Battaglie In Sintesi
13 Aprile 989
A sei anni, nel 963, succedette al padre Romano II. Fu sotto la reggenza, prima di Niceforo Foca, poi di Giovanni Zimiscès; nel 976, morto questi, egli venne proclamato imperatore insieme col minore fratello Costantino VIII. Ma poté operare da effettivo sovrano solo dopo abbattuto con un colpo di forza, nel 989, il potente ministro Basilio, e domata la rivolta di due generali, Bardas Scleros e Bardas Foca. Basilio II fu certamente l'imperatore più notevole della dinastia macedonica. Autoritario, gelosissimo delle prerogative sovrane, chiuso, duro, diffidente. Certo, fino alla morte egli ebbe a collega il fratello; ma questi non gli diede ombra e raramente s'immischiò negli affari dello stato. Verso la nobiltà feudale, che aveva da lungo tempo accumulato immense ricchezze e monopolizzato le più alte cariche dello stato, tanto civili quanto militari, Basilio si mostrò implacabile. Lasciò, pertanto, nome di uomo violento e crudele; ma è giustizia riconoscere che era solo questa la via per abbattere la potenza della feudalità, diventata il cancro roditore dell'Impero, e per ridare al potere imperiale la sua indipendenza e la sua funzione. Col popolo fu piuttosto mite, per quanto fosse costretto, dalle molte guerre che egli sostenne contro i Bulgari e i musulmani, a inasprire le imposte. Basilio II giustificò pienamente il suo assolutismo con la sua opera rivolta alla difesa dell'Impero. Egli fu, soprattutto, un guerriero. Con lui apparve di nuovo un imperatore - e fu l'unico della dinastia macedonica - che guidava personalmente gli eserciti nelle incessanti guerre contro i nemici dello stato in Asia e in Europa. Tutta la vita egli passò sul campo, e ciò spiega anche la sua scarsa e quasi trascurabile attività legislativa. I risultati delle guerre furono splendidi: ché Basilio non solo riuscì a mantenere le notevoli conquiste fatte dai suoi due predecessori e tutori, ma le ampliò in Asia e in Europa. La distruzione dell'Impero bulgaro che era sorto nella Balcania occidentale (Albania ed Epiro), per opera di Sisman e dei suoi successori, e divenuto presto un grande pericolo per Bisanzio, fu la sua principale impresa.
Lo zar bulgaro Samuele invase, saccheggiando, l'Impero fino a Salonicco e a Corinto (896). Si mosse allora Basilio, dirigendosi verso Triaditza (Sardica, l'odierna Sofia). Ma fosse sua inesperienza fosse l'indisciplina delle truppe e la gelosia dei suoi generali, egli venne prima respinto da Triaditza, poi sorpreso dallo zar Samuele al passo della Porta di Traiano (Kapulu Derbent) e sconfitto pienamente (agosto 986). Per alcuni anni, Basilio, in lotta con Scleros, insorto per la seconda volta, e col principe di Kiev, Vladimiro, non poté pensare ai Bulgari. Perciò Samuele poté ampliare lo stato fino all'Adriatico e fin presso Salonicco e sottomettere i Serbi. Ma nel 991, conclusa la pace con Vladimiro, troncate con la sottomissione di Scleros le lotte civili, Basilio riprese la guerra contro i Bulgari. Guerra senza tregua e senza quartiere, dall'una e dall'altra parte. Ma prevalse la tenacia e la superiore tattica di Basilio, che condusse quasi sempre personalmente le operazioni, allontanandosi solo per poco dai campi della Macedonia e della Tracia, a difesa della Siria e dell'Armenia contro i musulmani. A misura che Basilio riconquistava la Macedonia e la Bulgaria, ne faceva deportare gli abitanti bulgari e slavi, disseminandoli nell'Armenia e nella Cappadocia. Finalmente, il 29 luglio 1014, presso Cimbalongu - probabilmente nella valle dello Struma, presso l'odierna Demir-Hissar - disfece pienamente e costrinse alla fuga lo zar bulgaro, che morì poco dopo, e, certo in rappresaglia