Battaglie In Sintesi
8 novembre 960
È stato un generale bizantino. Appartenente alla famiglia cappadoce dei Foca. Suo padre era Barda Foca il vecchio (878 circa-968), un celebre generale bizantino a lungo comandante supremo (stratego) dell'esercito bizantino sotto Costantino VII Porfirogenito; il nonno Niceforo Foca il vecchio (830 circa-896 circa) era stato un valorosissimo generale che nell'885-886 aveva riconquistato l'Italia meridionale per conto di Basilio I (867-886); il fratello maggiore Niceforo (912 circa-969) fu anch'egli un militare e dal 963 al 969 usurperà il trono di Bisanzio. Anche Leone entrò a far parte giovanissimo dell'esercito, e nel 945 sotto Costantino VII fu nominato stratego del tema di Cappadocia, circa dieci anni dopo fu promosso stratego del prestigioso tema di Anatolia. Sotto Romano II (imperatore dal 959 al 963) fu nominato domesticus Scholae dell'Occidente, ossia comandante in capo degli eserciti in Europa (Balcani e Italia meridionale), e fu elevato al rango di magister officiorum. Nel 960, quando il fratello maggiore Niceforo si trattenne a Creta per assediare le forze dell'emirato, Leone lo sostituì come domesticus Scholae dell'Oriente, ossia dei territori in Asia. Durante questo incarico ottenne una notevole vittoria contro il maggior nemico dell'impero bizantino, l'emiro di Aleppo Saif al-Dawla il cui esercito aveva invaso i territori bizantini in Asia Minore e si stava ritirando carico di bottino e di prigionieri; Leone gli tese un'imboscata a cui Sayf al-Daula riuscì sfuggire fortunosamente, ma la maggior parte dell'esercito hamdanide venne distrutto. A causa delle brillanti vittorie ottenute lungo il confine bizantino-arabo, si pensa che Leone Foca possa essere l'autore dell'importante trattato sull'arte della guerra De velitatione bellica. Quando il fratello Niceforo salì il trono (nel 963), Leone fu chiamato curopalate e assunse il titolo di logoteta del dromo, carica importante e prestigiosa che conservò fino alla deposizione e all'assassinio di Niceforo da parte di Giovanni Zimisce nel 969. Nel 970 Leone tentò inutilmente di ribellarsi a Zimisce, e fu esiliato a Lesbo assieme al figlio Barda II Foca. Dopo un ulteriore tentativo di ribellione, andato anch'esso a vuoto, nel 971 Leone fu accecato ed esiliato nell'isola di Proti. Non è conosciuta la data della sua morte.
Fondatore della dinastia hamdanide di Aleppo. Conquistata la Siria settentrionale (944), vi regnò fino alla sua morte. Sotto il regno di Saif ad-Dawla l'emirato fu impegnato in numerose guerre contro i Bizantini e acquisì una notevole importanza culturale, divenendo un centro di incontro per poeti e scrittori, tra cui al-Mutanabbi.
