Battaglie In Sintesi
16 - 18 Agosto 1870
Maresciallo di Francia (Versailles 1811 - Madrid 1888); nel 1835 combatté in Spagna contro i carlisti, quindi in Algeria, in Crimea e nel 1859 in Italia al seguito del maresciallo MacMahon. Passò poi (1862) nel Messico, e all'avvento al trono imperiale dell'arciduca Massimiliano d'Austria imbastì un doppio gioco, ispirando al giovane sovrano inesperto provvedimenti odiosi, contro i quali poi istigava i messicani stessi. Richiamato (1867) da Napoleone III, durante la guerra del 1870 ebbe anche il comando supremo dell'esercito francese; a Metz, dove si era asserragliato, Bazaine mantenne però un contegno perplesso e in effetti contraddittorio, contribuendo alla disfatta di MacMahon a Sedan. Processato, fu condannato a morte: ma il MacMahon, presidente della repubblica, commutò la pena in 20 anni di carcere. Il Bazaine poi evase, in circostanze misteriose, rifugiandosi in Spagna dove morì nel 1888.
Proveniente da una famiglia di antica nobiltà, fu tenente dell'esercito danese (1819), passò poi nell'esercito prussiano (1822). Frequentò l'Accademia di guerra a Berlino e compì profondi studi storici e politici. Nel 1835 fu in Turchia, dove divenne istruttore e consigliere militare dell'esercito ottomano, col quale fece la campagna contro i Curdi e contro gli Egiziani di Mohammed 'Ali. Rientrato in patria (1839), fece rapida carriera e nel 1857 divenne capo di stato maggiore dell'esercito, che Moltke trasformò da ristretto corpo di 18 ufficiali, con compiti quasi esclusivamente tecnici, nel comando effettivo dell'esercito. Da allora la sua opera fu diretta a rinnovare l'istruzione degli ufficiali e l'organizzazione dell'esercito, per una rapida ed efficace mobilitazione in caso di emergenza. Le massime strategiche di Moltke apparvero in uno studio critico sulla campagna del 1859 in Italia e furono applicate dapprima in scala minore contro la Danimarca (1864), quindi in grande scala contro l'Austria (1866).
Le strepitose vittorie nella guerra franco-prussiana del 1870 furono il più favorevole collaudo dei suoi piani di mobilitazione e di radunata delle armate tedesche sul Reno e delle sue nuove vedute tattiche, fondate su manovre di sparpagliamento e avvolgimento, e strategiche. Dopo la vittoria ebbe i massimi onori; rimase a capo dello stato maggiore fino al 1888. Fu il più grande stratega del suo tempo: formatosi sullo studio delle campagne napoleoniche e sugli scritti di Clausewitz, fu un tipico esponente della strategia offensiva, secondo la quale risolveva anche i problemi difensivi. Moltke riuscì a padroneggiare e sfruttare al massimo, razionalizzando l'arte militare tradizionale, sia lo sviluppo della tecnica dei trasporti e delle comunicazioni, sia il crescente aumento numerico delle truppe: l'esercito doveva operare in armate separate per concentrarsi poi per la battaglia decisiva (Königgrätz, Sedan) e ai singoli comandi era lasciata una certa autonomia nel quadro di un piano strategico accuratamente elaborato nelle linee essenziali. Scrisse numerose opere (Briefe über Zustände und Begebenheiten in der Türkei aus den Jahren 1835 bis 1839, 1841; Der russisch-türkische Feldzug in der europä ischen Türkei, 1828, 1829, 1845; ecc.) e le tre importanti relazioni sulle guerre contro la Danimarca (1864), l'Austria (1866), la Francia (1870-71).
Scoppiato nel luglio del 1870, il conflitto franco-prussiano, ha dominato per quasi mezzo secolo - nel campo politico non meno che in quello militare - la storia dell'Europa. Essa è un grande episodio della lotta tra Francia e Prussia per l'egemonia politica in Europa, lotta secolare combattuta con ogni mezzo e che aveva più volte armati l'un contro l'altro i popoli dei due paesi. Ma questo conflitto sarà ricordato soprattutto come l'evento storico che porterà a compimento il processo di unificazione tedesca sotto l'egida prussiana.
A creare le premesse per la guerra fu l'azione politico-diplomatica del cancelliere prussiano Otto von Bismarck. Egli provocò la Francia, facendo leva sulla candidatura del principe Leopoldo di Hohenzollern-Sigmaringen al trono di Spagna, alla quale si opponeva Napoleone III. Questi diede istruzioni all'ambasciatore francese Benedetti di chiedere assicurazioni al sovrano di Prussia Guglielmo I, il quale ricevette l'ambasciatore, gli confermò il ritiro della candidatura del principe Leopoldo, ma non prese impegni per il futuro. A questo punto Bismarck, manipolando il «telegramma di Ems» inviatogli dal re, diffuse un comunicato in cui si affermava che questi aveva messo alla porta Benedetti. Enorme fu la ripercussione che tale comunicato ebbe in Francia e Napoleone III, convinto della superiorità francese, dichiarò guerra alla Prussia il 19 luglio 1870. Con la Prussia si schierarono la Baviera, la Sassonia e il Württemberg, cosicché il 1° agosto 800.000 uomini, guidati dal generale Molte, erano già mobilitati, mentre la Francia, priva del sostegno dei suoi alleati, per l'inefficienza dei servizi logistici, riunì solo 300.000 uomini, alle dipendenze dei marescialli MacMahon e Bazaine.
