Ars Bellica

Battaglie In Sintesi

Battaglia di Castiglione

5 agosto 1796

Gli avversari

Augereau, Pierre-François-Charles, duca di Castiglione, maresciallo di Francia.

Nato a Parigi il 21 ottobre 1757, figlio di un domestico e privo di regolare istruzione ed educazione, fu soldato nel reggimento Clark-Irlandese, passò poi in Svizzera e indi a Napoli, dove fu carabiniere e più tardi maestro di scherma rimanendovi fino al 1792, quando, caduto, come quasi tutti i Francesi, in sospetto del governo borbonico, ne fu allontanato. Rientrato in Francia già trentacinquenne, si arruolò volontario e si segnalò ben presto, tanto che poco più di un anno dopo era già generale di divisione. Con tale grado ebbe una parte importante nelle campagne dei Pirenei Orientali. Passato nel 1795 all'armata d'Italia, attrasse l'attenzione di Bonaparte e si coprì di gloria in tutta quella campagna e specie nelle battaglie di Castiglione e di Arcole. Fu esecutore del colpo di stato del 18 fruttidoro (4 settembre 1797), senza riuscire però a far parte del Direttorio: il quale, anzi, lo allontanò, mandandolo sulla fine del 1797 a comandare l'armata del Reno dopo la morte di Hoche. Avendo poi avuto un comando inferiore, si dimise; e nel 1799 divenne deputato dell'Alta Garonna nel Consiglio dei Cinquecento. L'Augereau, che aveva ostentato inimicizia per Bonaparte durante la sua permanenza in Egitto, e che il 18 brumaio aveva tenuto atteggiamento riservato, gli si riavvicinò dopo il successo; e da lui fu messo al comando dell'armata Gallo-Batava, ove rimase per breve tempo, lasciando di nuovo il servizio. Ma alla costituzione dell'Impero fu da Napoleone nominato maresciallo e grand'aquila della Legione d'Onore, duca di Castiglione nel 1806. Da allora, l'Augereau prese parte a tutte le guerre dell'Impero, rappresentandovi una parte importante, specialmente nella campagna del 1805 contro l'Austria e del 1807 in Polonia. Essendo stato meno fortunato nella guerra di Spagna del 1809, si ritirò per la terza volta dal servizio. Richiamatovi nel 1812, non prese parte attiva alla campagna di Russia, ma si coprì nuovamente di gloria l'anno seguente a Lipsia. Non fu invece pari alla sua fama nella campagna del 1814 in Francia: si mostrò esitante ed incerto, e all'atto dell'abdicazione di Napoleone, gli si manifestò apertamente avverso, rinfacciandogli di non aver saputo morire da soldato e sciogliendo le sue truppe dal giuramento di fedeltà. In tal modo si accaparrò la grazia del restaurato Borbone, che lo conservò nel comando. Al ritorno di Napoleone dall'Elba, benché sapesse che era stato da lui proclamato traditore, si volse di nuovo verso l'astro risorgente, ma fu respinto con disdegno. Alla seconda restaurazione corse ad offrire i suoi servigi a Luigi XVIII, ma non fu più fortunato. Si ritirò allora nelle sue terre e vi morì a La Houssaye il 12 giugno 1816. Eccellente uomo di guerra, l'Augereau fu uomo di modi rozzi e sconvenienti, e gli si imputarono deficienze di carattere, di coerenza politica, di condotta morale. Tuttavia merita di esser ricordato a suo onore che, quando fu costituito da Luigi XVIII il tribunale militare chiamato a giudicare il maresciallo Ney, l'Augereau rifiutò di farne parte.


Dagobert-Siegmund conte von Würmser (Strasburgo 1724 - Vienna 1797)

Come generale servì nell'esercito francese (1745-47), quindi in quello austriaco. Prese parte all'assedio di Magonza (1793), combatté sul Reno, e si impadronì delle linee difensive di Wissenburg. Alla testa dell'armata dell'alto Reno (1795) prese Mannheim. Poi (1797), inviato in Italia, fu battuto da Bonaparte a Castiglione e a Rovereto e costretto a chiudersi a Mantova. Dopo alcuni fortunati tentativi di sortita, Würmser rimase sconfitto ad Arcole, Rivoli e alla Favorita. Nominato feldmaresciallo, si ritirò a Vienna; nei suoi ultimi anni ebbe il comando militare dell'Ungheria.