Nella tarda estate del 960 un potente esercito arabo, guidato dall'emiro hamdanida di Aleppo, Say al-Dawla, superava le montagne del Tauro e penetrava in Cappadocia, saccheggiando il Tema di Charsianon. Le guarnigioni locali si rivelarono incapaci di contrastare l'incursione; Costantinopoli decise allora di far affluire rinforzi direttamente dalla penisola balcanica, e di affidarli ad uno dei più esperti ufficiali disponibili, il domestikos Leone Foca. L'8 novembre 960 i reparti al suo comando riuscivano ad interettare la più numerosa armata araba al passo di Kylindros, ormai sulla via di ritorno dopo la razzia compiuta nel cuore dell'Asia Minore; nell'imminenza dello scontro, come voleva una tradizione più che millenaria, Leone radunò gli uomini e rivolse loro un breve discorso, tamandatoci da una fonte letteraria di pochissimi anni posteriore: «Miei commilitoni [...] vi esorto ad affrontare [il nemico] dopo aver studiato il miglior modo di agire. Poiché le guerre di solito sono vinte non grazie ad una battaglia campale, ma ad una pianificazione prudente, e le vittorie conquistate con l'uso dell'astuzia al momento opportuno. Vedete chiaramente lo schieramento dei nemici: qui dispiegati in campo aperto, appaiono tanto numerosi da non potersi contare. [...] Quindi, proprio perché siamo Romani, dobbiamo predisporre una linea d'azione adatta [...] e scegliere uno stratagemma piuttosto che una condotta pericolosa. E dunque: non lanciamoci a testa bassa verso un disastro sicuro, in un assalto sfrenato e con imprese azzardate! Poiché un atto di coraggio non meditato di solito lascia chi lo compie in mezzo ai pericoli, mentre un'attesa frutto della ragione può salvare le vite di coloro che vi ricorrono. Per questo, uomini, vi esorto a non mettere inutilmente a repentaglio le vostre vite attaccando a fondo i barbari in campo aperto, ma di appostarvi pronti all'imboscata in queste zone scoscese, aspettando che arrivino e le attraversino: allora attaccateli con vigore e combattete con coraggio. [...] Il nemico viene infatti battuto, di solito, grazie ad attacchi di sorpresa, e il suo atteggiamento insolente e arrogante verrà verosimilmente scosso da un'aggressione inaspettata». Le parole attribuite a Leone rappresentano una delle più compiute espressioni della cultura militare della Nuova Roma. Il domestikos si dimostra un interprete consapevole dei principi esposti in tutti i manuali bizantini di arte della guerra - razionalità, prudenza, ricorso agli stratagemmi, sfruttamento del terreno e del fattore sorpresa; nell'imminenza del pericolo Leone parla con sincerità e fiducia ai soldati, rendendoli partecipi delle scelte tattiche da compiere, ricorrendo nella sua arringa, a citazioni procopiane e a una distante eco dell'Epitoma rei militaris e dando quindi l'impressione di attingere a un patrimonio di sentenze comuni e condivise. Siamo di fronte ad un abile comandante che sa di condurre in battaglia un esercito di professionisti ben addestrati, capaci di comprendere ed applicare le sue istruzioni.
Le truppe arabe, come accennato, dopo la cattura di Charsianon e le conseguenti razzie, ripresero la marcia, andando ad inoltrarsi in un territorio che se in precedenza aveva dato ben pochi problemi ai 30.000 guerrieri islamici, ora, per le ragioni appena esposte avrebbe riservato loro un'amara sorpresa. Agli apici dello stretto di Andrassus, si trovavano le, ignote numericamente ma assai ben addestrate, forze Bizantine provenienti dai balcani. Completamente allo scuro di qualsivoglia movimento nemico, l'8 novembre del 960, gli arabi vennero colti completamenti di sorpresa quando l'attacco bizantino fu lanciato da Leone II Foca, e il loro panico non fece altro che piombarli ancor di più nell'imboscata. Infatti un primo tentativo islamico di muoversi all'interno del passaggio, li andò a chiudere ancora di più all'interno dello stesso; il risultato fu devastante: dei 30.000 guerrieri arabi entrati all'interno del passaggio nei pressi di Andrassus pochissime decine sopravvissero, venendo catturate come prigionieri, mentre l'emiro in persone riuscì solo all'ultimo minuto a scappare e a salvarsi la vita.
A seguito di questa vittoria, sembra che sia stata concessa a Leone un'entrata trionfale; come Petronasun secolo prima, egli venne accolto in modo splendido dall'imperatore: gli fu permesso di effettuare una parata con il bottino e i prigionieri nell'Ippodromo. Leone ed i suoi compagni vennero ricompensati anche con varie promozioni non specificate. Era una svolta nel conflitto lungo tra bizantini ed arabi nell'Oriente. La vittoria abilitò i bizantini a progettare la conquista dell'Isola di Creta ed avviò la fase discendente della dinastia Hamdanida.