delle devastazioni e delle stragi compiute dai Bulgari, fece acciecare 15.000 loro prigionieri, lasciando solo un occhio a uno su cento, perché fossero guida agl'infelici compagni nel ritorno in patria. Cominciò allora l'agonia del popolo bulgaro. Ma solo nel 1018, caduto l'ultimo zar scishmanida, Vladislao, la zarina Maria, il patriarca David e i grandi boiari fecero atto di sottomissione al vittorioso Basilio, consegnandogli le chiavi di Ochrida e il ricco tesoro regio. I confini bizantini furono portati, al nord, fino al Danubio e alla Sava; a occidente, fino all'Adriatico. Basilio attraversò il paese sottomesso, dall'Albania alla Tessaglia; quindi, venne in Atene, per rendere grazie della riportata vittoria alla Panagia che si venerava nel Partenone. Da Atene rientrò a Costantinopoli, dove celebrò il trionfo (1019). Era stato spietato nella guerra contro i Bulgari; ma, nella vittoria, si mostrò mite e umano. Il popolo vinto non fu sottoposto a nuove gravezze; i grandi furono attratti nella capitale ed ebbero onori e uffici nell'amministrazione civile e militare; la chiesa fu rispettata nella sua organizzazione. Intanto Basilio non si era distratto dalle cose d'Oriente e d'Italia. In Oriente, egli non solo difese le frontiere dell'Impero, ricacciando in due fulminee spedizioni (995 e 999) gli Egiziani, che erano venuti ad assediare Aleppo; ma occupò anche una parte dell'Armenia e sottomise l'Iberia, la Georgia e il Vaspurachan. Un tentativo del principe Giorgio I di Georgia, per riacquistare la sua indipendenza, fu domato in una nuova spedizione del 1020-22; e fu l'ultima per il vecchio imperatore. In Italia, durante il suo regno, la posizione dei Bizantini non si modificò sensibilmente. Continuarono le lotte con gli Arabi; ma Bari fu difesa e liberata, anche per l'intervento d'una flotta veneziana (1004). Nel 1009, un'insurrezione locale capitanata da Melo costrinse i Bizantini a ritirarsi da quasi tutta la Puglia; ma nel 1011 essa fu rioccupata. Un nuovo tentativo di Melo, aiutato dai Normanni, fu spezzato nella battaglia di Canne (1018). Da questo momento, che corrisponde alla fine della guerra bulgara, si nota un risveglio nell'attività dei Bizantini; tanto che il papa Benedetto VIII spinse l'imperatore sassone Enrico II a una spedizione contro i Greci. Ma essa dovette arrestarsi dinnanzi alla nuova citta fortificata di Troia. Si ebbero anche preparativi di Basilio per riconquistare, sui musulmani, l'isola di Sicilia. Ma la morte lo colse il 15 dicembre 1025. Egli aveva portato l'Impero a un'altezza quale non aveva avuto dai tempi di Eraclio; con la sua morte, cominciava la decadenza.
Figlio del brillante generale Leone II Foca, Barda Foca il giovane fu nominato ufficiale già in giovane età ed ebbe una carriera militare brillante; nel 977 Basilio II (976-1025) lo nominò generale supremo delle forze bizantine terrestri. Foca rimase sorpreso per questa nomina, ma non perse tempo ad organizzare l'esercito reclutando molti uomini da Cesarea in Cappadocia. Suo scopo principale fu quello di sconfiggere il rivale e ribelle Bardas Sclero. La guerra civile fra le fazioni a cui erano a capo si protrasse per due anni e mezzo fino al 979; nella primavera di quell'anno si combatté la battaglia finale. Barda Foca, vedendo che la battaglia era destinata ad avere un esito negativo, spronò il suo cavallo fino a raggiungere Sclero per sfidarlo a duello. Sclero accettò con grande coraggio perché Foca era molto prestante (gli storici lo descrivono di corporatura gigantesca). Sclero fu ferito in volto da Foca, ma riuscì a fuggire e a rifugiarsi presso il califfo di Baghdad. Barda Foca divenne così generale supremo delle forze bizantine.