La genesi

Alla fine di luglio del 1796 l'Armata d'Italia lottava per impedire il congiungimento tra le due parti dell'esercito austriaco e nello stesso tempo il soccorso alla guarnigione austriaca assediata nella munita fortezza di Mantova. Un'ala, guidata da Quosdanovich, era discesa lungo la riva occidentale del lago di Garda; la seconda, comandata dal generale Würmser, comandante in capo, si era avvicinata a Mantova da Trento, scendendo lungo l'Adige fino a Verona. Le forze di cui erano dotati inizialmente questi eserciti erano rispettivamente di 18.000 e 24.000 uomini, escludendo la guarnigione di Mantova (12.700). Inoltre, una formazione minore di 5.000 uomini, al comando di Meszaros, scendeva lungo la vallata del Brenta. A quell'epoca Bonaparte disponeva di circa 46.000 uomini, ma con tali truppe egli doveva controllare tutta la Pianura Padana e continuare l'assedio di Mantova, nonché prendere delle precauzioni per far fronte e sventare qualsiasi tentativo austriaco di liberare la città e la fortezza, tentativo che avrebbe potuto compiersi contemporaneamente da diverse direzioni. All'inizio, gli eventi presero una piega negativa per i francesi. Würmser spinse Massena fuori da Verona e si diresse attraverso la campagna in direzione di Mantova, mentre Quosdanovich respinse vicino a Salò le deboli forze dei generali Sauret e Guieu. Sembrò che gli austriaci dovessero riuscire sia a riunirsi a sud del lago di Garda che a liberare Mantova. Per un po' il generale Bonaparte non seppe quale avversario affrontare per primo, ma alla fine egli prese la difficile decisione ed ordinò a Sérurier di abbandonare l'assedio di Mantova e dirigersi verso occidente, a Marcaria sul fiume Chiese, dove sarebbe stato in grado di proteggere le comunicazioni dell'esercito che si snodavano attraverso Milano fino a Nizza ed allo stesso tempo essere a distanza di marcia dall'area di battaglia del lago di Garda. Contemporaneamente, Massena ed Augereau venivano richiamati ad ovest del Mincio per costituire un forte gruppo di forze. Questi movimenti furono ordinati il 31 luglio e così cominciò il concentramento generale dei francesi. Poiché Würmser insisteva nel marciare diritto verso Mantova per mettersi in contatto con il governatore, fu Quosdanovich che ricevette la maggior parte delle attenzioni iniziali di Bonaparte e nei giorni 2 e 3 agosto si ebbe una serie di scontri intorno a Lonato e Castiglione. Il primo, soprattutto per iniziativa di Massena, contro Quosdanovich; l'ultimo, contro l'avanguardia di Würmser, fu combattuto dalla divisione di Augereau aiutato da Kilmaine. Al cader della notte del giorno 3 Quosdanovich era stato duramente respinto e Würmser per il momento fermato. A saldo controllo della posizione centrale tra le due forze austriache (quantunque al culmine della doppia battaglia esse fossero separate da sole cinque miglia) stava l'implacabile Armata d'Italia. Gli austriaci, che già pregustavano gli effetti di una vittoria, rimasero invece a bocca asciutta. La mattina del 4 agosto il generale Bonaparte cominciò a riunire le sue truppe per un attacco contro i 25.000 austriaci di Würmser che occupavano a quel momento una salda posizione sulle alture di Castiglione-Solferino. Dopo aver lasciato il generale Guieu all'inseguimento di Quosdanovich che si ritirava, Bonaparte riunì ogni altro soldato disponibile per questa operazione, richiamando Despinois da Brescia ed inviandolo a raggiungere Massena e Augereau, mentre Marmont e Beaumont comandanti rispettivamente dell'artiglieria e della cavalleria erano inviati nella pianura sottostante Castiglione. Nello stesso tempo veniva ordinato a Sérurier (che si trovava a Marcaria) di marciare sul villaggio di Guidizzolo alle spalle di Würmser. Con questo concentramento Bonaparte riuscì a spiegare quasi 31.000 uomini (inclusi Sérurier e Despinois). Aveva pertanto raggiunto una superiorità di forze al momento decisivo ma soltanto - si noti - dopo aver abbandonato l'assedio di Mantova. L'intenzione di Bonaparte era quella di annientare completamente Würmser ed il suo unico timore era che il comandante austriaco potesse riconsiderare la sua posizione e ritirarsi dentro Mantova. Se Würmser agiva in tal modo sarebbe stato praticamente impossibile imporre un nuovo assedio; infatti con 37.000 austriaci ben approvvigionati all'interno della fortezza, l'Armata d'Italia avrebbe dovuto impegnarsi a fondo nel tentativo di mantenere l'assedio, tenere sotto controllo l'Italia del nord ed essere allo stesso tempo un esercito di protezione. Per evitare una simile situazione, vi doveva essere a tutti i costi una battaglia a Castiglione. Osservando le posizioni austriache, Bonaparte notò che la destra di Würmser aveva preso saldamente posizione sulle alture di Solferino e su di una vicina torre, mentre la sua sinistra si estendeva lungo la dorsale con un distaccamento spostato in avanti ad occupare la collinetta di Medolano, protetta da una batteria pesante. All'istante uno schema si affacciò alla mente del ventiseienne generale, un piano destinato a servire in futuro da prototipo per una dozzina di battaglie più importanti. Per prima cosa egli avrebbe impegnato Würmser frontalmente con un attacco diversivo condotto da Massena contro la destra austriaca e da Augereau contro la sinistra; questa azione sarebbe stata appoggiata al momento opportuno dalla IV e dalla V demi-brigade del generale Despinois (che si stava affrettando da Brescia) e dalla cavalleria del generale Beaumont (che occupava l'estrema destra). Poi, al momento giusto, la divisione di Sérurier (che in effetti era comandata quel giorno dal generale Fiorella essendosi il comandante di divisione ammalato seriamente a Marcaria) si sarebbe concentrata a Guidizzolo, coperta dal 5° dragoni, e sarebbe piombata a tergo del settore sinistro di Würmser, tagliandogli ogni possibilità di ritirata verso Mantova ed allo stesso tempo spargendo paura e scoraggiamento tra le sue file - la classica interpretazione "dell'aggiramento" tattico. Poi sarebbe stato sferrato l'attacco principale. Una forza speciale di 3 battaglioni di granatieri, appoggiata da 18 cannoni al comando del generale Marmont e dalla cavalleria di Beaumont - tutti accuratamente ammassati dietro l'ala destra francese schierata con formazione a scaglioni - sarebbe piombata come un fulmine contro il settore centro-sinistro di Würmser (presumibilmente indebolito dalla necessità di trovare truppe da opporre a Sérurier) e avrebbe fatto breccia nella sua linea. Questo coup de foudre sarebbe stato appoggiato da un rinnovato attacco simultaneo contro tutti i settori frontali della linea austriaca. Sarebbe indi seguito uno spietato inseguimento per assicurare la distruzione di Würmser. Ogni elemento di una grande battaglia napoleonica era pertanto incluso nel piano di Castiglione dell'agosto 1796.

