Battaglie In Sintesi
1 ottobre 1018
Sotto la sua guida il 9 maggio 1009 (1010 secondo altri storici) le città di Bari, Trani e Bitonto si ribellarono al governo fiscale del catapano bizantino Giovanni Curcuas: durante la rivolta il catapano restò ucciso e gli insorti sconfissero i bizantini a Bitetto e a Montepeloso. La rivolta, appoggiata dai principi longobardi e non avversata dal papa Sergio IV, sembrava avere successo, approfittando anche del fatto che l'imperatore Basilio II era duramente impegnato nei Balcani nella guerra contro i Bulgari. Ma il nuovo catapano Basilio Mesardonite, dopo un lungo e cruento assedio, riconquistò con la forza la città di Bari (1011): molti baresi furono uccisi, mentre i capi degli insorti riuscirono a fuggire: Melo si rintanò prima ad Ascoli e di là raggiunse Benevento, Salerno e Capua, accolto con qualche preoccupazione dai principi longobardi; suo cognato Datto chiese soccorso ai benedettini di Monte Cassino. La moglie di Melo, Maralda, e suo figlio Argiro, furono invece catturati e portati a Costantinopoli. Con la benedizione di papa Benedetto VIII, Melo nel 1015 si recò in Germania dall'imperatore Enrico II per chiedere aiuto. L'imperatore lo accolse tra i suoi vassalli e lo creò Duca di Puglia, tuttavia non gli fornì alcun aiuto militare. Melo allora ritornò in Italia, si procurò il rinnovato appoggio dei principi longobardi e delle città dissidenti e assoldò alcuni cavalieri mercenari normanni, guidati da Gilbert Buatère, che fecero così la loro comparsa sulla scena politica italiana. Con loro mosse da Capua verso la Capitanata: grazie ad alcuni successi iniziali (ad Arènola presso il Fortore, a Civitate, a Vaccarizza presso Troia nella primavera del 1017), Melo si aprì la strada fino a Trani. Ma lo scontro decisivo con le truppe bizantine guidate dal nuovo catapano Basilio Bojoannes avvenne nella battaglia di Canne del 1º ottobre 1018, che vide soccombere gli insorti. Datto di Bari fu mandato a morte per mazzeratura il 15 giugno 1021. Melo si rifugiò presso l'imperatore Enrico e morì due anni dopo in Germania. Ricevette funerali importanti e una sepoltura nel Duomo di Bamberga.
Le principali fonti storiche sulla vita e le imprese di Gilberto sono le opere degli storici Amato di Montecassino e Guglielmo di Apulia, suoi contemporanei. Gisleberto era appartenente alla famiglia Drengot Quarrell, originaria di Villaines-la-Carelle, una località vicino Alençon, nella Bassa Normandia. Gilberto aveva quattro fratelli: Rainulfo, Asclettino, Osmondo e Rodolfo. Osmondo, il fratello maggiore di Gilberto, aveva ucciso una persona vicina al duca Riccardo II di Normandia e perciò, con l'accusa di tale assassinio, fu bandito dal regno. Così lui e tutti i suoi fratelli accompagnarono (insieme ad una masnada di 250 guerrieri composta da altri esiliati, militari senza terra e avventurieri simili) in un pellegrinaggio a Monte Sant'Angelo sul Gargano, al santuario dell'arcangelo-soldato Michele (1017). Alcune fonti affermano che i guerrieri Normanni fecero una tappa anche a Roma per incontrare papa Benedetto VIII. Le fonti divergono sul capo della compagnia di ventura: Orderico Vitale e Guglielmo di Jumièges dicono che fosse Osmondo. Per Rodolfo il Glabro era Rodolfo. Leone Ostiense, Amato di Montecassino e Ademaro di Chabannes nominano invece Gilberto Buatère: infatti la maggior parte delle cronache dell'Italia meridionale indicano in Gilberto il capo normanno nella battaglia di Canne (1º ottobre 1018). In Puglia i normanni guidati dai Drengot cominciarono ad offrire la loro protezione, dietro pagamento di un compenso, ai pellegrini diretti al santuario, in modo da metterli al riparo dalle scorrerie degli altri predoni, facendosi presto conoscere per la loro valentia nelle armi. Fu così che si unirono alle forze di Melo di Bari, il quale, dopo la fallita rivolta antibizantina del 1009-1011, cercava quel sostegno militare che scarseggiava tra i longobardi e che l'imperatore Enrico II gli aveva negato. Ma la battaglia combattuta a Canne (1 ottobre 1018) fu per gli insorti un vero disastro: le truppe furono decimate dai bizantini di Basilio Boioannes e il loro capo, Gilberto, cadde in battaglia (secondo un'altra versione eliminato dopo la battaglia dallo stesso Rainulfo, che ne prese il posto). A questo punto Rainulfo Drengot emerse come capo indiscusso delle rimanenti milizie normanne, che si ritirarono dalla Puglia in Campania.