Quando Bardas Sclero venne a conoscenza della sconfitta di Basilio II sui bulgari, venne armato dal califfo di Baghdad con uomini e mezzi e si autoproclamò Basileus per la seconda volta. Giunto in Anatolia capì che l'aristocrazia non l'avrebbe appoggiato in quanto fedele a Barda Foca. Questi era talmente popolare da proclamarsi egli stesso Basileus: propose tuttavia a Sclero un patto in base al quale, se avessero vinto la guerra, si sarebbero divisi in due l'impero bizantino; una parte occidentale (in cui sarebbe stata compresa Costantinopoli) e una parte orientale (comprendente l'Asia minore). Bardas Sclero accettò la proposta. Eppure, fu fatto imprigionare da Barda Foca che non mantenne le promesse fatte e si pose anzi al comando delle truppe arabe di Sclero. Foca pensava che questo fosse il modo migliore per indebolire in maniera definitiva Basilio II, e ritenne quindi utile dividere in due il suo esercito: mentre una parte sarebbe andata ad ovest di Abido, sull'Ellesponto, con l'altra si sarebbe trincerato a Crisopoli. E così fece. Basilio II non si pose il problema di intervenire subito in quanto il suo potere giungeva fino a Costantinopoli. Foca, ugualmente, preferì restare sulla difensiva. Basilio II trovò un potente alleato in Vladimir I di Kiev, il quale inviò in aiuto ben seimila variaghi. Nel gennaio dell'anno 989 i seimila variaghi si posero sotto il comando di Basilio II e qualche settimana dopo colpirono in un attacco notturno l'accampamento di Barda Foca. I nordici uccisero tutti e distrussero l'intero l'accampamento. Solo tre sottufficiali furono risparmiati e consegnati all'imperatore. Questi ordinò che uno di essi fosse impiccato, un altro impalato ed il terzo crocifisso. Barda Foca scese a questo punto in campo con l'altra metà dell'esercito assediando Abido, che tuttavia resistette; così, Basilio II mandò in soccorso della città un esercito comandato da suo fratello Costantino VIII. All'alba del 13 aprile 989 Basilio II dette l'ordine di attaccare e distruggere l'esercito ribelle di Barda Foca che perì nello scontro.
Dopo la vittoria contro l'usurpatore Barda Sclero, il generale Barda Foca era divenuto una delle figure più potenti nell'impero. Ma l'imperatore Basilio II, proprio per arginare il crescente potere del giovane generale, iniziò a prendere l'iniziativa mostrando segni di una sua volontà precisa di prendere fortemente in mano l'amministrazione imperiale. L'indipendenza di Basilio II e la sua ascesa al potere preoccuparono sia Basilio Lekapenos (il reggente de-facto) che lo stesso generale Foca. Nel 987 questi ultimi due fecero partire delle negoziazioni segrete col loro antico nemico, Sclero, da tempo rifugiato presso il califfo di Baghdad, per deporre l'imperatore. Nel 987, Sclero fu richiamato nella terra natia da Foca che approfittò delle guerre bulgare sostenute con grande dispendio umano da Basilio II, per puntare alla corona. Sclero chiamò immediatamente a raccolta un potente esercito per sostenere la causa di Foca, e per avere un suo rientro trionfale nella corte bizantina. In una campagna che, curiosamente, imitava la rivolta di Sclero risalente ad una decade prima, Barda Foca si proclamò imperatore superando rapidamente la maggior parte dell'Asia Minore. L'imperatore Basilio II, con le forze a corto per il conflitto coi bulgari, cercò aiuto presso il Principe Vladimir di Kiev, che nel 988 aveva conquistato il Chersoneso, la base Imperiale principale in Crimea. Vladimir si offrì di evacuare il Chersoneso e fornire ben 6,000 dei suoi soldati come rinforzo a Basilio II. In cambio di questo supporto, chiese la mano della più giovane delle sorelle di Basilio, Anna. Inizialmente, Basilio esitò, soprattutto perché, come tutti i bizantini, vedeva tutti gli abitanti delle nazioni dell'Europa Settentrionale, fossero essi Franchi o slavi, come dei selvaggi. Ma quando Vladimir promise di battezzarsi e di convertire il suo popolo al Cristianesimo, Basilio II si convinse. Così, Vladimir ed Anna si sposarono in Crimea nel 989 e Vladimir inviò i suoi soldati per aiutare Basilio.
