Battaglie In Sintesi
27 novembre 1940
Ammiraglio, nato a Viareggio il 14 novembre 1878, fucilato a Parma il 24 maggio 1944. Uscito dall'accademia di Livorno nel 1896, partecipò alla campagna italo-turca (1911-12) e si distinse in un'azione nei Dardanelli. Nella prima Guerra mondiale, al comando di caccia-torpediniere partecipò alle operazioni in Alto Adriatico e ottenne una medaglia di bronzo e due croci di guerra al valor militare. Nel 1926 è capitano di vascello, nel 1927 addetto militare a Parigi, nel 1932 contrammiraglio, nel 1934 ammiraglio di divisione e capo di gabinetto al Ministero della marina, nel 1936 ammiraglio di squadra, nel 1938 sottocapo di S. M. della marina, nel 1939 senatore. Nella seconda Guerra mondiale partecipò, come comandante superiore in mare, alle battaglie di Punta Stilo (9 luglio 1940) e di Capo Teulada (27 novembre 1940). Tornò quindi sottocapo di S. M. della marina fino al 22 luglio 1943, data in cui fu nominato governatore e comandante superiore delle forze armate dell'Egeo, in Rodi. All'armistizio, dopo 3 giorni di sanguinosa resistenza opposta alle forze corazzate tedesche, comandate dal Gen. Kleeman, fu costretto ad accettare la resa (11 settembre 1943). Deportato in Germania, nel gennaio del 1944 fu consegnato alle autorità della repubblica di Salò, processato a Verona e condannato a morte. Alla sua memoria è stata concessa la medaglia d'oro al valore.
Durante la seconda guerra mondiale coadiuvò l'ammiraglio B. H. Ramsay nell'evacuazione di Dunkerque (1940) e comandò la squadriglia che eseguì l'operazione di Mers-el Kebir. Guidò le operazioni contro gli Italiani a Capo Teulada e il bombardamento di Genova (1941). Nel marzo 1942 Somerville venne nominato comandante in capo della Eastern Fleet in sostituzione dell'ammiraglio Sir Geoffrey Layton. Dopo la conquista giapponese di Singapore, la Eastern Fleet era di stanza a Trincomalee, a Ceylon (Sri Lanka) ma l'avanzata giapponese in Birmania costrinse Somerville ad ordinare il trasferimento della flotta prima nell'atollo Seenu (nelle Maldive) e successivamente nel porto di Kilindi, nei pressi di Mombasa, nell'Africa Orientale Britannica (nell'attuale Kenya). Si trattò di una decisione particolarmente saggia in quanto nell'aprile 1942 il Giappone scatenò una violenta offensiva nell'Oceano Indiano arrivando a minacciare l'India britannica. Solo nel 1944 Somerville ricevette i rinforzi necessari per attaccare le Indie Orientali olandesi occupate dai giapponesi. L'8 maggio 1945 Somerville venne promosso Ammiraglio della Flotta e subito dopo la fine della guerra andò in pensione. Nominato Lord luogotenente del Somerset nell'agosto 1946 si ritira a vita privata nella casa di famiglia a Dinder, dove muore tre anni dopo.
Dopo la notte di Taranto, lo stato maggiore britannico volle sfruttare subito la superiorità navale che aveva appena conseguito grazie al bombardamento e organizzò un'operazione con lo scopo di rifornire Alessandria direttamente via Gibilterra, e non circumnavigando l'Africa come finora avevano fatto i rifornimenti per l'Egitto.
Quest'operazione prevedeva, che oltre al convoglio composto dai piroscafi veloci Clan Forbes, Clan Fraser e New Zealand Star e da quattro nuove corvette destinate al Mediterraneo Orientale, gli incrociatori Manchester, Southampton imbarcassero circa 1400 soldati destinati all'Egitto; la scorta era affidata alle seguenti unità: Nave da Battaglia Renown, Portaerei Ark Royal, Incrociatori leggeri Sheffield e Despatch, e 9 Cacciatorpediniere tutte sotto il comando dell'Ammiraglio James Somerville e con il nome di Forza H.
