Battaglie In Sintesi
469 a.C.
Politico ateniese, di parte conservatrice, fu valente generale. Conquistò ai persiani Eione alla foce dello Strimone e l'isola di Sciro (476-75), poi li sconfisse in due memorabili battaglie, terrestre e navale, presso la foce dell'Eurimedonte in Panfilia (ca. 470). Caldeggiò un'unione amichevole con Sparta e comandò un corpo di spedizione ateniese in aiuto di essa contro gli iloti ribelli (464). L'insuccesso dell'intervento ateniese favorì però il prevalere dei democratici Efialte e Pericle, contro i quali il conservatore Cimone aveva sempre lottato. Ostracizzato (461), Cimone fu richiamato in patria nel 452. Morì mentre assediava Cizio nell'isola di Cipro (449).
Figlio di Gombria, ebbe probabilmente il comando supremo dell'armata e della flotta persiana presso l'Eurimedonte dove venne sonoramente sconfitto da Cimone. Plutarco, citando Eforo, afferma che il comandante della flotta reale era Titrauste e quello della fanteria Ferendate, ma dice che Callistene sostiene Ariomande come comandante generale delle truppe.
Successivamente alle vittorie di Salamina e Platea ed ancora undici anni dopo la battaglia di Micale, le guerre persiane non erano del tutto concluse in favore degli ellenici. Ma la situazione, dopo Platea era notevolmente mutata. La coesione iniziale tra le principali polis, Sparta e Atene, iniziava a mancare sia perchè Sparta si trovava con molti dei suoi stati satelliti che, con l'istituzione di regimi democratici, mettevano in discussione la sua leadership, sia perchè Atene, ormai politicamente legatissima con i greci d'Asia, si orientava politicamente più verso quanto accadeva all'esterno della penisola ellenica che verso il proprio entroterra, il tutto con un aggiuntivo carattere antipersiano. Questo orientamento ateniese vedeva ovviamente nel mare, e nel suo dominio il protagonista principale. Così i discutibili risultati conseguiti da Pausania dopo aver rilevato Leotichida al comando supremo della flotta, indussero ben presto gli ioni a richiedere a gran voce l'ascesa della flotta ateniese, soprattutto in considerazione dello scarso contributo in termini numerici che offriva la flotta lacedemone (mai andata oltre le venti navi). Atene ebbe così mano libera nella gestione della flotta ellenica, di cui assunse finalmente la guida promuovendo nel 477 a.C. l'istituzione di una nuova confederazione, i cui proventi dovevano servire a finanziare la strategia spiccatamente offensiva dei suoi contraenti. Ne fecero parte, oltre ad Atene, cui fu affidata la conduzione della guerra contro la Persia, tutti gli stati liberati dal giogo persiano, le Cicladi occidentali e l'Eubea: dopo i successi di Cimone, i partecipanti avrebbero raggiunto il numero di 250.
La lega di Delo, questo era il suo nome, sotto certi aspetti, si poneva fin dalla sua nascita come naturale rivale di quella peloponnesiaca, ma lo scopo principale era, almeno inizialmente l'opposizione antipersiana. Per questo, un antispartano come Temistocle si trovò politicamente isolato e venne sacrificato in nome della necessaria, sebbene non entusiastica collaborazione tra le due principali póleis. L'offensiva della Lega contro la Persia ebbe inizio nel 476, sotto la guida di Cimone, il figlio di Milziade, con un attacco alle posizioni nemiche residue lungo la costa europea dell'Ellesponto, tra la foce dello Strinone e gli Stretti. La campagna continuò con una serie di assedi, tra cui quelli più difficili furono quello di Dorisco alla foce dell'Ebro, mai espugnata, ed Eione, il porto corrispondente ad Anfipoli che cadde solo dopo un blocco che si prolungò per l'intero inverno. In quest'ultimo in particolare si distinse non tanto il comandante ateniese ma il comandante della guarnigione persiana, Butes, il quale, dopo essere stato sconfitto da Cimone in una battaglia campale, riuscì a resistere fino alla primavera nonostante il nemico lo avesse separato dall'interno della Tracia, dove traeva gli approvvigionamenti. Ridotto allo stremo, il comandante persiano uccise la moglie, i figli, le concubine e poi si lasciò morire in un rogo nel quale aveva posto tutto l'oro e l'argento di cui disponeva. L'avanzata della Lega proseguì in maniera sempre vincente, conquistando Sciro, Caristo e Nasso, che costituirono le prime avvisaglie di quella politica imperialistica ateniese conosciuta come talassocrazia. La conquista di città importanti come Caristo e Nasso infatti partiva, è vero, con lo scopo di liberare le città ancora sotto il giogo persiano, ma in realtà andava a legare tutte queste al controllo ateniese, anche contro la propria volontà. Secondo gli storici infatti, proprio Caristo non aveva intenzione di aderire alla lega, e vi fu costretta a forza, mentre Nasso vi era entrata e poi uscita poco dopo, per esservi ricondotta con le cattive.
