Battaglie In Sintesi
19 ottobre 439
Bastardo di re Godigiselo, successe nel 428 al fratellastro Gunderico, al quale già Bonifazio aveva rivolto l'invito di passare dalla Spagna nell'Africa, e trascinò all'impresa i suoi riluttanti. Già iniziato il passaggio, dovette combattere i Suebi e li vinse a Merida; poi traversò lo stretto su navi romane con 80 "millene" di combattenti, se pure il numero non fu da lui esagerato ad arte (429). Avanzò nell'Africa, saccheggiando, bruciando le chiese, uccidendo gli ecclesiastici; vinse e assediò in Ippona Bonifazio, che troppo tardi si era, per esortazione di S. Agostino, accinto alla difesa (430). Genserico levò poi l'assedio perché stretto dalla fame; ma poté impadronirsi della città abbandonata. Per assicurare le sue prime conquiste, conchiuse con l'imperatore dell'Occidente un accordo (435), ottenendo ai Vandali come federati il riconoscimento della Numidia che già possedevano; ma occupò per inganno Cartagine (439) e la sua flotta saccheggiò la Sicilia (440), mentre una flotta dell'Oriente non osava nemmeno tentare di attaccarlo (442). Forse ritenendosi poco sicuro nel regno, nel quale aveva dovuto reprimere con ferocia una congiura di nobili, conchiuse con l'Occidente una nuova pace, per la quale riconosceva la sovranità dell'imperatore e assicurava un invio annuo di grano (442); ottenne anzi, come fidanzata per il figlio Unerico, Eudossia, la figliola settenne di Valentiniano III, e aspirava per lui al comando supremo dell'esercito romano. Ma pressoché tutta l'Africa, la più ricca provincia dell'Impero, era ormai in effettivo potere del barbaro; le terre tolte agli antichi possessori erano in parte dominio regio, in parte sortes dei guerrieri; i Romani erano o costretti ad uscirne o obbligati ad altissimi tributi, sebbene conservassero le curie, il reggimento civile delle provincie, le leggi; l'ariano intollerante, che dicevano apostata dalla fede ortodossa, perseguitava atrocemente i cattolici: fuori la sua flotta correva il mare predando. Il nome di Genserico, dell'Anticristo, era poco meno pauroso del nome dell'alleato suo Attila. L'uccisione di Valentiniano III l'elevazione di Petronio Massimo, le nozze tra il figlio di questo e la fidanzata di Unerico spinsero Genserico alla vendetta, anche se non gli giunse l'invito di Eudossia, la vedova dell'ucciso. Egli apparve fulmineo alle porte di Roma e il 2 giugno 455 entrò nella città indifesa. Papa Leone Magno osò farglisi incontro e ottenne che fossero risparmiate le stragi e gl'incendî: ma la città fu saccheggiata per quattordici giorni e ne furono tratti immensi tesori e migliaia di prigionieri, tra cui Eudossia e le figlie. Genserico si considerò allora come indipendente, conquistò il resto dell'Africa e le isole del Mediterraneo, saccheggiò a più riprese le coste d'Italia e di Grecia, affamò l'Italia. Furono infruttuose le vittorie di Ricimero ad Agrigento e in Corsica (456), come più tardi (463 o 464) quella di Marcellino in Sicilia; una grande spedizione disegnata da Maioriano fallì, essendo Genserico riuscito per tradimento a distruggere gran parte della flotta romana a Cartagena (460); un triplice poderoso assalto delle forze dell'Oriente e dell'Occidente verso le isole, verso Tripoli e la stessa Cartagine condusse solo alla conquista di Tripoli, perché Marcellino, rioccupata per poco la Sardegna, fu ucciso in Sicilia e la flotta bizantina fu in gran parte arsa e distrutta innanzi a Cartagine per tradimento o imperizia del suo comandante Basilisco (468). Genserico conchiuse trattati con l'Oriente (468) e con l'Occidente (476); lasciò a Odoacre la Sicilia, ma volle un tributo. Morì nel 477. Mediocre di statura, zoppo, scarso nelle parole, seppe eccitare fino al fanatismo un popolo non coraggioso; fu intollerante, crudele, sleale, ma severo per i costumi proprî e per gli altrui, prontissimo all'opera, abile creatore e ordinatore di regni.
Nel 439, l'Impero era assalito, invaso da tutte le parti. La presenza d'Aezio delle Gallie non poteva contenere i barbari. I Visigoti erano stati più d'una volta viltoriosi nelle lotte coi Romani. In Ispagna, gli Svevi facevano, ogni giorno e senza incontrare ostacoli, nuove conquiste. L'impero d'Oriente non era meno esposto di quello d'Occidente al pericolo delle invasioni. Gli Unni erano accampatí alle sue frontiere, e la corte Costantinopoli tremava al menomo moto di Attila. Genserico approfittò dell'instante in cui i due imperi trovavansi gettati in sì gravi imbarazzi; mosse innanzi, e si diresse verso Cartagine. Sulle ruine della citta distrutta da Scipione, erasi innalzata una città novella; la debole colonia di Caio Graco non aveva tardato a divenire una gran città, Cesare ed Augusto avendone favorito lo sviluppo, sicchè sotto Tiberio già non aveva pari nell' Africa. Da allora non' cessò più di crescere e d'abbellirsi. Strabone, Pomponio Mela, Erodiano, Solino, Ausonio e Salviano vantarono a mano a mano quella città ricca pel suo commercio e per l'industria, sontuosa per gli edifizii, rinomada per le scuole, che aveva offuscato Alessandria e la quale, nei primi anni del quinto secolo, non avera più sopra di sè che Roma e Costantinopoli. Le invasioni dei barbari ne avevano anzi aumentato la prosperità e la popolazione, imperocchè tutti coloro che, temeodo per la propria vita e pei beni loro, avevano abbandonato l'Italia all'avvicinarsi d'Alarico, eransi precipitati nel più sicuro e più inviolabile degli asili. Tal era la gran città che Genserico vagheggiava, meno per le ricchezze che non per la posizione, ed in cui risoluto areva di stabilire il centro della sua signoria.
Nel momento in cui Aezio, dice Prospero, era applicato tutto intero alle cose della Gallia, Genserico, sulla cui alleanza si contava, e che non inspirava nessuna diffidenza, si gittò alla sprovvista sopra Cartagine in tempo di pace, e se ne impadroni(19 ottobre 439).
Il re dei Vandali, per attestato di Vittore di Cartenpa, trattò con rigore la città da lui sorpresa. I vasi sacri della chiesa di Carlagine, ei dice, e gli oggetti preziosi che trovavansi degli altri edifizii pubblici furono dai Vandali, allorchè entrarono nella città, portati al palazzo del re, il quale fece dichiarare agli abitanti della capitale dell'Africa romana, che avessero a consegnargli l'oro, l'argento, le gemme, le vesti di prezzo e l'armi. Si restitui parte di tali cose a coloro che si spogliarono senza esitazione e di buona fede. Gli altri che caddero in sospetto di aver conservato parte delle loro ricehezze furono battuti colle verghe e posti alla tortura, volendosi per tali mezzi carpire loro la confessione e l'indicazione dei luoghi de' quali celato avevano ciò che teneano di prezioso nè a questi si fecero restituzioni. Le ricchezze così ammassate servirono a prendere le misure necessarie per respingere i Romani dalle province nelle quali avevano anzi i Vaodali fermato stanza.