul far della sera, uscire dai mezzi da sbarco, arrampicarsi sul muragliene e poi trovarsi immediatamente esposti al fuoco nemico. Non vi erano, come nelle azioni della seconda guerra mondiale, spiagge su cui le imbarcazioni potessero arenarsi di slancio. Si trattava di un problema impossibile da risolvere, e Marines e soldati avrebbero dovuto tentare di superarlo da soli.

I Marines sbarcarono a Wolmi-do alle 6,30 del 15 settembre, dopo che l'isola era stata sottoposta per cinque giorni ad attacchi aerei e per due a bombardamento navale; quest'ultimo si dimostrò assai più efficace di analoghi sbarramenti effettuati per indebolire le difese giapponesi durante la seconda guerra mondiale, e gli attaccanti assunsero il controllo di Wolmi-do in 45 minuti, mentre occorse qualche ora per eliminare i difensori nascosti in profonde trincee. Con una perdita di 20 Marines, l'isola venne catturata insieme a 200 prigionieri nordcoreani e con l'uccisione di 120 uomini. Il resto della giornata venne trascorso trincerandosi e attendendo il momento di effettuare gli sbarchi del pomeriggio. La seconda ondata dì sbarchi avvenne su due direttrici, una direttamente davanti alla città e l'altra appena a sud di essa. Marines e soldati si arrampicarono con scale e corde munite di grappini, oppure, se il mezzo da sbarco anfibio (LST, Landing Ship Tank) era gettato in cima al muraglione dalla corrente, venivano depositati direttamente nella città. Furono anche costretti a sbarcare sotto il fuoco carri armati ed equipaggiamento pesante, ma l'armamento degli LST e la grinta delle truppe da sbarco limitò la reazione dei difensori; nel giro di un'ora e mezza, gli americani erano in cima alla collina del cimitero, e la mattina successiva i due gruppi si erano ormai ricongiunti. In 24 ore, la testa di sbarco e la città si trovavano sotto il loro controllo. Con 20 uomini uccisi e circa 200 feriti, il X Corpo aveva rapidamente conseguito il suo obiettivo. Non si conoscono, invece, con esattezza il numero di nordcoreani Il successo ottenuto a Inchon è quasi certamente attribuibile alla determinazione di MacArthur, che ebbe ragione nel ritenere che uno sbarco a Inchon fosse considerato impossibile dai nordcoreani.

Le conseguenze

Il X Corpo assicurò rapidamente gli obiettivi intorno a Inchon. In pochi giorni, riconquistò la capitale sudcoreana di Seul, prese intatto il rimodernato aeroporto di Kimpo e marciò attraverso la penisola, raggiungendo la costa orientale in due settimane. Tutto ciò venne pianificato per coincidere con un'offensiva verso nord fuori del perimetro di Pusan: l'vill Armata del generale Walton Walker aveva ricevuto rinforzi sufficienti per sferrare attacchi lungo l'intero fronte nordcoreano e, nel giro di pochi giorni, stava spingendo il nemico contro il X Corpo con una classica manovra a "incudine e martello". Tagliato fuori dalle sue basi e premuto da due Iati, l'esercito nordcoreano venne praticamente annientato; forti di 70.000 uomini all'inizio dei due attacchi '' americani, i comunisti non erano molto inferiori né numericamente, né quanto ad artiglieria ed equipaggiamento, ma ben presto si trovarono a fuggire davanti all'vm Armata, cercando scampo tra le alture o finendo tra le braccia del X Corpo. Qua e là vi furono alcuni disperati combattimenti, ma il primo ottobre la Corea del Sud era ormai stata liberata dall'occupazione.

Lo sbarco a Inchon costituì l'elemento chiave della sconfitta nordcoreana, ma fu l'impegno complessivo delle Nazioni Unite che rese significativa la guerra di Corea. Quando l'ONU decise di impiegare forze per aiutare la Corea del Sud, lo fece sapendo che, in caso contrario, non sarebbe mai diventata un'organizzazione efficiente. La Società delle Nazioni, costituita con il Trattato di Versailles dopo la prima guerra mondiale, pur affermando di voler garantire la sicurezza reciproca, si era dimostrata più volte solo una tigre di carta: se le Nazioni Unite si fossero limitate a condannare l'aggressione nordcoreana, avrebbero dato al mondo l'impressione di essere una struttura non migliore della precedente. Anche se negli anni successivi l'ONU è stata accusata di inazione, con quella prima vittoriosa reazione pose le basi di possibili iniziative future.

La battaglia di Inchon, quindi, fu un successo delle Nazioni Unite, nonostante le forze implicate nell'invasione fossero soltanto americane. Le azioni intraprese una volta ristabilita la situazione sono state, naturalmente, esposte alle critiche fin dal 1950. Quando il presidente Harry Truman ordinò a MacArthur di risalire la penisola per mettere tutta la Corea sotto il controllo delle Nazioni Unite, con una decisione confermata dall'organizzazione pochi giorni dopo, egli gettò le basi dei tre anni di guerra che seguirono l'intervento nel conflitto delle forze comuniste cinesi, nel novembre 1950. Quella di Corea divenne per gli Stati Uniti una guerra diversa da qualsiasi altra avessero mai combattuto, con obiettivi assai più limitati e, quindi, con minori possibilità d'azione. Il fatto che essa fosse (nonostante l'enorme impegno di truppe statunitensi) un'operazione delle Nazioni Unite, indicò che queste ultime intendevano svolgere un ruolo importante nei rapporti internazionali, e che avrebbero continuato a farlo. Anche il fatto che la guerra non finì con una vittoria, ma con un armistizio che comportava una situazione di stallo, ha avuto effetti a lungo termine. Alla fine del XX secolo, la Corea del Nord rimane una delle poche salde dittature comuniste; i colloqui iniziati alla fine del 1951 tra comunisti e delegati delle Nazioni Unite continuano tuttora. Le relazioni dell'Occidente con entrambe le Coree rappresentano un problema attuale: la Corea del Sud è una potenza economica in via di sviluppo, ma con un vicino nevrotico a nord; la Corea del Nord, in condizioni economiche più che mai disperate, continua a coltivare l'efficienza militare con possibili progetti espansionistici. In Corea, punto caldo nel 1950 e scena di uno dei principali eventi della guerra fredda, potrebbe nuovamente divampare un conflitto.