Ars Bellica

Battaglia di Raphia

22 Giugno 217 a.C.

In quella che passerà alla storia come la "battaglia d'Elefanti", Tolomeo IV sconfigge Antioco III re di Siria assicurando, per breve tempo, il controllo dell'area palestinese all'Egitto.

RAPHIA

Gli avversari

Antioco III (223 - 187 a.C.)

Antioco III

Antioco III, detto il Grande per le sue campagne verso la valle dell'Indo, (242 - 187 a.C.), re di Siria (223 - 187 a.C.), figlio di Seleuco II e fratello di Seleuco III al quale succedette. Fu il sovrano più importante della dinastia dei Seleucidi. Questo sovrano, salito al potere nel 221, ebbe fin dall'inizio in programma di preparare la guerra contro gli Egiziani, ma affrontò questo compito soltanto quando ebbe rafforzato il suo potere in Asia Minore con una serie di fortunate imprese che gli diedero nuovamente una situazione di superiorità e di controllo, naturalmente secondo la consueta situazione della sua monarchia che soltanto con la forza delle armi poteva assicurare completamente il potere sovrano sopra i territori che costituivano i suoi domini.

In tale serie di imprese, Antioco III giunse sino all'India, impose la sua superiorità sugli Arabi e riprese il controllo su tutte le rotte carovaniere che portavano le merci orientali nel suo Paese, facendovi affluire la ricchezza e il benessere. Sconfitto alla battaglia di Rafah (conosciuta anche come battaglia di Raphia) dal quarto dei Tolomei, poco dopo Antioco III poteva beneficiare di una grave crisi dinastica lagidica per la morte del vincitore di Raphia e per l'avvento al trono, in età infantile, di Tolomeo V, con un prevedibile indebolimento della monarchia avversaria. Tuttavia, in quel momento, una nuova potenza, quella dei Romani, si stava affacciando nel Mediterraneo orientale e stava diventando un elemento predominante non certamente a vantaggio dei Seleucidi. L'Egitto, che fu il primo degli Stati ellenistici a chiedere l'intervento romano e a beneficiarne, poté iniziare così un lungo periodo di raccoglimento, servendosi della protezione romana per vivere della forza che gli proveniva dalla vitalità delle sue organizzazioni e dalla ricchezza della sua economia.


Tolomeo IV (244 a.C. ca - 204 a.C.), re ellenista d'Egitto (221 - 204 a.C.)

Tolomeo IV

Figlio di Tolomeo III e Berenice II sposò, secondo l'usanza dei Tolomei, la sorella Arsinoe III nel 217 a.C., successivamente caduta in disgrazia e morta in circostanze poco chiare. Durante il suo regno respinse il tentativo di Antioco III di Siria di impossessarsi della parte di Palestina e di Siria cui i Tolomei si erano appropriati approfittando della minorità di Antioco; sconfisse infatti il re siriaco a Raphia (217 a.C.) durante quella che viene ricordata come quarta guerra di Siria. A partire dal 210 a.C. Tolomeo IV associò al trono il figlio neonato Tolomeo V che, alla sua morte, prese la guida del regno in un clima di gravi disordini.

Va comunque sottolineato che a Raphia, Tolomeo IV, conseguì una vittoria assai significativa in quanto, per la prima volta, un Tolomeo combatteva alla testa di truppe locali egiziane, invece che con soldati mercenari. Questa politica di avventure, malgrado i successi militari, alla fine del sec. III aveva indebolito la nuova monarchia egiziana, che aveva sempre maggiormente bisogno dei suoi sudditi indigeni e quindi doveva sottostare alle tendenze dei ceti elevati egiziani, i quali sostenevano indirizzi conservatori e tradizionalisti e quindi non erano favorevoli alla politica che avrebbe dovuto portare al risultato di introdurre l'Egitto nell'ambito della politica generale del Mediterraneo orientale, togliendolo dal suo millenario isolamento politico, economico e culturale.

