Battaglie In Sintesi
406
Re goto, guidò, sulla fine del 405, un'orda di duecento, forse di quattrocentomila uomini, Goti, Alemanni, barbari di ogni stirpe, a invadere l'Italia. Saccheggiò le pianure settentrionali, mentre Stilicone raccoglieva l'esercito a Pavia e Onorio imperatore faceva appello a volontarî e fino agli schiavi e si alleava con Unni e con Goti. Non potendo provvedere al mantenimento dei suoi tutti uniti, Radagàiso li divise in tre schiere. Stava con una di queste assediando Firenze, quando Stilicone, sopravvenendo, l'obbligò a ritirarsi sulle colline fiesolane e lo ridusse a gravi strettezze. Radagàiso tentò di fuggire attraverso le linee nemiche, fu fatto prigioniero (23 agosto 406) e decapitato.
Mentre l'Italia gioiva di esser liberata dai Goti, un altro barbaro, l'altiero Radegasto o
Radagaiso, dalle pianure della Vistola giungeva quasi fino alle porte di Roma, e
lasciava i residui della sua armata condurre a termine la distruzione dell'Occidente: Radegasto
è un nome slavo: e non può dubitarsi che esso fosse il conduttore di una grande colonia slava.
I Vandali, che formavano la forza della sua oste potente, erano slavi; ma vi si unirono
gli Svevi e i Borgognoni, che eran Germani, e gli Alani della Scizia. Nell'anno 405, il
re di questa oste confederata passò le Alpi, il Po, e gli Appennini senza resistenza,
lasciando da un lato l'inaccessibile palazzo di Onorio, sepolto con sicurezza fra i
pantani di Ravenna, e dall'altro il campo di Stilicone, il quale avea stabilito il suo
quartier generale a Ticino o Pavia, ma che a quanto pare evitava una battaglia decisiva
fino a che non avesse raccolto le lontane sue forze. Molte città dell'Italia vennero
saccheggiate o distrutte : l' assedio di Firenze fatto di Radagaiso è uno dei più antichi
eventi nella storia di quella celebre repubblica, la cui fermezza freno e sorprese
l'inesperto furore dei barbari. Il senato e il popolo tremarono ad udirli vicini 180
miglia da Roma, e ansiosamente confrontarono i pericoli che avevan corso coi nuovi
ai quali erano esposti. Alarico era cristiano, soldato e conduttore di un' armata
disciplinata : intendeva le leggi di guerra; rispettava la santità de' trattati;
avea conversato familiamente con i sudditi dell'impero negli stessi campi, nelle
chiese medesime. Ma il selvaggio Radagaiso era straniero ai costumi, alla religione,
e anche alla lingua delle nazioni incivilite del mezzodì. La fierezza della sua
tempra era esasperata da una crudele superstizione; e generalmente credevasi che
egli avesse fatto voto solenne di ridur la città in un mucchio di pietre e di ceneri
e di sacrificare i più illustri senatori romani sugli altari di quegli Dei, che si
placavano col sangue umano.
Firenze era ridotta agli ultimi estremi, allorchè Stilicone si avanzò colle sue forze
unite in soccorso della fedele città.
Conscio che egli comandava l' ultima armata della repubblica, la prudenza sua non gli permise di esporla, in campo aperto, allo sfrenato furore degli Slavi. Il sistema di circondare il nemico con forti linee di circonvallazioni, che due altre volte avea adoperato contro il re goto, fu replicato più estesamente e con maggior efficacia. La moltitudine imprigionata di cavalli e di uomini fu grado a grado distrutta dalla fame piuttosto che dalla spada: e l'orgoglioso monarca di nazioni cotanto guerriere, dopo la perdita dei suoi più valorosi soldati, fu ridotto a confidare nell'osservanza di una capitolazione o nella clemenza di Stilicone. Ma la morte del reale prigioniero, che fu ignominiosamente decapitato, disonorò il trionfo di Roma e del Cristianesimo. Stilicone informò l'imperatore e il senato del suo felice successo, e meritò per la seconda volta il titolo glorioso di liberatore dell'Italia.
Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, Edward Gibbon, Firenze, 1863
Dopo la disfatta di Radagaiso due parti dell'esercito di lui, che dovea superare
100 mila uomini, rimasero in armi: è incerto se tentassero di vendicare la morte
del loro generale: ma il loro sregolato furore fu tosto distolto dalla prudenza
e dalla fermezza di Stilicone, il quale si oppose alle loro marcie e ne agevolò
la ritirata, considerando la salute di Roma e dell'Italia come unico suo scopo,
e sacrificando con soverchia indifferenza la ricchezza e la tranquillità delle
provincie lontane. I barbari essendosi uniti ad alcuni disertori della Pannonia
acquistarono cognizione del paese e delle strade, passarono alfine il Reno, e
senza contrasto entrarono nell'indifesa provincia della Gallia.
Non mancaronvi tuttavia parecchi esempi dell'antico valor romano, ed, a ridirne alcuno, abbia qui onorevole menzione Giovanni vicegerente di Basilisco, il quale vedendo il suo vascello attorniato dai barbari ne sostiene coraggiosamente l'impeto, e ridotto agli estremi, anzichè incorrere nelle mani loro, gettasi armato in mare. Terminata siffattamente la guerra Eraclio ripatriò, Marcellino ebbe morte da un perfido, e Basilisco rifuggi in Bizanzio entro la chiesa del divin Salvatore, o, con altro nome, di S. Sofia, e quindi ai prieghi dell'imperatrice Verina ottenne grazia, ma non potè di subito ascendere in trono, come fortemente desiderava, avendo Leone tolto di mezzo Aspare ed Ardaburio, insospettitosi che ei tendessero insidie alla sua vita.