Battaglie In Sintesi
408
Capo (m. 381) dei Visigoti; verso il 370, in lite con l'altro capo goto Atanarico, si convertì al cristianesimo (ariano) e ottenne di essere stanziato coi suoi nel territorio dell'Impero. Nel 378 invase la Tracia e, insieme a schiere di Alani e Unni, sconfisse Valente presso Adrianopoli; nel 380 penetrò di nuovo nella Grecia settentrionale, ma i suoi successi contro Teodosio furono interrotti dalla morte, che precedette di pochi mesi quella del rivale Atanarico.
Sarebbe stata necessaria tutta la prudenza umana per tenere a freno
questa indocile e turbolenta nazione(visigota). Ma pareva che Valente avesse
radunati tutti quanti gli offiziali ingiusti, violenti, e rapitori v'erano allora
nell'Impero. Lupicino e Massimo, i capi e i più avari di tutti, si avventarono
sopra questi nuovi ospiti, come fosse una preda, e dopo che li aveano spogliati,
li abbandonavano ancora all'avidità dei loro subalterni. Invece di somministrar
loro viveri e provvigioni, si chiusero i magazzini. Si fecero loro comprare a
carissimo ed esorbitante prezzo i cibi più vili e meschini; furono ridotti a
cibarsi di cani, e vendevano loro un cane per uno schiavo; e questi sciagurati,
dopo esser stati privati di tutto quello che possedevano, furono costretti a dare
i loro propri figliuoli, ai quali non potevano conservare la vita, se non a prezzo
della loro libertà. I principali medesimi della nazione non furono esenti da questa
deplorabile necessità. Non aveano altro rifugio che la disperazione; e
stavano infatti per iscoppiare, quando Lupicino prevedendo la procella, li fece sollecitare da
suoi soldati ad abbandonare le rive del Daoubio, e ad
avanzare nell'interno del paese, dove sperava d'indebolirli, o distruggerli,
separandoli gli uni dagli altri.
Mentre le truppe Romane, che guardavano il passaggio del fiume se ne allontanavano per scortare
i barbari, Alateo e Safrace, non vedendo più ostacolo veruno,
passarono prestamente il Danubio alla testa degli Ostrogoti e seguirono la traccia di Fritigerno.
Questo Generale prudente, ed avveduto, istruito
di quanto accadeva dietro a se, proseguì la sua marcia, ma con lentezza per dar loro tempo di
raggiugnerlo. Arrivarono a Marcianopoli; e questo fu il luogo
dove si accese la guerra. Lupicino avendo invitati ad
un pranzo Alaviso e Fritigerno con un piccolo numero
dei principali Signori della nazione, collocò delle guardie alle porte della città
per impedirne l'ingreffo ai Barbari. Chiedendo questi con istanza la
permissione di entrare per comprare dei viveri, la contesa si accese, e si venne alle mani.
I Goti animati dalla fame, e dal
furore si avventarono sopra i soldati Romani, li trucidarono, e s'impadronirono
delle loro armi. Lupicino, immerso negli eccessi della dissolutezza, e pieno già di
vino, informato di questo disordine, lo accrebbe con
un tratto di perfidia, facendo trucidare la guardia di
Alaviso, e di Fritigerno. Quest'ordine crudele non
potè esser efeguito con tanta segretezza, che le grida
dei moribondi non giungessero fino al luogo del convitto, e divulgata nell'istesso
tempo la nuova fuori della città, i Goti credendo che
s'insidiasse la vita de loro Capitani, accorsero in folla, mandando
orribili grida, e minacciando la più terribile vendetta. Fritigerno,
uomo pronto di spirito ed intrepido, volendo fuggire dalle mani di
Lupicino, e salvar seco i Signori, che lo avevano accompagnato
si alzò e gridò ch'é perduta ogni cosa, se non si lasciano uscire per
farsi vedere alla nazione, che li crede morti: solo la loro presenza
può ristabilire la calma. Nel medesimo tempo mise mano alla spada,
ed uscì dalla città insieme coi suoi compagni. E'
ricevuto con acclamazioni di gioja: Alateo e Safrace erano poc'anzi arrivati.
Tutta la nazione monta a cavallo, si spiegano le insegne e i Goti marciano,
e con loro la strage e l'incendio. Lupicino raccoglie in fretta tutte
le truppe che seco avea, e li insegue con più ardore che prudenza, e li
raggiugne a tre leghe discosto da Marcianopoli.
Alla vista dei Romani la rabbia dei Barbari si accende; gli scagliano sopra i più folti battaglioni, trucidano, e fanno a brani quanto si fa loro innanzi. Quei medesimi che erano disarmati, si gettano a corpo morto sopra l'inimico, gli strappano di mano le sue armi, prendono le insegne e quasi tutti i Romani periscono insieme coi loro Tribuni. Lupicino spaventato da un cosi strano furore, prese la fuga subito sul principio della battaglia, e ritornò a briglia sciolta a Marcianopoli. I vincitori s'impadronirono delle armi dei vinti, e non trovando più resistenza, portarono per un lungo tratto di paese tutte le calamità d'una fanguinosa guerra.
La prudenza di Fritigergo, sostenuta da un distinto valore gli conciliò la
fiducia della nazione, e i suoi consigli non furono mai contradetti. Sparse
i Goti per tutta la Tracia, ma con ordine. I loro differenti corpi si
davano gli uni e gli altri la mano, ed avevano tutti un punto di riunione.
Le genti del paese, che si arrendevano a loro, o che essi facevano prigioniere,
servivano loro da guide per condurli nei distretti più ricchi e meglio
provveduti di viveri. I loro compatrioti rapiti prima dai corsari di
Galazia e venduti in Tracia, come quelli che, costretti dalla carestia, si erano
essi medesimi venduti alcuni giorni innanzi, venivano ora in folla ad unirsi a
loro. Gli operai impiegati nel lavoro delle miniere, e che erano aggravati
da eccessive imposizioni, accorrevano essi pure a gettarsi nelle loro
braccia; e questi furono loro di grande ajuto per dissotterrare i
magazzini, e scoprire i sotterranei dove gli abitanti medesimi si
nascondevano con le loro ricchezze.
Tutta la Tracia fu meffa in iscompiglio e in disordine; nè vi fu
cosa, che sfuggisse alle loro ricerche, se non quello ch' era
inaccessibile; e mentre si ricercavano le viscere di quella sventurata
terra, la sua superficie era coperta di sangue e di fiamme.