Nel frattempo Barda Foca aveva imprigionato Sclero, mettendosi personalmente alla testa delle sue forze arabe, inviò una parte consitente delle sue forze per prendere il controllo di Crisopoli, ed in seguito si mosse per porre l'assedio ad Abido, minacciando così di bloccare lo stretto dei Dardanelli. A questo punto Basilio II ottenne finalmente l'agognato aiuto promesso da suo cognato, Vladimir di Kiev, e si mise in marcia verso Abido. I due eserciti si fronteggiavano l'un l'altro, quando Foca galoppò in avanti, cercando il combattimento personale con l'Imperatore stesso mentre questi stava cavalcando di fronte alle proprie linee. Nel momento in cui Foca si preparava ad affrontare Basilio II, Foca cadde improvvisamente dal suo cavallo, e morì nella caduta stessa. Questo evento, così come nello scontro con Sklero anni prima, fu decisivo ai fini dello scontro. Gli arabi al seguito, assai labile, del generale ribelle, non sostennero l'urto delle truppe fornite da Vladimir di Kiev che fecero strage del nemico conquistando il campo. Così, la battaglia fu vinta facilmente da Basilio II, che in seguito ricevette anche la testa di Barda Foca stesso. La morte di questo prestigioso ufficiale bizantino rimane per certi versi ancora avvolta nel mistero e in un alone di leggenda. Le fonti storiche più attendibili sostengono che il condottiero, vedendo Basilio II in continuo movimento tra le file dei suoi variaghi, con a fianco il fratello Costantino VIII, spronò il cavallo, portandosi incontro all'imperatore con la sciabola sguainata. Basilio II rimase immobile stringendo con la mano destra la sciabola, mentre con la sinistra teneva alta un'icona della vergine Maria. Improvvisamente Barda Foca cadde da cavallo, forse in conseguenza di un attacco di vertigine o colto da un mortale malore. Sta di fatto che quando le compagnie imperiali arrivarono sul posto lo trovarono privo di vita.
Con la morte di Foca ad Abido, Sclero rimaneva così l'unico leader dei ribelli. Ma il suo ruolo di comandante della ribellione ebbe vita breve; in poco tempo venne nuovamente catturato e accecato. Con la sua cattura la ribellione finì. Basilio Lekapenos fu esiliato e la sua fortuna enorme fu confiscata. Ma le conseguenze della battaglia di Abido vanno anche oltre il termine della ribellione contro Basilio II, la vittoria del Bulgaroctono provocò alcuni degli eventi più significativi nella storia medievale: anzitutto la conversione di Vladimir al Cristianesimo Ortodosso, tra i primi dell'area slava del Nord ad abbracciare la fede di Costantinopoli, ma non solo. Dal punto di vista militare infatti, grazie alla grande prestazione sul campo di Abido, iniziò soprattutto la presenza delle valorose forze Variaghe come elemento cardine dell'esercito Bizantino.