Ars Bellica

Battaglie In Sintesi

Battaglia di Tarragona

422

Il re vandalo

Gunderico re dei Vandali

Successore (m. 428) del re Godigiselo, riuscì a spezzare la resistenza franca alla marcia dei Vandali (406), varcando il Reno, saccheggiando tutta la Gallia e passando poi in Spagna (409), ove i Vandali si stanziarono come foederati in seguito a un accordo con Costantino III (411). G. iniziò allora una sistematica conquista del paese, assoggettando gli altri popoli barbari che lo avevano preceduto e le stesse città romane di Cartagena e di Siviglia (425). Inoltre, volendo acquistare il dominio del mare, s'impadronì della flotta romana, addestrando alla navigazione i Vandali; sembra che pensasse di invadere l'Africa, quando lo colse la morte.

La genesi

Grande collezione Storica di Rollin, Crever e Le Beau, con aggiunte, note, osservazioni e schiarimenti, Volume 75, Charles Rollin, Venezia, 1851

La Spagna era in preda a nimici meno potenti, ma più ostinati de' Persi. I Vandali scacciati dalla Galizia si posero in alcune barche, e fatto il giro della Spagna, andarono ad attaccare l'isole di Majorica e di Minorica, che posero a fuoco e a sangue. Di là passarono sulla spiaggia vicina, e ruinarono Cartagena, che i Romani avevano inaddietro ritolto agli Alani. Questa città, fabbricata anticamente da' Cartaginesi, era stata la più fiorente della Spagna sul Mediterraneo; ma allora fu ridotta ad alcuni casolari. Pel comodo suo porto ella risorse in appresso; ma non riacquistò mai il primiero splendore. La dignità di metropoli, di cui godeva, passò a Toledo. I Vandali-spinsero più oltre le loro conquiste, e s'impadronirono della Betica, della quale i Romani s'erano rimessi in possesso dacché Vallia vi aveva distrutto i Silingi. Per metter argine a quel torrente, Onorio commise a Castino, che passasse nella Spagna con un esercito. Questi era stato due anni innanzi impiegato contro i Francesi, quando erano entrati nella Gallia. Non si sa ciò ch'egli allora facesse; ma è certo, che non li aveva costretti a ripassare il Reno.

Per assicurare i successi di Castino, l'imperatore volle che fosse accompagnato dal più valoroso e più esperto offiziale dell'impero. Questi era il conte Bonifacio, nato in Tracia, e che s' era fatto conoscere fin dall'anno 413 difendendo Marsiglia contro di Ataulfo. Fu poscia impiegato nell'Africa col titolo di tribuno. Pervenne presto, la merce degl'importanti e segnalati suoi servigi, alla dignità di conte, vale a dire, di comandante delle truppe della provincia. La sua vigilanza e il suo coraggio lo facevano temere dai barbari nello stesso tempo che la sua giustizia, il disinteresse, e la fermezza congiunta alla dolcezza gli cattivavano i popoli. La sua fervente pietà, che formava l'onore e la gioja della Chiesa, gli aveva ispirato il pensiero di rinunziare ai vantaggi e alle speranze del secolo per chiudersi in un monastero. S. Agostino, che manteneva con essolui una strettissima e santissima corrispondenza, lo avea distolto da cotal disegno, dimostrandogli che i talenti, che aveva ricevuto dalla Provvidenza, potrebbero essere più utili negli affari e negl impieghi, che nel ritiro. Bonifacio recatosi per ordine dell'imperatore in Ravenna, sofferse per parte di Castino tutti i dispiaceri, che può dare ad un subalterno di merito superiore un generale invidioso, altiero ed intrattabile. Egli giudicò, che da questa spedizione non gli potesse ridondare che vergogna, senza prestare alcun servigio all'impero. Si ritirò pertanto a Porto, e di là nell'Africa. Quantunque egli ne avesse certamente ottenuto la permissione dall'imperatore, nulladimeno, essendo essa stata segreta, la ritirata di lui cagionò qualche inquietudine, e fu pubblicamente biasimata come una disubbidienza.

Il presontuoso Castino, gloriandosi di aver allontanato un luogotenente, che gli dava ombra, passò i Pirenei con un numeroso esercito, via più accresciuto dalle truppe ausiliarie, che ricevette da Teodorico re de Visigoti. Arrivato nella Betica, chiuse l'armata de' Vandali, e li ridusse a tale stremo, che offersero di arrendersi a condizioni ragionevoli. La loro proposizione fu accettata, ed il trattato giurato da ambe le parti sul libro de' Vangeli. Ma il perfido Castino, che divisava di tenerli soltanto a bada per più facilmente sterminarli, marciò tosto contro di loro con tutte le sue forze.

La battaglia

Grande collezione Storica di Rollin, Crever e Le Beau, con aggiunte, note, osservazioni e schiarimenti, Volume 75, Charles Rollin, Venezia, 1851

I Vandali senza cader di coraggio gli andarono incontro, facendo portare il libro degli Evangeli alla testa dell'esercito. Accadde una sanguinosa battaglia, nella quale i Visigoti o per perfidia, o perchè avessero in orrore quella di Castino, non vollero combattere, e l'abbandonarono. Il duce romano fu interamente sconfitto, e costretto a fuggirsene in Tarragona dopo aver perduto venti mila uomini.

Le conseguenze

Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano di Edoardo Gibbon, Edward Gibbon, Milano, 1821

Vinto Castino in battaglia da un nemico inferiore di forze, fuggi vergognosamente a Tarragona; e questa memorabil disfatta, ch'è stata rappresentata come la pena della temeraria sua presunzione, ne fu poi probabilmente l'effetto. Siviglia e Cartagena divennero il premio, o piuttosto la preda de' feroci conquistatori; ed i vascelli, ch'essi trovarono nel porto di Cartagena, facilmente li poterono trasportare alle isole di Maiorca, e di Minorca, dove i fuggitivi Spagnuoli avevano inutilmente nascosto, come in un sicuro asilo, le loro famiglie e sostanze.