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La genesi

Alla morte di Alessandro il Grande, avvenuta nel 323 a.C., il grande impero che il giovane sovrano macedone aveva conquistato si frantumò per le lotte intestine tra gli stessi generali del re. Antipatro, Seleuco, Tolomeo, Perdicca e gli altri giovani ufficiali dell'esercito macedone, selezionati da Alessandro per le loro capacità militari ma anche per la loro personalità e la loro ambizione, scatenarono quasi subito una serie di guerre civili per la successione del grande condottiero scomparso, che coinvolsero anche la componente orientale e persiana dell'impero.
Dopo quaranta e più anni di guerre, passate alla storia come guerre dei Diadochi, emersero alla fine alcune forti entità statali che costituirono, per il secolo successivo, l'ossatura politica del mondo ellenistico, prima dell'avvento, in tutto il vicino oriente, del potere di Roma. Tra questi stati sicuramente i più forti militarmente ed organizzati politicamente furono il regno di Siria, fondato da Seleuco nella parte centrale di quelle che erano state le conquiste di Alessandro, e il regno che Tolomeo si era ritagliato, difendendolo dalle pretese dei colleghi, in Egitto.

scudo
Copia marmorea dello scudo di Athena Parthenos al Partenone.

Tra l'Egitto dei Tolomei e la Siria seleucide le lotte furono all'ordine del giorno in particolare per stabilire la linea di confine nell'area palestinese, tradizionale punto di frizione per i regni nilotici e i potentati orientali fin dall'età del bronzo. Una linea di confine, o per meglio dire una malsicura linea che divideva le aree di influenza, passava, attorno alla fine del II secolo a.C., in quella zona situata grosso modo tra la penisola del Sinai e il medio corso del Giordano. Era qui che negli anni precedenti Seleucidi e Tolomei si erano scontrati, senza per altro riuscire a definire una volta per tutte chi dovesse controllare la regione. Quando nel 223 il re di Siria Seleuco III fu ucciso da due ufficiali, il fratello Antioco III aveva solo 17 anni e sul trono salì lo zio, Antioco II. La complicata situazione dinastica provocò un intervento in Palestina da parte del regno egiziano: Tolomeo IV, infatti, aveva osservato con molta attenzione le convulsioni che affliggevano il potente regno siriano, nella speranza di riguadagnare le posizioni perdute dal padre, Tolomeo III.
Con un'accorta politica di alleanze e dopo aver sconfitto la minaccia degli Attalidi di Pergamo a nord, Antioco che in seguito per le sue conquiste indiane verrà detto il Grande, riuscì ad insediarsi con sicurezza sul trono e nel 217 a.C. mosse con l'esercito verso la Palestina, nel frattempo occupata dagli Egiziani, con tutta l'intenzione di riconquistarla.

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La monarchia tolemaica e i Seleucidi di Siria

La monarchia seleucidica, in confronto a quella tolemaica, aveva problemi assai più complessi, soprattutto nel campo delle relazioni esterne. Pochissimo tempo dopo la morte di Seleuco I, i Seleucidi dovettero affrontare l'invasione celtica dell'Asia Minore, che danneggiò profondamente la monarchia seleucidica, impedendole di impadronirsi del controllo sopra gli stretti. I Seleucidi non riuscirono dunque a vietare ai Celti di impadronirsi delle località strategiche che costituivano un passaggio tra i centri della Siria e il Bosforo. La monarchia seleucidica non aveva soltanto ereditato tutti i motivi di disordine e di debolezza che avevano reso difficile la vita alla monarchia persiana in Asia Minore, ma aveva anche lo svantaggio, rispetto ai Persiani, di non aver avuto un forte gruppo etnico su cui appoggiarsi come quello che era servito agli Achemenidi, mentre gli Egiziani ereditavano una struttura amministrativa che aveva radici tradizionali molto antiche e che era inseparabile dalla vita economica del Paese.

