Battaglie In Sintesi
19 Luglio 1747
Louis Charles Armand Fouquet, conosciuto come Chevalier de Belle-Isle, è stato un diplomatico e generale francese. Era il fratello più giovane del maresciallo Charles Louis Auguste Fouquet, duc de Belle-Isle.
Ha servito come un giovane ufficiale nella guerra di successione spagnola e, come brigadiere nella campagna del 1734 sul Reno e sulla Mosella, dove si conquistò il grado di Maresciallo di campo. Venne impiegato sotto il comando di suo fratello in missioni politiche in Baviera ed in Svevia tra il 1741 e il 1742. Nel biennio 1742-1743, lasciò gli impegni diplomatici ed ottenne il grado di luogotenente generale, combattendo in Boemia, Baviera e nell'area renana. Dopo i combattimenti il maresciallo di Belle-Isle, munito di pieni poteri dal re di Francia e dall'imperatore Carlo VII, tornò agl'incarichi diplomatici e portò con sé il fratello. Tornando da Kassel, il 20 dicembre 1746 si fermarono a cambiare cavalli ad una stazione di posta nel borgo di Elbingrode, appartenente all'Elettorato di Hannover, ove furono arrestati con il loro seguito, poiché transitavano privi di passaporto in un paese in guerra con la Francia. Una volta rilasciati, il cavaliere prestò ancora servizio agli ordini del fratello in Piemonte, dove Luigi XV inviò un esercito forte di 150 reggimenti di fanteria, 75 squadroni di cavalleria e 2 brigate di artiglieria, al comando del cavaliere di Belleisle e dello spagnolo, marchese de las Minas. Il 19 luglio del 1747 sui colli dell'Assietta troverà la morte cercando la gloria sul campo mentre portava un assalto con la bandiera nelle mani.
Giovanni Battista Cacherano conte di Bricherasio, nacque a Bricherasio (Pinerolo) da Teodoro III, capitano del reggimento Monferrato, e da Laura Caissotti di Vigone, vedova del conte Chiaffredo Faletto di Villafaletto. Avviato alla carriera delle armi - come del resto i fratelli Filiberto, Carlo e Gianmatteo, che assumeranno nella seconda metà del Settecento il governo di alcune piazzeforti e città piemontesi -, levò a proprie spese, nell'aprile 1734, il "reggimento dei Valdesi", così battezzato perché i soldati erano stati reclutati nelle valli del Pellice, di Chisone e di San Martino. Ottenuta il 9 aprile la nomina a colonnello della brigata, che cambierà più tardi la sua denominazione in "reggimento della Regina" in onore di Polissena Cristina d'Assia, consorte di Carlo Emanuele III, partecipò alle ultime battute della guerra per la successione polacca in Italia. Ma soltanto più tardi, nel corso delle operazioni militari in difesa della Savoia e delle valli di Casteldelfino, durante la prima fase della guerra per la successione austriaca, il Bricherasio ebbe modo di porsi in luce presso il sovrano, ottenendo il 22 genn. 1744 il grado di brigadiere d'armata. Lasciate le valli del Pellice, dove in luglio era stato inviato per prevenire eventuali tentativi di sedizione filofrancese, egli partecipò poi, il 30 settembre, alla testa del suo reggimento alla sfortunata battaglia di Madonna dell'Olmo, presso Cuneo, in cui si comportò onorevolmente, rimanendo ferito sul campo con due suoi fratelli, Carlo e Gianmatteo. Carlo Emanuele III lo promosse, il 9 maggio 1745, a maggiore generale della fanteria trasferendolo l'anno dopo nell'Astigiano, quindi nel Piacentino. Da Piacenza, di cui aveva tenuto per qualche mese il comando militare, il Bricherasio muoveva nel gennaio 1747 alla volta di Savona per ricongiungersi con il "reggimento della Regina" che aveva preso parte, agli ordini del fratello tenente colonnello Gianmatteo, all'assedio del castello, capitolato nel dicembre 1746. Richiamato dal governatore di Savona ed elevato innanzi tempo, per espressa volontà del sovrano, al grado di tenente generale di fanteria il 20 giugno 1747, il Bericherasio assumeva da allora il comando in capo delle truppe fatte affluire nelle valli di Susa e di Fenestrelle per la difesa delle frontiere contro i Francesi. E la scelta di Carlo Emanuele doveva rivelarsi particolarmente felice nel corso dell'ultima fase del conflitto, segnata dalla famosa battaglia dell'Assietta.