Le prime notizie che abbiamo su Basilio risalgono alla primavera del 1017, quando Melo di Bari aveva messo in atto un secondo tentativo di insurrezione antibizantina, dopo quello fallito nel 1010-1111; questa volta aveva assoldato cavalieri normanni guidati da Gilberto Drengot ed era riuscito a mettere in difficoltà le truppe bizantine guidate dal catapano Leone Tornicio. Nel settembre 1017 l'imperatore di Bisanzio, Basilio II, nominava nuovo catapano Basilio Boioannes e a dicembre lo inviava in Puglia con notevoli rinforzi militari. Subito a Trani il catapano riusciva a ristabilire l'ordine. Ma lo scontro decisivo avvenne sul fiume Ofanto, non lontano dal sito della battaglia di Canne che vide Annibale sconfiggere i Romani. Il 1º ottobre 1018 le truppe scelte della guardia Variaga guidate da Boioannes ebbero la meglio sugli insorti. Melo trovò riparo alla corte dell'imperatore Enrico II, mentre i cavalieri normanni superstiti si disperdevano e tornavano al servizio dei principi longobardi. Boioannes quindi passò a difendere in maniera sistematica gli accessi appenninici alla Puglia fortificando i borghi di Melfi, Dragonara, Civitate, Castel Fiorentino; una cura particolare pose all'antica città romana di Aecae che prese il nuovo nome di Troia (come la gloriosa ed epica città dell'Asia Minore da cui il catapano doveva avere origine): a guardia della cittadella pose dei mercenari normanni (1019). Misure queste orientate più contro i Longobardi che contro il Papato. Quasi tutto il Meridione d'Italia (con l'eccezione del ducato di Benevento) tornava sotto il dominio di Bisanzio. Alleandosi con Pandolfo IV di Capua, Basilio riuscì persino a riprendere il controllo sulla torre posta alla foce del Garigliano, sconfiggendo Datto, che fu catturato, condotto a Bari e giustiziato (15 giugno 1021). Preoccupato dalle vicende che avvenivano ai confini dello Stato della Chiesa, papa Benedetto VIII spinse l'imperatore Enrico II a intervenire nel Sud dell'Italia. Il 12 aprile 1022 l'esercito imperiale arrivò fin sotto le mura della fortezza di Troia che tuttavia resistette agli attacchi per oltre tre mesi, costringendo l'imperatore a rinunciare all'impresa: Basilio Boioannes riconoscente concesse alla città di Troia nuovi e importanti privilegi. Infatti dopo aver scisso la sede di Siponto da quella di Benevento, facendola archidiocesi a sé, il catapano costituì diverse nuove sedi episcopali e la sede principalmente favorita dal processo di ricostruzione fu Troia. Nel 1023 Basilio dovette contrastare un tentativo di assalto sulle coste pugliesi da parte di un certo Rayca, probabilmente un pirata dalmata che riuscì solo a depredare alcune località costiere. Nel 1024 infatti Basilio Boioannes si volse con truppe italiane contro il regno di Croazia e trasferì a Costantinopoli come ostaggi la moglie e il figlio del re croato Cresimiro. Nello stesso anno dirime una controversia tra l'igumeno Nicolaos del monastero della Theotokos (Madre di Dio) del Rifugio ed alcuni cittadini, per la proprietà del korion (piccolo borgo non fortificato) sorto intorno monastero, nei pressi della città di Tricarico. Nel 1025 Boioannes stava preparando una grande spedizione contro gli Arabi in Sicilia, quando l'imperatore Basilio II morì (15 dicembre) e il successore Costantino VIII annullò l'impresa. Il catapano si recò quindi a portare soccorso al suo alleato, Pandolfo IV, al quale riconsegnò la città di Capua dopo averne scacciato gli occupanti (maggio 1026). Nel 1027 Boioannes fu richiamato a Costantinopoli e da quel momento le sorti bizantine nell'Italia meridionale presero una china che portarono nel breve volgere di pochi decenni prima al declino e poi alla disfatta totale: i Normanni infatti con campagne militari ben organizzate riuscirono ad allontanare i bizantini da tutte le città italiane. Sappiamo che Basilio ebbe un figlio Exaugusto Boioannes, che fu anch'egli catapano d'Italia, dal 1041 al 1042.