La monarchia seleucidica era costretta a reggersi al potere con la forza più di quanto non dovesse fare la monarchia egiziana, e questo rappresentava un motivo di debolezza, tanto più grave in quanto gli elementi più ellenizzati di tutta l'Asia Minore si distaccarono dalla monarchia siriaca con la fondazione del regno di Pergamo, cominciato come principato vassallo dei Seleucidi sotto la sovranità di un loro protetto, Eumene, investito della sovranità nel 262, ma diventato ben presto una forte pedina della politica egiziana nella rivalità contro la Siria. Grazie a questa competizione il re di Pergamo riuscì a impadronirsi della Misia, della Lidia, della Frigia, dell'Eolide, facendo suoi tutti i centri greci e penetrando anche nell'interno. I sovrani di Pergamo si rafforzarono anche maggiormente con il secondo re, Attalo I, vincitore dei Celti galati e rivale ormai dei Siriaci come più forte e attivo rappresentante dell'ellenismo in Asia Minore.

Anche la creazione della monarchia di Pergamo, togliendo il massimo gruppo greco alla monarchia siriaca, rappresentò una notevole causa di indebolimento, e la Siria rimase costretta a permanenti sforzi di guerra, tanto contro l'Egitto quanto contro i Galli. Questi ultimi riuscirono, dopo molti anni di guerra, a impadronirsi della valle dell'Halys e di tutti i territori in essa compresi, cioè delle regioni che in un lontano passato erano state il centro e la base della potenza degli Hittiti.
Mentre i Seleucidi si reggevano con difficoltà nell'interno dell'Asia Minore e avevano continuamente da affrontare guerre contro l'Egitto e anche ai confini orientali, soprattutto per le rivolte delle satrapie della Battriana e della Partia, i Tolomei d'Egitto avevano la possibilità di affrontare le guerre soltanto quando erano realmente in condizione di farle.

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Le guerre Tolemaiche

I tentativi di espansione egiziana in Grecia e nel mare Egeo avrebbero significato anche notevoli vantaggi e avrebbero dato ai Tolomei il modo di assicurare alla loro popolazione nuove possibilità di sviluppo, anche nella vita economica: fra le altre cose, mentre da gran tempo i Greci si erano abituati a ottenere grandi introiti vendendo agli Egiziani molti dei loro manufatti e facendosi pagare in grano, la monarchia tolemaica avrebbe voluto essere l'esportatrice del grano egiziano e l'importatrice delle merci che avrebbero rappresentato il controvalore del grano stesso, comprendendo eventualmente fra queste merci anche il denaro liquido, quando fosse diminuita la necessità di importazioni. Tuttavia, alcune di queste aspirazioni erano dettate prevalentemente dalle esigenze di politica dinastica del primo e del secondo dei Tolomei d'Egitto.

In effetti, già con Tolomeo II, la politica egiziana accrebbe il proprio interesse per i problemi tradizionali della politica estera faraonica, e, senza abbandonare la lega delle isole egee creata da suo padre, e anzi rafforzandola con la nuova adesione di Samo, Tolomeo II dedicò il suo maggiore interesse ai Paesi dell'alto corso del Nilo, alla Cirenaica e soprattutto alla Siria, impegnandosi per il possesso di questo Paese in lunghe guerre contro lo Stato seleucidico e garantendosi una larga dominazione che comprendeva una parte dell'entroterra siriaco, una parte della Cilicia e alcune posizioni di controllo strategico in Panfilia, in Licia, in Caria e persino a Creta.
La guerra per la Siria occupò una grande parte del regno di Tolomeo II, dal 275 al 253, e finì con un pieno insuccesso egiziano e con la perdita di quasi tutte le posizioni acquisite in Asia Minore, all'infuori di quelle della Caria. I successivi Tolomei, Tolomeo III Evergete e Tolomeo IV Filopatore continuarono i tentativi di espansione a spese della monarchia seleucidica; il primo dei due, in particolare, impegnò tutte le sue forze in una spedizione che lo portò ad attraversare l'intero regno seleucidico e a rifare la marcia di Alessandro Magno sino ai confini dell'India, mentre il secondo sarà il definitivo trionfatore della battaglia di Raphia.