Incontro a tale convoglio sarebbe andata un'altra parte della Mediterranean Fleet, detta Forza D, composta dalla Nave da battaglia Ramillies, dagli incrociatori leggeri Newcastle, Coventry, dall'incrociatore pesante Berwick e da 5 Cacciatorpediniere; il punto di riunione per le due formazioni era al largo della Sardegna, una volta riunitisi la prima parte di flotta e la Ramillies con il Newcastle e il Coventry avrebbero fatto rotta verso Gibilterra mentre il convoglio avrebbe attraversato il Canale di Sicilia di notte per ridurre il pericolo di incontri col nemico. Sarebbero inoltre stati avviati alcuni convogli dall'Egitto alla Grecia scortati dalle Navi da battaglia Warspite e Valiant, e dalla portaerei Illustrious.
Le navi della Forza D destinata all'operazione salparono da Alessandria il pomeriggio del 24 novembre, mentre il convoglio passò lo stretto di Gibilterra nella notte tra il 24 e il 25 novembre e fu raggiunto nella mattinata del 25 dalla Forza H.
La Supermarina venne a conoscenza di una intensa attività nemica la mattina del 25, quando, da informatori segreti che si trovavano a Gibilterra, fu segnalata la partenza verso ponente della Forza H alle 08:25.
Tra le 11:30 e le 12:30 salparono da Napoli: la Nave da battaglia Vittorio Veneto (Inigo Campioni) e la Nave da battaglia Cesare con la 13ª Squadriglia Cacciatorpediniere (4 unità - Granatiere, Fuciliere, Bersagliere e Alpino) e la 7ª Squadriglia Cacciatorpediniere (3 unità - Freccia, Saetta, Dardo); gli Incrociatori pesanti Pola (Angelo Iachino ) con la I Divisione (composta soltanto dagli altri Incrociatori pesanti Fiume e Gorizia poiché lo Zara si trovava ai lavori) con la 9ª Squadriglia Cacciatorpediniere (4 unità - Alfieri, Oriani, Carducci e Gioberti).
Da Messina alle 12:30 salparono: la III Divisione (Luigi Sansonetti con gli incrociatori pesanti Trieste, Trento e Bolzano) e la 12ª Squadriglia Cacciatorpediniere (3 unità - Lanciere, Ascari e Carabiniere); le Torpediniere Vega, Sirio, Sagittario, Alcione.
Le torpediniere italiane, uscite per rastrellare il Canale di Sicilia, si imbatterono durante la notte nella cosiddetta Forza D britannica, l'avvistamento fu eseguito dalla Torpediniera Sirio, che attaccò la formazione nemica lanciando due siluri alle 00:33 del 27 novembre, che però non colpirono il bersaglio. Alle 00:55, terminato l'attacco, la Sirio lanciava il segnale di scoperta, ma il segnale fu però ricevuto dalle altre due unità, Vega e Sagittario (l'Alcione dovette rientrare a Messina dopo un'ora per un'avaria), con troppo ritardo e questo impedì a queste ultime di tentare un attacco.
La mattina del 27 novembre vedeva entrambe le flotte nella stessa zona di combattimento ma senza che una delle due sapesse dove fosse esattamente il nemico. L'Ammiraglio Somerville fu il primo ad aver notizie certe sulla presenza di una possente forza navale italiana, e quindi ordinò, dopo essersi ricongiunto con la Forza D, al convoglio di proseguire con la sola scorta dell'Incrociatore Coventry e di tre Cacciatorpediniere, radunando il resto delle proprie forze per combattere contro la marina italiana.
Grazie a questa informazione i britannici riuscirono a spostare l'inerzia dello scontro a proprio favore. Se, inizialmente, la flotta italiana poteva ritenersi molto superiore al nemico, con il ricongiungimento tra la Forza H e la Forza D britannica, si può parlare di sostanziale equilibrio fra le due flotte, anche se la formazione inglese ha nei suoi ranghi anche una portaerei. Alle 11:55 giunse all'Ammiraglio Campioni un messaggio che lo informava della presenza del convoglio e di una seconda Nave da battaglia con alcuni incrociatori nelle vicinanze della Forza H; l'Ammiraglio Inigo ritenendo di non poter prendere parte ad un combattimento in condizione di superiorità decise di ritirarsi e inviò un ordine all'Ammiraglio Iachino alle 12:07. In quel momento la I Divisione era 24.000 m a poppa delle Navi da battaglia e la III Divisione a 8.000 m dalla I Divisione; le due divisioni di incrociatori aumentarono la velocità a 28 nodi per avvicinarsi alla nave ammiraglia, ma alle 12:15 furono avvistate le prime sagome di navi nemiche.