Per far fronte a tutte le possibili eventualità, il Moltke aveva, nei piani delle prime operazioni redatti fin dal tempo di pace, stabilito di concentrare le forze nel Palatinato, fra Reno e Mosella. Da questa posizione avrebbe minacciato il fianco destro dei Francesi se questi avessero violato il Belgio, il loro fianco sinistro se avessero invaso, attraverso il Reno, il sud della Germania; infine di lì avrebbe puntato contro le linee della Lauter e della Sarre (Saar) se i Francesi fossero rimasti sulla difensiva. Fu quest'ultimo caso che si presentò all'atto pratico.
Supponendosi, senza reale fondamento, dallo Stato maggiore francese che l'esercito sarebbe stato pronto a entrare in campagna prima dell'esercito prussiano, Napoleone III aveva risoluto di prendere l'offensiva oltre il Reno e, seguendo la valle del Meno, separare gli stati del sud della Germania (ritenuti avversi alla Prussia) dagli stati del nord. Questo progetto s'ispirava probabilmente a quello combinato con l'Austria e l'Italia durante le trattative, sopra accennate, per un'alleanza militare. Si era infatti esaminata dai tre Stati maggiori la convenienza di raccogliere in Baviera tre armate, una per ciascuno stato, di 100.000 uomini ognuna; e, operata la riunione, di puntare contro la Prussia. Questa prima massa sarebbe poi stata seguita dalle armate francesi approntate in un secondo tempo. Rimasto solo, ma non avendo ancora perduto interamente la speranza del concorso italiano e austriaco, l'imperatore pensò forse di dar corso ugualmente a quel disegno, sperando che un primo successo avrebbe indotto Vienna e Firenze a schierarsi a lato della Francia. Di più, un corpo d'armata agli ordini del principe Napoleone Girolamo, protetto dall'intera flotta francese, avrebbe tentato uno sbarco sulle coste prussiane.
In apertura del conflitto, le armate tedesche, sotto il comando del generale Moltke, conseguirono immediatamente una serie di vittorie (Woerth, Forbach-Spicheren); così, nell'agosto del 1870, l'esercito francese era diviso in due corpi principali: l'armata di Patrice de Mac-Mahon, concentrata a Chalons-en-Champagne (presso la quale si era trasferito lo stesso Napoleone III), e l'armata del Reno, guidata dal maresciallo di Francia François Achille Bazaine.
Bazaine aveva ordine di allontanarsi dalla piazzaforte di Metz e di ricongiungersi a Châlons, passando per Verdun. Tale ricongiungimento era reso tanto più importante, quanto più i francesi avevano sventato appena pochi giorni prima un tentativo di accerchiamento da parte delle armate di Von Moltke e avevano saputo respingere i prussiani. Egli agì, tuttavia, con una certa lentezza. Le due battaglie combattute attorno a Metz il 14 ed il 16 agosto (Borny e Vionville-mars-la-tour) avevano notevolmente peggiorato la situazione strategica delle truppe francesi di Lorena, le quali - per di più - subivano il contraccolpo morale dello stupore che aveva colto il governo di Parigi e l'imperatrice reggente all'annuncio delle prime sconfitte sulla linea di confine. La crisi di comando determinatasi il 13 agosto col consiglio dato dal governo a Napoleone III di cedere la suprema direzione della guerra all'idolo popolare, Bazaine era stata un'indiretta, ma pur chiara, confessione di gravi errori commessi nella condotta della campagna, nel momento meno opportuno, e cioè mentre erano in corso operazioni di estrema delicatezza miranti a sottrarre i corpi di Lorena al contatto nemico per ricostituire più indietro - sulla Mosa o sulla Marna - l'unica armata con i corpi reduci dall'Alsazia e comandati dal maresciallo Mac-Mahon.