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Macedoni "d'Egitto"

Il ceto militare macedone, che era stato la base principale del potere sovrano, aveva cambiato la sua posizione, poiché quasi tutti avevano preso la strada delle terre di conquista, assumendo nuove funzioni, estremamente variate a seconda delle circostanze e delle capacità in una condizione analoga alla emigrazione spagnola nelle Americhe nel sec. XVI, benché in proporzioni assai superiori.
A cominciare dai grandi personaggi che erano ascesi ai nuovi troni, una parte dell'alta ufficialità macedone aveva cominciato, sin dal tempo di Alessandro, ad assumere alte responsabilità per lo più diventando amministratori di regioni o comandanti militari con funzioni di governatori. Anche in questi casi si è ancora nelle eccezioni delle personalità di massimo rilievo. Tuttavia fu anche frequente il caso di veterani macedoni che si stabilivano come coloni in località conquistate, disponendo di lotti di terra che li trasformavano addirittura in proprietari fondiari.

Gli eserciti ellenistici furono un'ulteriore occasione per sistemare con posizioni permanenti elementi provenienti dai vari gruppi etnici della Macedonia. Nell'esercito tolemaico che combatté a Raphia nel 217 vi erano in numero notevole reparti di reclutamento locale egiziano, ma accanto ad essi si trovava un reparto di soldati macedoni e alcuni reparti mercenari. I Macedoni incorporati nell'esercito lagidico erano essi pure soldati di professione, ma avevano la funzione, necessaria per la dottrina di guerra ellenistica, di costituire reparti di pronto impiego e di altissimo grado di addestramento specializzato, inquadrati in un corpo alle dirette dipendenze del comando. Parte di questi Macedoni, che prestavano il loro servizio militare nella posizione privilegiata che faceva di loro l'elemento decisivo delle battaglie, proveniva dalle famiglie macedoni stanziate nel territorio egiziano, e costituiva una ragione permanente di distinzione e un motivo per la concessione di una posizione superiore per i Macedoni rispetto agli altri sudditi. Altri membri dei reparti macedoni erano probabilmente elementi volontari importati da altre regioni, in quanto non potevano essere fatti arruolamenti nella madrepatria macedone che era sotto il controllo di un'altra dinastia.

elmo
Elmo corinzio in bronzo - Sebbene l'equipaggiamento si fosse molto alleggerito non è escluso che elmi di questo tipo fossero ancora in uso.

In questo modo i Macedoni erano ancora considerati, almeno dal punto di vista militare, membri di un ceto che aveva diritti prevalenti e posizione predominante anche rispetto ai Greci: tuttavia la monarchia lagidica non poteva portare molto oltre tali distinzioni. La lingua usata era normalmente il greco; la scuola era tutta impostata su principi pedagogici ellenici e la cultura che vi si impartiva era uniformemente ellenica, e quindi la condizione di Macedoni era ormai diventata quella di oriundi di paesi ellenici.
Non diversamente, nella monarchia seleucidica, l'elemento macedone si distingueva ormai soltanto nell'esercito, nel quale non vi erano neppure più reparti speciali reclutati solo fra Macedoni, come in Egitto.

Vi era un reparto, chiamato falange, che aveva armamento e ordinamenti strettamente tradizionali macedoni, ed è probabile che gli uomini delle comunità di Macedoni stanziatesi nel territorio seleucidico vi venissero destinati, ma non vi era un rigido criterio di esclusivismo etnico. Lo stesso esercito del regno di Macedonia conservava come poteva le tradizioni locali, ma non disponeva di grandi possibilità di reclutamento locale, in quanto la Macedonia era impoverita nella sua popolazione dalle grandi migrazioni volontarie o forzate, e anche la Macedonia doveva essenzialmente fondarsi su truppe mercenarie armate e istruite secondo la tradizione militare locale. L'esercito fu, d'altra parte, l'unico ambiente in cui, in omaggio alle tradizioni e a un antico prestigio militare, si perpetuò una distinzione anche fra Greci e Macedoni. In ogni altro caso, la cosa non aveva più nessun significato, e pochi paesi ebbero una completa ellenizzazione come quella raggiunta dai Macedoni. La loro originaria grecità non poteva essere messa in discussione, nonostante fossero stati a un livello di civiltà assai più arretrata della Grecia classica.
Le due popolazioni non potevano più distinguersi agevolmente rispetto alle popolazioni suddite, e le differenze fra gli uni e gli altri, all'infuori che nel campo militare, erano percepibili solamente agli esperti di questioni amministrative.