Ricompensato da Carlo Emanuele III con il collare della gran croce dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro il 19 sett. 1748, quindi il 17 novembre con la commenda di Santa Fede di Vercelli e la pensione annua di 1.200 lire, il Bricherasio assumeva, l'11 maggio 1750, l'incarico di precettore del duca di Chiablese e l'anno seguente, con patenti del 3 sett. 1751, era nominato rappresentante del sovrano, con il titolo di viceré e di capitano generale, nell'isola di Sardegna, da cui ritornava quattro anni dopo per assumere, il 16 luglio 1755, la carica di governatore della città e del contado di Tortona. Ma è con il passaggio tre anni dopo, il 24 apr. 1758, al governatorato di Alessandria che il B. avrà modo di consolidare la sua esperienza politica e amministrativa, nell'ambito della linea segnata da Carlo Emanuele III di governo burocratico-militaresco, ma anche di rafforzamento delle istituzioni centrali dell'amministrazione e di limitazione dei privilegi del clero. L'attività politica del Bricherasio si concluse peraltro con il richiamo a Torino nel 1763 e la nomina, il 15 ottobre, a governatore della cittadella di Torino, cui seguiranno ancora, il 4 dicembre, il conferimento del collare del supremo Ordine dell'Annunziata e la promozione, il 4 marzo 1771, a generale di fanteria e gran mastro delle artiglierie.
Morì a Bricherasio il 6 sett. 1782, lasciando nove figli, di cui quattro femmine, natigli dal matrimonio (avvenuto il 28 febbraio 1734) con Maria Vittoria Ripa di Meana.
La guerra di successione austriaca fu determinata, nel 1740, dallo spegnersi della famiglia d'Asburgo regnante sull'impero austriaco con la morte dell'ultimo rappresentante maschio della stirpe, Carlo VI. Questi aveva provvisto alla successione fino dal 1713 con la Prammatica Sanzione: gli stati erano dichiarati uniti in perpetuo e indivisibili; la successione riconosciuta anche alla femmine, qualora mancassero eredi mancando i maschi. La legge fu proclamata solo nel 1724, dopo il riconoscimento degli stati provinciali. E Carlo VI, non avendo speranza di eredi maschi, dichiarò erede la sua primogenita Maria Teresa (nata nel 1717), a danno delle figlie del fratello maggiore.
Le potenze europee mercanteggiarono a lungo il riconoscimento della Prammatica Sanzione, costringendo l'imperatore a cedere sulle varie questioni europee, dibattutesi fra il 1715 ed il 1740. Ma proprio in quell'anno la morte di Carlo VI riaprì la questione austriaca con il re di Prussia, Federico II, che rivendicava i diritti prussiani. Egli volle cogliere l'occasione propizia: l'Austria, dopo le due guerre degli anni precedenti, la polacca e la turca, era stremata di forze e incapace di sostenere un conflitto; anche le potenze europee erano impreparate.
