Battaglie In Sintesi
Luglio 1305
Figlio primogenito di Andronico II e della sua prima moglie Anna di Ungheria, fu associato all'impero nel 1294 e si trovò a operare come capo, coraggioso ma sfortunato, dell'esercito bizantino, quasi tutto composto di mercenari, proprio mentre da un lato gli Ottomani si stabilivano definitivamente nell'Asia Minore e dall'altro la grande compagnia catalana di Ruggero de Flor, che aveva offerto i suoi servigi ad Andronico II contro i Turchi, faceva causa comune con questi e poneva il suo quartier generale a Gallipoli. Michele fece uccidere ad Adrianopoli, durante un banchetto, Ruggero, che si era fatto accordare dal debole Andronico il titolo di cesare; e questo assassinio gli suscitò contro l'ira dei Catalani che lo sconfissero nel 1305, costringendolo a rinchiudersi a Dimotica. Combatté anche, con esito sfortunato, contro i Turchi nel 1301, a Magnesia, e nel 1310. Morì nel 1320. Si ha di lui una crisobulla a favore del fratellastro Teodoro I di Monferrato, figlio di Andronico II e della seconda moglie di costui Irene, nipote ed erede del marchese di Monferrato.
Nome tradizionale di quelle bande di almogaveri che nel sec. XIV lasciarono trista fama di sé in Grecia. Erano prima in Sicilia, ma finita la guerra del Vespro, Federico d'Aragona si preoccupò di mandar via dall'isola questi mercenari, che vi avevano combattuto, e che, rimasti senza soldo s'erano abbandonati al saccheggio. Il più intraprendente di quegli avventurieri, Ruggero de Flor, un tempo ascritto all'ordine dei Templari, indi pirata e ammiraglio di Sicilia, si offerse di condurre seco gl'indisciplinati compagni. Si formò così la Compagnia catalana, detta anche di "Romania", la quale, imbarcatasi a Messina, si diresse in Oriente. Ne faceva parte il cronista Raimondo Muntaner, che ne narrò le vicende. Cominciarono i Catalani con l'aiutare i Bizantini contro i Turchi; ma avendo gl'imperiali assassinato a tradimento il loro capo (1305), svolsero contro gli antichi alleati e li disfecero. I mercenari, aumentati di numero per l'affluire in Oriente di altri loro connazionali e soccorsi dai Turchi, minacciarono di far propria Adrianopoli, e vi sarebbero riusciti se, essendo scoppiate discordie fra loro, i Greci non ne avessero approfittato per dare loro addosso. La Compagnia si spostò allora verso occidente, mettendosi al servizio del duca di Atene Gualtiero di Brienne e aiutandolo a costituirsi un forte stato. Sennonché presto venne in discordia con lui, lo sconfisse (15 marzo 1311) e s'impadronì del ducato. Tutta l'aristocrazia francese che dimorava in Grecia, risentì le amare conseguenze della conquista catalana. Anche i Veneziani ebbero brighe con la Compagnia. Il pontefice indisse una crociata ai loro danni, ma essi ricorsero a Federico d'Aragona come a loro protettore, e si posero sotto la sovranità del figlio di lui Manfredi (1326).
Nel 1303, l'Imperatore Bizantino Michele IX Paleologo assoldo una nota compagnia di ventura, conosciuta come la Compagnia Catalana, agli ordini del valoroso capitano Ruggero de Flor, per partecipare ad una campagna progettata dallo stesso imperatore per arginare i turchi. La Compagnia Catalana presentò al servizio dell'imperatore un'armata di 5,500 uomini, composta da 1500 cavalieri e 4000 Almogavars (fanteria leggera comunemente al servizio della Corona di Aragona); inoltre, come aggiunta a questa già professionalissima e numerosa forza, nel corso delle operazioni in Oriente, i catalani arruolarono tra le loro fila ben altri 3000 cavallerizzi di origine turca. Il loro costoso servizio ebbe, probabilmente grazie all'esperienza dei propri elementi così come all'astuzia del proprio comandante, un grande successo, tale da riportare, dopo molto tempo, i turchi in remote aree dell'Asia Minore. A Filadelfia, solo per fare un esempio dell'efficacia dei mercenari catalani, ben 20,000 turchi furono uccisi dagli uomini del De Flor. La campagna bizantina, grazie a queste truppe, si rivelò come una delle vittorie più sfavillanti nei secolari confronti che videro Costantinopoli in lotta contro l'Impero Ottomano, ma, d'altro canto, questo successo ebbe conseguenze di non poco conto. Di per sé, una compagnia di ventura, se non perfettamente disciplinata e' soggetta a subire il fascino della razzia, una razzia indiscriminata in questo caso, che portò i catalani a saccheggiare spesso anche villaggi e città bizantine suscitando non solo le ire delle già provate popolazioni locali, ma anche il disprezzo di chi li aveva assoldati, ossia l'imperatore in persona. Ad adirare Michele IX Paleologo poi, non furono solo le tremende azioni di saccheggio indiscriminato che vennero compiute dai catalani, ma anche il fatto che tutti i successi ottenuti, avevano gonfiato il già arrogante De Flor, portandolo addirittura a pianificare un suo regno indipendente proprio sui domini imperiali in Anatolia che, secondo gli accordi iniziali, avrebbe dovuto restituire alla corona di Costantinopoli. Inutile dire, che questo lo mise ancor di più in disaccordo con l'Imperatore Bizantino, ed in breve tempo, condusse all'assassinio del De Flor stesso. Il 30 aprile 1305, lo stesso comandante della Compagnia Catalana fu ucciso insieme a 300 elementi della sua cavalleria ed altri 1,000 fanti dell'Alans, un altro gruppo di mercenari al servizio dell'Imperatore. Le cronache raccontano che Ruggero era stato invitato ad Adrianopoli, l'odierna Edirne, per presenziare ad un banchetto offerto dallo stesso Imperatore Michele IX Paleologo, il quale poi ne ordinerà l'uccisione. Ma, contrariamente a quanto sperato dall'Imperatore, l'assassinio del leader non dissolse comunque la Compagnia Catalana. I mercenari continuarono a lottare e durante il corso degli anni che seguirono la morte del De Flor, i soldati di ventura sguinzagliarono quello che fu conosciuto, nei Balcani, come "la Vendetta catalana".