Come succede spesso in guerra, gli avvenimenti non si svolsero del tutto secondo il piano prestabilito, sebbene l'inizio fosse piuttosto brillante. Per assicurarsi il successo del suo attacco iniziale e smuovere gli austriaci dalla loro salda posizione sulle alture, Bonaparte ricorse ad uno dei più vecchi ed allo stesso tempo più pericolosi stratagemmi bellici - una finta ritirata di fronte al nemico. Il fuoco era appena iniziato quando ordinò a Massena ed Augereau di ritirarsi. Questa manovra poteva risultare fatale qualora le truppe non fossero state ben addestrate e pienamente fiduciose nel loro comandante, ma nella maniera in cui si svolse essa produsse esattamente l'effetto desiderato. Stupito da tanta fortuna e credendo di aver già messo i francesi in fuga, Würmser mosse il suo fianco destro in avanti (ruotando sulla sua sinistra) nel tentativo di schiacciare la sinistra di Massena ed in tal modo aprire una strada verso Lonato e la presunta posizione del generale Quosdanovich, dato che il comandante in capo austriaco non aveva ricevuto notizie precise della sconfitta subita da questi a Lonato il giorno 3. Questa manovra poco accorta fu molto gradita da Bonaparte poiché rese ancor più decisivo il probabile effetto che avrebbe provocato l'intervento di Sérurier. Il nemico era completamente intrappolato.

Nel frattempo il generale Fiorella verso le 6 del mattino era arrivato a Guidizzolo con la divisione di Sérurier; Würmser non aveva ancora il minimo sentore della sua presenza, grazie all'efficace manovra di copertura effettuata dal 5° reggimento dei dragoni. "L'apertura del fuoco da parte sua sarebbe stato il segnale di battaglia" scrisse Napoleone a Sant'Elena. "Ci aspettavamo un grande effetto psicologico da questo attacco inaspettato".