Proprio per la sua solerzia nello scendere in campo, Federico II riuscì ad avere alleati solo dopo la faticosa e cruenta vittoria riportata a Mollwitz sull'esercito austriaco del Neipperg (10 aprile 1741). Dopo il trattato di Breslavia (5 giugno 1741), più precisamente il 7 agosto, Federico II entrava solennemente in Breslavia, l'esercito del nuovo alleato francese sotto il maresciallo Belleisle, attraversava il Reno e si univa ai Bavaresi che entrarono in Austria. Contemporaneamente, la Svezia, spinta dalla stessa Francia, dichiarava guerra alla Russia. Anche la Sassonia, col trattato di Francoforte (19 settembre 1741), aderì alla Baviera, così come il Piemonte, che sembrava appoggiare la Francia, nella speranza di partecipare allo smembramento dell'Austria occupando la Lombardia. Maria Teresa si trovò così circondata da nemici. Solo l'Inghilterra assisteva amichevolmente Maria Teresa, promettendo un sussidio: 300.000 sterline l'anno.
Grazie ad una tregua con i prussiani, ottenuta col trattato segreto di Kleinschnellendorf (9 ottobre 1741), il maresciallo austriaco Neipperg poté allora, correre a parare i colpi dei Franco-Bavaresi, giunti a poche decine di chilometri da Vienna. La situazione austriaca, migliorò progressivamente nella primavera del 1742, allorché un nu'ovo esercito austriaco, sotto il maresciallo Khevenhüller, abile condottiero, spinto dalla calda parola della regina, rioccupò Linz e Passavia. Subito dopo, la Baviera venne invasa, e Monaco stessa occupata.Anche in Italia gli avvenimenti presero nel 1742 un corso favorevole all'Austria. Carlo Emanuele III, dapprima aderente al blocco antiaustriaco, s'impaurì delle intenzioni spagnole sulla Lombardia, specie dopo lo sbarco di un esercito sotto il duca di Montemar, cui si unirono le forze napoletane di Carlo III. Si accordò allora con Maria Teresa, impegnandosi a difendere Milano dai Borboni con riserva dei propri diritti. Poi, fece regolare alleanza. Mentre forze franco-spagnole minacciavano la Savoia, l'esercito sardo occupò Parma, cacciò da Modena il duca favorevole alla Francia, e a Camposanto sul Panaro, insieme con forze austriache, batté gli Spagnoli del Gages (8 febbraio 1743), mentre una flotta inglese costringeva il re di Napoli a rientrare nella neutralità.
La situazione di Maria Teresa migliorò ancor più nel 1743. L'Inghilterra passò, col governo di lord Carteret, a una politica più energica, ed aumentò il sussidio annuo a Maria Teresa a 500.000 sterline; la diplomazia inglese intervenne inoltre attivamente a Pietroburgo in senso antifrancese, spinse l'Olanda contro la Francia, e cercò di concretare accordi fra Torino e Vienna. Nel marzo del 1743, Giorgio II con un esercito di inglesi, hannoveriani, assiani e austriaci, avanzò dai Paesi Bassi austriaci sul Reno, marciò su Francoforte e costrinse prima i Francesi e poi i bavaresi a delle ritirate. Nell'estate del 1743 i diplomatici inglesi portavano a compimento anche l'intesa austro-sarda: a Worms fu firmato il trattato (14 settembre) in cui Maria Teresa prometteva a Carlo Emanuele III la concessione di Vigevano e dei territori sulla destra del Ticino e del Lago Maggiore; a sud del Po, Bobbio e Piacenza; sulla Riviera, il marchesato di Finale. In cambio, il re riconosceva la Prammatica Sanzione, rinunciava a far valere i suoi diritti su Milano, s'impegnava coi sussidi finanziari inglesi a tenere in armi 45.000 uomini.
La Francia, che dopo la morte del cardinale Fleury (29 gennaio 1743) era più che mai dominata dalle tendenze bellicose, strinse così alleanze con Spagna e rinsaldò il legame con la Prussia di Federico, che nel frattempo progettava un attacco su vasti fronti all'Austria ed ai suoi alleati. I Paesi Bassi austriaci sarebbero stati assaliti dalla Francia con grandi forze; la Boemia, dai Prussiani. Si sferrò allora un violento attacco all'Austria: mancò però la necessaria contemporaneità nelle operazioni militari, e dopo una serie di vittorie le truppe antiaustriache furono costrette a tornarepraticamente su posizioni di partenza.