I Greci, che col nuovo magistrato di catapano aveano reso insopportabile il lor governo nella Puglia, diedero occasione che in Bari principal sede di quel magistrato nascessero perciò nuovi disordini e tumulti; poiché i Baresi non potendo più soffrire l'aspro governo che d'essi faceva Curcua nuovo catapano e animati da Melo prode e valoroso capitano, di sangue longobardo, che dimorava in Bari, ove da molto tempo aveva trasportato la sua famiglia, si ribellarono dall'imperio greco, e sperando dare alla lor patria la libertà, si misero sotto la guida di Melo, che per lor capo insieme con Dato suo cognato, l'elessero. Ma gl'imperadori d'Oriente avvisati di questa rivoluzione, mandarono tosto in italia Basilio Bagiano nuovo catapano, il quale giunto nella Puglia con buona compagnia di signori e di soldati di Macedonia, pose l'assedio alla città di Bari. I Baresi vedutisi così stretti, in vece di pensare a difendersi, attesero solamente a rappacificarsi co' Greci acosto di Melo, offrendo di darlo loro nelle mani. Di che accortosi Melo, tosto se ne fuggi furtivamente in Ascoli con Dato, ed ivi non tenendosi a bastanza sicuro, ritirossi ben anche più lungi; ed intanto i perfidi suoi cittadini, per guadagnarsi la buona grazia de'Greci inviarono a Costantinopoli Maralda sua moglie e il suo figliuolo Argiro. Melo, che da Ascoli erasi ritirato in Benevento, indi in Salerno, erasi finalmente con Dato fermato in Capua, chiedendo a Pandolfo, siccome a'principi di Benevento e di Salerno suoi longobardi, a volergli prestar aiuto contro i Greci. Arrivando in Capua, ritrovò ivi i Normanni che poc'anzi eranvi giunti. Era egli già consapevole del loro valore; onde trovandogli opportuni a' suoi disegni, per le grandi promesse che lor fece, si diedero al suo servigio; ed avendo arrolate eziandio altre truppe presso de' principi longobardi, delle quali sollecitava il soccorso, ragunò un'annata che immantenente meuò eoutroi Greci; ed avendogli assaliti, furono in tre successive battaglie disfatti, e si rese padrone d'alcune città della Puglia. Ma poscia perdette tutto il frutto delle sue vittorie nel quarto combattimento, che accadde presso la città di Canne, luogo già rinomato per l'antica disfatta de' Romani.
Restaurate le forze, con animo risoluto s'accostava egli nell'ottobre ai Greci presso Canne, luogo sempre funesto all'un de' due nemici eserciti, che vi si fossero scontrati. Il catapano, che di troppe forze soprabbondava e d'avvedimento, trasse partito dall'impeto e dal minor numero degli avversari; e Melo dando incautamente nelle preparate insidie, fu posto in mezzo. Pure né si scorò egli, né i Normanni, che combatterono come tigri, vallandosi intorno di greci cadaveri senza numero; ma non furono secondati dai Longobardi, primi a sgombrare. Di dugento cinquanta Normanni soli dieci n'erano rimasi; i quali alla fine disperatamente s'apersero con l'armi la via per mezzo ai nemici, e mesti col nostro duca, ferito nella testa ed in un braccio, scamparono.
A Salerno si ridussero quei pochi valorosi, a Capua Melo in casa del principe Pandolfo: dove ristette trenta giorni per guarire delle ferite, ma non guarì dell'odio pertinace contro i Greci. Vedeva egli spariti con la stessa rapidità, onde fatti gli avea, tutt'i conquisti; vedeva impauriti i Longobardi, e più inchinevoli a sommettersi alla greca signoria, che resistere: il perché non sapendo più dove volgere sue speranze, raccomandati i pochi superstiti Normanni a Guaimairo di Salerno, ed al suo ospite Pandolfo, si mosse alla volta di Germania , fermo o di trarre seco in Italia l'imperatore Arrigo contro a' Greci, od ottenerne almeno poderoso soccorso di milizie; e quando ogni tentativo manco gli venisse, morir lontano dalla terra natia.
Bibliografia:
"Della storia di Bari dagli antichi tempi sino all'anno 1856", Giulio Petroni, Satmperie e Carteiere del Fibreno, Napoli, 1858
"Istoria civile del Regno di Napoli", Pietro Giannone, Vol. I, Storm e Armiens, Lugano, 1836