La battaglia del 14 agosto a oriente di Metz (Borny o ColombeyNouilly) aveva ritardato il passaggio della Mosella, che sarebbe invece convenuto ai Francesi di affrettare; la battaglia del 16 agosto a occidente di Metz (Vionville-Mars-la-Tour) aveva ostacolato il deflusso dell'armata francese verso Verdun, dove - secondo gli accordi presi il mattino di quello stesso giorno fra Napoleone III e il Bazaine - le truppe di Lorena avrebbero dovuto dirigersi in tutta fretta. Questa seconda battaglia era bensì rimasta tatticamente incerta, ma aveva chiaramente rivelato una decisa inferiorità francese nella tecnica e nello spirito del comando. Infatti, corpi francesi numericamente superiori - e che logicamente avrebbero dovuto tendere, come si è detto, con la massima energia a sfuggire verso ovest - si erano lasciati agganciare da poche unità avversarie molto audaci, e avevano finito col rimanere paralizzati. Non contrattaccati il giorno 17, come essi si attendevano, i Tedeschi avevano approfittato della sosta per raccogliere i corpi disponibili delle due armate I e II sulla riva occidentale della Mosella, fino ad arrivare ad un numero di combattenti pari a 188,332 con l'aggiunta di 732 cannoni. Il Bazaine, in luogo di approfittare della sosta per dirigersi verso l'interno, schierò le proprie forze (112,800 uomini e 520 cannoni) sulle alture che sono alle spalle del campo di battaglia del 16 agosto, e perciò più prossime a Metz, con l'ala sinistra appoggiata alla Mosella presso Moulins e l'ala destra (Canrobert) dapprima a Verneville, poi alcuni chilometri più a nord fra Saint-Privat e Roncourt. Da queste località la linea francese si svolgeva per Amanvillers, La Folie, Moscou, fino alla Mosella. La riserva, costituita dal corpo della Guardia, fu collocata fra Lessy e il forte Saint-Quentin, ossia - erroneamente - dietro l'ala meglio appoggiata, mentre il Canrobert, che non aveva possibilità di aggrapparsi solidamente al terreno, venne a mancare di un sostegno di truppe sufficientemente vicino.
Per il 18 agosto i Tedeschi avevano deciso di riprendere l'offensiva. Essi avevano constatato che non vi era traccia di movimento lungo la rotabile Conflans-Verdun; ma erano tuttavia in dubbio se Bazaine avesse ripiegato su Metz o cercasse di guadagnare l'interno della Francia passando più a nord per la strada di Briey; nel primo caso avrebbero attaccato frontalmente, dopo aver fatto una conversione verso est; nel secondo caso avrebbero attaccato il fianco sinistro dei Francesi in movimento, procedendo direttamente da sud a nord.
Per esser pronti in modo ugualmente conveniente ad affrontare l'una o l'altra eventualità, le teste dei corpi d'armata avanzanti costituirono una linea obliqua con la sinistra avanti. Alle ore 10 si poteva escludere che i Francesi fossero in marcia e poco dopo si constatò infatti che erano fermi intorno a Metz. L'avanzata delle colonne tedesche prende allora forma definitiva per un attacco in direzione di est con disegno di avvolgere la destra francese. In un primo tempo si credette dagli attaccanti che l'ala settentrionale dell'armata del Bazaine non oltrepassasse Amanvillers, e ciò portò come conseguenza che il corpo della Guardia prussiana incaricato dell'avvolgimento, si trovasse, invece, a combattere frontalmente; sicché il compito dell'avvolgimento dovette essere assolto dal Corpo sassone, che era stato tenuto, in un primo tempo, in riserva, e al quale si ordinò di avanzare a tale scopo lungo la riva dell'Orne verso Roncourt. Per dar tempo a questo lungo movimento di compiersi senza rischio di contrattacchi, la Guardia e il IX Corpo, applicando un sano criterio di cooperazione, rinnovarono sanguinosi attacchi contro le posizioni di Saint-Privat e di Amanvillers.
L'entrata in azione dei Sassoni produsse - dopo un'eroica difesa del corpo Canrobert - il crollo della destra francese e compromise il centro. Sul resto della fronte, i corpi francesi 2° e 3° avevano resistito tutta la giornata agli attacchi dei corpi tedeschi VII e VIII, che si erano inutilmente logorati e che non avevano potuto guadagnar terreno, nemmeno quando giunse loro il rinforzo del II corpo. Re Guglielmo e il Moltke, che avevano assistito alla battaglia da un'altura presso Gravelotte, a sera, ignorando il successo del centro e dell'ala sinistra, ebbero l'impressione di un insuccesso. Nel campo francese, il generalissimo era rimasto quasi estraneo alla tormenta. Non aveva dato corso alle richieste di rinforzi che gli venivano dai comandanti dell'ala destra, né si era curato di andar di persona sul luogo; aveva tenuto fino all'ultimo la Guardia imperiale inoperosa, mentre un tempestivo contrattacco di queste truppe scelte e fresche nella zona di Sainte-Marie-aux-Chenes avrebbe potuto forse salvare la giornata, e tenere ancora aperta la via di ritirata per Briey.
Con questa battaglia, i tedeschi raggiunsero il loro scopo strategico, interponendo la massa principale delle loro forze fra l'armata del Bazaine e Parigi, limitando inoltre la libertà di movimento delle truppe francesi di Lorena, tanto da rendere assai ardua la riunione fra le due masse del Bazaine e del Mac-Mahon. A causa delle interrotte comunicazioni, l'imperatore francese e il MacMahon appresero con ritardo la situazione critica dell'armata di Lorena e le pavide decisioni del suo capo. L'incertezza in cui rimasero gli alti ufficiali dell'impero francese nel frattempo, sarà una delle ragioni del loro disastro a Sedan come nel corso dell'intero conflitto franco-prussiano.