All'inizio del 1745, la situazione era dunque, complessivamente, favorevole alla tenace Maria Teresa. La Francia però aveva nel frattempo trovato un nuovo alleato in Genvoa, irritata contro il Piemonte e contro l'Austria per la minaccia al suo possesso del Finale (trattato di Aranjuez 7 maggio 1745). Con l'aiuto dei Genovesi, due eserciti franco-spagnoli del Maillebois e del Gages entrarono dalla Riviera in Piemonte, batterono gli Austro-piemontesi a Bassignana (28 settembre), occuparono successivamente Tortona, Piacenza, Parma, Pavia, poi Alessandria, Asti, Casale, mentre Filippo di Borbone entrava finalmente in Milano, il 19 dicembre 1745. Anche nei Paesi Bassi, la Francia si affermava energicamente. Il valente maresciallo Maurizio di Sassonia vinse gli Anglo-Olandesi a Fontenay (11 maggio 1745) ed occupò Tournai (22 maggio), Gand (10 luglio), Bruges (18 luglio), Oudenarde (21 luglio), Ostenda (23 luglio). Per minacciare l'Inghilterra e costringerla a pensare a sé, i Francesi organizzarono nell'estate del 1745 lo sbarco di Carlo Edoardo Stuart in Scozia (4 agosto).
Nel frattempo, in Germania l'influsso francese era ormai quasi nullo, mentre l'Inghilterra, minacciata dallo Stuart, cercava di riconciliare ancora una volta Maria Teresa e Federico II. Quest'ultimo però, visto il ristagno delle trattative diplomatiche tornò a combattere: vinse gli Austriaci in Boemia, invase la Sassonia, vinse a Kesselsdorf (15 dicembre), occupò Lipsia e Dresda. Così ottenne il suo scopo: Maria Teresa rinunciò alla Slesia e fece pace (trattato di Dresda, 25 dicembre 1745).
Il conflitto, così, veniva semplificato: la Francia, appoggiata da Spagna, Napoli, Genova; l'Austria, alleata del regno di Sardegna, Inghilterra, Olanda. Lo sbarco dello Stuart determinò nell'autunno del 1745 una generale sollevazione degli Scozzesi e causò terribile panico a Londra. Ma tutto poi sfumò con la battaglia di Culloden (16 aprile 1746). Sola conseguenza fu la possibilità offerta a Maurizio di Sassonia di allargare l'occupazione dei Paesi Bassi austriaci, vincendo un esercito austriaco a Rocoux nel settembre e minacciando l'Olanda. In compenso, Carlo Emanuele III riprendeva le armi d'accordo con Maria Teresa. Si ebbe allora la rioccupazione di Asti l'8 marzo 1746, la cacciata dei Franco-Ispani dal Piemonte e dalla Lombardia, la vittoriosa battaglia di Piacenza (16 giugno) che ricacciava l'esercito nemico su Genova. In questo momento veniva a morte Filippo V re di Spagna (9 luglio) e il successore Ferdinando VI inclinava alla pace e al ritiro delle sue genti dall'Italia. Gli Austro-sardi incalzando il nemico scendevano in Riviera, e qui il maresciallo Botta-Adorno occupò il 7 settembre Genova, Carlo Emanuele III bloccò Savona, prese il Finale e inseguì sino al Varo i Franco-Ispani. Genova subì tre mesi di dura occupazione austriaca; ma se ne liberò con una violenta insurrezione popolare, accortamente diretta dagli uomini di governo (5-10 dicembre 1746). Carlo Emanuele III riuscì invece a occupare Savona (18 dicembre). Da Vienna, si chiedeva una spedizione su Napoli per cacciare anche di là i Borboni. Ma l'Inghilterra non voleva un sopravvento assoluto dell'Austria in Italia. S'invase invece la Provenza, per occupare il porto militare di Tolone e costringere la Francia a fermare le sue operazioni nei Paesi Bassi. Le forze austro-sarde si avanzarono sino ad Antibes, poi si ritirarono (febbraio 1747).