Ammiraglio Inigo Campioni (1ª Squadra):
2 navi da battaglia: RN Vittorio Veneto (Classe Littorio), RN Giulio Cesare (Classe Conte di Cavour)
7 cacciatorpediniere: RN Alpino, RN Bersagliere, RN Fuciliere, RN Granatiere (Classe Soldati I Serie), RN Dardo, RN Freccia, RN Saetta (Classe Dardo)
Vice ammiraglio Angelo Iachino (2ª Squadra):
6 incrociatori pesanti: I Divisione (Pola, Fiume, Gorizia - Classe Zara), II Divisione (Trieste, Trento, Bolzano - Classe Trento)
7 cacciatorpediniere: Ascari, Lanciere (danneggiato), Carabiniere (Classe Soldati I Serie), Oriani, Alfieri, Carducci, Gioberti (Classe Alfredo Oriani)
Ammiraglio Holland:
1 incrociatore pesante: HMS Berwick (Classe County - danneggiato)
4 incrociatori leggeri: HMS Manchester, HMS Newcastle, HMS Sheffield, HMS Southampton (Classe Town)
Contrammiraglio James Somerville:
1 nave da battaglia: HMS Ramillies (Classe Revenge)
1 incrociatore da battaglia: HMS Renown (classe Renown)
9 Cacciatorpediniere: Defender, Encouter, Faulknor, Firedrake, Forester, Gallant, Greyhound, Griffin, Hereward
non ingaggiate:
1 portaerei: Ark Royal (che trasportava 12 caccia, 12 bombardieri in picchiata, 4 aerosiluranti)
2 cacciatorpediniere: Jaguar, Kelvin
Scorta e convoglio:
1 incrociatore antiaereo: HMS Coventry (Classe Ceres)
1 incrociatore leggero: HMS Despatch (Classe Danae)
3 cacciatorpediniere: Duncan, Hotspur
4 corvette: Gloxinia, Hyacinth, Peony, Salvia
4 navi da carico tra cui: Clan Forbes, Clan Fraser, New Zealand Star.
Alle 12:20 l'Ammiraglio Matteucci (comandante della I Divisione) ordinò di aprire il fuoco contro gli incrociatori nemici che in quel momento si trovavano circa a 22.000 metri di distanza, gli incrociatori britannici risposero al fuoco nemico dopo pochi secondi.
Gli incrociatori italiani, secondo gli ordini ricevuti, fecero rotta verso le Navi da battaglia britanniche, sparando quasi esclusivamente con le torri poppiere mentre, vista la posizione di rotta Nord-Est, gli incrociatori inglesi potevano rispondere soltanto con le torri prodiere. Da parte italiana il tiro fu intenso e ben diretto sino alle 12:42, quando dovettero sospendere temporaneamente per effetto di alcune accostate eseguite per disturbare gli aerei nemici che si stavano portando all'attacco.
Il tiro italiano riprese intenso alle 12:49 per ridivenire intermittente alle 12:53, sia per via delle distanze in aumento sia per il fumo e fu cessato alle 13:15.
Gli incrociatori britannici furono invece molto ostacolati nel tiro dal fumo prodotto dagli incrociatori italiani e da una cortina fumogena stesa dalla 9ª Squadra Cacciatorpediniere, le loro salve furono così dirette ora su una, ora sull'altra divisione italiana ma senza una grande precisione; specialmente intenso fu il tiro fino alle 12:40 contro la III Divisione, che però, essendo composta dai veloci Incrociatori di classe Trento, riuscì ben presto ad aumentare le distanze portando la sua velocità a 34 nodi uscendo dal campo di tiro delle varie navi nemiche.
Le Navi da battaglia inglesi riuscirono a sparare alcuni colpi alla massima distanza di tiro contro gli incrociatori italiani: il Renown sparò sei salve contro la III Divisione che però ben presto uscì dal suo campo di tiro; lo stesso successe alle due salve sparate dalla Ramillies.
