Ars Bellica

Battaglie In Sintesi

Battaglia di Eraclea

Agosto 1101

I conti di Nevers

I conti e duchi di Nevers

Appaiono nei secoli IX-X con Raterio, Séguin, Ottone, Enrico, Otte-Guglielmo e soprattutto, nel 992, con Landry, signore di Metz-le-Comte, marito della figlia di Otte-Guglielmo. Questa prima casa riunì temporaneamente alla contea di Nevers quelle d'Auxerre e di Tonnerre (poi staccate definitivamente nel 1266); di essa fecero parte, dopo i sunnominati, Pietro de Courtenay (1181), marito d'Agnese di Nevers, reso celebre dalla parte che ebbe nelle crociate, ed Enrico de Donzy, marito di Machaut, figlia dei precedenti. Fu sotto questo rude signore feudale che la contea s'estese all'insieme dei territori che prendono il nome di Nivernese. La prima casa comitale si estinse nel 1272; e mediante il matrimonio di Iolanda di Nevers con Roberto di Dampierre, i territori passarono alla casa di Fiandra, sostituita poi, nel 1384, dalla casa di Borgogna, per via del matrimonio di Margherita di Fiandra con Filippo l'Ardito, duca di Borgogna. Successero poi, nella contea, eretta in ducato nel 1538, le case di Clèves (1491) e dei Gonzaga di Mantova (1564). Nel 1659, il ducato fu acquistato dal Mazzarino, che, nel 1661, lo lasciò al proprio nipote Filippo Mancini. Anziché ducato di Nevers si diceva allora ducato del Nivernese: e tale fu appunto il titolo portato dall'ultimo signore, Luigi Mancini-Mazzarino, buon generale sotto Luigi XV, ambasciatore a Roma e a Berlino, negoziatore del trattato di Parigi del 1763, autore fecondo e membro dell'Accademia. Egli morì nel 1798, dopo essere stato incarcerato durante il Terrore. La storia interna della contea di Nevers è stata estremamente tranquilla: durante le guerre di religione essa rimase fedele al re, e, se il duca Carlo Gonzaga partecipò nel 1616 all'offensiva dei nobili contro la reggenza di Maria de' Medici, l'ordine tornò ben presto a regnare nella tranquilla regione.

La genesi

Un altro corpo di pellegrini condotto dal conte di Niversa e dal conte di Brugia, giunto a Costantinopoli nel mese di maggio, erane partito per Nicomedia verso la festa di San Giovanni. Erano quindicimila combattenti e secondo la consuetudine d'allora, conducevano seco monaci, donne, fanciulli e molta plebe inerme. Giunsero ad Ancira dopo due settimane di cammino, né ricevendo novella alcuna de' Lombardi, né fidandosi delle strade pericolose della Paflagonia, tennero la destra alla volta d'Iconio appellato da Alberto Aquense Stancone. Fermaronsi alcuni giorni sotto la metropoli di Licaonia, ma non potendola espugnare, mossero verso Eraclea 1, detta turchescamente Eredi ovvero Erclì sulla strada di Tarso. Era il mese d'agosto, stagione caldissima nella quale le stesse carovane sono costrette di sospendere il loro cammino, e nella quale le fonti e i rigagni in ogni parte inacidiscono; così che da trecento pellegrini perirono di sete. Sapevano per incerte notizie i Crociati esservi nel paese una riviera; molti ascesero sulle montagne per iscoprirla, ma ritornati non recarono altra nuova se non che di aver veduta la città d'Eraclea incendiata; ed era vero perché gli abitatori di quella sentendo l'avvicinarsi de' Crociati, appiccarono il fuoco alle loro case, colmarono i pozzi, ruppero le cisterne e se ne fuggirono.

La battaglia

Sopravvennero i Turchi, sempre attenti ad assaltare i pellegrini quando gli vedevano quasiché vinti da qualche grande calamità, e prepararonsi a combatterli in una valle assai ben grande e propinqua alla città. Il fratello del conte di Niversa che portava lo stendardo dell'esercito, visto il nimico, posesi subito in fuga, seguitandolo vergognosamente gli altri capi e lo stesso conte di Niversa, che abbandonata la moltitudine esterrefatta de'pellegrini, ricoveraronsi in Germanicopoli città di Cilicia.

Le conseguenze

Caddero in potere de' Turchi le tende e le ricchezze de' fuggitivi e le loro donne e fanciulli che furono condotti in ischiavitù nel Corasano.



Tratto da:
"Storia delle crociate" scritta da Giuseppe Francesco Michaud, Volume 1, Firenze 1842