Nell'autunno del 1746, inizio delle trattative di pace tra Francia, Inghilterra, Olanda. La Francia, per influire sulle discussioni, mentre trattava in Germania per risvegliare un'opposizione a Maria Teresa, spedì un esercito contro l'Olanda e fece occupare Maastricht e preparava un'azione in Italia contro il Regno di Sardegna.
Le sorti della guerra non furono sempre favorevoli agli alleati Austro-Piemontesi: e quando un esercito franco-ispano mosse dal Delfinato contro il confine piemontese, mentre altri eserciti attaccavano dalla parte del Varo, la stessa monarchia parve pericolare. All'avvicinarsi dell'esercito franco-ispanico, quello del re di Sardegna disponeva su quella fronte appena di dieci battaglioni di fanteria e di 30 squadroni. Furono, pertanto, eretti in fretta trinceramenti nel piano dell'Assietta, sul contrafforte fra il colle di Sestrières e la Testa del Gran Serin, che separa la valle del Chisone da quella della Dora Riparia; il comando fu affidato al tenente generale conte di Bricherasio mettendo a guardia delle posizioni circostanti le milizie della provincia di Pinerolo e quelle dell'alta valle del Chisone, dette di Pragelato. Quattro battaglioni austriaci, sotto il generale Colloredo, uno dei tanti italiani militanti in Austria, non giunsero che all'ultimo momento in rinforzo della posizione. I Francesi, fatta massa attorno a Barcellonette, passarono il confine divisi in due corpi, al colle del Monginevro e a quello del Bourget.
Dopo alcune scaramucce con le milizie valdesi, essi, al mattino del 19 luglio, erano a fronte dei deboli e improvvisati trinceramenti piemontesi. La sproporzione delle forze era assai notevole. Da una parte, oltre 40 grossi battaglioni muniti di artiglieria; dall'altra, 13 battaglioni piemontesi e 4 austriaci senza cannoni, senza mezzi e con scarse munizioni; in tutto meno di 7.400 uomini.
Le posizioni piemontesi si estendevano quasi a semicerchio su di una cresta ristretta e si appoggiavano a due capisaldi: la Testa dell'Assietta e la Testa del Gran Serin, distanti in linea d'aria 1500 metri. Questo dominava quello. I Francesi erano consci della grande superiorità delle loro forze. Perciò, dopo avere aperto il fuoco delle artiglierie, attaccarono risolutamente verso le 16:30, con grande impeto, di fronte e di fianco, su tre forti colonne. Ripetuti attacchi della loro sinistra contro il piano dell'Assietta furono respinti dalla fucileria dei Piemontesi; e i Francesi, decimati, dovettero ritirarsi in disordine con gravi perdite. Qualche parziale successo riuscirono a conseguire contro i trinceramenti settentrionali estremi del pianoro; ma anche qui furono in definitiva contenuti. Frattanto la colonna centrale assaltava la tanaglia della Testa dell'Assietta, arrivandovi al coperto quasi a tiro di pistola. L'assalto fu condotto con grande vigore: ma l'eroica pertinacia della compagnia granatieri del 1° battaglione delle Guardie, rinforzata poi dalla compagnia granatieri del reggimento provinciale di Casale, arrestò lo slancio degli assalitori. Nella lunga lotta i granatieri piemontesi, esaltati fino all'eroismo dal contegno del loro capo, il tenente colonnello conte di S. Sebastiano, non indietreggiarono in alcun punto, sebbene minacciati da ogni parte. Il Belle-Isle, impugnata una bandiera, si gettò innanzi disperatamente per animare i suoi; ferito due volte, non si ritrasse, finchè un'altra fucilata lo uccise.
