Ars Bellica

Battaglie In Sintesi

Battaglia di Agrigento

456

Il condottiero romano

RICIMERO

Nato da uno Svevo e da una figlia del re visigoto Valia, servì, ancora giovine, sotto Ezio, nell'esercito romano dell'Occidente. Dall'imperatore Avito fu mandato a combattere contro i Vandali nella Sicilia e nella Corsica: era allora, probabilmente, un comes ed ebbe in premio del suo valore il titolo di magister militum (455). Ma si volse presto contro Avito, forse temendo ch'egli riuscisse, con l'appoggio dell'imperatore orientale, a svincolarsi dalla soggezione all'esercito barbarico. Vinto l'imperatore (17 ottobre 456), Ricimero rimase padrone dell'impero occidentale, assunse il 28 febbraio 457 il titolo di patricius e nel 459 il consolato, mentre l'amico suo, il romano Maioriano, era creato, prima, magister militum, poi (10 aprile 457), imperatore. L'energia, forse insospettata, di Maioriano lo guastò col patrizio, che, tolto pretesto da una fallita impresa contro i Vandali, alla quale non aveva voluto partecipare, lo fece prigioniero e uccise (agosto 461). Solo dopo tre mesi, Ricimero levò al trono Libio Severo, debole strumento in sua mano, e alla morte di questo (465) tenne ancora per due anni da solo il potere nell'Occidente. Ma, sebbene egli avesse respinto a Bergamo un'invasione di Alani (6 febbraio 464), la sua condizione non era facile; erano perdute già la Gallia e la Spagna, i Vandali devastavano le coste, il conte romano Marcellino minacciava dalla Dalmazia. Egli si riaccostò quindi all'imperatore d'Oriente, che di nome aveva potere anche sull'Occidente, e accettò da lui, come imperatore, Antemio, che gli diede sposa una figlia ancora bambina (467). La spedizione promossa dai due governi contro i Vandali fallì; Marcellino, ora patrizio dell'imperatore, fu ucciso in Sicilia. Nell'uno e nell'altro fatto si vide la mano di Ricimero Scoppiò violenta discordia fra questo e Antemio; Ricimero si ritrasse a Milano, parve rappacificato con l'imperatore per opera di S. Epifanio, inviato dal Concilio provinciale di Liguria; poi lo assediò in Roma, contrapponendogli Olibrio; presa la città, Antemio fu ucciso. Ma Ricimero non sopravvisse che un mese al suo nuovo trionfo. Morì il 18 agosto 472. Si era preannunziato con lui il vicino tramonto, non solo dell'autorità, ma dello stesso nome imperiale nell'Occidente.

La genesi

Continuazione della Storia degl'Imperatori Romani, ossia Storia del basso Impero, Le Beau, Roma, 1786

Ricimero, di cui vediam qui le prime imprese, uno di quegli uomini straordinari, nati per la distruzione degli Imperj, era figlinolo di un Principe Svevo e di una figliuola di Vallia Re dei Visigoti. Essendosi fin dalla sua gioventù messo al servizio di Valentiniano imparò il mestiere della guerra sotto Ezio, e pervenne alla dignità di Conte. Quest'era un'animaforte, e vigorosa, capace del pari di azioni eroiche e di grandi misfatti. Intrepido nei pericoli, fecondo in espedienti nei consigli, eloquente, accorto, insinuante, ed ardito a segno che toglieva a forza quello che non poteva guadagnare coll'arte; ma senza fede, senza onore e che non avea altra legge che la sua ambizione. Avrebbe potuto impadronirsi tre volte della porpora, ma amò meglio vestire di essa alcuni Idoli, che innalzava per abbatterli ed atterrarli a sua voglia. Faceva professione della religione ariana, ma il suo cuore non ne conosceva alcuna. L'Imperatore Avito, volendo metter termine ai saccheggiamenti Vandali, aveva spedito deputati in Affrica per rammentare a Genserico il Trattato fatto nei 442, col quale essendo stata regolata la divisione, era stata conchiusa una pace durevole; e per minacciargli la guerra in caso che continuasse le sue piraterie. Il re, per rispondere a queste rimostranze pose in mare una florra di sessanta vele. Non si sa se avesse ordine di sbarcare in Gallia, o in Italia. Dopo la vittoria al largo della Corsica, Ricimero passò in Sicilia, dove incontrò vicino ad Agrigento un altro corpo di Vandali, che avevano cola sbarcato per dare il guasto al paese.

La battaglia

Storia di Sicilia, Deche due: Tradotte in Lingua Toscana, Volume 5, Tommaso Fazello, Palermo, 1832

Lo stesso Ricimero, che alla testa della particolare sua armata di Barbari seguiva, benchè con non sincero animo la spedizione, sorprese un grosso corpo di Vandali nella campagna d'Agrigento; lo sbaragliò, lo vinse, molti restandone uccisi e molti prigionieri. Sidonio Apollinare con poetica iperbole esalta la vittoria di Ricimero in Sicilia, chiamandolo come un altro, Marcello; e parlando di Genserico, dice: "Agrigentini recolit dispendia campi, Inde furit: nam non Siculis illustrior arvis Tu Marcelle redis"

Le conseguenze

Storia di Sicilia, Deche due: Tradotte in Lingua Toscana, Volume 5, Tommaso Fazello, Palermo, 1832

Verso il medesimo tempo occorse ancora colla sua flotta in ajuto della Sicilia il patrizio Marcellino, il quale fatti sbarcare molti de' suoi soldati in varii punti dell'isola, ne cacciò valorosamente con grandissima strage i Vandali. Ma dopo così gloriosa vittoria, tornando egli ne' mari di Cartagine, nell'atto istesso che difendeva la comune causa de'Romani, fu assassinato, ad instigazione dell'invidioso e perfido Ricimero, da uno de' suoi proprii capitani. Da questi primi successi poteva tuttavia ben congetturarsi che il regno de' Vandali sarebbesi estinto.