La campagna proseguì spedita verso le città ioniche a sud di Mileto, in Caria e in Licia nel 470 a.C., fino a quando, nel 469, Cimone radunò a Cnido una flotta di almeno 200 triremi. Con queste il condottiero fece vela per le coste asiatiche meridionali, dove spazzò via con facilità le guarnigioni persiane, arrivando fino all'estremo limite sud-orientale presso il quale era giunta l'etnia greca: Faselide, in Licia, colonia di matrice dorica. Il luogo dove sorge Faselide è caratterizzato da uno stretto braccio di mare tra la costa e le isole Chelidonie, rappresentava un interessante scacchiere sia come base per la sua flotta, sia come luogo ove attirare le forze persiane e replicare la situazione tattica di Salamina. Solo lì la flotta della lega trovò una certa resistenza, che venne meno dopo che la città accettò di pagare un tributo e di contribuire con un contingente di navi. L'unico pensiero dei persiani a questo punto, e viste la scarse resistenze che erano stati in grado di opporre ai greci, era quello di limitare il più possibile l'ulteriore estensione della sfera d'influenza ateniese in Asia minore; per questo, alla foce dell'Eurimedonte, l'attuale Kòpricai, Serse radunò una flotta di qualche centinaio di navi, forse 350, al comando dell'amiraglio Titrauste, "accompagnata" in parallelo da una forza terrestre, guidata da Ferendate. Dopo l'arrivo dell'uomo cui Serse aveva affidato il comando supremo delle operazioni, Ariomande, all'appello mancavano ancora 80 vascelli provenienti da Cipro, senza i quali lo stesso Ariomande non si considerava pronto ad affrontare il nemico, né in difesa né in attacco. Così in attesa che queste forze arrivassero, fece tirare in secco le navi fenicie, affinché fruissero della protezione dell'esercito.
Non sappiamo se Cimone fosse stato avvertito da qualche informatore locale o se abbia agito con l'ausilio della fortuna, fatto sta che il comandante greco si affrettò ad attaccare i persiani prima che avvenisse il ricongiungimento delle due flotte. La foce del fiume, che come accennato in precedenza ricordava la situazione geografica di Salamina, era uno spazio troppo ristretto perché le tante navi persiane, che Ariomande fece calare nell'acqua vedendo sopraggiungere i greci, potessero manovrare con efficacia; il naviglio imperiale cercò di uscire in mare aperto ma lo scontro, su cui non abbiamo dettagli attendibili, almeno per quanto riguarda lo svolgimento, si chiuse con la perdita, da parte persiana di duecento vascelli, tutti finiti in mano ateniese.
Ma la battaglia in realtà non si poteva esaurire con il solo conflitto navale. Lungo la spiaggia infatti, si schierarono le truppe persiane per impedire ai greci a bordo di sbarcare. Nonostante questi ultimi avevano appena concluso uno scontro in mare, il clima di esaltazione dovuto alla vittoria stessa appena conseguita convinse Cimone ad affrontare nello stesso giorno anche le forze di terra persiane, fino a quel momento inattive. Il comandante persiano ordinò, ovviamente, di far sbarcare per primi gli opliti, che si impegnarono in un furioso corpo a corpo con un numero presumibilmente molto superiore di effettivi persiani. Prima di riuscire a prevalere, i greci subirono molte perdite, ma infine misero in rotta i nemici impossessandosi anche del loro accampamento. «Cimone, come un grande atleta», afferma Plutarco, «colse due vittorie in un sol giorno e superando il trofeo di Salamina con una battaglia terrestre, e quello di Platea con uno scontro navale, combatté per nuove vittorie». Il condottiero, infatti, non stette a gloriarsi di quella pur clamorosa doppia vittoria e salpò subito alla volta del porto di Side, dove si sapeva che erano approdate le quasi dimenticate 80 navi provenienti da Cipro. La sorpresa per queste ultime fu totale, in quanto totalmente ignare della doppia sconfitta persiana, e così non avendo comandi da eseguire, si offrirono a Cimone come la più facile delle prede. Tutte e 80 le navi vennero fatte a pezzi e nessuno dei suoi equipaggi riuscì a trovare scampo.
Cimone non aveva ottenuto solo una vittoria clamorosa, ma anche decisiva; tanto che Diodoro scrive: «...dopo aver riportato due vittorie, una per terra e l'altra per mare, particolarmente significative, [...] fino ai giorni nostri non c'è ricordo di imprese così gloriose ed importanti compiute nello stesso giorno da un esercito impegnato in mare e in terra».
A questo punto il comandante greco avrebbe potuto acquisire ulteriori territori per la Lega, avendo sbaragliato la più ampia delle armate presenti nell'intera Asia Minore. Ma il controllo di territori tanto distanti avrebbe solo non avrebbe fatto altro che caricare di problemi Atene e la lega, che avrebbero dovuto faticare molto per mantenerne il controllo. Per Serse, il risultato dell'Eurimedonte dovette essere avvilente, anche se, forse, non fu allora che venne stipulata la fantomatica pace di Callia - o di Cimone -, in base alla quale il gran re si impegnava a non mandare navi nell'Egeo e gli stati della lega promettevano di non attaccare più i territori sotto il dominio persiano. Le fonti al riguardo sono confuse, non tutte sostengono che una pace sia stata effettivamente conclusa, né possiamo esser certi che sia entrata in vigore prima della morte di Cimone, ovvero durante i vent'anni seguiti all'Eurimedonte. In realtà, almeno fino a quando il condottiero visse e gli stati maggiori della Grecia non furono coinvolti nella guerra del Peloponneso, rimase uno stato di belligeranza tra i due blocchi; il fatto che, secondo Plutarco, venisse stabilita una sorta di linea di demarcazione tra possedimenti persiani, a oriente delle isole Chelidonie, e quelli sotto il controllo greco, a occidente, indica come il trattato, se mai vi fu, venne stipulato su un piano di parità, virtualmente tra due imperi: una straordinaria metamorfosi storica, rispetto solo a un trentennio prima, quando i persiani avevano intrapreso la guerra per guadagnarsi la sottomissione di alcuni fastidiosi staterelli greci. Iniziava così la talassocrazia ateniese.