Accanto al loro capo caddero molti ufficiali, fra cui il maresciallo di campo D'Arnault. l Francesi, sostituendo i combattenti con truppe fresche, insisterono nell'assalto; ma i granatieri piemontesi, ormai privi di munizioni, sempre ritti sui parapetti, li ributtarono a sassate facendone strage.
Mentre ancora durava questa epica lotta, alla sinistra, sulla posizione della Testa del Gran Serin, difesa da due battaglioni piemontesi, si sferrò l'attacco di una fortissima colonna, il quale parve mettere in forse l'intera difesa. Il conte di Bricherasio, ivi accorso, fece intervenire le riserve e mandò ordine ai difensori dell'Assietta di ripiegare e trasferirsi alla difesa del Gran Serin. Alcune truppe non impegnate, vi si avviarono; ma il conte di S. Sebastiano non diede esecuzione agli ordini ripetuti, prospettando i pericoli dell'abbandono della posizione. E a un terzo ordine perentorio (a quanto pare, scritto) egli non volle ancora - o non poté più - ottemperare, di fronte a un altro e più fiero attacco francese. Sull'annottare i granatieri, rinforzati da reparti di un battaglione ausiliario, infransero completamente gli attacchi alla Testa dell'Assietta; mentre gli assalti ripetuti per tre volte anche contro il Gran Serin riuscivano del pari vani, e i Francesi erano obbligati ad indietreggiare con gravi perdite. Al tramonto, l'intero esercito francese, disfatto, ripiegava in disordine, affidando con esplicita domanda all'umanità del vincitore i propri morti e feriti. Le perdite in questa battaglia - ugualmente onorevole per entrambi i combattenti - furono per i Francesi enormi: 5.300 soldati, 439 ufficiali, fra i quali due generali, cinque brigadieri e nove colonnelli. I Piemontesi ebbero solo 7 ufficiali e 185 soldati morti: le perdite austriache furono appena di 2 ufficiali e 25 soldati.
La battaglia dell'Assietta, ultimo fatto d'armi di rilievo della guerra di successione d'Austria, ebbe in Europa una larga risonanza. Per lunghi anni, e fino a poco fa, il ricordo di questa sanguinosa battaglia durò fra gli alpigiani di quella regione; e oggi ancora - dice il Da Bormida - i pastori ripetono con ritmo monotono le strofe piene d'ironia, nelle quali un ignoto bardo delle Alpi cantò in francese la vittoria italiana dell'Assietta.
Pur rendendo omaggio al generale francese caduto, con le parole: "Belisle, leur commandant, Veut avoir l'avantage D'avancer le premier Comme un vaillant guerrier...", la canzone giocando sul senso della parola, dice: "Six mille fantassins Y ont laissé la vie Voulant tremper leurs doigts Dans l'Assiette des Vaudois...".
La battaglia dell'Assietta, da un punto di vista strategico, segnalò lo stallo delle operazioni belliche in Italia, mentre da un punto di vista militare, sancì il fallimento delle tattiche di combattimento francesi, basate su assalti in colonna alla baionetta senza sufficiente supporto di fuoco di copertura. Per entrambi i contendenti, in particolare per l'esercito francese e per quello sabaudo, la campagna del 1747 prosciugò definitivamente le riserve materiali e umane, costringendo Luigi XV e Carlo Emanuele III a riconsiderare le trattative di pace, conclusase poi l'anno seguente con la Pace di Aquisgrana, che decretò la fine dell'intera guerra di successione austriaca. L'Italia si avviava, quindi, ad un lungo periodo di stabilità che sarà scosso soltanto sul finire del secolo a seguito del coinvolgimento della penisola nei fatti legati alla rivoluzione francese e all'epopea bonapartista.