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Il sistema militare ellenistico

Filippo II di Macedonia, sviluppando i concetti evolutivi nel modo di combattere della falange introdotti dai tebani Epaminonda e Pelopida, aveva profondamente rinnovato l'approccio tattico degli eserciti di lingua greca al campo di battaglia.
Con la creazione, conforme alle tradizioni macedoni, di una forte componente di cavalleria pesante, l'argeade aveva rotto lo schema lineare classico della battaglia tra opliti. Ormai le fasi tattiche dello scontro erano decisamente più evolute del semplice scontro frontale tra le masse che aveva caratterizzato il modo di combattere delle poleis elleniche. Nello schema macedone, magistralmente applicato da Alessandro nel corso delle sue campagne, la falange non era più la sola arma risolutiva a disposizione del comandante, ma piuttosto uno degli elementi.
Il complesso operativo vedeva la cavalleria pesante "sfondare" uno dei fianchi nemici e, successivamente, muoversi come un martello sull'incudine della formazione nemica, ossia il centro, costituito dalla fanteria in ordine chiuso. Tale schema fu applicato con efficacia contro le armate persiane tanto al Granico quanto ad Isso per raggiungere la perfezione tattica nella vittoria decisiva di Arbela.

I vari conflitti, tra i diadochi prima e tra i regni ellenistici poi, ci mostrano altre e più raffinate evoluzioni tattiche. Tutti gli elementi evidenziati nello schema operativo sono ancora presenti, ma la presenza negli eserciti ellenistici di grandi masse di combattenti provenienti da culture militari ed abitudini belliche differenti offrono ai condottieri dell'epoca una serie di strumenti più raffinati. La falange perde conseguentemente di valore, ridotta ormai a minaccia capace di fissare sul campo il grosso delle forze nemiche, mentre, sempre di più, le truppe che combattono in ordine più aperto diventano strumento per ottenere aggiramento tattico, considerato ancora la chiave di volta della vittoria, a Raphia come al Panion e nelle altre grandi battaglie del periodo. La schematicità e la riproduzione del movimento sul campo appare evidente, mentre un'altra significativa innovazione è rappresentata dall'uso degli elefanti da guerra, protagonisti proprio a Raphia.

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Una battaglia d'Elefanti

Tra le tante tecniche militari e armi usate sui campi di battaglia dell'antichità, certamente gli elefanti da guerra colpiscono di più la fantasia del lettore moderno.
Questi pachidermi, specificamente addestrati per il combattimento, bardati da pesanti corazzature, montati da soldati armati di picca o di arco, spesso racchiusi in una piccola fortificazione di legno fissata sul dorso dell'animale, sono stati per circa due secoli un elemento importante degli eserciti del mondo ellenistico prima e di quello cartaginese poi per apparire infine, a fianco dei legionari romani, nelle ultime battaglie dell'epoca repubblicana.

Fu dopo le conquiste di Alessandro che il mondo occidentale venne a conoscenza dell'uso degli elefanti da guerra; il giovane sovrano macedone ne fu, infatti, molto impressionato quando se li trovò di fronte nella battaglia del fiume Idaspe (326 a.C.) inquadrati nell'esercito indiano del re Poro.
Dopo di allora gli eserciti occidentali fecero largo uso di elefanti per quanto, spesso, le difficoltà nel controllare i pachidermi durante il chiasso di una battaglia creassero più problemi che vantaggi. Il mondo ellenistico, cioè i regni fondati dopo la morte di Alessandro dai suoi successori, fece un grande uso di questa risorsa militare. La monarchia seleucidica, ad esempio, riuscì a formare corpi regolari di truppe pratiche nel maneggio bellico degli elefanti, e gli altri stati ellenistici se ne procurarono in Arabia e in Africa. L'elefante aveva due impieghi tattici: protezione delle fanterie contro l'azione nemica di disturbo e azione pesante di attacco contro fortificazioni e truppe schierate.

elefante
Poculum con elefante bardato a guerra proveniente da Capena, III sec. a.C.