Nel frattempo la formazione delle Navi da battaglia italiane, compiuto un giro su se stesse per attendere gli incrociatori, riuscì a sparare con la sola torre poppiera della Vittorio Veneto dalle 13:00 alle 13:10, infatti gli incrociatori inglesi rimasti senza l'appoggio delle proprie Navi da battaglia, troppo lente, virarono a dritta rompendo il contatto e terminando così la battaglia con un esito inconcludente.
La conta dei danni dopo lo scontro a Capo Teulada è relativamente esiguo in considerazione delle forze a disposizione di entrambe gli schieramenti. In campo britannico l'incrociatore pesante Berwick fu colpito due volte da proiettili perforanti dei nostri incrociatori: subito dopo l'apertura del tiro, con un colpo mise fuori servizio la terza torre da 203 mm uccidendo 1 ufficiale e 6 uomini e ferendone altri 9; e pochi minuti dopo quando il secondo proiettile causò avarie al quadrato ufficiali e ai locali adiacenti, ma senza perdite fra il personale.
Le perdite italiane sono ancora più esigue: l'unica nave italiana colpita (per tre volte) fu il Cacciatorpediniere Lanciere, della 12ª Squadriglia Cacciatorpediniere. Il Lanciere venne colpito da un proiettile da 152 mm che esplose nel locale delle macchine di poppa fermandolo immediatamente; la nave poteva proseguire, ma con la sola macchina di prora alla velocità di 23 nodi mentre gli altri due Cacciatorpedinieri della squadriglia stendevano una cortina di fumo a sua protezione. Pochi minuti dopo altri due colpi in rapida successione colpirono la nave senza esplodere, il primo perforò un deposito di nafta mentre il secondo il bagnasciuga di dritta.
A meno di un'ora di distanza dall'ultimo colpo nemico subito, il Lanciere informava di essere fermo per mancanza d'acqua e subito la III Divisione gli si avvicinò per dargli assistenza. Intanto il comandante del Cacciatorpediniere D'Arienzo aveva praticato un foro nello scafo per far funzionare le caldaie con l'acqua di mare; in seguito il Cacciatorpediniere Ascari lo prese al rimorchio. Il Lanciare giunto in serata a Cagliari proseguirà poi per La Spezia dove fu sottoposto ai lavori di riparazione necessari.
Dopo la fine del combattimento le navi inglesi, come previsto si divisero, la Forza H con i rinforzi ricevuti (Nave da battaglia Ramillies, Incrociatori leggeri Newcastle e Conventry) fece rotta verso Gibilterra, mentre il resto del convoglio attraversò durante la notte il Canale di Sicilia. Durante la notte le TP Vega, Sirio, Calliope, Sagittario furono mandate da Supermarina ad attaccare il convoglio nemico ma solo la Calliope riuscì a lanciare i propri siluri che non colpirono nessuna nave nemica. Le navi inglesi non furono più disturbate e poterono raggiungere Alessandria senza tanti patemi d'animo.
Le Navi italiane procedettero indisturbate e rientrarono tutte ai loro porti di appartenenza con la ovvia eccezione del Lanciere.
L'esito inconcludente dello scontro però non favorì di certo le sorti italiane. La situazione iniziale, ossia prima del ricongiungimento tra Forza H e Forza D britannica era una buona occasione per infliggere perdite rilevanti al nemico era stata persa. Il comportamento degli ammiragli italiani a Capo Teulada fu ineccepibile, mentre non si può dire lo stesso dell'azione di ricognizione marittima. Avvistare la Forza D, prima del ricongiungimento con la H sarebbe bastato per dirigere lì la forza navale italiana e conquistare una vittoria quasi certa. Una volta che le due flotte furono ricongiunte l'Ammiraglio Campioni preferì ritirarsi poiché non riteneva opportuno affrontare i rischi di un combattimento che ci vedeva in una situazione di sostanziale parità.
Supermarina non approvò la condotta dell'Ammiraglio Campioni a Capo Teulada, così, pochi giorni dopo lo scontro, venne sostituito nel suo incarico dall'Ammiraglio Iachino, che invece aveva ben combattuto con i suoi incrociatori.