Appena dopo la morte del loro comandante, i mercenari catalani assediarono e devastarono Gallipoli (aprile-giugno 1305). Questa vittoria fu il primo serio campanello d'allarme per l'imperatore Andronico II Paleologo e per suo figlio Michael IX Paleologo, i quali temevano un possibile arrivo di rinforzi alla Compagnia Catalana dalla Sicilia; decisero così di unire le proprie forze per un assalto finale contro la Compagnia. Ma gli Almogavares, allertati da una spia inviata da Ramón Muntaner, presero d'aticipo il nemico andandogli incontro. Dopo tre giorni di cammino, i catalani erano già vicino ad Apros dov'era il campo bizantino, e dove il Paleologo era in attesa per l'arrivo delle sue truppe, che sarebbe avvenuto di notte. I 3.000 Almogavares formarono una squadra di fanteria al centro, affiancata, su entrambi i lati, da cavalleria. In prima linea venne lasciata una squadra di fanteria e così marciarono contro il nemico. I Bizantini, vedendo il loro arrivo, vennero collocati nelle seguenti posizioni: la fanteria al centro, divisa in cinque squadroni, sotto il comando del generale Teodoro, a sinistra la cavalleria formata da Alani e turcopoli, comandati da Basilio, sulla destra la cavalleria formata da Traci e macedoni agli ordini di Eteriarca, ed infine, proprio in prima linea si andava a posizionare Michele IX Paleologo.
Il primo squadrone di Almogavares si diresse subito contro Alani e turcopoli (i primi in particolare erano anch'essi mercenari dalla dubbissima affidabilità); questi vennero respinti e messi in fuga lasciando la fanteria bizantina con il fianco sinistro scoperto, che si trovò così a dover sopportare la carica dei primi squadroni Almogavares ed anche di parte della cavalleria, mentre gli altri Almogavares caricavano nel mezzo dello schieramento nemico. Di fronte all'attacco catalano, la fanteria schierata al cedette e scappò dopo non molto tempo, mentre la cavalleria della Tracia e della Macedonia era l'unica formazione bizantina che riusciva mantenere la sua posizione, tenendo testa agli squadroni di cavalleria della Compagnia. La resistenza dei traci durò fino a quando vennero impattati anche dagli altri Almogavares che li attaccarono dall'altro versante e dal centro. A quel punto la ritirata fu generale. Michele IX Paleologo, vedendo che il suo esercito era ormai del tutto in fuga, si produsse in un atto di coraggio: presi con sé 100 uomini si gettò contro gli Almogavares, riuscendo quasi a ripareggiare la battaglia. L'imperatore diede un segno di grande coraggio e abilità, ferendo molti Almogavares. Ad un tratto l'Imperatore si trovò ad affrontare un tale Bernat Ferrer, un marinaio che era entrato in battaglia a cavallo e con vesti ed armi assai ricche, frutto di battaglie (e razzie) precedenti. Il Paleologo riesce a ferire subito il proprio avversario il quale però, risponde ai colpi e ne assesta uno assai potente all'Imperatore, il quale, ferito, viene immediatamente soccorso e portato via dalla sua guardia personale. Con questo episodio si conclude definitivamente la battaglia, l'esercito bizantino subì pesantissime perdite, inflittegli particolarmente durante le prime fasi della ritirata; ma gli Almogavares non massacrarono tutto l'esercito bizantino in fuga perché, temendo una possibile imboscata, decisero di non inseguire oltre il nemico.
I catalani continuarono a devastare la Tracia per i 2 anni successivi allo scontro di Apros, prima di invadere anche la parte Meridionale della Grecia dove vinsero ancora Cephisus nel 1311 ed ottenere il controllo del Ducato di Atene.