La battaglia

Alla mattina del cinque agosto erano gli Imperiali ed i Repubblicani schierati a fronte, per decidere l'aspra contesa che avea fatto di già versare tanto sangue umano. Würmser poggiava l'ala sinistra del suo esercito al colle di Medolano fra Guidizzolo e Castiglione, la destra a Solfarino; e Bonaparte tenne schierato il suo esercito fra Castiglione e gli Imperiali; Massena comandava il destro lato, il centro Augereau, e la sinistra Verdier, fiancheggiato dalla cavalleria di Beaumont. Così disposto l'esercito, aveva Bonaparte mandato ordine a Serrurier, che trovavasi tuttora colla sua divisione nelle vicinanze di Bozzolo e di Marcaria, di affrettatamente recarsi ad assalire i nemici sulla sinistra ed alle spalle. Aveva ordinato Bonaparte a'suoi di attaccare i Tedeschi, e quando questi fossero dagli alloggiamenti usciti, ritirarsi, perchè avessero a prolungare la linea ed indebolire il centro; e l'evento corrispose all'ideato colpo strategico. I Tedeschi, appena attaccati, uscirono a respingere i Francesi, e Würmser , nell'intenzione dl congiungersi con Quosnadowich, che non sapeva sconfitto, prolungava la sua destra verso Lonato e Salò; ciò veduto, Bonaparte fece investire da Verdier la sinistra vigorosamente, benché protetta da una batteria piantata sul colle di Medolano: e, venuti alle mani, Verdier, fiancheggiato da Beaumont, respinse gli Imperiali e impadronissi della batteria; ed alla vittoria di quell'assalto contribuì non poco il colonnello Marmont, soldato praticissimo Dell'ordinare le artiglierie, e che nel piano di Medole aveva piantato venti grossi pezzi, fulminando con quelli il nemico ridotto.

Il generalissimo austriaco, per soccorrere il pericolante suo fianco sinistro, mandava un rinforzo tolto alla sua seconda linea; ma nello stesso tempo si avanzavano da Cavriana le schiere di Serrurier, l'antiguardo delle schiere comandato dal generale Fiorella, i quali contemporaneamente investirono i Tedeschi alla sinistra e a tergo. Rapidi si mossero Massena ed Augereau colle loro falangi, ed urtarono furiosamente la prima linea indebolita dal prolungamento. Sostennero gli Austriaci l'assalto con vigoria; ma dopo buona pezza di combattimento, Würmser conobbesi ridotto a mal termine, e dovette ritirarsi colle sue schiere scompigliate, varcando il Mincio a Valeggio, rivolgendosi verso il Tirolo. La ritirata del generalissimo austriaco svegliò nei patriotti italiani gran gioia, mentre rammarico nell'opposto partito destava. In Venezia la generalità se ne doleva, e l'allegria, svegliatasi nel popolo al suo arrivo, venne alterata dal Darò con false asserzioni per trarre profitto a giustificare quanto fu fatto del governo francese a suo danno.

Le conseguenze

La battaglia fu vinta, anche se non in maniera così decisiva come poteva aver sperato il generale Bonaparte. Würmser, riconoscendo la sconfitta, rimandò indietro i suoi uomini verso Peschiera, abbandonando 20 cannoni, 120 carri di munizioni e 1.000 prigionieri da aggiungere ai 2.000 morti e feriti lasciati sul campo. La battaglia vinta a Castiglione, nella quale erasi a preferenza distinto Augereau, che più tardi, nell'epoca in cui Bonaparte, fatto imperatore, innalzava una nuova aristocrazia dalla polvere de' campi, fu nominato duca di Castiglione, reso aveva prospere le sorti dei Francesi. Bonaparte non si credeva perciò padrone tranquillo dell'Italia: egli sapeva benissimo che il capitano austriaco, ritirato nel Tirolo, non era uomo da abbandonare l'impresa, e che appena avesse ristabilite le schiere, e ricevuti rinforzi, tornato sarebbe agli assalti per riconquistare la Lombardia, poichè la quistione di chi dovesse essere Italia era tutt'altro che decisa. A ciò dire influiva, che anche i Francesi, comunque vincitori, aveano subite perdite riflessibili; e che il vecchio generale austriaco, quantunque vinto, avea il suo esercito non fiaccato né in disordine, e Mantova non era per anco presa, ed a debellarla voleasi assedio lungo, il quale, per le diminuite falangi francesi, non poteva essere perfetto.