Le razze di elefanti che in quel periodo furono usati come arma da guerra erano principalmente due: la specie indiana, più robusta e più docile e una specie, ora estinta, che allora si trovava nel massiccio nordafricano dell'Atlante, più piccola ma anche più aggressiva e difficile da controllare. Della prima razza si servirono soprattutto le potenze orientali, quali il regno seleucida di Siria o la Macedonia; alla seconda, invece, ricorsero le potenze occidentali, come i Tolomei d'Egitto, i Cartaginesi o i Romani.

La battaglia di Raphia, combattuta dall'armata seleucida di Antioco III il Grande contro quella tolemaica del re d'Egitto Tolorneo IV, fu una delle battaglie che vide il maggior numero di pachidermi costretti, probabilmente contro la loro volontà e la loro natura, a combattere per conto dei loro padroni umani.
Sul campo di Raphia, una località vicina all'odierna città di Gaza, Siriani ed Egiziani schierarono la bellezza di 176 elefanti da guerra delle due specie, dando vita ad una delle tante cruente battaglie che da decenni dividevano i due regni.
Oltre agli elefanti a Raphia furono in azione anche tutte le altre componenti tipiche di un esercito ellenistico: le falangi di picchieri, le cavallerie leggere e pesanti, le fanterie mercenarie di varie etnie e provenienze. In qualche modo si può dire che il campo di Raphia, con la massa di elefanti e gli eserciti in cui suonavano quasi tutte le lingue del mondo allora conosciuto, sia una rappresentazione del cosmopolitismo e del gigantismo che contraddistinsero per tutta la sua storia il mondo ellenistico.

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Le forze in campo

A Raphia l'esercito egiziano, al comando del re Tolomeo IV, disponeva di circa 65.000 uomini, di cui 6.000 cavalieri e 25.000 falangiti, e di 73 elefanti da guerra di razza africana.
Antioco III, al comando dell'armata della Siria seleucide, aveva a sua disposizione 6.000 cavalieri tra macedoni ed asiatici, 30.000 falangiti, 103 elefanti da guerra indiani e altri 30.000 uomini di varia provenienza compreso un contingente di mercenari celtici.

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La battaglia

Entrambi gli eserciti si schierarono secondo il consolidato modello operativo ellenistico; la falange al centro delle linee di battaglia con i fianchi protetti dalle truppe leggere e dalle unità mercenarie, sulle due ali le cavallerie. Tolomeo aveva schierato i suoi reparti migliori, la guardia reale sia montata che a piedi sul lato sinistro, fronteggiato da Antioco che si era schierato con la guardia sul fianco destro del proprio esercito. Entrambi i sovrani avevano piazzato i propri elefanti in avanti, sulle due ali, di fronte alla propria cavalleria.

schieramenti
La battaglia di Raphia - I due schieramenti

Le prime fasi della battaglia furono a favore dei Seleucidi: Antioco, infatti, lanciò decisamente all'attacco i propri elefanti sul suo fianco destro i pachidermi indiani, più robusti di quelli africani a disposizione di Tolomeo, per quanto in inferiorità numerica riuscirono a mettere in rotta gli elefanti tolemaici, con i reparti di arcieri ausiliari che li accompagnavano. La rotta dei pachidermi egiziani travolse e mise in fuga anche la guardia e la cavalleria di Tolomeo, costringendo lo stesso sovrano a mettersi in salvo precipitosamente.

attacco Antioco
La battaglia di Raphia - L'attacco di Antioco III

Sull'altro fianco le cose andarono meglio per gli Egiziani: sebbene gli elefanti di Tolomeo da quel lato, forse spaventati dal frastuono della battaglia, si rifiutassero pertinacemente di muovere all'assalto del nemico, facendo fallire ogni tentativo dei conduttori di farli muovere, un deciso attacco della fanteria mercenaria greca e celtica mise in fuga i reparti siriani, che su quell'ala erano composti in maggioranza da truppe di origine araba.
Anche la cavalleria egizia sul lato destro si mosse e, dopo essere riuscita ad evitare i propri elefanti, rimasti tenacemente immobili in mezzo al campo di battaglia, cadde, con un movimento aggirante, sul fianco della cavalleria siriana mettendola definitivamente in rotta.
Ognuna delle ali destre degli eserciti avversari aveva sconfitto i reparti nemici che si trovava davanti, mettendoli in rotta e gettandosi all'inseguimento.

attacco Tolomeo
La battaglia di Raphia - L'attacco di Tolomeo

A quel punto, era evidente che la battaglia si sarebbe decisa al centro.
Prive della protezione dei reparti ausiliari sui fianchi, entrambe le falangi mossero, una contro l'altra, verso il centro del campo di battaglia.

avanzata falangi
La battaglia di Raphia - L'avanzata delle falangi

Lo scontro delle falangi fu lungo e sanguinoso, ma la falange tolemaica, leggermente più forte numericamente e supportata dalla presenza di Tolomeo che dall'ala sinistra si era rifugiato al riparo dei ranghi serrati dei propri falangiti, iniziò a prendere, pian piano, il sopravvento.

scontro falangi
La battaglia di Raphia - Lo scontro delle falangi

I Siriani, privi del conforto del proprio re - Antioco aveva, infatti, seguito la propria cavalleria all'inseguimento della cavalleria nemica, e non era riuscito a rientrare nelle proprie file in tempo per lo scontro decisivo - dapprima vacillarono, poi cominciarono a perdere terreno, infine si diedero alla fuga. Per Antioco era la rotta e per Tolomeo il trionfo.

rotta
La battaglia di Raphia - La rotta delle falangi di Antioco

Nella battaglia, oltre al controllo della Palestina, secondo una stima moderna sulle fonti antiche Antioco III perse 10.000 fanti, 1.000 cavalieri e 5 elefanti; le perdite dell'esercito di Tolomeo IV furono di 1.500 fanti, 700 cavalieri e 16 elefanti.

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Le conseguenze

La conseguenza più immediata della battaglia di Raphia fu il mantenimento e il consolidamento dell'occupazione tolemaica in Palestina. Per Antioco, invece, i problemi erano ben altri. Appena si sparse la voce della disfatta subita dal giovane re a Raphia, il cugino, Acheo, insorse proclamandosi a sua volta re di Siria. Antioco reagì con prontezza: raggruppato ciò che rimaneva dell'esercito, strinse alleanza con l'ex nemico Attalo, che considerava Acheo più pericoloso, invase l'Asia minore e, assediato Acheo a Sardi lo catturò e lo uccise mentre tentava di fuggire dalla città bloccata dall'esercito.
Ristabilito il proprio potere in Siria Antioco III lanciò una serie di campagne verso oriente, dove in sette anni si fece riconoscere come sovrano dai re subordinati di Battriana e dagli Arsacidi di Partia, mentre dal re Sofagaseno in India riuscì ad ottenere un'alleanza e un contratto per la fornitura perpetua di elefanti da guerra.

Tornato in Siria con l'appellativo di Antioco III il Grande, il re seleucida approfittò della minorità di Tolomeo V, salito al trono d'Egitto alla morte del padre avvenuta nel 205 a.C.
Rientrato in Palestina, Antioco prese la fortezza di Gaza e nel 201 sconfisse definitivamente gli Egiziani nella battaglia del Panion, nella Palestina settentrionale. Nel 199 Tolomeo si arrese cedendo ai Seleucidi tutta la Palestina e la costa del Libano e accettando di sposare la figlia di Antioco, Cleopatra. Il matrimonio fu celebrato nel 197, alla maggiore età di Tolomeo, facendo diventare l'Egitto, nei fatti, un protettorato seleucide. Antioco sembrava essere vicino a realizzare il sogno di riunire tutto quello che era stato l'impero di Alessandro, ma di lì a poco un'altra forza doveva fare il suo ingresso sul palcoscenico del Vicino Oriente: Roma avrebbe in pochi anni ridotto in suo potere tutto il mondo ellenistico mettendo le basi per la costruzione del proprio impero.


Pubblicato il 17/04/2010